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Autore: ceciotta    12/07/2010    1 recensioni
Una mia nuova storia, spero che vi piaccia. secondo capitolo modificato
Gli occhi si riaccesero e il ragazzo annaspò per ritrovare aria, come dopo essere stato troppo sott’acqua. Regolarizzato il respiro, Neshfir rimase per un attimo immobile mentre la ferita si richiudeva del tutto. Infine si tirò su, guardandosi attorno: i suoi compagni lo fissavano immobili, tradendo apprensione.
Genere: Dark, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Capitolo Modificato

Gary


Quattordici anni dopo…


Gary sospirò mentre percorreva le scalette che dal lago lo avrebbero portato a casa sua.

Non aveva gran voglia di tornarci: di certo, i suoi già sapevano di ciò che aveva fatto...

Non capiva cosa gli fosse capitato: era lì, all'allenamento, quando all'improvviso aveva perso la testa e dopo una piccola discussione aveva colpito un ragazzino più giovane di lui. Conseguenza: l'allenatore lo aveva escluso dalla squadra e gli aveva promesso che avrebbe chiamato i suoi genitori.

Strinse le labbra e ripensò alla furia con cui era saltato addosso al suo compagno. Non era da lui... In quel momento aveva sentito come se una parte di lui prima sconosciuta avesse preso il sopravvento, perché non era in sé quando era successo, come guardare la scena attraverso gli occhi di un altro.

A metà della scalinata, si fermò come sempre ad osservare uno spiazzo poco lontano dal lago. Era circondato da alberelli e cespugli e la parte priva di arbusti era un cerchio perfetto, al cui centro era sdraiato un enorme masso rettangolare simile ad un altare. Ovviamente, quel posto tempo prima era stato preso d’assalto da specialisti e semplici curiosi, alla ricerca di qualche spiegazione sul motivo per cui all’interno del cerchio non crescesse nemmeno un fiore, lasciando spazio alla nuda terra. Le spiegazioni erano state fin troppe, e per la maggior parte comprendevano folletti o extraterrestri.  Poi era semplicemente passato di moda.

Quante cavolate’ pensò Gary con una smorfia. Aveva smesso di credere in quelle cose da quando aveva cinque anni. A lui semplicemente piaceva quella porzione di terra brulla, per quello di tanto in tanto scendeva al lago e si dirigeva alla pietra rettangolare. Si sedeva lì accanto e si sentiva a casa.

Cosa che non succedeva mai nella sua abitazione.

Mestamente percorse gli ultimi metri che lo separavano dalla villa, come un condannato a morte.

Gary Armstrong!” esclamò infatti sua madre non appena ebbe superato la porta d’ingresso: era appostata di fronte alle scale e lo fissava con sguardo furente.

Mamma, io… mi dispiace” disse, pur sapendo che era inutile.

Ti dispiace?” ripeté lei, arrabbiata. “Vorrei anche vedere!”

Non so cosa mi è preso” tentò lui, invano.

Punizione. Per almeno tre mesi” replicò la donna.

Lui non disse nulla: quando sua madre diventava così telegrafica era meglio non parlare.

Adesso va’ in camera tua, ne riparleremo quando ci sarà anche tuo padre” sbottò lei.

Gary strinse i pugni, contrito, poi ubbidì. Richiudendo la porta alle sue spalle, sospirò e lanciò il borsone accanto alla scrivania, ripromettendosi di svuotarlo in un secondo momento, quindi si sedette sul letto e cominciò a pensare a ciò che era successo.

Non si era mai tirato indietro quando c’era da fare a botte, certo, ma si scontrava sempre con ragazzi della sua taglia, a volte più grandi, e sempre con un buon motivo. Ora se l’era presa con un ragazzino mingherlino con l’unica colpa di aver sbagliato un passaggio… ed era solo un allenamento; aveva concluso nel peggiore dei modi una discussione che lui aveva cominciato.

