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Autore: Hi Ban    01/08/2010    6 recensioni
“Non lo so.” Dissi con voce afona, schiarendola subito dopo, quasi per riflesso.
“Non lo sai? Eppure sei a casa sua.” Disse con voce allegra Deidara, tirando fuori la mano che aveva messo in quel borsellino in cui teneva l’argilla.
Le possibili risposte:
‘Non abito veramente qui, faccio finta.’
‘L’ho cacciato un mese fa fuori di casa perché non si toglieva le scarpe prima di entrare.’
‘L’ho ucciso e messo in una sacca da bowling perché non voleva farmi tenere un famigerato cervo.’
‘Era troppo bello allora l’ho rinchiuso in cantina per non rimanere abbagliata dalla sua bellezza.’
‘Itachi Uchiha sono io.’
‘Prima di mettere le mani su di lui dovrete passare sul mio cadavere!’
Oppure...
‘Dovrebbe rincasare per cena, potete aspettarlo in soggiorno.’

[Storia sospesa]
Genere: Avventura, Comico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akatsuki, Itachi, Nuovo Personaggio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Naruto Shippuuden
Capitoli:
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>>>Capitolo speciale!<<<
Se non me lo tirate dietro e mi fate sapere cosa ne pensate mi fate felice!xD
Non fatevi spaventare dalla lunghezza, suvvia!^^'
E se proprio poi volete uccidermi fatelo nel modo più indolore possibile, grazie!^^



Alla ricerca (della collana) di Jashin


Itachi aveva ben deciso di andarsene – per dove e per quanto lo sapeva solo lui –, lasciando una povera ragazza addolorata da sola, con la speranza che la suddetta si allenasse.
Illuso.
La ragazza in questione sarei io, per intenderci, e sì, ero distrutta dal dolore perché, per quanto io avessi fatto, cercando di evitare che almeno lì Hidan non morisse, alla fine era crepato. Beh, Asuma almeno si era salvato, ma Hidan aveva fatto la stessa fine che gli era toccata nel Manga.
Sotterrato nella foresta del Clan Nara, con le cacche di cervo che concimavano la terra dove i suoi pezzi di corpo erano stati sotterrati. Che fine indecente e ingloriosa per un povero mukenin, che non che avesse fatto poi chissà cosa di male, aveva solo ucciso un po’ di gente.
Tch.
A Konoha prendevano le cose troppo tragicamente.
Shino se la prendeva se qualcuno per puro caso gli uccideva un insetto – ero io o quando lo incrociavo per il Villaggio mi guardava ancora male? –, i Jonin uccidevano i traditori: Konoha prendeva le cose fin troppo tragicamente.
Che fosse un Villaggio drastico o no, comunque, era relativo. Io ero stata abbandonata dal mio Sensei mentre ero in piena crisi emotiva, troppo triste per la perdita di Hidan. E io che avevo sperato che finendo lì, oltre a sentir dire che di Ninja avevo solo il coprifronte, avrei potuto vedere Hidan.
Invece no. Non l’ho potuto vedere ed era pure morto.
Ed era il mattino dopo che Itachi mi aveva fatto gentilmente sapere che se ne sarebbe andato per qualche giorno – non che si fosse sprecato a dire dove, ma non c’era bisogno di specificare che era diretto al covo dell’Akatsuki – che, immersa fino al collo nelle coperte, pensando ad Hidan, ebbi un’illuminazione.
Farmi concedere il permesso da Tsunade fu la cosa più difficile in assoluto, ma avrei fatto di tutto per attuare quell’idea che mi era balenata in mente, troppo geniale per essere ignorata.
Quando posi la domanda a Tsunade mi guardò prima confusa, poi pensierosa ed infine aprì il cassetto della scrivania, constatando ad alta voce: “No, la bottiglia di saké è ancora qui, perciò non sono ubriaca.”
Poi spostò nuovamente l’attenzione, scrutandomi con uno sguardo perplesso.
“Stai scherzando, sì?”
“Ovvio che no!” Risposi io, roteando gli occhi al cielo.
Quando mai io avrei potuto scherzare su una cosa del genere.
“Si può sapere che richiesta è? Ho cose ben più importanti a cui pensare, non posso permettere che tu vada a piantare casini in giro per il Villaggio!” Controbatté lei, alzandosi dalla sua postazione.
Io, per tutta risposta, aggirai la scrivania, unico oggetto che mi separava da lei; mi piazzai davanti a lei e poi mi sedetti di colpo sulla sua sedia, da cui l’avevo indotta a spostarsi.
C’era una logica dietro: se prima lei era seduta e poi si era alzata, perché io, se prima ero in piedi, non potevo sedermi?
“Mi stai prendendo in giro ragazzina?”
“Giammai! Come potrei?” Chiesi, portandomi le mani alla bocca orripilata.
“Comunque la risposta è no.”
“Dammi il permesso, Tsutsu!” Dissi decisa.
“Scordatelo.”
Ci guardammo in cagnesco, fino a che io non decisi che era ora di passare al piano B. Beh, il piano A consisteva nell’andare da Tsunade e sperare che lei acconsentisse di sua spontanea volontà.
C’era anche un piano C, in effetti. Farla ubriacare e farla acconsentire non nel pieno delle sue facoltà mentali, forse, era l’unico piano che aveva più di mezza probabilità di riuscire.
Il fatidico e geniale piano B prevedeva...
“Ti preeeego Tsu! Per favore! Non ti ho mai chiesto niente!”
“Smettila di chiamarmi Tsu e Tsutsu!”
Mentre mi dimenavo come una posseduta non potevo certamente fare caso alla vena pulsante che era comparsa sulla tempia della Godaime, che ora, molto probabilmente, aveva chiuso gli occhi e si era passata una mano sulla faccia, nel disperato tentativo di ritrovare il controllo.
“Eddai! Per favore! Fallo per me!” Strepitai ancora con un tono lamentoso che, per i nervi della Senju, erano probabilmente molto peggio di una mezz’oretta nello Sharingan di Itachi.
“Tsutsuuuuuu!” E simulai un singhiozzò, però, piuttosto, sembrò che stessi soffocando.
Lei, ormai al limite della sopportazione, sbatté le mani sulla scrivania e sbraitando peggio di come avevo fatto io rispose: “E va bene, fa quel che ti pare!”
... di prenderla per sfinimento.
Io, fiera di me stessa, stavo per dirigermi verso la porta, ma lei sembrava di tutt’altro parere, infatti mi prese per il colletto della maglia, sbatacchiandomi in una fedele imitazione di Sakura con Naruto.
“Dove diavolo credi di andare senza permesso, mh?” Ringhiò, non volendo che lo dimenticassi dopo averle rotto le scatole per un’ora buona.
Non potendo rispondere, mi limitai a fare qualcosa che doveva essere un cenno affermativo con la testa, ma dubito che si fosse potuto notare.
“E prova a fare qualche stupidaggine e lo squadrone di Anbu che ti manderò non sarà per salvarti, ma per finirti!”
Poi smise di scuotermi come un sacco di patate e pensierosa esordì: “Tu farai di sicuro qualche stupidaggine. Vado a preparare lo squadrone.”
“Ehi!” Mormorai, anche se avevo lo stomaco in gola, visto il fantastico trattamento.
Tsunade si risedette con malagrazia sulla sedia, con la faccia di una che aveva appena sperimentato un piano B e che aveva solo voglia di inaugurare una bottiglia di saké. Stancamente firmò un foglio che doveva essere la mia autorizzazione e me lo porse.
“Beh, allora io vado, tante care cos–” Feci per andarmene, ma mi anticipò.
“A che ti serve un permesso per la foresta del Clan Nara, si può sapere?”
Un Hokage che firma permessi senza neanche sapere a cosa servono: non se ne trovano più così. Ci pensai solo dopo che avrei potuto minacciarla di dire al Consiglio che era un Hokage degenere.
“Oh, ma niente! Volevo solo andare a riesumare il corpo di Hidan pezzetto per pezzetto.” Dissi, con una faccia angelica.
“Non credere che io sia tanto stupida ragazzina! Quella zona è stata sigillata ed è invalicabile.” Mi disse tutta felice, sedendosi meglio sulla sedia e poggiando i piedi sulla scrivania, buttando per terra le pile di fogli.
Ok, forse avrei dovuto aspettarmela una cosa del genere, ma si era comunque rivelata un’enorme falla nel mio geniale e malefico piano.
La fantastica idea non prevedeva proprio che io andassi a riesumare Hidan e, portandomi dietro ago e filo, lo ricucissi; oltre a non saper cucire dubitavo che sarei stata abbastanza forte di stomaco. Il mio interesse verteva su cose più fattibili. La collana di Jashin di Hidan, quando era stata ucciso, era volata via quando era stato fatto a pezzi. Se non era finita nella buca insieme a lui doveva essere ancora recuperabile. Certo, c’era stata anche un’esplosione, ma erano dettagli. Sì, la collana di Hidan era fattibile, sì. O perlomeno lo era se non avevano avuto la bellissima idea di sigillare la zona.
