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Autore: Stella Di Mezzanotte    31/07/2010    5 recensioni
Bella è una ragazza un pò diversa dalle altre, dopo aver avuto un problema nella sua vita che la porterà ad essere particolare; Edward è un vampiro che non trova un senso alla sua esistenza. Grazie a Bella riuscirà a trovare ciò che cerca? E Bella riuscirà ad avere fiducia e tornare se stessa?
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Carlisle Cullen, Edward Cullen, Isabella Swan
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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                              Ricordi

                              

Ci sono giorni memorabili nella nella nostra vite in cui incontriamo persone che ci fanno fremere
come ci fa fremere una bella poesia,
persone la cui stretta di mano è colma di tacita comprensione
e il cui carattere dolce e generoso dona
alle nostre anime desiderose e impazienti una calma meravigliosa.
Forse non le abbiamo mai viste prima
e magari non attraverseranno mai più il sentiero della nostra vita;
ma l’influsso della loro tranquillità e umanità
è una libagione versata sul nostro malcontento e sentiamo il suo tocco
salutare come l’Oceano sente la corrente della Montagna
che rinfresca le sue acque salate.
( Helen Keller )

Nell’aria torbida del mattino, il vento soffiava forte tra gli spiragli delle finestre rotte, creando un sibilo mortale; un sussurro macabro a cui era ampiamente abituato. La pioggia batteva costante e gocciolava all’interno di quella vecchia dimora, al centro di quello che un tempo era stato un salone pieno di vita e calore. Un piccolo secchio stava tra i due vecchi divani, sopra un tappeto ormai logoro, per raccogliere l’acqua che scendeva da un buco del tetto di legno, finito dal tempo. Le due candele accese, poste sul polveroso davanzale in marmo del camino, andavano liquefacendosi lentamente, mentre la luce morente di quella piccola fiamma mandava bagliori intermittenti verso i due portafotografie posti lì davanti. Ritratti di una vita passata ma mai dimenticata; di sorrisi pieni di speranza ed aspettativa per il futuro.

La porta della veranda cigolava, mossa dal vento, come un acuto lamento, ricordando i tempi in cui invece si apriva senza alcun rumore e veniva chiusa allo stesso modo da un bambino che non la smetteva di fare avanti e indietro tra la veranda e la cucina, nella speranza che la mamma gli allungasse qualche prelibatezza della cena imminente.

Ricordi di una vita lontana, semplice ma meravigliosa. Ricordi, solo ricordi.

Vivevo ormai da troppo tempo rintanato tra di essi, nella vana speranza che questi potessero riempire le mie giornate ormai vuote e prive di senso. Quanti desideri avevo da bambino e quante preoccupazioni e aspirazioni avevo da ragazzo, ma ormai non avevo più alcun desiderio o aspirazione ma solo preoccupazione. A dire il vero neanche quella forse…

Sapevo che prima o poi avrei messo fine io stesso alla mia esistenza, anche se questo era difficile, sapevo che c’erano i modi per poterlo fare.

Quando ero ancora umano, guardavo al futuro con quella voglia di arrivare tipica dei giovani. Immaginavo una famiglia, fondata sui buoni principi e valori importanti come lo era stata la mia. Sognavo una donna capace di rendermi felice con un solo sorriso; un figlio a cui poter insegnare ciò che sapevo, che avrebbe guardato affascinato la mia divisa e che avrebbe indossato il mio cappello militare, immaginando di essere al mio posto un giorno. Infatti ciò che volevo più di ogni altra cosa era entrare a far parte dell’esercito e poter fare qualcosa per il mio paese.

Nemmeno quello mi era stato concesso e adesso non potevo fare nulla di ciò che avevo sognato per me.

Non avevo una donna che mi amava, non avevo un figlio da amare e crescere, vederlo cadere per poi aiutarlo a rialzarsi; non avevo fatto nulla per aiutare la mia patria. Non avevo più una vita.

Tutto ciò che mi era accaduto era stato quello di cadere in un baratro senza ritorno. Ero diventato un mostro sanguinario, che non riusciva a guardarsi allo specchio e si nutriva fino a star male di sangue animale e si chiudeva nella sua vecchia casa a Chicago, pur di non incontrare nessuna forma umana, per paura di ucciderla.