Non biasimava sua madre, anche lui sapeva che quella punizione se l’era meritata, ma avrebbe voluto che lei lo ascoltasse di più. Il loro rapporto si stava deteriorando in quel periodo, anche perché quando Gary cercava di spiegare le sue motivazioni per un determinato comportamento lei non voleva sentire ragioni. Era da circa un anno e mezzo che Gary passava la maggior parte del suo tempo in punizione. Non voleva certo l’assoluzione, solo che sua madre capisse che lui non avrebbe voluto fare tutte quelle cose…

Gary non sapeva cosa gli stava accadendo e cominciava ad esserne spaventato, ma a chi rivolgersi? I suoi genitori l’avrebbero presa come una patetica scusa, i professori idem, i suoi amici… rise alla sola idea di confidarsi con loro su quell’argomento, l’avrebbero preso come una femminuccia isterica. L’unica a cui ne aveva parlato era Sarah, che era stata piuttosto comprensiva, ma l’unico consiglio che era riuscita a tirar fuori era di consultarsi con uno psicologo. E dove lo andava a pescare? Per non parlare del fatto che tutti lo sarebbero venuti a sapere e lui sarebbe diventato lo zimbello della scuola intera.

Ma il problema rimaneva, e lui non vi aveva trovato una soluzione.

I suoi scatti d’ira peggioravano e con essi scemava la sua forza nel contrastarli; si sentiva in balia di sentimenti che non avvertiva come propri.

Si sdraiò sul letto; l’indomani aveva un compito in classe di scienze, ma lui non aveva né la voglia né la concentrazione per mettersi a studiare, almeno per il momento.

 ***

 

I tre uomini stavano preparando il piccolo battello che di solito usavano per la pesca, ma non stavano uscendo a lavorare, non caricavano lenze e reti, bensì una cassa di legno intarsiata e ben lavorata. Era leggera, nonostante misurasse mezzo metro per lato, e loro non sapevano cosa mai contenesse di tanto importante per essere costretti ad usare tanti accorgimenti nel muoverla.

Una quarta figura incappucciata li osservava. “State molto attenti, è fragile” sibilò, quando uno dei due uomini che avevano raccolto la cassa incespicò.

Ed, l’uomo che era quasi caduto, sbiancò terrorizzato da ciò che l’altro gli avrebbe fatto se avesse lasciato andare la cassa. “M-mi scusi…” mormorò, quella strana presenza lo inquietava non poco. Insieme al suo amico Frank si incamminò verso il battello, facendo più attenzione, mentre  John preparava i motori.

Posarono il forziere a terra e lo assicurarono con delle cime.

Ed si rivolse al quarto uomo - sempre che umano fosse, cosa di cui cominciava a dubitare - e stentò a formulare la domanda che voleva porgli. “Ma non capisco… perché vi serve il nostro aiuto? Perché non prendete il nostro battello e…” Si bloccò: pur non potendolo vedere in faccia, percepiva l’irritazione del misterioso interlocutore.

Perché è così che vogliamo” replicò lui, la voce intrisa di odio e rabbia. “E tu, piccolo essere inutile, farai ciò che ti dico senza discutere” Si avvicinò minaccioso all’uomo che aveva osato troppo e lui arretrò di scatto, inciampò in un asse non assicurata al pavimento e questa volta cadde. “Ho cose più importanti da fare che ascoltare i tuoi piagnistei. Ora partite, i miei compagni vi stanno aspettando”

Frank temette per la vita dell’amico, ma per sua fortuna la figura gli voltò le spalle e scese dal battello; pochi istanti dopo, svanì alla loro vista, nel bosco.

Ed si rialzò aiutato dall’amico, poi lanciò un’occhiata alla cassa. “Cosa contiene, secondo te?” chiese.

Frank deglutì e scosse la testa. “Non lo so e non voglio saperlo. Questa storia non mi piace” borbottò. “Vado a dire a John che possiamo partire, te la senti di stare di guardia?” chiese. Tutti e tre, dalla prima volta che l’avevano toccata, ne avevano avuto una folle paura.