“Ne devo dedurre che la felice passeggiatina nei possedimenti dei Nara sia solo per l’interesse che nutri verso i cervi.” Commentò serafica, con uno sguardo vittorioso.
Brutta vecchiaccia.
“Allora basta che mi firmi anche questo permesso.” Dissi io noncurante.
“Ma allora sei davvero stupida come pensavo!” Asserì sconvolta dalla sua stessa conclusione dei fatti.
Probabilmente pensava di non aver mai visto cotanta ignoranza se non in presenza di Naruto; le avevo scombussolato l’esistenza.
“Su, via, sciò! Non ho tempo per le tue idiozie!” E così dicendo sventolò la mano nella mia direzione, invitandomi ad andare via.
Io feci come mi era stato imposto, ma poi ebbi un altro colpo di genio; visti com’erano stati tutti gli altri fantomatici ‘colpi di genio’, avrei dovuto iniziare a diffidare del mio cervello e darmi al giardinaggio.
Con uno scatto felino – prima inciampai nei miei piedi quando mi stavo girando, poi sbattei contro la scrivania per il troppo impeto – le rubai la penna con cui aveva firmato il permesso.
“È sempre un piacere fare affari con te, Nonna!”
E mentre lei tentava di afferrarmi per i capelli, io scappai letteralmente a gambe levate fuori dall’ufficio.
Mi richiusi anche la porta alle spalle – non ero una ragazza educata? – e poi presi il permesso, controllando cosa avesse scritto.
Si sentì il tonfo della mia mascella cadere a terra, quando lessi la piccola postilla che la carissima Godaime aveva pensato di aggiungere.
‘Per gli Anbu: in caso trovaste questo soggetto vagare per le terre dei Nara, finitela! Non riportatemela! Grazie, la Godaime.’
Brutta strega.
Mi lanciai contro la porta, certa che, essendo aperta, sarei potuta entrare. E invece no. Il Quinto Hokage di nome ma, di fatto, neanche tanto aveva chiuso la porta e io battei una nasata che mi avrebbe segnato per giorni.
“Sei una stronza Tsutsu!” Piagnucolai e me ne andai, sentendola ridere beatamente da dentro.


Arrivarci, alla foresta del Clan Nara, fu già di per sé un’azione fin troppo complicata, complice il fatto che non avevo idea di dove fosse. Fortunatamente per me ero riuscita a placcare Naruto per farmi accompagnare, prima che andasse a mangiarsi quella che doveva essere la decima scodella di ramen. Alle undici di mattina. Non volli indagare.
Alla sua legittima domanda sul perché dovessi andarci, risposi che era di vitale importanza che io vedessi un cervo.
“Sai, la cacca dei cervi è un toccasana per i bronchi!” Dissi sarcastica e lo vidi spalancare gli occhi sorpreso.
“Davvero? Non lo sapevo!”
“No, io stav–”
“Chissà se si può mettere anche nel ramen, così farei due in uno!” Commentò pensieroso, mentre brontolava qualcosa che assomigliava molto ad un ‘però farebbe schifo’.
Evitai di ritirare fuori la cacca di cervo.
Quando ci arrivai mi resi conto che ero leggermente lontana dal Villaggio, che ero vagamente in mezzo al nulla e che io ero potenzialmente sola, perché non potevo far venire nessuno con me. Certo, io avrei anche potuto aspettare Itachi e convincerlo ad accompagnarmi, ma io, come mio solito, prima agivo e poi pensavo.
Itachi mi avrebbe anche accompagnato, perché il piano B valeva tanto con Tsunade, quanto con lui. Naruto se ne era già andato da un pezzo, e da altrettanto io me ne stavo al limitare della loro foresta. Ingoiai a vuoto: in fondo cosa c’era di strano, oltre al fatto che stavo per andare in un bosco in cui era stato sotterrato un ragazzo, pieno di cervi e di cacche di cervo?
Nulla, ovvio.
Prima di entrare ricontrollai meglio il permesso che ero riuscita a ritoccare alla bene e meglio. Un’altra piccola postilla, sopra a quella che mi dichiarava come un soggetto da terminare, che mi dava il nullaosta per andare anche nella parte limitata. Magari se lo sventolavo sotto il naso del Jonin o dell’Anbu di turno alla velocità della luce non si accorgevano di nulla.
Mi armai di coraggio e mi concentrai sulla missione: avrei preso quella dannata collana.
A passo spedito entrai nella foresta e la mia marciata trionfale fu interrotta da una radice, in cui inciampai.
Bellissimo modo per iniziare, già.
Mi aspettavo di vedermi piombare davanti cervi ninja che mi avrebbero impedito l’accesso, ma forse la mia immaginazione correva un po’ troppo. Non c’era anima viva, neanche un cervo, niente. Che avessi sbagliato foresta?
Quante foreste c’erano a Konoha? Rimpiansi di non aver portato una cartina, anche se non sapevo neanche dove procurarmene una.
Poi, a conti fatti, non c’ero arrivata neanche io in quel bosco, mi ci aveva portato Naruto e se non sapeva lui dov’era la foresta del Clan Nara quante possibilità avevo io di non finire a Oto anche con l’ausilio di una cartina?
Ma dovetti ricredermi all’istante: forse era un loro modo di dare il benvenuto o forse era un modo per tenere lontani i nemici, ma fatto stava che quella che pestai era sicuramente una grandissima merda di cervo.
Cos’era, un tappeto di benvenuto che portava scritto a caratteri cubitali ‘benvenuti nel Clan Nara’? Che simpatici.
Con tutta la grazia e la finezza di cui ero capace, sbattei lo stivale contro un albero lì vicino e iniziai a sfregarlo a più non posso per pulirlo, mormorando qualche ‘ma che schifo’, ‘latrina’ e ‘povero Hidan’ vari.
Una volta disintegrata la suola della scarpa, che tanto pulita non era tornata, ripresi il cammino, fermandomi poi di botto e chiedendomi perché cavolo fossi così idiota.
Oh, già, io prima agivo e poi pensavo alle mie azioni, ma fatto stava che io mi trovavo in un bosco enorme e non avevo la più pallida idea di dove mettere mani. E piedi: c’erano troppe cacche, cosa dovevo fare? Volare?
Anche con una cartina non mi sarei mossa di tanto, visto che dubitavo seriamente che a Konoha le avessero aggiornate solo per aggiungerci in quale punto erano soliti far fuori i mukenin. Azione di indubbia importanza, certo, ma c’era un limite a tutto.
Mentre io ero persa nelle mie elucubrazioni mentali, non mi ero accorta che qualcosa si era avvicinato pericolosamente alla mia persona.
Quando sentii qualcosa toccarmi i capelli, invece di agire come una ninja – che si era appurato non ero –, quell’ammasso di verde, natura e cacca fu invaso dalle mie grida. Non seppi esattamente come finii su un albero e dubitavo fosse grazie a qualche mia capacità ninja: il merito era tutto di quel cervo che mi osservava pacioso da qualche metro sotto di me.
Convenni con me stessa che non era il caso di far sapere ad Itachi che mi ero letteralmente cagata in mano per un cervo, o mi avrebbe ucciso lui.
E ciò che avvenne nel quarto d’ora seguente fu un ambiguo gioco di sguardi tra me e il cervo in questione, ovvero un quadrupede che si limitava ad abbassare di lato la testa e alzare di tanto in tanto un’orecchia. Aveva il muso schiacciato e l’aria pigra, svogliata. Era proprio un cervo del Clan Nara.
A Konoha sarei anche potuta essere conosciuta come colei che sussurra ai cervi, anche se questi non mi ascoltavano, perché passai non so quanto tempo a tentare di mandarlo via.
“Su, vai!”
Il cervo, ribattezzato per l’occasione con il nome di Hubert senza un valido motivo, piegò la testa a destra.
“Via, sciò!”
Ora a sinistra.
“Ti prego, va’ via!” Piagnucolai.
Emise un suono strano che interpretai o come il suo verso o come problemi gastrointestinali.
“Non hai una vita tua, Hubert?” Sbraitai in preda all’isteria: come potevo avere paura di uno stupido cervo? Con molte probabilità non era neanche un cervo ninja, anche se non lo avevo dedotto esattamente con metodi attendibili.
Era attendibile credere che non fosse un cervo ninja solo perché non aveva tirato fuori un kunai?
E Hubert questa volta si limitò a girarsi di poco, dandomi un po’ di speranza, per poi fermarsi e donare al mondo una dose di escrementi freschi e non indifferenti.
“Hub, fai schifo.” Mormorai afflitta, prendendomi quella confidenza: lui poteva cagarmi sotto il naso – metaforicamente grazie al cielo – ed io non potevo abbreviare il suo nome fittizio?
“E tu che ci fai qui?” Mormorò svogliatamente una voce alle mie spalle.
Feci appena in tempo a constatare che no, quello non poteva essere un altro cervo che cacciai un urlo degno di me e mi vidi già spiaccicata per terra, probabilmente con la faccia nella defecazione di qualche cervo con gravi problemi intestinali.