Questa era la mia esistenza e non potevo far nulla per cambiarla. Un essere umano anche se arrivato quasi a toccare il fondo, poteva ancora tornare indietro e far qualcosa per cambiare la sua vita, ma io non ero nemmeno più umano e non c’era soluzione ai miei problemi.

Mi alzai dalla mia vecchia poltrona in pelle rossa, su cui ero solito stare raggomitolato, quando ero ancora un bambino, mentre la mamma seduta sul divano mi leggeva qualche storia, o mio padre seduto a terra sul tappeto cercava di finire quel piccolo trenino che tanto amava costruire. Non l’ebbe mai finito.

Mi avvicinai al tavolo, coperto da un panno verde, su cui riposava una piccola pista di legno, su cui era poggiato il trenino fatto a metà di mio padre. Con le dita tolsi un po’ di polvere e ricordai la mia espressione di gioia ogni volta che mio padre finiva una piccola parte di quello che per me era un vero tesoro.

Mi voltai sdegnato e con le mani in tasca mi avvicinai alla finestra. Aveva smesso di piovere ma il cielo era come sempre cupo e minaccioso.

Erano anni ormai che avevo deciso di vivere da solo in questa casa. Carlisle, colui che mi aveva salvato e ucciso al tempo stesso, veniva a trovarmi spesso, ma io cercavo sempre di fargli capire che non lo desideravo. Da una parte mi dispiaceva perché Carlisle, sua moglie Esme e i suoi “ figli “ adottivi erano quanto più vicino a una famiglia avessi. Tuttavia io non volevo una famiglia, non più.

Spesso mi ricordavo dei pochi mesi passati insieme al mio creatore. Esme si comportava come una mamma nei miei confronti, ma nonostante l’affetto che provavo per lei, niente poteva colmare il vuoto che permaneva in me, senza speranza.

Alice, Emmett, Rosalie e Jasper erano vampiri davvero singolari. Così diversi tra loro ma così uniti al tempo stesso. Non ero mai riuscito a integrarmi del tutto con loro, perché non riuscivo a buttarmi il passato alle spalle e vivevo in costante apatia.

Sentii i pensieri di Carlisle, farsi sempre più vicini. Stavolta era passato più tempo dall’ultima volta che mi era venuto a trovare. Di solito veniva soltanto lui, per cercare di farmi tornare tra loro, ma erano passati così tanti anni che forse anche lui si era rassegnato.

Dopo pochi istanti avvertii la sua presenza dietro di me, ma non mi girai nemmeno quando mi poggiò una mano sulla spalla, con fare paterno.

<< Edward. >> disse semplicemente, ma feci come se non l’avessi sentito.

Restammo immobili per minuti, secondi o forse ore, fin quando Carlisle con un sospiro si andò a sedere su uno dei due divani.

<< Edward devo parlarti. Potrei avere la tua attenzione, per favore? >>

Il suo tono era come sempre calmo e pacato e io non potei far altro che voltarmi e sedermi sul divano di fronte a lui. Lo guardai e questo era già il mio segnale di attenzione.

<< Bene… ascolta, figliolo, ricordi che ti ho parlato di Bella? >>

Sbuffai e mi passai velocemente una mano tra i capelli bronzei, perennemente spettinati.

<< Sì, Carlisle, perché me lo chiedi? >>

Erano mesi che mi parlava di quella ragazza. Era una paziente della sua clinica a Seattle e a quanto avevo capito aveva avuto un trauma, ma nessuno aveva capito a cosa fosse dovuto. Non parlava mai con nessuno, tranne con qualche infermiera e preferiva stare nel giardino o nella sua stanza. Si comportava come una bambina e diceva cose infantili. Tutto ciò era ovviamente anomalo dato che lei aveva diciassette anni, la mia stessa età quando ero stato trasformato. L’anno in cui tutta la mia vita era finita. Forse per questo odiavo che Carlisle me ne parlava.

