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Autore: valentina_black_cullen    25/07/2010    6 recensioni
Continuavo a guardarlo con insistenza da più di cinque minuti, anche lui mi guardava. Mi sembrava di conoscere quel ragazzo dai capelli ramati e dagli occhi... dorati. In quel momento ricordai tutto: Era lui, il mio angelo custode.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note dell'autrice: scusate per l'enormissimissimo ritardo con cui posto, ma l'ispirazione non arrivava, però adesso è arrivata e i nuovi capitoli della storia sono già in cantiere.
Scusate ancora, un enorme bacio... Vale

                                                                          E' SBAGLIATO...

POV ISABELLA

Quella sera, dopo che Edward se ne fu andato, mi crogiolai nella mia tristezza.
Era inutile negarlo, mi piaceva. Forse perchè assomigliava a quel ragazzo che tredici anni prima mi aveva salvato la vita, forse per il suo carattere o forse perchè in fondo al mio cuore, speravo che un giorno mi dicesse la verità.
Tutti, mi avrebbero presa per pazza, se avessero saputo quel che io pensavo, eppure la certezza che avevo dentro era così logorante.
Forse, nascondeva un segreto. Aveva bevuto qualche pozione che lo aveva fatto rimanere diciassettenne fino ad ora.
Risi a quel pensiero, come mi era potuto venire in mente? Però, in fondo dovevo cercare di capire.
Se avessi scoperto che era veramente lui, non avrei mai fatto delle domande sul perchè fosse ancora così giovane, ma lo avrei ringraziato e gli avrei donato quel disegno.
Il rombo del motore dell'auto della polizia, mi distolse dal miei pensieri.
I miei genitori, si erano separati quando io ero ancora molto piccola. Litigavano sempre e ormai la situazione era diventata insostenibile.
Io non dicevo mai ai miei genitori quanto ne soffrissi, però ogni giorno quando mi chiudevo in camera, piangevo tanto e sparavo che quell'angelo a cui volevo tanto bene, mi proteggesse e mi tenesse stretta tra le sue ali.
Ma lui non era mai tornato e in fondo, ad un certo punto avevo finito anche per odiarlo un po'.
Ritornai alla realtà, cercando di non pensare anche a quando mia madre se ne andò da casa, e io con le lacrime agli occhi le avevo detto che volevo restare con papà.
--Ciao tesoro. Sento un buon profumino, hai cucinato?-- chiese mio padre, entrando in casa.
In effetti, avevo cucinato insieme a Edward, dopo aver finito di studiare ed era stato veramente divertente.

Sbuffai. --Questa sera non mi va proprio di cucinare--
Lui, alzò un sopracciglio e mi sorrise. --Posso aiutarti io, tanto non ho fretta. Devo premettere però, che non ho mai toccato una pentola in vita mia--
--Male. Devi impararti. Come farai quando ti sposerai? Non potrai lasciar fare tutto a tua moglie-- dissi in tono scherzoso, ma lui non rise.
--Ehi, scusami. Ho detto qualcosa di sbagliato?-- e mi avvicinai a lui.
--No niente, è solo che...-- ma non continuò la sua frase.
--E' solo che...?-- dissi, cercando di farlo continuare.
--Lascia stare. Allora, cosa potremmo cucinare?-- domandò sorridendomi, ma con gli occhi ancora velati dalla tristezza.
Lasciai correre, se non voleva parlarne avrei rispettato la sua decisione. --Ricetta facile. Pizza okay?--
--Ma non faresti prima a chiamare la pizzeria più vicina e fartela portare?-- domandò divertito.
--Potrei, certo. Ma prepararla è tutta un'altra cosa--
Mi guardò di sbiego. --Ma non avevi appena detto che non ti andava di cucinare?--
--Sono lunatica a volte-- bugiarda. Ma non potevo dirgli che l'idea di stare con lui rendeva tutto più bello.
Non rispose, ma mantenne uno sguardo divertito. Sperai che non fosse così perspicace da capire cosa c'era sotto.
--Allora, gli ingredienti sono: acqua, farina, pomodoro, mozzarella, olio e basilico--
Dopo aver posizionato il tutto sul tavolo, iniziammo ad impastare la farina con l'acqua.
Inutile dire che le nostre mani si sfiorarono molte volte e quel piccolo contatto tra noi, mi piaceva un sacco.
Ad un tratto, mentre Edward prendeva altra farina, un po' di quella che aveva tra le mani, mi andò sul maglione e così iniziò una lotta.
Ovviamente io persi. Ero diventata tutta bianca a causa di tutta la farina che avevo tra i capelli e sui vestiti.
Edward invece era rimasto perfetto. Un modello pronto per una sfilata.
Infine lui mi aiutò a pulire a terra e dopo aver messo la pizza nel forno, che in realtà non sapevo come sarebbe uscita, andò via e io mi feci una doccia.