N-non preoccuparti per me” rispose Ed, gli occhi fissi su di essa.

Una volta solo, Ed ripensò al loro compito. Dovevano risalire il fiume, stando attenti che ciò che trasportavano non subisse alcun danno, fino al lago; lì avrebbero ritrovato i tizi incappucciati che li avevano incaricati di trovare lo strano contenitore.

Ricordò con orrore il momento in cui se li erano trovati davanti con le loro tuniche nere…

Avevano avuto paura mentre eseguivano i loro ordini e si erano messi a cercare seguendo le loro indicazioni. C’erano voluti mesi, in cui ogni tanto qualcuno di loro veniva a controllare come procedesse il lavoro, ma alla fine erano riusciti nel loro intento, grazie soprattutto alle conoscenze di Frank, che prima di tornare a fare il pescatore come suo padre e suo nonno, aveva avuto una travagliata carriera da archeologo, conclusasi prematuramente a causa di uno scandalo da cui non si era mai risollevato: era stato infatti accusato di aver trafugato alcuni reperti e averli rivenduti al mercato nero; Ed non sapeva se fosse vero o no e Frank non voleva parlarne, ma era un buon pescatore e tanto bastava a John per assumerlo nella loro minuscola impresa.

Quegli ultimi avvenimenti avevano riportato a galla tutte le conoscenze di Frank, ma anche il dolore per la fine ingloriosa della sua carriera.

Era stato proprio Frank ad opporsi alla loro curiosità di sapere cosa contenesse, impedendo loro di aprire il forziere.

Ed sospirò e si sedette su una panca. Quando l’avevano trovata, aveva sperato che quell’incubo finisse lì, ed invece ora dovevano soddisfare anche quella richiesta. Non vedeva l’ora di averla consegnata e di potersene tornare a casa, ma aveva ancora un bel viaggio da affrontare, tanto valeva mettersi comodo.

Era passata un’ora, quando Frank lo sentì gridare. Accorse subito e lo trovò seduto a terra con la schiena contro il bordo del battello, con gli occhi sbarrati dal terrore.

Ed! Cos’è successo?!” esclamò.

Ed sollevò un dito tremante e lo puntò contro ciò che stava osservando con tanta paura.

Frank si voltò e trattenne un urlo: dai bordi della cassa filtrava una luce giallastra, intermittente.

Che cazzo è?!” gridò Ed non appena ebbe ritrovato la voce.

Non lo so…” mormorò Frank. “Questa storia mi piace sempre meno…”

Oh, santo cielo!” Ed si rialzò, camminando avanti e indietro. “Senti, liberiamocene!” sbottò poi. “Scapperemo, cambieremo nome, ci metteremo al sicuro, ma non possiamo lasciarla in mano loro! Chissà per cosa la useranno!”

Frank continuava a fissare la luce. Era d’accordo con Ed, di certo era qualcosa di pericoloso, ma se se ne fossero disfatti avrebbero scatenato l’ira dei loro mandanti e dubitava che sarebbero riusciti a nascondersi da loro…

La consegneremo” disse infine.

Ma Frank…”

No, senti: io ho già abbastanza problemi senza pestare i piedi a degli individui del genere! Tra qualche ora saremo arrivati e consegneremo il carico, poi potremo dimenticarci tutto”

Ed non sembrava convinto.

Oramai che possiamo fare?” chiese Frank. “Ci daranno una ricompensa, hanno detto che i nostri problemi economici non dovranno più preoccuparci. Io ho bisogno di soldi!”

Ed deglutì. A lui non sembrava una buona ragione, ma la paura di quelle persone stava prendendo il sopravvento. Annuì.

Frank si sedette con lui sulla panca, deciso a fare la guardia con lui. Rimase a guardare quella luminosità sempre più intensa che andava e veniva, seguendo un ritmo particolare. Si accigliò e cercò di seguirne la cadenza.