<< Beh, pensavo che potessi venire con me. Fare un salto alla clinica e vederla di persona. >>

Inarcai un sopracciglio e lo guardai dubbioso.

<< Perché dovrei volere questo? A che servirebbe? Sai che non esco quasi mai, se non di notte per la caccia. Non vengo mai a trovarvi, come potresti pensare che vado a vedere una strana ragazza che nemmeno conosco? >>

Lui mi guardò con un sorriso e poggiò le spalle al divano.

<< Appunto per questo. E’ un buon motivo per cambiare aria. Sai la nostra famiglia è molto affezionata a lei. E’ una ragazza particolare, è vero, ma è molto speciale. Credo che abbiate molto in comune. >>

A quelle parole non trattenni un ringhio, ma Carlisle non ne sembrò affatto impressionato.

<< In comune? >> dissi alzando la voce e alzandomi di scatto.

<< Come fai a dirlo? Io sono un vampiro e lei è un umana. Lei può ancora vivere la sua vita e la spreca con inutili paure, mentre io sono condannato! >>

Cercai di calmarmi, Carlisle aveva le migliori intenzioni e non si meritava i miei sfoghi. Ma quando diceva quelle cose mi faceva arrabbiare in modo indicibile. Io non avevo nulla in comune con gli essere umani, non più.

Camminai velocemente da una parte all’altra del salone, fin quando non mi fermai davanti a lui.

<< Carlisle, non so cosa tu abbia in mente, ma credimi non servirà. >>

Lui si alzò in piedi e per la prima volta lo vidi quasi arrabbiato.

<< Non so cosa abbia in mente tu, Edward. Ma se pensi che rimarrò con le mani in mano a guardare mentre ti distruggi, ti sbagli di grosso. >>

Non mi aveva mai detto cose del genere, sebbene me le abbia sempre fatte capire in modo diverso.

<< Non è questa la promessa che ho fatto a tua madre. >>

A quelle parole mi irrigidii. Sapevo che mia madre aveva chiesto a Carlisle di salvarmi, in qualsiasi modo. Non sapevo se avesse capito la vera natura di Carlisle, ma ne dubitavo. Lei voleva solo salvarmi… se solo avesse saputo che io non volevo un esistenza del genere…

<< Non parlare di mia madre. >> sibilai e lui, sospirando, si risedette nel divano.

In quel frattempo non avevo prestato attenzione e in poco tempo vidi tutti i miei fratelli al completo più Esme, che mi guardava tristemente.

Non sapevo se essere più stupito che arrabbiato, ma non ebbi il tempo di formulare alcun pensiero che Esme mi abbracciò singhiozzando. I vampiri non potevano piangere, ma se Esme fosse stata ancora umana avrebbe pianto disperata.

D’istinto l’abbracciai e lei mi accarezzò i capelli, con fare protettivo.

L’ammirai perché non mi disse nulla, ne mi rimproverò. Si limitò ad abbracciarmi per poi darmi un bacio sulla guancia e sedersi accanto al marito.

Alice mi sorrideva e si torceva le mani, indecisa sul da farsi. Era stata parecchio furba, aveva camuffato l’odore di tutti e fatto in modo che nessuno stesse pensando al fatto che mi avrebbero fatto questa sorpresa.

La osservai un po’ irritato ma poi sorrisi mio malgrado e aprii le braccia in un chiaro invito. Lei si sciolse in un sorriso radioso e corse tra le mie braccia. Se fossi stato umano mi avrebbe di certo ucciso la sua stretta! Jasper accorse in mio aiuto e ridendo la scostò da me.

Emmett mi diede una pacca sulle spalle e con mia sorpresa notai che anche lui era emozionato di rivedermi e Jasper mi mandò un sorriso da lontano. Lui era quello con cui avevamo meno confidenza perché era l’ultimo arrivato ed erano anni che non tornavo a casa. Infine Rosalie, fredda come sempre, mi fece un cenno del capo e nulla di più. Già per lei questo era un traguardo importante. Non avrebbe mai manifestato nessun tipo di sentimento. Anche lei come me non era affatto felice della sua natura, ma lei aveva trovato Emmett, quindi aveva dato un senso alla sua esistenza, a differenza mia.

