Serie TV > Il mondo di Patty
Segui la storia  |       
Autore: mileybest    15/07/2010    6 recensioni
Antonella all'età di dodici anni viene sbattuta in un orfanotrofio,dopo che un incidente le ha portato via le persone a cui teneva,rimane sola,senza nessuno,e tutti la accusano di essere lei la causa per la quale i suoi non esistono più. Tanto da farglelo credere anche lei e farla chiudere in sè stessa con il proprio dolore,rifutandosi di ricordare il giorno in cui la sua vita è andata in pezzi.
Cinque anni dopo, Antonella viene adottata e la sua vita ritorna ad un punto di svolta,fuori dall'arfonatrofio,però, la memoria comincia a tornare, fino a spingerla a chiedersi se...è stata sul serio colpa sua se ha perso la sua famiglia o c'è sotto qualcosa di molto peggio?
-Certo...il cattivo della storia sono io,giusto? L'assassina che presto o tardi ti farà fuori...è questo quello che pensi?-
Lui si avvicina piano,e ogni passo che fa sembra aumentare di suono nelle mie orecchie.
Prima che me ne possa rendere conto mi ha schiacciato contro il muro,impedendomi di fuggire.
-Uccidimi adesso- fa un sorriso malizioso-non c'è nessuno che può vederti commettere il tuo delitto,quindi perchè non sfogare la tua rabbia su di me? Avanti,dimostrami che ho fatto uno sbaglio a seguirti..ad assicurarmi che fosse tutto apposto..metti fine alla mia vita-
Genere: Horror, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gonzalo Molina, Josefina Beltrán, Patricia Díaz Rivarola | Coppie: Antonella/Bruno
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


Non fiatare, non far capire che sei intimorita da loro, lasciale ridere mentre a passi sicuri ritorni nella tua stanza. Questa è la filastrocca che mi ripeto mentalmente ogni giorno, da cinque anni per la precisione. Da quando sono arrivata nel momento peggiore della mia vita in questa prigione o comunemente detta orfanotrofio. La mia vita è cambiata in un soffio, da felice è passata a drammatica come se niente fosse, non ricordo nemmeno quando è stata l'ultima volta in cui mi sono sentita una normale adolescente, da ben cinque lunghissimi e interminabili anni nemmeno l'ombra di un sorriso mi passa fra le labbra, da ben cinque anni vivo come un emarginata, aspettando solo il momento che la fine arrivi presto,ma sembra che si diverti a non farmi fare la stessa sorte che è capitata alle persone a me più cara. Mi ha trovata perfino qui, tre anni fa, e io non ho potuto fare niente per constrastarla, forse perchè vive dentro di me, sono io la mia stessa fine, ormai non c'è altra spiegazione, io ho provocato tutto questo e niente potrà farmi tornare a vivere normalmente. Mai.

Una ragazza poco più grande di me, scoppia a ridere quando avverto una terribile fitta alla testa seguita da un dolore lancinante al ginocchio. Mi hanno fatta cadere di proposito, sospiro silenziosamente,ancora a faccia a terra.

Ignorale, non puoi nulla contro di loro, ignorale e riprendi a camminare,mi autoconvinco. Premo le mani sul pavimento e riesco a rialzarmi, nascondendo una lacrima salata che fremeva per uscire, non per il dolore della botta,ma per l'umiliazione che sono costretta a subire ventiquattrore su ventiquattro,sempre, costantemente. A volte mi chiedo se sono sul serio io la cattiva in questa faccenda,se questa è sul serio una punizione da pagare per quello che ho fatto.

Riprendo a camminare, con il viso nascosto fra i lucenti capelli biondo castani. Quando tento di muovere le mani per scostarmi delle ciocche che non mi permettono di vedere bene, mi accorgo di stare tremando.

No, devo stare calma,devo...resistere. Strizzo gli occhi per evitare di far cadere altre lacrime, no...non piangerò,l'ho giurato e una promessa si mantiene, nonostante tutto.

Non sarai triste per sempre, promettimi che riuscirai a stare bene. Queste parole mi ronzano in testa da tempo, pochi ricordi sbiaditi nel tempo, un altro “incidente” che mi ha trascinato ancora di più nel baratro buio delle sofferenze.