Se fosse una fissazione o no non lo sapevo, ma quella mania che avevano tutti di afferrarmi per i piedi quando stavo per cadere da un albero stava diventando vagamente scomoda. Ok, così mi salvavano la vita, ma proprio per i piedi?
Realizzando che la gente poteva salvarmi la vita anche in modi meno strani, mi resi conto che qualcuno mi stava tenendo per un piede e non avevo idea di chi fosse.
Il cervo capo?
Uno spazzino del Clan?
“Non muoverti come un’anguilla, o cadremo entrambi.” M’informò la fantomatica voce senza volto, che riscoprii essermi familiare.
Smisi di dimenarmi e alzai di poco la testa per vedere chi fosse l’attentatore alla mia vita prima e il salvatore dopo.
“Shikamaru!” Dissi tutto d’un fiato, abbassando di nuovo la testa per evitare di rompermi l’osso del collo.
Tutto il sangue che mi stava fluendo al cervello non era d’aiuto, no.
“Non è che mi tireresti su? Sai, il sangue al cervello.” Borbottai.
Ad un tratto vidi il terreno farsi sempre più vicino e mi preparai a rompermi qualche osso; non sentendo nessun impatto riaprii gli occhi, trovandomi a pochi centimetri da terra. Shikamaru mi stava ancora tenendo per un piede.
“Non è che mi metteresti giù?”
“Ok.” E mi lasciò cadere.
“Grazie, eh!”
La finezza fatta persona il ragazzo.
Mi rimisi in piedi sperando di non essere atterrata su escrementi puzzolenti, trovandomi lo sguardo inquisitore del Nara addosso.
“Ehi! Dov’è Hubert?” Ora che stavamo iniziando a fare amicizia!
“Chi è Hubert?” Chiese spaesato e feci un gesto noncurante della mano, facendo cadere la questione.
“Cosa ci fai tu qui?” Ripeté la domanda con la quale si era presentato per così dire.
Cosa potevo raccontargli? Di certo non mi avrebbe creduto se gli avessi detto che avevo un’innata – e insana – passione per i cervi, visto che probabilmente aveva assistito al mio approccio con quello di prima. Implorare un cervo di andarsene era il massimo per un’amante di quella specie.
Decisi di fare la cosa più ovvia e forse più sensata della giornata, ovvero sbattergli sotto al naso il permesso taroccato di Tsunade e sperare che non si accorgesse che fosse modificato.
“Ti ha dato il permesso per fare cosa?” Chiese ancora.
Troppo curioso, avrei dovuto dirgli la mia missione e poi eliminarlo.
Oh no. Stavo iniziando a pensare come Itachi. La sua compagnia mi stava traviando verso il male. Ok, forse lui aveva il diritto di fare domande, ero pur sempre nel suo territorio, ma erano dettagli. “Top secret.” Affermai con aria risoluta e non convincendolo neanche un po’.
“Nh. So perché sei qui. Oggi avrei potuto starmene a casa a dormire, ma l’Hokage mi ha detto di seguirti perché non si fidava.” Mi rivelò, evitando di andare avanti con giochetti inutili.
Che mentalità contorta il ragazzo. Dirmi che sapeva tutto dall’inizio mi avrebbe risparmiato dal dover cercare scuse plausibili che no, non avrei trovato.
“Brutta vecchiaccia!” Masticai tra i denti.
Stava intralciando il mio piano! Ok, forse piano non era, visto che non sapevo neanche da che parte girarmi e non sapevo più uscire da quel labirinto, visto che avevo camminato a caso per un tempo indeterminato. Mi aveva messo una spia alle calcagna! Diffidente la nonnina.
“Ha detto che c’entrava qualcosa il mukenin che ho ucciso.” Disse con il solito tono stanco. Perfetto, avevo anche un permesso che a me non serviva niente, ma probabilmente faceva da nullaosta agli Anbu che potevano benissimo farmi fuori appena mi vedevano.
“Oh... Uhm, cioè... io volevo solo darci un’occhiata, sì... curiosità...” Balbettai, iniziando ad accampare scuse a destra e a manca. Forse avevo ancora una possibilità ed era meglio non sprecarla. Se io mi facevo portare dove lo aveva ucciso – luogo in cui io non sapevo arrivare da sola –, potevo dare uno sguardo intorno e cercare la collana, tanto non poteva essere finita tanto lontano.
Certo, se poi era finita sottoterra era tutto inutile, ma tentar non nuoce. Almeno Itachi avrebbe imparato che lasciarmi da sola poteva comportare anche cataclismi naturali.
“Non è che mi ci porteresti?” Chiesi con il tono più gentile che riuscii a trovare, incrociando anche le dita dietro la schiena. Molto probabilmente mi avrebbe risposto di no, ma tentar non nuoce.
“Voi donne siete tutte strane.” Disse e poi s’incamminò. Lo presi per un sì e lo seguii. In caso se ne stesse andando almeno anche io sarei riuscita ad uscire.
Camminammo in silenzio, lui sbuffando e io chiedendomi perché avesse dovuto uccidere Hidan in un posto così sperduto e lontano. Il paesaggio intorno era completamente verde e feci attenzione per non mettere piede su nessun inconveniente. Più ci inoltravamo più compariva qualche sporadico cervo, che evitai accuratamente di avvicinare: Hubert era un caso a parte, anche se dubitavo di riconoscerlo in caso lo avessi rivisto, visto che erano tutti uguali. Non aveva fatto storie e mi stava accompagnando senza insistere per sapere il perché: c’era qualcosa sotto o solo voleva tornarsene a casa il prima possibile.
“Tu chi sei?” Mi chiese poi di colpo, facendomi sobbalzare. Se aveva problemi di memoria già a quell’età era grave, la situazione.
Osservandolo non sembrava realmente interessato alla domanda, era più una sua riflessione o un suo pensiero espresso ad alta voce.
“Come chi sono? Sono-”
“Sì, sei Carmen e sei sotto la tutela di Tsunade ora che stai qui a Konoha. Chi sei tu veramente.”
Quel ragazzo era quanto di più complicato ci fosse sulla faccia della Terra e io mi appuntai mentalmente di evitare di avere altre discussioni con lui o di trovarmi anche solo in sua presenza. Oltre a farmi domande scomode a cui avrei dovuto dare risposte ancora più scomode mi metteva anche ansia.
Stupido quoziente intellettivo superiore alla media.
Cosa potevo dirgli? Tanto non mi avrebbe creduto se gli avessi propinato la stessa solfa con cui mi aveva presentata Tsunade quel giorno.
‘Mi avvalgo della facoltà di non rispondere’ non andava bene?
“Beh... io... io sono io!” Dissi, tentando di prendere tempo e sperando che arrivassimo in fretta.
“Cosa ti fa pensare che io non sia chi io dico di essere?” Chiesi, non rendendomi conto dello scioglilingua che avevo appena imbastito. Lui non vi diede peso e si fermò, voltandosi verso di me, con le mani dietro la testa.
“Sei diventata nervosa quando te l’ho chiesto.”
Oh, grazia, che bell’esposizione dei fatti. Lui fa domande strane, non è di certo colpa mia; in più non sono mai stata brava a mentire e in quel periodo di permanenza a Konoha ne avevo avuto la conferma svariate volte.
“Ci deve essere un motivo specifico se ti lasciano abitare a Villa Uchiha, residenza a cui è negato l’accesso se non con un’ordinanza dell’Hokage.” Continuò ancora, snocciolando altre motivazioni fin troppo plausibili.
Non ero preparata ad una cosa del genere, non mi aspettavo che qualcuno sospettasse qualcosa.
“Io ho l’ordinanza dell’Hokage.” Commentai allora, anche se sapevo che non faceva differenza. Perché Shikamaru doveva mettermi così in difficoltà?
“Hai un approccio fin troppo strano con l’arte ninja e da come ti comporti sembri proprio venire da un altro posto.” Disse pensieroso, riprendendo a camminare, forse neanche lui conscio di quanto vera fosse l’ultima osservazione.
“E in più il nome Carmen non l’ho mai sentito.” Oh, beh, quell’osservazione era sicuramente quella che mi avrebbe smascherato.
Ero rimasta leggermente indietro rispetto a lui e mi apprestai a seguirlo, quando lui si fermò di nuovo.
“Metti per caso in discussione la parola dell’Hokage?” Tentai ancora, sperando di riconoscere in Shikamaru un ninja che stava agli ordini dell’Hokage e che non si sarebbe mai neanche sognato di contraddire la sua parola.
“Sì.” Disse pacatamente.
Beh, lui non era uno di quelli.
Il discorso cadde con mio grande sollievo; facendo quelle affermazioni non aveva mai voluto una risposta, si era semplicemente limitato a esporre le sue riflessioni, magari studiando le mie reazioni per trarne altre conclusioni. Il ragazzo aveva la mente troppo contorta, non c’era che dire.