<< Edward non siamo qui per chiederti come stai, questo lo sappiamo bene, ma vorremmo che tu provassi a tornare. Una giornata fuori non ti farebbe male, potrebbe schiarirti le idee come no, ma quanto meno provaci. >>

Sospirai e stavo per dire di no, quando Esme prese per la prima volta la parola.

<< Tesoro, nessuno di noi ti vuole forzare, però ci renderesti felici anche con sole poche ore passate insieme. >>

Sospirai e poi mi rivolsi a Carlisle.

<< Tutto questo cosa c’entra con quella ragazza della clinica? >>

<< Oggi è il giorno in cui può passare anche tutta la giornata fuori, in compagnia di qualcuno di fidato, ma come te non vuole uscire. Abbiamo pensato che fosse una buona occasione per te unirti a noi. Potresti farle cambiare idea. >>

A quelle parole guardò Alice che invece guardava me con un sorriso.

<< Edward prova a venire con noi. Bella è una così brava ragazza. >> riprese Carlisle.

Li guardai in modo confuso. Non riuscivo a capire la connessione tra me e quella ragazza. Tuttavia notando gli sguardi speranzosi di tutti, decisi di accontentarli.

<< Però dopo questa visita a Bella, voglio tornare qui. >>

Tutti annuirono e con riluttanza uscii da quella casa.

La giornata era piovosa e nuvolosa, quindi passammo quasi inosservati. Presi la mia macchina, dopo mesi che non la utilizzavo e arrivammo in poco tempo a destinazione. Una volta arrivati alla clinica di Carlisle, notai solo lui in piedi, vicino alla sua mercedes, che mi aspettava con un grande sorriso.

<< Gli altri dove sono finiti? >> borbottai scocciato, prendendo a camminare di fianco a lui.

<< Avevano delle commissioni da fare. Noi intanto entriamo. >>

Il suo umore era decisamente cambiato e questo non fece che scocciarmi ancora di più. Cosa c’era di così esaltante nell’andare a vedere questa ragazza?

Entrammo all’interno della clinica e notai molte infermiere fermarsi a guardarmi, ma non ci feci caso e cercai con scarso successo di evitare i loro pensieri. Scossi la testa e guardai la dottoressa che Carlisle aveva fermato. Era alta, con dei lunghi boccoli biondi e dei lineamenti fini. Dal suo odore e dai suoi occhi color miele capii che era anche lei un vampiro. Mi sorpresi. Non sapevo che oltre Carlisle ci fosse qualche vampiro capace di resistere così tanto al sangue umano.

<< Edward, ti presento Tanya. E’ un cardiochirurgo. >>

Lei mi sorrise e mi porse la mano, che strinsi brevemente. I suoi pensieri erano di apprezzamento nei miei confronti ma non esagerati quanto quelli delle infermiere di poco prima.

Era davvero una vampira bellissima.

<< E’ un piacere conoscerti, Edward. Tuo padre mi ha parlato molto di te. >>

Ormai ero abituato a sentire parlare di Carlisle come mio padre, infatti dovevamo mantenere le apparenze, eppure lo sentivo molto vicino, quasi quanto un padre.

<< Il piacere è mio Tanya. E’ una sorpresa vedere un altro come noi qui. >>

Lei mi sorrise soddisfatta.

<< E’ tutta una questione di volontà. >>

Mi guardò dritto negli occhi e io ricambiai lo sguardo. Non sapevo perché, ma sentivo che quelle parole non le aveva dette a caso.

<< Certo, certo. Adesso andiamo Edward! Tanya ci vediamo dopo. >>

Carlisle interruppe il nostro scambio di sguardi e Tanya dopo avermi lanciato un ultima occhiata si dileguò tra i vari corridoi.

<< Sai, Tanya sa che stai molto tempo lontano da noi. E’ davvero una vampira particolare. >>

<< Ho notato, Carlisle. >>

Non sapevo perché ci fosse quello strano interesse per lei. Non era qualcosa di fisico, anche se era davvero una vampira bellissima. Era come se volesse capirmi.