Ci mise qualche minuto per capire cosa gli ricordava.

Luce - piccola pausa - luce - lunga pausa. La pausa tra i due lampi di luce era sempre più corta.

Sembrava il battito di un cuore.

 ***

Suo padre era silenzioso mentre consumavano la cena e Gary non ce la faceva più a sopportarlo. Respirò a fondo, concentrando lo sguardo sul proprio piatto, e inforchettò una montagnola di insalata di pollo. Masticando, lanciò uno sguardo alla sala da pranzo e trattenne una smorfia: i suoi genitori gli avevano riempito la testa di storie sulla sua nascita e a detta loro era avvenuta proprio in quella stanza. Ne parlavano sempre come se fosse una cosa meravigliosa, ma lui ne era solo disgustato: come poteva mangiare nello stesso posto dove era nato?

Una volta inghiottito l’ultimo boccone, sperò di poter sgattaiolare di sopra, ma suo padre non aveva ancora finito con la ramanzina. Quando la moglie fece per alzarsi e sparecchiare, le posò una mano sul braccio e le fece segno di aspettare, quindi si rivolse al figlio.

Sto ancora aspettando una spiegazione” disse.

Gary sapeva che quello era il momento per rivelare ciò che sentiva, la sua unica occasione per essere capito, ma non aprì bocca. Sentì un acuto mal di testa.

Quindi l’hai colpito così, perché ti andava?” insistette l’uomo, pacato, come la quiete prima della tempesta.

Gary incrociò le braccia mentre la rabbia cresceva di nuovo. Avrebbe davvero voluto parlare, ma era troppo arrabbiato.

Gary, ti avverto…” minacciò il signor Stuart.

Che te ne importa?!” sbottò Gary all’improvviso, con violenza. “Tanto in punizione mi ci mettete comunque, quindi perché spiegare?!”

L’uomo era rosso di rabbia. “Come ti permetti di parlare così a tuo padre?!”

Ma Gary non riusciva a sentirsi spaventato dalle conseguenze di ciò che stava facendo. “Io ti parlo come mi pare! Non fate altro che punire e punire e punire! Non sapete niente di ciò che provo, e mai lo saprete!” gridò balzando in piedi.

Gary!” Sua madre sembrava scandalizzata.

E tu sta’ zitta! Non…” Gary non riuscì a finire la frase che un sonoro schiaffo gli arrivò in faccia e lui cadde a terra, ai piedi del padre.

Ora basta! Vai in camera tua!” gli urlò l’uomo. “Starai in punizione fino a quando non deciderò che va bene! Niente tv, niente feste, niente uscite con gli amici! Uscirai da questa casa solo per andare a scuola!”

Gary si rialzò rosso in volto quanto suo padre e lo fronteggiò per un attimo con aria di sfida, poi si voltò e corse al piano di sopra. Sbatté la porta dietro di se così forte da far tremare i vetri dalla finestra e si gettò sul letto, stringendo tra le mani la testa dolorante.

Quando la rabbia prese a scemare, il ragazzo cominciò a singhiozzare per la vergogna e il pentimento. ‘Ma che mi prende, oggi?’ si chiese, bagnando il cuscino di lacrime.

Aveva avuto un’opportunità: suo padre finalmente gli chiedeva spiegazioni e lui perdeva la testa così? Ormai aveva toccato il fondo, urlando a quel modo ai suoi genitori. L’avrebbe pagata a caro prezzo…

Fuori dalla finestra, una figura incappucciata sorrise dal ramo che la ospitava e rimase a fissare per qualche istante il ragazzo che si struggeva nei suoi dubbi, poi balzò giù dalla cima dell’albero. Da un’altezza simile, un uomo normale si sarebbe come minimo slogato qualcosa, ma lui atterrò con grazia, quasi senza produrre rumore, e subito cominciò a correre veloce.