E io che ero già pronta, a mali estremi, a dirgli che ero uno spia di un paese lontano che doveva trovare informazioni su una nota banda criminale, ai più nota come Akatsuki.
Non ci avrebbe creduto, ma inventando tutto di sana pianta avrei potuto tentare di articolare la mia tesi con altri dati puramente inventati, rendendo il tutto più credibile.
Sì, non ci avrebbe creduto lo stesso.
Ad un tratto notai che la foresta che ci circondava era molto più diversa di quella in cui avevamo camminato fino a quel momento: alcuni alberi erano bruciacchiati e altri tagliati.
Dovevamo trovarci nella zona in cui si era tenuto lo scontro tra i due.
“Siamo arrivati.” Disse indicandomi con il mento una zona poco più avanti, che vantava condizioni molto peggiori di quelle di prima ed era sicuramente più provata dallo scontro che si era tenuto. Era lì che era sotterrato Hidan.
Un lungo brivido mi corse lungo la schiena facendomi venire la pelle d’oca. Ok, adoravo Hidan alla follia ed ero lì di mia spontanea volontà, ma non potei non immaginarmi una mano che sbucava fuori dal terreno, stile zombie.
“Beh, io vado. A presto.” E si stava già incamminando da dove eravamo venuti, ma non gli diedi il tempo di fare un altro passo che lo agguantai per un braccio e per poco non lo feci cadere per terra.
“Tua madre non ti ha insegnato che non si mollano le ragazze in una foresta dove è stato ammazzato un mukenin?” Chiesi decisa, ma si vedeva chiaramente che me la stavo facendo sotto dalla paura. Quando avevo avuto la mia brillante idea, non avevo messo in conto che sarei stata sola soletta in mezzo al nulla con un cadavere sottoterra che non era neanche tanto sicura essere completamente morto.
“Potrei dirle di questa tua mancanza a livello di cortesia.” Dissi sardonica, mal celando l’inquietudine che provavo anche al solo pensiero di stare lì da sola. Ok, era di Hidan che parlavamo, ma Hidan morto faceva tutto un altro effetto.
“Voi donne siete tutte delle seccature.” Affermò, sbuffando e socchiudendo gli occhi.
“Resta lì.” Gli dissi in tono poco convinto e iniziando ad avvicinarmi.
Sì sentiva ancora l’odore di bruciato nelle vicinanze di dove erano scoppiate le carte bomba che avevano dato il colpo finale a Hidan.
Facevo qualche passo e mi voltavo indietro, controllando che Shikamaru non si fosse mosso.
Ad un tratto qualcosa mi impedì di proseguire. Tentai ancora di andare avanti, ma era come se una barriera invisibile m’impedisse il passaggio.
Un momento. C’era davvero una barriera invisibile che m’impediva il passaggio.
“È una barriera fatta con i sigilli. Non si può entrare se non viene rotta.” Mi spiegò la voce di Shikamaru che si era portato silenziosamente alle mie spalle, facendomi sussultare.
“Cosa?” Esclamai afflitta e sconvolta da quella notizia.
“Credevi davvero che avremmo lasciato la zona incustodita e senza protezione? Non sappiamo cosa sia successo esattamente, lui era pur sempre immortale.”
“M-ma...” Mormorai allibita, la mia mascella ancora a terra per lo stupore.
“Tsunade non ti avrebbe rilasciato l’autorizzazione se non fosse stato così”
Poi mi ricordai del permesso: lo avevo modificato apposta e poi non mi ricordavo neanche quando usarlo. Iniziai a frugare nelle tasche, quando il fantomatico permesso che stavo cercando come una disparata mi venne sventolato lentamente sotto al naso.
“Non crederai che qualcuno prenda per buona la prima postilla, vero?” Chiese retoricamente, con un ghigno vittorioso.
“Perché, la seconda sì?”
“Sì.”
Ah, bene. Potevo morire, ma non potevo cercare una misera e innocua collana di un Dio malvagio, brutto e cattivo. Che simpaticoni.
Gli sfilai di mano il foglietto e lo guardai in cagnesco, anche se lui non c’entrava granché, faceva solo le veci dell’Hokage. Tirai un calcio alla barriera, sfogando la mia frustrazione su quello che a prima vista poteva apparire come il nulla.
Mi voltai verso la barriera e allungai il collo per vedere se scorgevo qualcosa che luccicava, ma non si vedeva niente oltre a terra bruciata.
“Cosa stai cercando?”
“Una collana.” Mormorai abbacchiata e sporgendo nuovamente il collo.
“Quella che aveva al collo quel mukenin?”
“Quel mukenin aveva un nome! Si chiamava Hidan! E tu lo hai ammazzato!” Borbottai, non tentando di nascondere quella nota di accusa verso Shikamaru e noncurante del fatto che mostravo un sincero attaccamento verso un criminale pluriomicida, palesemente dalla parte dei ‘cattivi’.
“Sì, comunque quella collana. Sai per caso dove è finita durante lo scontro?” Chiesi ancora, come se durante il combattimento il suo primo pensiero fosse stato la collana che l’avversario portava al collo.
“Credo sia finita con lui sottoterra.” Disse placidamente e tornandosene sui suoi passi.
Stavo già per ribattere che no, non poteva essere, io dovevo avere quella collana, ma fui interrotta. Un Anbu era comparso poco distante da me, in una nuvoletta di fumo che, vista la situazione, non trovai per niente ‘molto ninja’.
Shikamaru tornò di nuovo indietro per chiedere delucidazioni sulla comparsa del ninja. Poveretto, quel giorno lo avevo fatto stancare più del solito.
“Qualcuno ha tentato di oltrepassare la barriera.”
“Non ti preoccupare, ho tutto sottocontrollo.”
A quanto aveva capito dalla loro breve discussione a rompere quella barriera poteva essere solo un ninja con l’autorizzazione dell’Hokage. Quella donna aveva fin troppo potere, constatai, chiedendomi come mai nessun ninja avesse tentato la diserzione. Serviva un suo permesso per tutto, a momenti anche per andare in bagno.
“E tu chi sei?” Chiese l’Anbu, avvicinandosi a me, che avevo sperato ardentemente di poter essere lasciata fuori dalla discussione.
“Ahm... io...”
“Ha il permesso dell’Hokage per essere qui.” Rispose Shikamaru a posto mio.
“Potrei vederlo?” Chiese con una voce che, anche non potendo vedere la sua espressione, compresi che stava adire: ‘prova a dirmi di no’.
Oh, bene, se leggeva la postilla c’era anche la possibilità che la prendesse per vera.
Oh, la postilla.
Presi seriamente in considerazione l’idea di sputagli in faccia – o meglio, sulla maschera – e darmela a gambe, anche se non avevo uno straccio di possibilità di fare anche solo mezzo passo.
Mi rivolse uno sguardo bieco e si rivolse a Shikamaru: “E vera la seconda postilla?” Ecco, la prima non l’aveva neanche calcolata.
Si vedeva tanto che era falsificata?
Tanto Shikamaru avrebbe smentito tutto, non avrebbe lasciato che...
“L’Hokage ha firmato, perciò sì.”
Stupido Nara.
“M-ma no! Lei scherzava! Io e Tsutsu siamo come culo e camicia!” Tentai, ma lui non sembrava molto rassicurato dalle mie affermazioni.
“Lei ha detto di eliminarti, io non disubbidirei mai ai suoi ordini.”
Ecco, il ninja per cui ‘la parola dell’Hokage è legge’ l’avevo trovato, ma in quel momento non mi serviva, no. Mi ricordava anche vagamente Terminator, probabilmente per la mania di terminare ciò che gli veniva detto di terminare.
“Shikamaru, tu...” Mi voltai, ma lui se ne stava andando dalla parte opposta, sventolando una mano in segno di saluto e mormorando un ‘l’Anbu è lui, sceglierà lui’.
Fantastico.
“Era uno scherzo di Tsunade, non crederà davvero che mi debba...”
Mentre articolavo qualche frase di senso compiuto sotto lo sguardo severo del ninja, indietreggiavo nella vana speranza di salvarmi da quel pazzo che sembrava aver preso la faccenda troppo sul serio. Potevo fare relativamente poche cose in quel frangente, in cui ero finita solo ed esclusivamente per la mia scemenza e un po’ per il sadismo dei ninja di Konoha: tentare di mettere in atto le mie conoscenze ninja, oppure darmela a gambe.
Io che avevo un orgoglio da mantenere, una dignità e tante altre cose... giustamente decisi di sacrificare quel poco di amor proprio che mi era rimasto venendo a Konoha e mi diedi ad una fuga rapida, per quanto lo concedesse lo slalom tra le varie cacche.
Lui non si era mosso, cosa che gli avrebbe permesso di prendermi subito e chiudere lì la faccenda, forse perché aveva intuito che io di ninja non avevo niente, solo il coprifronte, constatazione che facevano tutti due minuti dopo che mi conoscevano.
Guardandomi alle spalle durante la corsa per vedere che cosa stesse facendo quel pazzo, quasi non andai a sbattere contro un cervo, che aveva ben deciso di fermarsi a ruminare sul mio tragitto.