Lasciai cadere questi pensieri quando Carlisle aprii una porta e mi fece cenno di entrare.

In quel momento un odore paradisiaco mi colpì come uno schiaffo. Dovetti quasi portarmi una mano al naso per la sorpresa. Era qualcosa che non avevo mai sentito. Carlisle mi prese per un braccio e io dopo qualche secondo di smarrimento gli feci cenno che andava tutto bene. Ma non era questa la realtà.

Cosa stava succedendo?

La camera era scarsamente illuminata, perché le tende erano completamente chiuse e una strana melodia si diffuse nell’aria. Individuai una ragazza, seduta sulla sponda del letto. I capelli scuri, lunghi e mossi, le oscuravano il viso. Il suo fisico era fin troppo esile e le sue piccole dita tenevano stretto quello che a prima vista mi sembrò un carillon. Era azzurro e raffigurava una giostra con dei cavalli appesi, che giravano in cerchio. La melodia proveniva di certo da lì. Era dolce e lenta, ma spesso si interrompeva e lei girava una piccola farfallina arrugginita che di sicuro metteva in moto il meccanismo del carillon.

Tuttavia, la mia attenzione gravitava interamente sulla sua figura. Alcuni boccoli erano scombinati e le ricadevano sulle ginocchia, piegate al petto.

Il suo odore sapeva di viole selvatiche e margherite bianche, unite a un leggero aroma di fragola. Se mi concentravo troppo sul suo odore, rischiavo di uscir di senno. Non sapevo neppure io come riuscivo a mantenere la calma.

<< Sicuro che vada tutto bene? Non avevo previsto un risultato del genere. E’ davvero troppo per te il suo odore? >>

<< Sì e non capisco il perché. >>

Lui meditò in silenzio e poi si avvicinò alla ragazza, che sembrava non essersi accorta della nostra presenza.

<< Bella, tesoro, come stai oggi? >>

Lei sollevò appena il capo, ma non riuscii lo stesso a vedere il suo viso, a causa dei capelli tremendamente lunghi.

Io nel frattempo cercavo di tenere a bada le mie sensazioni. Avrei voluto andare lì e farle alzare il viso per poterla guardare bene.

Nessuno dei due fu sorpreso di non ricevere risposta da Bella. Sapevo che non parlava quasi mai.

<< Oggi è la giornata libera. Non vuoi uscire? >>

Lei scosse il capo e tornò a girare la farfallina arrugginita che faceva suonare il carillon.

<< D’accordo. Volevo presentarti mio figlio. >>

Mi fece cenno di avvicinarmi e io entrai quasi in panico ma poi decisi di smettere di respirare per potermi avvicinare di più a loro.

Mi sentivo stranamente agitato, come mai mi succedeva e questo non poteva di certo essere solo a causa del suo odore.

Quando arrivai di fronte a lei, notai che quasi trattenne il respiro. Non capii il perché ma Carlisle si avvicinò per sussurrarmi qualcosa all’orecchio.

<< Alice mi ha detto che devi stare tranquillo. Non le farai del male. Adesso devo andare perché ho delle visite da fare, ma ti tengo sotto controllo. Arriverò in tempo, qualsiasi cosa tu faccia. >>

Mi diede una pacca sulla spalla e io mi rincuorai leggermente. Mia sorella non sbagliava quasi mai e sapevo che Carlisle sarebbe stato veloce nel fermarmi se le avessi fatto qualcosa.

Quel pensiero mi colpì come una pugnalata. Non avrei mai potuto fare del male a quella dolce creatura. A costo di uccidermi prima.

Annuii lentamente all’indirizzo di Carlisle che dopo aver carezzato la testa di Bella, uscì lentamente dalla stanza.

<< Tu sei Edward? >>

Rimasi sorpreso di sentire la sua voce. Era qualcosa di bellissimo, dolce e musicale, ancor più di qualsiasi vampiro.

Abbassai lo sguardo su di lei, ma non mi stava guardando, bensì accarezzava lentamente i cavalli del suo carillon.