I suoi compagni lo aspettavano sulla cima del colle, immobili come li aveva lasciati; quando lo videro, voltarono appena il capo coperto.

È pronto” si limitò a dire, ma l’eccitazione era palpabile nella sua voce.

Ne sei sicuro?”

È da mesi che lo seguiamo! E oggi ho avuto la conferma che ormai possiamo intervenire!” rispose lui con urgenza. “Il ragazzo non ha più il controllo delle sue azioni! Lui è pronto. Se aspettiamo ancora rischiamo che il nostro nemico si risvegli prima di lui, e allora sarebbe la fine!”

Giusto in tempo, allora” replicò una voce vagamente più acuta. “Ciò che da tanto aspettiamo giungerà a breve”

Un’ondata di soddisfazione si allargò nel gruppo. Erano due ottime notizie, che arrivavano proprio quando cominciavano a disperare.

Allora prepariamoci. Abbiamo ancora molto da fare” tagliò corto la figura che aveva spiato Gary.

Mentre gli altri si voltavano verso il sentiero, lui lanciò uno sguardo al panorama: presto il mondo sarebbe stato di nuovo nelle loro mani.

Come lo prenderemo?” chiese un altro.

Lui sorrise. “Oh, penso proprio che sarà lui a venire da noi”

 ***

 

Gary non riusciva a dormire.

Si rigirava nel letto, inquieto. Non era la prima volta che gli capitava e come sempre sentì il bisogno di alzarsi. Con passo felpato, uscì nel corridoio, sperando di non svegliare i suoi genitori; li aveva sentiti andare a letto poco dopo che lui si era chiuso in camera e avevano continuato a parlare a lungo, forse discutendo di cosa fare con lui.

Scese le scale e si diresse in cucina, dove si riempì un bicchiere d’acqua, nella speranza che placasse la sua ansia. La bevve a piccoli sorsi, senza smettere di pensare al suo problema. Doveva fare qualcosa, non poteva più far finta di nulla con gli altri. L’indomani avrebbe dovuto parlare con i suoi genitori, in un modo o nell’altro, e…

Ah” gemette lasciando cadere il bicchiere. Il dolore sordo che lo aveva colpito al petto sparì com’era venuto e lui si ritrovò piegato in due. Lanciò uno sguardo preoccupato alle scale, ma nessuno scese, quindi si chinò a raccogliere i frammenti di vetro. Non riusciva a capire cosa gli fosse accaduto, ma non era più una novità per lui, ormai.

L’ansia, invece di diminuire, cresceva. Forse, una boccata d’aria fresca glia avrebbe fatto bene…

Guardò di nuovo verso le scale, incerto. Era già in punizione, se l’avessero beccato sarebbe stato peggio. Ma, del resto, la sua situazione non poteva peggiorare, giusto?

Il bisogno di uscire era impellente, quindi tornò di soppiatto in camera e si infilò un maglione, le scarpe e il giaccone; afferrata la torcia che teneva nel cassetto, scese di nuovo e oltrepassò silenziosamente la porta.

Inspirò a pieni polmoni l’aria fredda della notte. Era da tanto che non tornava al lago…

 ***

Frank non ce la faceva più.

Il battello per conto suo procedeva troppo lentamente, ma ormai era notte e non potevano rischiare di scontrare qualche sasso affiorante.

Guardò la cassa dove la luce pulsava più intensa che mai.

Signore, aiutaci…” mormorò.

 ***

Gary riconobbe il familiare senso di pace quando si avvicinò alla pietra.

Andava spesso lì, di notte, quando non riusciva a dormire. Mai una volta i suoi se n’erano accorti e del resto non correva pericoli: gli animali sembravano sfuggire quel posto, cosa che inquietava non poco la gente del posto, che, seguendo il loro esempio, ne stava alla larga.