Cerco a tentoni la chiave nella tasca, le dita non fanno altro che muoversi velocemente, senza controllo, e gli occhi pizzicano come ogni volta cerco di non mostrare la mia debolezza.

Mi ci vogliono cinque minuti buoni per aprire la porta e chiuderla con un sonoro tonfo, ignorando le risa dei miei compagni.

Mi butto di peso sul letto grigio, in perfetta sincronia con il resto della mia piccola camera. Coperta grigia, lenzuola e cuscino bianchi,muro grigio e mobili bianchi, ingialliti nel tempo.

Eppure una volta la mia vita era differente, non era uno schifo, ero la migliore, la più bella,la più talentuosa, ora invece è solo un triste ricordo. I giorni in cui mi divertito a cantare con mio padre, fare spese con mia madre, prendere in giro mio fratello Fabio quando sbagliava qualche passo di danza con i suoi amici. Tutto schifosamente finito. Il destino mi ha tolto tutto,anche se mi sento ripetere continuamente che la colpa è mia, che quello che è successo anni fa l'ho provocato io. Se tornassi indietro, di sicuro farei tutto per non far capitare niente a nessuno,perfino sacrificare la mia stessa vita.

Alzo lo sguardo aprendo un cassetto del comodino,nel quale sotto i pochi vestiti è nascosta l'unica cosa preziosa che mi è rimasta, asciugo con una manica gli occhi inumiditi.

Un foglio sbiaditi e mezzo bruciacchiato. Per tutti gli altri questo foglietto sarebbe un inutile pezzo di carta,inutile. Per me,invece, è il ricordo a cui sono più legata e che mi permette di andare avanti, di continuare a lottare per sopravvivere.

Una canzone, composta con l'aiuto di Fabio quando andavamo io in prima media e lui in terza. La melodia che aveva composto ritorna in mente sempre nei sogni,prima che si tramutino in incubi.

Una semplice canzone per nostro padre,Roberto. L'anno in cui ci aveva lasciati soli con la mamma pardendo per la Spagna, per poi tornare alla fine dell'anno promettendo che non sarebbe più scappato via,e la mamma l'ha perdonato,anche se diceva di odiarlo a morte,ma sia io che Fabio sapevamo che quei due si amavano e il loro amore aumentava ogni volta che litigavano seriamente.

Mamma, papà, mi mancate tanto, quanto vorrei abbracciarvi ancora,ma non potrò più, voi non siete più con me. Tutto per colpa mia.


-Bene,direi che puoi andare-

Non saluto nemmeno la psicologa quando arrivo fino all'uscita della schifosa stanza nella quale sono costretta a dire tutto quello che penso,anche se sono sempre le stesse cose. Vorrei andarmene da qui, e sentirmi rispondere “non hai nessun posto dove andare”.

Non so se sono le famiglie a non volermi adottare o la direttrice a non far si che io me ne vadi, ma come darle torto, sono o non sono la psicopatica dell'orfanotrofio?

Vado nella sala mensa e come sempre quasi tutti si voltano nella mia direzione, se gli sguardi non fossero divertiti o intimoriti direi quasi di essere una celebrità.

La cuoca mi porge la solita zuppa disgustosa e mi rintano nel tavolo accanto ad una delle finestre,oggi il cielo è stranamente splendente, mentre di solito è cupo come il mio umore. Che sia un buon segno? Si,certo come no.

Nelle orecchie mi arriva un ronzio soffocato di risolini, a qualche tavolo più avanti un gruppo di ragazze della mia età non fanno altro che indicarmi,ma quando si accorgono che le sto guardando senza battere ciglio,con un pizzico di malignità negli occhi, abbassano lo sguardo,spaventate,ma comunque per chissà che soddisfatte.

Quando mi decido ad aprire il piatto in cui è conservata la zuppa, posso giurare di avvertire sguardi curiosi poggiarsi su di me.

Trattengo il respiro, ho una brutta sensazione...chissà che cosa hanno combinato....

Quando,però, il cartoncino fila via liscio come l'olio,sospiro di sollievo. Mi stavano prendendo in giro? Volevano vedermi spaventata per poi ridere un altro po'?

Le mie domande ottengono subito una risposta,nella mensa un urlo rieccheggia lasciando i presenti raggelati sul posto.

Una delle ragazze cade all'indietro terrorizzata con gli occhi neri spalancati e i capelli del medesimo colore scompiliati, dalla sua zuppa compare un ragno enorme di colore nero.