Mi permisi di respirare solo un po’ e poi mi sedetti accanto a lei, che si irrigidii un po’.

<< Sono io. >>

Lei continuò a non guardarmi ma aveva alzato un po’ di più il viso e vedevo solo il suo profilo.

<< Lo sapevo. >>

Si voltò piano verso di me e finalmente potei ammirare il suo viso. Era bellissima. I suoi lineamenti erano dolci e delicati e le sue labbra sembravano due petali di rosa. Ciò che più mi colpì furono i suoi occhi. Marroni e caldi, come il cioccolato che da bambino adoravo mangiare.

Restai immobile a fissarla e lei fece lo stesso, fin quando non vidi le sue guance colorarsi di rosa e lei non abbassò di nuovo il viso.

<< Non farlo. Sei così Bella… >>

Con un dito le feci risollevare il viso e lei sospirò tornando a rivolgere l’attenzione al suo carillon.

<< Ti piace molto il carillon? >> chiesi per poterla fare parlare, eppure mi sentivo in difficoltà e non sapevo come comportarmi. La sua presenza mi destabilizzava e avrei voluto correre via e tenerla tra le mie braccia al tempo stesso.

A quelle parole lei strinse il carillon e annuì.

<< Era della mamma. >> pronunciò in un sussurro.

<< Ho solo questo. >> disse ancora e io provai una grande pena per lei. Forse Carlisle aveva ragione, non eravamo poi così diversi.

Respiravo a intermittenza per potermi abituare al suo odore, ma sembrava un impresa impossibile. Era davvero troppo dolce per me.

Misi da parte i miei istinti e le carezzai i capelli, lei si scostò leggermente e io abbassai la mano. Forse ero stato troppo avventato ma lei era una continua tentazione.

<< Perché non vuoi uscire? >> chiesi ancora.

Lei non rispose e la vidi intenta a girare freneticamente la farfallina che azionava il carillon. Ad un certo punto la sentii lamentarsi e capii che c’era qualcosa che non andava. Probabilmente non riusciva più a farlo partire, così allungai una mano per afferrare l’oggetto che cercava disperatamente di far funzionare, ma lei se lo strinse al petto per non farglielo prendere.

Mi guardò come se l’avessi appena tradita quindi mi affrettai a spiegarle.

<< Voglio solo aiutarti. Posso provare a capire perché non suona più. >> dissi indicandolo con una mano.

Lei mi guardò a lungo e io mi persi nel colore profondo dei suoi occhi. Le scostai un ciuffo di capelli dal viso e lei si rilassò e mi porse titubante il carillon.

Lo presi come se fosse un tesoro di rara importanza e vidi che si era semplicemente allentata la farfallina. L’aggiustai meglio e glielo porsi.

Lei provò di nuovo e stavolta la dolce melodia di prima riprese. I suoi occhi si sgranarono e mi guardò con gioia. Sorrisi spontaneamente e lei sospirò contenta. Il suo umore era nettamente migliorato rispetto a quando l’avevo vista per la prima volta.

<< Bella tiene molto a questo carillon. Quando l’abbiamo trovata, in mezzo alla strada, sotto la pioggia, teneva questo in mano. >>

Saltai quasi per aria quando sentii la voce di Carlisle. Non l’avevo sentito entrare, tanto ero preso da Bella, eppure era lì con noi.

Mi guardò soddisfatto ma non capii perché.

<< Bella adesso vuoi uscire? >>

Lei si voltò a guardarmi e io ricambiai il suo sguardo. Carlisle ci osservava attentamente ma io non avevo occhi che per Bella. Sembrava che mi stesse chiedendo qualcosa con lo sguardo, come se fossi io a dover decidere.

<< Andiamo? Non sarebbe male uscire un po’. >>

Lei si alzò e con passo incerto si diresse verso la porta. Prima di uscire aspettò che io e Carlisle la raggiungessimo e poi uscimmo nel giardino della clinica.

<< Voglio rimanere qui. >>

Entrambi osservammo Bella sedersi su una panchina, vicino ad una piccola fontana, dove alcuni uccellini stavano bevendo e si stavano bagnando indisturbati.