Era Hubert! Aveva lo stesso muso un po’ schiacciato e quell’aria da annoiato indistinguibile. “Hubert! Levati di mezzo!” Esclamai, facendo segno al cervo di togliersi dai piedi.
Se quel ninja dalla dubbia moralità – uccidere una povera fanciulla era totalmente immorale, anche se era l’Hokage ad ordinarlo – non mi uccideva e io riuscivo ad uscire viva da quella foresta che, per un motivo o per l’altro, riusciva solo a farmi cagare sotto dalla paura, sarei passata da Tsunade.
Avevamo molte cose da dirci io e quella carissima donna. Non solo accordava la mia eliminazione così, come se avesse ordinato di sgozzare un pollo per Natale, ma era anche riuscita a rincretinirmi tanto da farmi parlare con un cervo, che a quanto pareva non mi capiva.
Sentii il frusciare delle foglie dietro di me e fui presa dal panico.
Ma quella era la foresta del Clan Nara o era la Foresta della Morte sotto – neanche tanto – mentite spoglie?
Guardai Hubert e lui guardò me. Smise anche di ruminare quando vide i miei occhi accendersi, dopo che fui fulminata da una nuova, folgorante idea.
Piegò di lato la testa quando notò il ghignò poco convincente sul mio volto.
A mali estremi, estremi rimedi: c’era un pazzo che m’inseguiva e non sarei uscita sana e salva da quella foresta con le mie sole gambe.
Avrei cavalcato Hubert, non c’era altra soluzione.
In qualche modo avrei poi anche dovuto salvarmi il culo, no?
Che poi, un cervo si poteva cavalcare? Non me lo chiesi neanche, saltai solo in groppa al quadrupede, che non sembrò molto felice della mia genialata, ma evitò di farmi cadere per terra. Ci misi un bel po’, ma ce la feci.
“Trovata.” Disse con la sua voce burbera l’uomo con la maschera che, a quel punto, più che un Anbu poteva anche essere Jack Lo Squartatore.
Che razza di gente che ingaggiavano come ninja.
“Vai Hubert, vai!” E il cervo partì veloce, facendomi quasi cadere. Non sapevo neanche dove attaccarmi per non cadere, poi optai per il collo, senza però soffocarlo.
Dove lo trovavo Hubert II?
Ogni tanto volgevo delle occhiate indietro, per vedere se ce lo avevo alle calcagna e con mio grande sollievo non lo scorsi. Hubert andava ad una velocità che non mi sarei mai aspettata per un cervo Quando finalmente vidi uno spiraglio di luce e intravidi la distesa d’erba dove mi aveva lasciata Naruto quella mattina, sospirai sollevata.
Certo che ci ero stata un bel po’ in quella foresta. Il fascino del macabro ne dedussi.
“Spero tu sappia dov’è il palazzo dell’Hokage, perché è lì che devi portarmi!” Disse, sperando che avesse capito almeno una parola di quel che avevo detto.
Con mio grande stupore, in poco tempo ci ritrovammo ad attraversare il Villaggio e vedendo le facce della gente vedendomi cavalcare un cervo non seppi se ridere o se piangere.
Erano totalmente sconvolti, ma era più che plausibile e giustificabile. Che vedessero tutti i giorni una pazza che arriva in groppa ad un cervo, istigandolo ad andare più veloce, non doveva essere uno spettacolo di tutti i giorni.
Ormai il danno era fatto: mi avrebbero ricordata come colei che correva con i cervi, visto che più che sussurrare ormai gridavo.
Hubert rischiò anche di prendere sotto qualche ignaro passante, ma riuscì ad evitare di far diventare una via di Konoha uno scenario splatter.
“Vai Hubert, Vai!” Dissi, ormai vicini al palazzo dell’Hokage.
Quando arrivammo, ad assistere al mio trionfale arrivo c’era proprio Tsunade, che mi guardava sconvolta. Si aspettava davvero che quel pazzo riuscisse ad uccidermi? Non era che aveva già sparso la voce che avevo misteriosamente perso la vita nella misteriosa foresta del Clan Nara?
“Hokage degenere! Mi hai quasi fatta uccidere da un pazzo psicopatico!”
“Si chiama Anbu, Carmen, Anbu.” Disse lei serafica, osservando il cervo su cui ero ancora posteggiata.
“Quello non era un Anbu, era un pazzo!” Sbraitai io, in preda alla collera, l’adrenalina che aveva animato quel mio bellissimo e altrettanto originale viaggio in cervo completamente svanita.
“Dove lo hai lasciato l’Anbu?”
“Hubert lo ha seminato!” Dissi ancora irosa per avermi quasi fatto uccidere. Prima mi chiamano, poi tentano di uccidermi: logica schiacciante.
“Hubert è il cervo?”
“Sì, è lu–” Iniziai, ma ad interrompermi fu il cervo stesso.
“Io non mi chiamo Hubert, ragazzina, e se vuoi farmi la grazia di scendere mi faresti un favore!”
“Hubert, tu parli!”
“Non mi chiamo Hubert!”
“Basta crederlo, Hubert!” Lo assecondai e così dicendo scesi, piazzandomi davanti al cervo e osservandolo con attenzione. Perciò lui non era un comune cervo, era un cervo ninja.
Wow.
“Perché non hai parlato prima?” Chiesi quasi delusa: avevo parlato per mezz’ora da sola e lui non si era degnato di rispondermi. Ingrato.
Tsunade si era avvicinata e io mi ricordai del suo tentativo di omicidio.
“Non ti hanno mai detto che sei una persona davvero poco discreta?”
“Io sono sempre discreta!” Ribatté confusa.
Oh, sì, certo, era il massimo della discrezione mettermi alle calcagna un misto tra Terminator e Jack Lo squartatore. Non me ne ero quasi accorta, figuriamoci. Era come se aveva scritto in fronte ‘piacere, sono la discrezione’.
“Mentre commissionavi il mio omicidio devi aver dimenticato questa tua dote, Tsutsu!” Dissi, spostandomi di fianco al cervo.
“Io non ho commissionato proprio niente, sicura di non stare male?” Chiese, poggiandomi una mano sulla fronte e assumendo un’aria critica.
“Ovvio che sto bene! Sei tu hai ingaggiato quell’Anbu psicolabile per uccidermi!”
“Ah! Parli dell’Anbu numero 687!”
Oh, ma che bella novità: quel pazzo aveva anche un numero! Con molte probabilità era il suo numero nella clinica psichiatrica da dove era scappato.
Notando il mio sguardo tutt’altro che lieto per aver scoperto quale fosse il numero di quell’assassino, si diede un contegno.
“Beh, se ti riferisci a lui, non è commissionato, tu sapevi che se ti trovava un Anbu aveva l’ordine di farti secca.” Aveva commentato pacatamente, facendo cenno con una mano come se stesse dicendo un’ovvietà.
Perché tutti andavano in giro con una postilla che era tipo Spada di Damocle, guardandosi le spalle in attesa di essere inseguiti da uno squilibrato.
“Tu hai tentato di uccidermi!” Ripetei nuovamente, in caso la cosa non le fosse chiara.
“Non è vero, andare nella foresta era a tuo rischio e pericolo.”
“M’inseguiva con uno sguardo folle!” Rincarai tragicamente, rivolgendomi poi al cervo: “Vero Hub?”
“Come fai a sapere che espressione aveva se aveva la maschera?” Chiese lui placidamente, mentre socchiudeva gli occhi esasperato.
“Sempre gentile, Hubert.” Sibilai risentita: anche il cervo era dalla parte della vecchiaccia.
“Su, Carmen, non farla tanto tragica, l’importante è che sei viva, no?”
“Mi sta prendendo in giro?”
“Giammai! Come potrei?” Chiese lei, imitando me quella mattina quando la assillavo, con tanto di mano davanti alla bocca, fintamente sconvolta.
Quando stavo per ribattere a tono, ebbi un dejà vu: un Anbu era comparso alle spalle di Tsunade in una nuvoletta di fumo.
Oh Signore: era l’Anbu quattromilasettecentotrentatré o che numero era lui. Ai più, meglio conosciuto come Jack Lo Squartatore.
Tirai un gridolino quando lo vidi avvicinarsi e mi nascosi dietro Tsunade, avvinghiandomi a lei come una cozza; lei, appurato che non mi sarei staccata facilmente, si rassegnò.
“Oh, bentornato. Vedo che non hai portato a termine la missione.” Disse Tsunade, come se stesse parlando di carne da macello o di vendere una mucca al mercato.
“Tsunade!” Piagnucolai sulla sua schiena, assestandole anche un calcio in uno stinco.
“La ricercata” La ricercata? Da quando ero una ricercata? Ma stavamo scherzando? “mi ha detto che vi conoscete, che siete culo e camicia, testuali.” Riferì.
“Tu sei il culo.” Precisai io con voce tremante.
“Ah sì? Comunque non proprio ricercata, Anbu 687, piuttosto condannata, si adatta di più alla situazione.” Disse seria e mi staccai da lei, conscia che no, non era dalla mia parte.