Le docenti le vanno a dare una mano,insieme alle sue amiche. Dopo di chè, ripretosi dallo spavento, indica nella mia direzione.

-è stata lei! Lo ha messo nella mia zuppa! Ecco perchè mi guardava in quel modo!-

Ci metto qualche attimo a capire che sta accusando a me per uno scherzo di poco gusto. Uno scherzo che le si è rivoltato contro, ecco perchè ridevano perfidamente, quel ragno era destinato a me. Lo avevano messo in un piatto che doveva essere consegnato a me,ma la cuoca deve essersi confusa e l'ha dato a lei. Non sospettando niente.

Ma la mia teoria verrà smentita, tutti qui mi credono una poco di buono, di sicuro crederanno alla ragazza e non a me. Ma tentar non nuoce.

-Non è vero! Voleva spaventarmi con quel ragno, è colpa sua, quella zuppa dovrebbe essere la mia,invece per sbaglio sel'è presa lei- dico alzandomi dalla sedia, mentre alcuni ragazzi alla mia sfuriata fremono per uscire, mi prendono in giro tutto il tempo,ma basta una mia mossa a farli scappare via. E non so se mi dispiaccia più di tanto mettere paura cosi facilmente.

Una delle docenti guarda prima me e dopo l'altra.

-Bugiarda! Allora è tutto vero,sei una strega! Una strega! Come faresti a sapere della mia burla se non fossi tutta matta? Significa che ragioni in modo brutale, strega asassina !-

I miei occhi si riducono a due fessure, è ovvio che tutti le daranno ragione, ha paura, tutti hanno paura quando ci sono io in gioco. Ma il mio carattere non sparirà, ormai lo so, e sono pochi i momenti in cui mi sento fiera e decisa, tanto da rischiare tutto. E quei momenti di solito arrivano quando vengo offesa in questo modo.

Spingo la sieda cosi da togliermi dal tavolo e stare in piedi, fisso la ragazza negli occhi. Con un espressione perfida.

-Come mi hai chiamato?- Chiedo retorica, in tono minaccioso.

Quella stupida fa un passo indietro,intimorita.

Mi avvicino a passi cauti,lenti ma decisi.

Ma quando sono ad un metro di distanza dalla ragazzina, una delle docenti si piazza davanti a me, cercando di sembrare autoritaria,ma anche nei suoi occhi leggo la paura.

-Fermati- mi ordina- fermati o non saremo cosi cortesi con te, signorina Bernardi-

Lancio uno sguardo gelido sia a lei che alla ragazza dietro, che perdente, si fa difendere da una donna che mi teme ancora più di lei.

Ma sono costretta ad ubbidire,andare in isolamento un altra volta non rientra proprio nei miei piani.

Però come mi insegnava sempre Bianca,mia madre, non devo mai andarmene a testa bassa. Per cui devo rispondere qualcosa.

-Cortesi? Secondo lei è una cortesia vivere in questo schifo di posto e in una camera nella quale nemmeno un barbone metterebbe piede?-

La docente mi fissa allibita.

-Educazione e disciplina,signorina-

-Io sarò educata se lei dirà a tutti questi deficenti di smetterla di provare a mettermi paura-

La docente trema per brevi istanti.

-Mi segua direttamente dalla direttrice-

Come volevasi dimostrare, ha dato ragione alla piccoletta qui dietro, ecco perchè quando le passo davanti non posso far altro che tirarle uno schiaffo in pieno viso.


-Il suo comportamento è inaccettabile, non le basta quello che le è capitato signorina?-

-Lei come avrebbe reagito se qualcuno l'avesse chiamata strega assassina?- Le chiedo ammiccante. La direttrice balbetta qualcosa di incomprensibile.

-Mi ritrovo costretta ad aumentare di nuovo le ore di sedute-

-Faccia quel che crede- dico, ogni volta che capitano scene di questo genere, più o meno ogni tre mesi, la direttrice dice la solita frase, aumenta le mie ore si sedute da quella strizza cervelli e dopo settimane di dimostrazione che ho ancora la mia sanità mentale,diminuisce le ore ancora.