Notai che li stava osservando e sorrideva ogni tanto. Capii appieno di cosa mi aveva parlato Carlisle. Sembrava attirata dalle cose più semplici, quelle a cui ognuno non faceva caso. Era ingenua e dolce come una bambina eppure aveva diciassette anni.

<< Conto su di te, Edward. >>

Carlisle si dileguò di nuovo, senza darmi la possibilità di dire nient’altro. Ritornai a guardare Bella che ancora osservava con un sorriso gli uccellini. Mi sedetti vicino a lei e ragionai sulle parole di Carlisle. Io cosa potevo fare per questa ragazza? Per lei sentivo sentimenti contrastanti ma non sapevo ancora definirli. Il suo odore era qualcosa di speciale per me ma per fortuna riuscivo a controllarmi.

Ancora una volta pensai a quanto fosse difficile la mia esistenza. Se fossi stato ancora umano, forse avrei potuto starle accanto, invece la mia natura mi impediva di fare ciò che desideravo.

Una piccola mano strinse il mio cappotto e mi girai. Bella mi stava guardando con un sorriso e mi venne voglia di stringerla a me, per la dolcezza che la sua immagine mi provocava.

<< Sei triste? >>

Io sorrisi stancamente, ma prima che potessi dire qualcosa lei mi anticipò e con mia grande sorpresa mi porse il suo carillon.

<< Tienilo tu per ora. Quando sono triste lo tengo stretto a me, perché mi ricorda mia mamma. Tu tienilo pensando a me. La tristezza andrà via. >>

Mi sorrise ancora e io credetti di essere sopraffatto dalle mie emozioni. Non avevo mai incontrato nessuno come lei. Una persona tanto speciale.

Feci come mi aveva detto e strinsi il carillon tra le mani. Non smisi mai di osservarla e non seppi se per il suo sorriso o per l’oggetto che stringevo tra le dita, ma la tristezza andò via.

 

 

 

 

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Sono tornata presto! Che ne dite di questo capitolo? Molte cose si spiegheranno con il tempo! Ringrazio tutti quelli che hanno commentato e che stanno seguendo questa storia!  Per me è davvero importante sapere cosa ne pensate! 

 

 

  marco

 

Grazie marco, sono davvero molto contenta che la storia ti piaccia! Fammi sapere cosa ne pensi di questo capitolo, un bacione ciao^^

  vampiretta cullen  

Tesorooooo! Grazie mille! Sono felice che tu abbia letto questa storia! Il titolo avrà una sua spiegazione! Che ne pensi di questo capitolo? Mi raccomando fammi sapere, un bacione, ti voglio bene ^^

  Dreamerchan  

 

Ciao, grazie mille per la tua recensione! No, Bella non ha ancora capito cosa è Edward, però considera che quella del prologo era una scena che ci sarà dopo nella storia. Quindi capirai meglio la dinamica! Più che una capacità, Bella ha un problema che si dovrebbe risolvere, un trauma che purtroppo è venuto fuori e vedrai anche questo dopo! Mi raccomando fammi sapere cosa ne pensi di questo capitolo, un bacio ciao =)

  Elly4ever  

Ciao Elly, non so davvero come ringraziarti! Sei stata gentilissima e sono felice che tu mi ritenga una brava scrittrice, spero di non deluderti con i capitolo successivi, ahah! xD Ci tengo molto al tuo commento, quindi non vedo l’ora di vedere cosa ne pensi del capitolo, un bacione ciao!

  prudence_78

Ciao! Alla fine la sto continuando e spero che l’evolversi della storia ti piaccia, fammi sapere, sono davvero curiosa di sapere che ne pensi, grazie ciao^^

  eliza1755  

 

Ciao Eli, hai centrato in pieno la situazione. Il rapporto con Edward si evolvera pian piano e sono felice di averti incuriosito. Pensavo che questo argomento non potesse interessare invece ne sono rimasta colpita! Questa “ sindrome” è dovuta ad un trauma, è come una maschera dietro cui si nasconde. Migliorerà? Vedremo! Aspetto con ansia la tua recensione, un bacione^^

 

  
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