L’Anbu si voltò verso di me, osservandomi per un po’, poi guardò Tsunade.
“Il soggetto è lei, procedo?”
Procede a cosa, di grazia? Questo mi voleva accoppare davvero, forse era il caso che tiravo fuori la vera Carmen che era in me e mi davo una mossa a mettere a posto la situazione.
Mi guardai intorno alla ricerca di un modo per scappare o comunque prendere tempo per tentare di trovarne uno e non mi stupii più di tanto scoprendo che non c’era anima viva nei pressi del palazzo dell’Hokage. Probabilmente tutti avevano ben pensato di starsene alla larga dal luogo, visto che vi erano l’Hokage, un ninja dall’aria psicopatica, un cervo che continuava ad essere chiamato Hubert e una non ninja che doveva ispirare non poca diffidenza. C’era un'unica cosa da fare, ne dedussi dopo un attenta esami nazione del luogo, ovvero un frenetico scorrere dei miei occhi su tutto ciò che mi circondava, senza vedere la metà delle cose. Mi avvicinai a Hubert, che alzò il muso verso di me: aveva capito il mio piano. Che bravo cervo. Avrei riscattato me stessa e mi sarei salvata in modo più che dignitoso.
“Bene Tsunade, se è la mia morte che vuoi... non l’avrai!” E con uno scatto degno di una vera ninja feci per saltare in groppa a Hubert, che si era anche abbassato un po’ per farmi salire meglio. Peccato che no, io non ero una ninja, ormai lo avevano capito anche i muri e perciò caddi di sedere per terra.
Mi massaggiai il posteriore dolorante e feci per salire nuovamente sul cervo; ormai la dignità era annegata nella cacca dei cervi, anche se non salivo con stile la fuga era l’unico scopo.
“Ce la puoi fare.” Sussurrò sarcastico Hubert, abbassandosi ancora un po’ sulle zampe. “Grazie!” Dissi ironica, salendo finalmente.
Tsunade era ancora girata di spalle, non si era voltata per vedere le mie mirabolanti imprese. L’Anbu se ne stava fermo, in attesa di istruzioni: se non fosse stato che avevo una paura fottuta di lui avrei tanto voluto vedere che faccia aveva. Magari era il fratello minore di Ibiki Morino. Rabbrividii al solo pensiero.
“Senti Hub, ma perché tu mi assecondi? Fai tutto quello che ti chiedo di fare.” Gli chiesi in un sussurro, continuando a tenere d’occhio i due.
“Non faccio niente da tempo, era l’occasione giusta.” Rispose con fare ovvio, ma io non compresi l’ovvietà che vi era dietro. Scossi la testa e osservai i due.
Me lo stavo immaginando o le spalle di Tsunade tremavano? Sobbalzavano per la precisione. Tremava? Aveva freddo? Aveva il singhiozzo?
“La condannata si sta dando alla fuga con un cervo.” La informò l’Anbu trecentotrentaté o un numero giù di lì e le spalle le sussultarono più forte.
Che stesse...?
E Tsunade si voltò verso di me, scoppiando in una fragorosa risata; alzai un sopracciglio scettica e spostai lo sguardo da lei all’Anbu, per poi abbassare lo sguardo su Hubert e chiedere spiegazione a lui. Scosse il muso, facendo intendere che non ne aveva idea.
“Tsutsu, se devi morire almeno fallo silenziosamente.” Constatai io, visto che da come si teneva l’addome sembrava sulla buona via per il Paradiso.
“Si può sapere che cosa hai da ridere?” Chiesi spazientita, visto che le risate non sembravano volersi placare.
“Vieni qui!”
“Fossi scema!” Gridai di rimando, chiedendomi a che gioco stesse giocando e se almeno si stesse divertendo. Io no, quello era appurato, forse l’Anbu abbastanza.
“Su, Carmen, non voglio mica ucciderti!” E ghignò nella mia direzione.
“Mai hai bevuto?”
Il suo ghignò scomparve in un attimo e ne prese il posto un’espressione delusa e amareggiata. “No, la bottiglia me l’ha presa Shizune.” Disse, borbottando qualcosa come ‘solo perché stavano per venire i consiglieri’ o qualcosa del genere. Io, personalmente, avrei dato un encomio speciale a Shizune, ma forse la vedevamo in due modi diversi.
“Dai, vieni, voglio solo farti conoscere l’Anbu!”
Massì, perché non prendevamo anche una tazza di tè insieme? Magari facevamo anche qualche foto ricordo in cui c’era lui che lasciava cadere la ghigliottina sulla mia testa.
“Che Hokage sconsiderato! Prima mi vuoi far uccidere scomodando quasi tutte le Terre Ninja e poi vuoi anche farmi prendere un tè con il mio assassino?” Chiesi incredula, sperando che Itachi almeno avrebbe vendicato la mia morte.
Prima di morire avrei potuto scrivere con il sangue che l’assassino non era il maggiordomo ma l’Anbu.
“Non fare la maleducata e vieni a conoscerlo!” Mi ammonì severa.
Da quando era usanza presentarsi all’assassino e poi farsi uccidere come se niente fosse?
Che presentazione sarebbe stata poi? ‘Salve, sono Carmen, tu devi essere Jack Lo Squartatore tremilaquattrocentosessantaseiesimo.’
“Tu farnetichi vecchiaccia!” Sbottai, deglutendo quando notai il lampo d’ira che le aveva attraversato gli occhi. Forse era meglio se lei, anche se aveva tentato di uccidermi, me la ingraziavo alla bene e meglio.
“C-cioè, carissima Tsunade, i-io...” Non feci in tempo a tentare di completare la frase, balbettata in maniera raccapricciante, che un brivido mi percorse le spalle.
C’era qualcosa che non andava, me lo sentivo a pelle...
“Sai che non dovresti rispondere così alla Godaime Hokage, condannata 309?” La voce roca e ferma dell’Anbu sololuisapevaqualenumero soffiò quelle parole nel mio orecchio, facendomi rabbrividire maggiormente. Perfetto, anche io avevo un numero: era forse il caso di iniziare a giocare al lotto? Qualcosa mi diceva che avrei avuto più fortuna di Tsunade, che intanto, quando l’Anbu folle aveva detto il numero aveva riso ancora più di gusto.
Doveva essere tutto alquanto esilarante visto da occhi esterni, ma visto dai miei, che erano sbarrati dalla paura, non lo era per niente.
Quando diavolo era arrivato? Io non lo avevo visto. Scoccai uno sguardo dove prima credevo si trovasse il ninja assassino, per poi voltarmi molto lentamente verso la mia destra, dove ora si trovava. Il tutto sudando freddo.
Fu un riflesso incondizionato dettato dalla paura a farmi lanciare quell’urlo raccapricciante, alla vista dell’Anbu di fianco a me che in quel momento era la perfetta imitazione di Yamato in versione terrificante, solo che lui era ancora più spaventoso, visto che aveva la maschera.
Mi lancia giù da Hubert, che sentii sbuffare scocciato – oh, beh, quel pazzo voleva solo uccidermi, scusa tanto se mi dedicavo un po’ alla protezione della mia persona!
Rotolai per terra e arrivai gattonando fino a Tsunade, che aveva ricominciato a ridersela beatamente, come se fosse la cosa più divertente sulla faccia della terra.
Mi attaccai – come da copione, per altro – alla sua gamba, scuotendola furiosamente e blaterando frasi sconnesse.
“TsuTsuuuuuu! Perché vuoi uccidermi? Possiamo parlarne! Ti prego!” Tutti i miei sconnessi balbettamenti potevano rifarsi in quell’unica frase.
Certo che io non le conoscevo proprio le mezze misure: poco prima ce l’avevo a morte con Tsunade e ora le imploravo pietà.
“E staccati!” Disse lei tra una risata e l‘altra, ma io non ero dello stesso parere.
Intanto l’Anbu era sempre fermo lì, ma con l’unica differenza che, per quanto la maschera mi lasciasse capire, stava ridendo anche lui.
Possibile che la mia morte facesse ridere tanto? Ero solo io allora a trovarla spaventosa e per nulla un lauto evento.
“Tienimelo lontano Tsunade! Sarò la tua serva per sempre se gli dici di starmi alla larga!” Piagnucolai ancora per nulla dignitosamente.
Vidi solo di sfuggita un Jonin che scappò letteralmente all’interno del palazzo, guardando – non capii se inorriditi o sconvolto – la scena che stavamo imbastendo lì fuori.
Itachi, se avesse assistito a tutto ciò, mi avrebbe rispedito nel mio mondo a calci, anche se sarebbe vagamente surreale: lui non era tipo da tirare calci, piuttosto mi avrebbe distrutto il sistema cerebrale con un’illusione, dopodiché forse mi avrebbe rimandato a casa. Non era in stile Uchiha lasciare le vittime ancora in grado di intendere e di volere.
“Non fare la bambina, lui non ti ucciderà se non gli darò il permesso.”