Ma le lacrime ritornano a provare ad uscire, gli incubi non mi abbandonano, le prese in giro si fanno più frequenti e non faccio altro che trattenermi dall'assalire qualcuno o dal piangere, forse per paura che faccia qualcosa di peggiore o forse per mostrare che sono superiore per quel che vale,fino a quando qualcuno non si spinge troppo in là e mi ritrovo con una nuova energia che mi permette di rispondere a tono e di spaventare l'intero orfanotrofio.

E quando la direttrice mi congeda fredda ed una delle bidelle mi porta nella mia camera,mi stendo sul letto e mi metto il cuscino sulla faccia urlando per attutire il rumore.

Urlo e libero tutta la frustrazione e la rabbia che mi brucia nelle vene. Urlo e per un po' dimentico tutto.

Ma quando mi ritrovo senza voce,la realtà torna a galla e mi stringo fra le braccia,chiudendo gli occhi mentre alcuni flash di ricordi tornano a galla.

Io che gioco con Fabio, io che festeggio con la mia famiglia, io che vengo sbattuta in questo posto per sempre.

Strega assassina.

Lo sono davvero,e niente cambierà la mia sorte.



Il giorno dopo sono in giardino, sola naturalmente,ammirando l'unico albero capace di fare ombra. Tutti gli altri parlano fra loro e ogni tanto qualcuno si volta a guardarmi per poi allontanarsi.

Patetici.

Ma anche oggi il sole risplende,c'è aria di cambiamento,o almeno avverto questa sensazione.

Di sicuro il cambiamento non sarà per me, io sono costretta a vivere qui sola per tutta la vita. Sola e umiliata.

La ragazza di ieri,accanto alle sue amiche, mi fissa divertita, il suo scherzo è andato meglio di quanto si aspettasse,ma credo che dovrebbe ricordarsi chi delle due stava tremando come una foglia.

La fisso con il mio solito sguardo freddo,da perfetta regina di ghiaccio quale sono,e lei spaventata abbassa la testa. Ma quando riprende a guardarmi,sussurra una frase che mi fa ribollire il sangue nelle vene.

-Tanto lo sai di essere una strega assassina-

E quando sto per andarle vicino e sferrarle un pugno nello stomaco, una segretaria di mezza età si avvicina a passo incerto davanti a me,anche lei come le altre temono che possa perdere il controllo.

-Antonella Lamas Bernardi?-

Sbuffo,come se non lo sapesse.

-Cosa c'è?-

-La vogliono nell'ufficio della direttrice-

Cosa ho fatto adesso? Mi sono seduta troppo veloce? Bah, tanto non ho di meglio da sopportare.

La segretaria mi accompagna nell'ufficio dove ad attendermi c'è la direttrice in tutto il suo non splendore.

-Signora Cooper-

-Si sieda signorina,prego-

Faccio come ha detto, le sue mani si muovono dubbiose. Oggi è più nervosa del solito, ha sognato per caso che la stessi uccidendo brutalmente? Mi trattengo dal chiderglelo davvero.

-Perchè mi ha convocata?-

-Devo parlarti- e da quando mi dà del tu?

-Cosa ho fatto?-

-Niente, proprio niente-

-E allora?-

Di solito non sono cosi scontrosa,devo comunque evitare di andare in isolamento,ma la sensazione che sta per accadere qualcosa non accenna a passare.

-Ecco...devo darti una notizia-

-Mi dica-

-Temo che dovrai sbrigarti a fare i bagagli, andrai via-

-CHE COSA? Volete rinchiudermi di nuovo in un centro psichiatrico come l'anno scorso?- Domando furiosa avvicinandomi alla direttrice Cooper un po' troppo veloce, lei infatti arretra subito.

-No, no, anche se non sarebbe una cattiva idea-

-Mi dica immediatamente dove mi manderete!-

-Antonella...sei stata adottata-

Sei stata adottata, sto impazzendo o davvero il destino ha sconvolto la mia vita di nuovo?




Ok, lo so che ho altre ff da continuare, infatti questa ff doveva essere pubblicata dopo aver concluso qualche altra cosa, ma non ho potuto resistere, ho scritto il primo capitolo talmente presa che ho voluto pubblicarla subito, bhè la situazione di Anto non è abbastanza chiara, ma si capirà con il tempo,ora la domanda è...chi l'ha adottata? Vediamo se indovinate,al prossimo chappy ciao ^^






  
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Il mondo di Patty / Vai alla pagina dell'autore: mileybest