Quello era il suo posto, non era turbato da altri esseri viventi. La superstizione teneva lontani i più e anche i curiosi che ne avevano turbato la tranquillità qualche anno prima si erano stancati. Gary ricordava quanto aveva sofferto in quel periodo in cui il suo rifugio era stato violato, si era arrabbiato molto, ma per fortuna ora era tornato suo, solo suo. Gli archeologi che avevano profanato quel terreno erano rimasti delusi da ciò che avevano trovato: il nulla. E non si erano dati una spiegazione su quei quattro semicerchi si pietra che spuntavano dalla superficie, quasi agli angoli della pietra.

Avevano anche osato vietare l’accesso e tecnicamente questa proibizione era ancora valida, ma dato che nessuno se ne interessava più i controlli erano pressoché inesistenti.

E comunque quella notte nessuno avrebbe potuto impedirgli di visitare la sua pietra.

Con un sorriso vi passò sopra la mano, accarezzandola. Era coperta da dislivelli posti a distanza regolare, come se il tempo avesse mangiato precedenti incisioni di cui rimaneva però il ricordo. Probabilmente segni di un’antica popolazione. O qualcos’altro?

Quel pensiero turbò Gary, che si accigliò: lui non credeva a sciocche leggende. ‘È solo una pietra!’ cercò invano di convincersi e, all’improvviso, l’unico posto in cui si fosse mai trovato a suo agio lo spaventò.

Indietreggiò di scatto, atterrito.

Forse era solo la notte, ma tutto sembrava aver preso una prospettiva agghiacciante, ogni cosa sembrava diversa.

Di nuovo, fu colto da un dolore al petto e il suo cuore prese a battere all’impazzata. Lasciandosi andare al panico, si voltò e cercò di correre via, ma inciampò sui suoi piedi e cadde faccia a terra. Si portò una mano sul torace, con una smorfia sofferente, poi cercò di rialzarsi, ma una luce in lontananza gli suggerì di non fare mosse brusche. Col respiro spezzato dal dolore e dalla paura, si alzò molto lentamente e raggiunse gli alberi, nascondendosi dietro ad uno di essi per sbirciare ciò che accadeva accanto al lago. Non scorgendo bene chi tenesse la fiaccola in mano, avanzò piano e attento, poi, giunto al limitare del bosco, si fermò a spiare.

Si appiattì dietro ad alcuni massi, spaventato, e guardò sgomento lo strano spettacolo che poteva scorgere poco lontano.

Una decina di figure avvolte in una tunica nera come la pece e incappucciate avanzavano lentamente nella notte senza fare rumore, a due a due. La coppia a metà della fila trasportava una cassa di legno, come uno scrigno.

Gary trattenne il fiato, spaventato a morte, quando una tenue luce pulsò dalle fessure del coperchio, ma non osò muoversi. Chi erano? Cosa portavano? Si pentì di essere uscito, quella notte, e prese a tremare; cercò di strisciare via, ma il suo corpo era come congelato.

Il gruppo si fermò accanto ad un piccolo molo a cui attraccavano le barche che portavano la gente a fare il giro del lago ma che in quel momento era sgombro; sembravano in attesa di qualcosa. Il ragazzo si trovò suo malgrado a scrutare l’orizzonte oscuro per capire cos’altro dovesse accadere: sentiva, senza alcun dubbio, che qualcosa di tremendo stava arrivando dalle acque. Eppure non riusciva a scappare.

Il suo cuore ebbe un sussulto quando riuscì a scorgere un battello in mezzo al lago. La sua paura si tramutò in terrore puro; eppure, sentì una sorta di macabra curiosità di scoprire cosa trasportava.

Una delle nere figure alzò la fiaccola e la tenne ben alta. Gary deglutì: un’altra luce rispose dall’imbarcazione; la fiaccola fu dunque coperta e mostrata tre volte e altrettanto fu fatto dal battello. Il terrore del ragazzo salì a dismisura mentre esso puntava dritto verso il molo. Con la bocca arida, si aggrappò ai massi coperti di muschio; voleva scappare, ma non ce la faceva, qualcosa lo teneva fermo sul posto. Il suo corpo non gli rispondeva…

Ora mi sveglio. È un incubo, non c’è altra spiegazione…’ pensò.