“Ma tu gli hai dato il permesso! Ah! Sì avvicina! Oddio! Aiuto!” Dissi in preda al panico, notando che il ninja si stava avvicinando.
E sì, stava ridendo anche lui.
Tsunade sbuffò esasperata quando io scossi più violentemente la sua gamba e fece l’unica cosa da fare con una ragazza attaccata alla gamba in stato di panico: mi diede una sberla che mi fece fare un volo di due metri. Massaggiandomi la testa mi misi seduta, scoprendomi a due passi dall’Anbu assassino.
Tentai di strisciare indietro, ma me la stavo facendo troppo sotto dalla paura anche per muovermi. Lui si abbassò alla mia altezza e non si mosse per qualche minuto.
Dopodiché si tolse la maschera, rivelando il suo vero volto.
Ok, quello non me lo sarei mai aspettata.
“Kakashi mi aveva detto che eri un po’ strana, ma non pensavo così tanto strana!” Disse sardonico Yamato, sorridendo alla mia espressione che doveva essere un misto tra lo sconcertato, l’allibito e sì, lo spaventato.
“Peccato che lui sia in missione, avrebbe sicuramente gradito lo spettacolo!” Aggiunse Tsunade, che ora se la rideva di gusto.”
“Cos- Kakashi?” Balbettai, chiedendomi cosa c’entrasse lui.
“Oh, beh, sono stati lui e Tsunade ad ingaggiarmi come Anbu assassino. Dicevano che incutevo abbastanza timore.” Aggiunse pensieroso, forse chiedendosi anche che cosa di lui incutesse tanta paura.
‘Tutto’, avrei risposto sinceramente io.
“Che vuol dire ‘ingaggiato’?”
Ok, non mi riferivo proprio al significato della parola, ma lui sembrava aver capito a cosa mi riferivo.
“Beh, diciamo che Tsunade ha colto l’occasione al volo. Tu dovevi andare nella foresta dei Nara e ha pensato di giocarti questo... scherzetto.” Disse nel tono più serio che riuscì a imitare Yamato, tentando di non scoppiare a ridermi in faccia, per quanto lui trovasse la situazione esilarante. “Oh, non credo di dovermi presentare, vero?”
“No, ma nemmeno io, vero?” Chiesi piccata, ancora seduta per terra.
Possibile che la mia allegra scampagnata si fosse rivelata del tutto improduttiva e scenario di un quasi tentato omicidio? Ero proprio io che attiravo la sfortuna come una calamita allora, anche se il posto e chi ci abitava non aiutava di certo.
“Ma non è giusto! Non era divertente!” Mi lamentai io.
Che gente bislacca.
“Condannata 309?” Chiesi scettica, e lui rise.
“Oh, beh, era per dare più spessore al tuo personaggio.”
No, non che gente bislacca, che gente idiota.
Yamato mi tese una mano per rialzarmi, che accettai, anche se ancora un po’ diffidente: era pur sempre il ninja che avevo scambiato per Jack Lo Squartatore, non potevo eliminare così in fretta la mia paura verso di lui.
Quella faccenda mi avrebbe segnato per tutta la vita ne ero certa.
Ad un tratto mi voltai per vedere che fine aveva fatto Tsunade, trovandola intenta a parlare con il mio cervo – forse proprio mio no, però il concetto era quello.
Sembravano anche conoscersi.
A passo di marcia mi avvicinai ai due, tenendomi a debita distanza da Tsunade, che mi guardò interrogativa.
“Io con te non ci parlo.” Asserii subito verso di lei, per pi rivolgermi a Hubert.
“Hubert, perché fraternizzi con il nemico?”
“Io non sono il nemico!” Sbottò Tsunade, anche se un sorriso combatteva per spuntarla contro l’espressione scocciata.
Lui piegò di lato la testa, socchiudendo gli occhi.
“Non mi chiamo Hubert e non sto fraternizzando.”
“E come ti chiami allora, Taro?” Dissi sarcastica, alzando un sopracciglio alla sua espressione contrariata.
Tsunade si spostò di fianco a me e mi mise una mano sulla spalla. Io, di rimando, la fulminai con lo sguardo, ma lei non parve accorgersi dei lampi che lanciavano i miei occhi.
“Carmen, ti presento Shikatsuke, il signore dei Cervi.” Disse con aria quasi solenne, facendo alzare il capo orgoglioso al cervo.
“Oh, sarebbe più o meno come Manda per i serpenti e Gamabunta per i rospi...” Dissi meravigliata, mentre lei annuiva sorridendo.
Perciò non si chiamava Hubert, anche se avrei dovuto aspettarmelo visto che il nome glielo avevo dato io. Peccato, ce lo vedevo come un Hubert.
“Sei cattivo Hubert!” Feci seriamente offesa, ignorando lo sbuffo seccato quando lo chiamai con il suo falso nome.
“Perché?”
“Perché non ti chiamo Hubert!”
“Sei un caso perso.” Commentò solamente.
“Beh, io continuo a chiamarti Hubert.” Annunciai, certa che lui non apprezzava.
Tsunade intanto se ne era stata zitta, ascoltando il nostro scambio di battute tutt’altro che intelligenti.
Yamato ci raggiunse alle spalle e lo sentii mormorare all’orecchio di Tsunade che ‘voleva la sua ricompensa’. Ah, beh, almeno per fare quella pagliacciata lo aveva pagato.
La vidi con la coda dell’occhio fare un cenno d’assenso a Yamato, che poco dopo se ne andò, lasciando me, il cervo e Tsunade.
Una volta finito il lavoro sporco giustamente se ne andava.
Incrociai poi per un attimo lo sguardo della Godaime e mi voltai subito, incrociando le braccia e mettendo su un’espressione imbronciata e sdegnosa, degna di una bambina piccola. Ormai il mio orgoglio non esisteva più, tanto valeva far emergere la parte stupida di me, che comunque sembrava essersi data alla pazza gioia da quando avevo aperto gli occhi la prima volta a Konoha.
“Non sarai ancora arrabbiata!” Disse stupita.
“Ovvio che sì, Tsutsu, non credere che ti comprerai facilmente il mio perdono!”
“Ma nessuno ha detto che io voglio comprarmi il tuo perdono, anzi!” Aveva detto gioviale, scoppiando a ridere all’espressione sconvolta e scioccata che le rivolsi.
“Impara a portarmi rispetto e vedrai che non ci sarà nessun Anbu che attenterà alla tua vita!”
“Ma io ti porto rispetto Nonnina!” Avevo piagnucolato, dando dimostrazione del rispetto che elargivo nei suoi confronti.
Ok, forse non ero il massimo del rispetto e non m’inginocchiavo di certo al suo passaggio, ma non mi risultava che avessi messo un Anbu potenzialmente psicopatico alle sue calcagna. Poi, se anche fosse stato, lui sapeva da che parte tenerlo un kunai, io per quanto Itachi avesse tentato di farmi capire come lanciare l’arma, non ne ero proprio in grado.
Decisi di lasciar perdere, tanto io non avrei cambiato atteggiamento nei suoi confronti e, ci avrei scommesso, lei, se si fosse ripresentata l’occasione, anche se avessi fato inchini di sorta in sua presenza, mi avrebbe fatto qualche altro scherzo poco divertente.
“Senti, ma hai assoldato anche Shikamaru nel tuo subdolo scherzo?”
“No, lui doveva solo seguirti e vedere cosa facevi.” Disse come se anche quella fosse la più normale delle cose.
Beh, considerato che c’erano molte probabilità che avrei fatto qualche idiozia, forse non era stata una mossa tanto azzardata mettermi una spia alle calcagna, ma erano dettagli.
Perfetto, quello voleva dire che Shikamaru non sapeva che quello non era un vero Anbu; cioè, lo era, ma non era un Anbu che voleva farmi fuori senza pensarci due volte. Mi aveva lasciato nelle mani di un pazzo Yamato travestito e aveva anche fatto astruse congetture su di me: quel ragazzo era da eliminare.
Peccato che io non avessi avuto i mezzi per agire in quei termini, altrimenti lo avrei fatto, anche perché era lui che aveva ucciso Hidan.
“È da un po’ che non ti si vede in giro, Shikatsuke.” Commentò Tsunade di colpo, parlando ovviamente con Hubert – perché sì, per me sarebbe rimasto Hubert.
“Vero, è questo il motivo che mi ha spinto a dare corda a questa scervellata. ”
“Com’è che adesso parli come un nonnetto Hub?”
“Non mi chiamo né Hubert né Hub ragazzina.”
“Questo lo dici tu.” Mormorai io, senza farmi sentire.
“I Nara ormai mi credono troppo vecchio per qualsiasi cosa che non sia defecare, perciò non appena ho subodorato un po’ di azione non mi sono lasciato sfuggire l’occasione.” Spiegò poi, ricollegandosi al discorso sul perché non si era più visto in giro.
Ah, ecco. Non era perché aveva visto che la mia regale vita era in pericolo, ma perché si era stancato di cagare soltanto e ruminare l’erba.