Tornai al presente. --Sì una pizza, l'ho fatta con le mie mani-- e con quelle di Edward, continuai nei miei pensieri.
--Non vedo l'ora di assaggiarla-- rispose lui di rimando.
Così, ne poggiai un pezzo su un piatto e uno su un altro e in silenzio tutti e due iniziammo a mangiarla.
Era squisita, non c'era nulla da dire, ed era tutta opera di quelle mani stupende che aveva Edward.
Anche Charlie si complimentò ed io rossa in viso, ma non il complimento, lo ringraziai.
Verso le undici, decisi che era ora di andare a letto e, dopo aver salutato mio padre ed essermi lavata i denti, mi andai a coricare.

Quella notte, lo sognai nelle sembianze di angelo.
--Bella, Bella-- diceva. Solo lui poteva chiamarmi così.
--Angelo mio-- risposi.
--Come sei cresciuta piccola mia, sei veramente diventata bellissima-- disse, ed io inevitabilmente arrossì.
Gli accarezzai una guancia e notai che era fredda, così come le mani di Edward. --Cosa ci fai qui?--
--Sono venuto a mostrarti una cosa-- disse tutto sorridente.
Io non ero più nella pelle. --Cosa? Cosa?-- mi sentivo di nuovo una bambina.
--Queste-- sussurrò e si voltò di spalle. Gli erano spuntate le ali.
--Sono bellissime, angelo mio. Ma dimmi, adesso puoi volare?--
--Sì, Bella--
--Allora portami con te, voglio volare anche io--
Mi svegliai di soprassalto, mentre una lacrima di tristezza, mi solcava il viso.
Subito, però, quella tristezza si trasformò in paura. Di fronte a me, c'era lui.
--Edward, cosa ci fai qui?-- guardai l'orologio. --Sono le tre del mattino-- dissi allarmata.
Fuori diluviava e l'atmosfera circostante era molto inquietante.
--Io... io-- sussurrò guardandosi intorno, forse, alla ricerca di una scusa plausibile.
--Ho paura dei fulmini e sono venuto qui-- lo guardai seria.
--Dimmi la verità--
Sarei dovuta scappare, avrei dovuto gridare, eppure la sua presenza era così perfetta, mi sentivo al sicuro. Velocemente, l'inquieto che avevo sentito poco prima scomparve, lasciando dietro di se la tranquillità.
Intanto lui restava muto, mentre mi guardava. --Sto aspettando-- dissi, coprendomi meglio, mentre mi accorgevo che la finestra era aperta.
--Mi hanno cacciato fuori di casa e sono venuto qui--
Risi. Come si vedeva che stava mentendo. --Edward, dimmi il vero motivo-- dissi allegra.
Lui continuava a non volermi dire niente. --Sei entrato dalla finestra-- sussurrai infine, sapevo che non mi avrebbe mai confessato la verità.
--Sì-- rispose. E così dentro di me, si fece strada ancora di più, l'idea che lui avesse un segreto.
--Adesso devo andare, passa un buona notte-- disse e saltò giù dalla finestra.
Allora, mi alzai e andai verso di essa. --Edward-- dissi, ma di lui non c'era più nessuna traccia.
Così, un po' per il sogno, un po' per l'incursione di Edward nella mia stanza nel pieno della notte, riuscii ad addormentarmi solo alle cinque.
Quella mattina, a scuola, Edward cercò di evitarmi per tutto il tempo. Che rabbia, quel giorno non avevamo nemmeno biologia insieme.
Decisi, allora, di aspettare l'ora di pranzo per potergli parlare, sapevo che lì non sarebbe potuto scapparmi.
Eppure, quando entrai in mensa, al tavolo dove sedeva insieme ai fratelli, lui non c'era.
--Devo chiederli dov'è-- sussurrai a me stessa, ma Jessica mi sentii.
--Come hai detto scusa?-- disse.
--Niente, niente. Devo andare-- e andai verso quel tavolo.
--Scusate il disturbo ragazzi, vorrei sapere dove è Edward-- sussurrai. Tutti quegli occhi puntati addosso, mi mettevano in soggezione.
La ragazza che sembrava un folletto, di nome Alice rispose. --Oggi non aveva molta fame, allora è rimasto fuori--
Tutti i suoi fratelli, la guardarono come se avesse detto una barzelletta, che io non avevo capii. Non ci badai e li ringraziai, andando alla ricerca di Edward.
Infine, lo trovai fuori al giardino della scuola, seduto su una panchina, da solo.
--E' tutto il giorno che mi eviti-- sussurrai sedendomi al suo fianco.
--Scusami-- rispose.
--Non me ne faccio niente delle tue scuse-- ero piuttosto arrabbiata. --Dimmi solo perchè adesso mi stai evitando--
--Vieni, andiamo in un posto più appartato-- disse, accorgendosi di due ragazzi che stavano origliando.
Entrammo dentro un piccolo boschetto, vicino alla scuola.
Eravamo l'uno di fronte all'altra e ci guardavamo negli occhi, senza parlare. Alla fine lui disse:
--Ti sto evitando, perchè è meglio non far andare avanti tutto questo, Isabella. Lo so adesso tu avrai mille domande nella testa, ma è meglio che tu abbia mille domande senza risposte che sapere...--
Non lo feci finire, perchè mi avventai sulle sue labbra e gli diedi un leggero bacio a stampo.
--Mi dispiace Edward, è troppo tardi, non si può più rimediare-- e scappai via, sentendo ancora sulla mia bocca, il suo sapore.

 

  
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