Il battello nel frattempo aveva raggiunto la meta. Gary riusciva a scorgere due uominia volto scoperto che scendevano lungo una passerella di legno, trasportando una cassa simile a quella che già era in possesso del gruppo.

Alla luce della luna, i due uomini apparivano terrorizzati almeno quanto Gary, abbastanza vicino da scorgere i loro volti.

Ed e Frank posarono il forziere di fronte al gruppo e si raddrizzarono tutti tremanti. Attesero gli ordini, senza il coraggio di parlare.

Uno degli incappucciati si chinò e aprì la cassa, studiandone il contenuto. I due uomini furono abbagliati dalla luce e non riuscirono a scorgerlo. “Ora andatevene” disse minaccioso.

Ma…” Frank si interruppe subito.

Per la ricompensa saremo noi a trovarvi” ruggì lui.

I due sbiancarono e a Ed non piacque il modo in cui aveva pronunciato quella parola. Terrorizzato, si affrettò a risalire, seguito a ruota da Frank.

Gary guardò il battello ripartire e si accorse di respirare a fatica per il dolore. L’imbarcazione era quasi sparita, quando dal ragazzo si levò un gemito acuto.

Con le lacrime agli occhi per la sofferenza e la paura, vide inorridito che una delle figure stava guardando dritto verso di lui e ne percepì un ghigno. Il ragazzo boccheggiò, mentre una parte di lui ruggiva la sua approvazione, e vide due incappucciati incamminarsi tranquillamente verso il nascondiglio ormai rivelato.

Lanciò un grido e, balzato in piedi, prese a correre verso la scalinata, ma le due figure gli sbarrarono la strada con una velocità impossibile per un uomo. Gli finì praticamente addosso e loro lo afferrarono per le braccia, mentre lui strillava e scalciava. Imperturbabili, cominciarono a trascinarlo verso lo spazio brullo che conteneva la pietra.

Mio signore, il tempo del vostro risveglio è finalmente giunto” disse uno di loro.

Gary urlò con tutto il fiato che aveva mentre il dolore gli squarciava il petto. Lottò piangendo contro le due figure incappucciate mentre la pietra si avvicinava. “Lasciatemi!” gridò. “Lasciatemi andare, bastardi!”

Fu spinto sull’altare e gambe e braccia gli furono divaricate a forza, mentre i quattro semicerchi di pietra ruotavano sotto i suoi occhi increduli, intrappolandogli polsi e caviglie. Immobilizzato continuò ad urlare ma nessuno sembrava sentirlo.

Le dieci figure si strinsero a cerchio attorno a lui e quelli che portavano le casse le deposero sulla pietra e cominciarono ad aprirle.

Gary fissava la scena con orrore, ma il peggio doveva ancora arrivare: mentre armeggiava con le chiusure, la mano di uno degli incappucciati scivolò fuori dalla lunga manica. Gary temette di svenire: era marroncina e coriacea, tutta ritorta, artigli lunghi almeno dieci centimetri al posto delle unghie. Il ragazzo boccheggiò e fu solo la paura a tenerlo cosciente. 

Oddio, no! NO!” sbraitò, mentre il dolore al petto raggiungeva picchi altissimi. Si agitò come impazzito, ma non poteva muoversi molto.

Non temete, mio signore, presto verrete liberato” disse il proprietario della mano.

Il ragazzo gridava sempre più forte, divincolandosi con furia, ma uno dei rapitori lo colpì sul viso e lui si accasciò stordito dalla botta. Quel pugno era duro come una roccia… Singhiozzò e aprendo gli occhi vide la mano terrificante strappargli di dosso il maglione e la maglia del pigiama, lasciandolo a rabbrividire. Quella strana figura infilò la mano nella cesta più vicina e tirò fuori un pugnale con l’elsa contorta piena di pietre dall'aspetto prezioso, che brillavano di luce propria. La sollevò in aria, proprio sopra il suo petto.

