L'orologio
del
locale segnava ormai le 23.23. Non ero mai stata superstiziosa, ma
provai
comunque ad esprimere un desiderio.
Desiderai
che
finalmente, dopo tanto tanto tempo, potessi ritrovare finalmente la
felicità,
un cosa che per me era diventata quasi sconosciuta.
Ma, tanto,
sapevo
benissimo che non sarebbe accaduto nulla.
E invece non
fu
così.
Uscii dal
bar con
l'intenzione di tornarmene a casa. Non ce la facevo più a
stare là dentro con
tutto quel tanfo di fumo misto a sudore e alcool, così
decisi di tagliare la
corda.
Ripercorsi
tranquillamente il vialetto che si apriva sulla 34th Street, ma non ero
del
tutto tranquilla. Avevo un brutto presentimento.
Sentivo
delle
risate e degli schiamazzi dietro le mie spalle, quando riconobbi la
voce di
Jeremy. Doveva aver bevuto davvero troppo. Raven e Sally non c'erano
più, ma
quel deficiente non era solo.
Con lui
c'erano
altri ragazzi, tutti più grandi, che non avevano certo
un'aria amichevole. Così
aumentai la velocità della mia camminata.
- Dove vai?
- mi
chiese uno di loro.
Li guardai
appena
con la coda dell'occhio, poi mi voltai e proseguii sui miei passi.
- Vieni qui
con
noi! - disse un'altra voce. Più che un invito sembrava un
ordine.
Nonostante
la
rabbia e l'irritazione stessero crescendo in me, ignorai del tutto quei
richiami e, sempre più convinta, girai e mi ritrovai nella
34th Street. Ma una
mano mi strinse con forza il braccio e mi trascinò
nuovamente nel vicolo.
Era un
ragazzo,
uno di loro, ma non riuscii a guardarlo bene in faccia. Era alto,
bruno, e non
aveva un accento inglese: sembrava piuttosto latino-americano.
Mi ribellai,
cercai di liberarmi con tutte le forze che avevo in corpo, ma gli altri
ragazzi
ci raggiunsero, Jeremy compreso.
Iniziai a
gridare,
ma ormai nel "Tanzania's Bar" non c'era più nessuno e il
vicolo, ad
eccezione della nostra presenza, era deserto.
- Lasciatemi
andare? Che volete? Vi supplico! Per favore! - li implorai, ma invano.
Mi buttarono
a
terra, e Jeremy disse con fare provocatorio:
- Non ti
faremo
nulla di male, tu devi stare zitta e buona, ok? -
Puzzavano
parecchio di alcool. Non erano affatto lucidi, ma conoscevo bene le
loro
intenzioni; sapevo ciò che volevano farmi.
Udii altri
passi
dietro di me, ma non era un altro venuto in loro aiuto. Quella persona
era lì
per me.
Si
avvicinò con
fare curioso, poi capì quello che stava accadendo e
urlò: - Cosa diamine state
facendo? Ehi, che fate?! Ascoltatemi! Lasciate andare immediatamente
questa
povera ragazza! -.
Uno del
gruppo si
avvicinò al nuovo arrivato. - E tu chi saresti? Chi sei per
dirmi cosa devo o
no devo fare, eh? Si può sapere? -.
- E' meglio
che tu
non sappia… - disse in tono misterioso, ma allo stesso tempo
alquanto minaccioso.
In quel
momento
io, come i ragazzi che stavano per aggredirmi, ebbi un senso di totale
rispetto, ma soprattutto di paura. Mi sentii come raggelare di fronte a
quella
frase lasciata in sospeso, che dietro di sé nascondeva un
che di terrificante.
Però
io sapevo
benissimo che la sua intenzione non era quella di spaventare me. Era
quella di
spaventare loro.
- Dai,
andiamocene! - incitò Jeremy.
- Neanche
per
idea! Sei matto?! Non mi lascerò di certo comandare dal
primo che passa -
rispose con tono di sfida il ragazzo che aveva provocato quello che, a
quanto
pareva, era il mio salvatore.
- Per
favore! Ci
troveremo qualcos'altro da fare. -
- D'accordo.
Ma
questa è l'ultima volta che capita una cosa del genere. E
tu, vedi di non farti
più vedere nei paraggi, chiaro?! - disse, riferito al
ragazzo misterioso venuto
in mio aiuto.
-
Sarà fatto, ma
ora levate le tende. - ribatté in tono tranquillo. Un tono
che era poco adatto
al momento.
Così,
loro
malgrado, dovettero andarsene. Quel giovane aveva proprio un'aria
minacciosa;
aveva qualche cosa di particolare. Non saprei proprio come spiegarlo.
Ma era
così.
Non ero
ancora
riuscita a vederlo bene in viso, ma ero riuscita a dedurre che fosse un
ragazzo
alto sul metro e ottantacinque, abbastanza muscoloso, che si muoveva in
modo
molto elegante. Tanto sinuoso da sembrare sovrumano.
Si avvicinò
a me,
che in quel momento ero talmente stordita da non capire quasi
più niente; mi
aiutò ad alzarmi, mi prese tra le sue braccia, e proprio in
quell'istante persi
i sensi.