NOOO!” urlò Gary, singhiozzando. La pelle sul suo torace prese a bruciare, diventando rossa mentre una litania senza senso attraversò il gruppo.

Gary era senza fiato per il dolore e inarcò la schiena, emettendo un verso agonizzante. Rovesciò all’indietro la testa, la bocca spalancata priva di voce.

La litania crebbe e con questa la sofferenza della vittima, che sentiva il suo corpo muoversi di propria volontà a ritmo di quella nenia;divenne alta, quasi urlata, e si interruppe di colpo. Gary ricadde giù, ansimando, e alzò gli occhi sul pugnale. Lo vide brillare nel buio e i suoi occhi si riempirono di lacrime. L’arma calò inarrestabile su di lui, strozzando il suo grido in un rantolio. Il dolore al petto esplose e il buio calò sui suoi occhi.

La figura estrasse con delicatezza il pugnale e si chinò sull’altra cesta. La litania riprese, più aspra questa volta, mentre una boccia piena di liquido rosso veniva aperta. Il suo contenuto fu sparso sul ragazzo senza vita. Un cuore si ricompose a fatica e riprese a battere.

Il ragazzo fu liberato e rivestito con cura con una lunga tunica nera, poi gli esseri incappucciati si ritrassero, osservandolo.

Gli occhi vitrei si riaccesero e il ragazzo annaspò per ritrovare aria, come dopo essere stato troppo sott’acqua. Regolarizzato il respiro, Neshfir rimase per un attimo immobile mentre la ferita si richiudeva del tutto. Infine si tirò su, guardandosi attorno: i suoi compagni lo fissavano immobili, tradendo apprensione.

Neshfir si rialzò, con un ampio ghigno. “Amici miei…” sussurrò.

Signore, siamo felici di rivederti!” Quello che aveva compiuto il rito si prostò ai suoi piedi.

Alzati” disse Neshfir, posando la sua mano sulla spalla del suo secondo. La voce era sempre quella di Gary, il corpo era quello della patetica forma di vita con cui aveva condiviso quei quattordici anni, ma ora il ragazzo era morto. Ora lui era tornato. “Alzati, voi mi avete riportato effettivamente in vita e avete eliminato il potere che lui aveva su di me. Non dovete più inginocchiarvi al mio cospetto, senza di voi avrei continuato ad essere niente più che un parassita, a vivere solo di quei momenti che il ragazzino abbassava la guardia… Ad osservare la sua inutile vita! Ma non fraintendetemi, avete fatto bene ad aspettare fino ad adesso: prima non avrei avuto la forza di dominare il suo corpo”

Guardò le sue mani e aprì e chiuse i pugni, come per saggiarne la forza, poi si voltò verso la collina e individuò subito la villetta bianca.

I parenti del ragazzo domattina non lo troveranno nel suo letto e si preoccuperanno” disse un incappucciato e il risvegliato intuì un ghigno sul suo viso coperto. “Non vorrai far soffrire quei poveri genitori...”

Il volto un tempo appartenuto a Gary si aprì in un sorriso diabolico. “Oh, no, sarebbe crudeltà, fratello” confermò. Ali membranose, da pipistrello, strapparono la tunica che indossava. “Ci metterò poco” promise sollevandosi in volo. Un attimo dopo era lanciato verso l'abitazione e si gustava il vento che gli frustava la veste addosso. Sciocchi umani!

Sono tornato pensò.

 

continua....





 
 
Spazio autrice:
Eccoci qua!
Spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento.
Per Ely79: sono felice di averti interessato e spero di tenere alta l'attenzione.  Eh, sì, Neshfir è un'entità molto negativa e il suo desiderio di vendetta lo rende ancora più cattivo. :-)
Alla prossima!


   
 
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