Simpatico.
“Eh, la vecchiaia, che gran brutta cosa.” Mormorai io, credendo di non essere sentita, ma Hubert mi sentì eccome e mi assesto una zampata in un ginocchio, facendomi saltellare dal dolore.
Comunque, un giorno avrei ripagato Tsunade con la stessa moneta, anche se dubitavo che lei avrebbe mai deciso di andare a farsi una scampagnata nella foresta dei Nara, alla ricerca di una collana di un Dio tutt’altro che buono e pacifista.
“Credo sia ora che tu vada.” Disse Tsunade, facendo cenno intorno e facendomi accorgere che in effetti era abbastanza tardi: il sole stava ormai tramontando.
“A presto Tsutsu e guardati le spalle!” Aggiunsi nel tono più tetro che riuscii a trovare. Poi mi rivolsi a Hubert/Shikatsuke.
“Bene, e ora dritti a Villa Uchiha!” Dissi in tono deciso, battendo un piede per terra e sbiancando quando sentii il rumore che fece quando sprofondò in un escremento fresco fresco.
“Meno male che cagare non ti andava più bene.” Commentai piccata.
Poi gli saltai in groppa e, alzando un pugno al cielo, dissi: “Meta: Villa Uchiha!”
Potei sentire forte e chiaro Tsunade dire in tono sconsolato e abbacchiato un ‘Oh Santo Kami’ e, ci avrei scommesso, si era anche schiaffata una mano in faccia.


Era notte fonda ormai e addormentarsi sembrava non essere azione gradita dal mio cervello.
“Cosa ci fa un cervo nell’atrio?” Il solito tono pacato di Itachi Uchiha mi raggiunse dalla porta della mia camera, e era indistinguibile una nota sorpresa nella sua domanda.
Beh, forse gli succedeva di rado di trovare un cervo in casa sua.
Hubert era rimasto a Villa Uchiha sotto mia richiesta, poiché se almeno c’era lui mi sentivo meno sola e avevo meno paura, tanto per essere sinceri.
“Sei tornato!” Dissi con un entusiasmo che non era per nulla inappropriato: erano passati due giorni da quando aveva avuto la mia fantastica scampagnata nella foresta dei Nara e lui non si era fatto vivo. Dormire in quell’enorme Villa da sola, quando i fantasmi della brutta esperienza con Jack Lo Squartatore/Yamato venivano a tormentare il tuo sonno, non era per niente una bella cosa.
Perciò non ci pensai due volte prima di abbandonare il letto e di lanciarmi addosso ad Itachi e abbracciarlo, cosa che non avevo mai fatto in vita mia. Lui parve inizialmente perplesso da quella mia esternazione di sentimenti, ma poi circondò le mie spalle con un braccio, anche se doveva essere ancora molto sorpreso.
Quando realizzai la cosa, alzai di colpo la testa, per poi allontanarmi con tutta la nonchalance di cui ero capace, ovvero indietreggiai imbarazzata come non mai e in me non c’era la minima traccia di naturalezza.
“Ah... uhm... bentornato Itachi.” Dissi a testa bassa e non sentendolo rispondere alzai di poco lo sguardo; Itachi Uchiha stava sorridendo.
Ok, non un sorriso esagerato, stile Naruto, ma stava sorridendo davvero.
E io, sarà stato per il sonno, o per la scemenza che in quei giorni sembrava aver toccato vette indicibili, lo abbracciai di nuovo, blaterando frasi sconnesse, quali ‘sei tornato’ o ‘ niente più Anbu pazzo’.
Dopo un po’ decisi di ridare un contegno a me stessa, anche se risultava abbastanza difficile, visto e considerato che lo avevo abbracciato come se lui fosse la mia acqua e io la povera sfigata in mezzo al deserto di Suna che non ne vedeva da chissà quanti anni.
“Cosa ci fa il cervo?” Chiese nuovamente, probabilmente sinceramente curioso.
“Oh, Hubert. No, cioè, Shikatsuke. No, Hubert. Beh, lui, ho capito di chi parli!” Dissi, in preda alla confusione più totale.
“Questo spiega perché mi ha salutato.” Disse placidamente, mentre si appoggiava con calma allo stipite della porta. Io intanto mi ero riseduta sul letto, a gambe incrociate.
Tentai di non ridere quando m’immaginai la scena in cui Hubert lo salutava, anche se, di per sé, non aveva nulla di così ilare.
Brevemente gli spiegai cos’era successo due giorni prima, enfatizzando in maniera quasi ridicola l’attentato alla mia povera e fragile vita. Sorvolai sulle parti in cui piagnucolavo senza ritegno, fin troppo imbarazzanti.
Calcai sui miei atti eroici, tra cui entrare in Konoha in groppa di un cervo, gridando come una posseduta.
Gli dissi di Shikamaru e dei suoi sospetti, lasciandolo perplesso nella parte in cui io ero già pronta a raccontargli che ero una spia contro l’Akatsuki. Probabilmente stava pensando che come spia non avrei avuto un futuro, tantomeno un presente e dubitava fortemente un passato.
Probabilmente sapeva che il Nara aveva un QI degno di nota, infatti mi disse che ne avrebbe parlato con Tsunade. E al sol sentire quel nome partii in quarta per un iroso e lungo commento sui suoi atti, tutt’altro che discreti.
“Non posso lasciarti sola per soli pochi giorni e tu te ne vai in giro alla ricerca di collane appartenenti ad un mukenin?” Mi chiese con il solito tono indifferente, ma quella nota di sarcasmo non era riuscita a nasconderla.
“La parte peggiore è che la collana non l’ho neanche trovata!” Ribattei indignata.
“Tu per caso sai se ne aveva una di scorta al covo? Così, magari, se vai di nuovo me la porti...” Proposi vaga, alzando un sopracciglio quando sentii provenire da lui quella che era indubbiamente una risata.
“Perché lo hai chiamato Hubert?”
“Aveva la faccia da Hubert.” Risposi alzando le spalle, sobbalzando quando lo vidi comparire alle sue spalle.
Itachi si fece di lato per farlo passare e lui si piazzò in mezzo alla stanza.
Io, più che essere stupita dell’intrusione di un cervo in casa, fui quasi tentata di chiedergli come avesse fatto ad aprire la porta: l’aveva abbattuta a suon di cornate?
“Salve Shikatsuke.” Lo salutò Itachi, guadagnandosi in risposta un decoroso cenno del capo dal quadrupede.
“Vedi, Itachi, ha una faccia da Hubert!” Dissi indicandolo e piegando di lato la testa, com’era solito fare lui.
“Io non ho la faccia da Hubert, ragazzina. Tu ce l’hai da scema. Devo forse chiamarla Scema?” Chiese poi rivolto ad Itachi, che si limitò a sorridere e scuotere la testa, prima di voltarsi e andarsene, probabilmente a riposare.
Appena arrivato, non gli avevo dato il tempo neanche di farlo sedere.
Sempre seduta sul letto, dopo aver fulminato Hubert, gridai a pieni polmoni: “‘notte Itachi!”
Spalancai gli occhi quando lo vidi affacciarsi alla porta e augurarla anche a me.
“A presto Scema.” E anche lui fece per andarsene, incamminandosi verso la porta.
“Ciao Hub-chan!” Ribattei, ridendo al suo verso scocciato per il suffisso che aveva aggiunto al suo non nome, per di più abbreviato.
Prima di addormentarmi pensai che sarebbe davvero stata solo e soltanto sfortuna mia se alla fine la collana non fosse finita sottoterra con il padrone, ma solo nascosta dalle foglie bruciate e dai detriti dell’esplosione.


“Hokage Sama, dentro la barriera attorno al punto in cui è morto il mukenin dell’Akatsuki è stata ritrovata questa collana, che sono certo essere quella che portava al collo.” La informò la voce annoiata di Shikamaru, che recava in mano l’amuleto religioso del ninja.
Tsunade annuì, prendendo atto dell’informazione; poi la prese, rigirandosela tra le mani e osservandola.
“Dove l’avete rinvenuta?”
“Era nascosta dalle foglie bruciate e dalla terra riarsa, ma si vedeva la catenina luccicare al sole.” Aveva proferito lui, passandosi una mano sulla fronte.
“Ti ringrazio Shikamaru, vedrò di farla mettere dagli Anbu in un posto al sicuro.” Detto ciò Tsunade congedò il Nara, che uscì.
“Certo che Carmen ha davvero dei gusti orribili.” Commentò sorridendo, prima di aprire un cassetto, tirarne fuori una bottiglia di saké – ripresa all’inconsapevole Shizune – e chiudervi dentro la collana.


Carissimi, salve!*____*
Ok, so che ora volete uccidermi, ma prima lasciate che vi spieghi, perciò mollate l’ascia da guerra e calmate i bollenti spiriti!^^’
Probabilmente vi aspettavate un nuovo capitolo visto che vi avevo lasciato sul più bello con l’arrivo di Kisame e Deidara. Invece ho postato questa specie di capitolo speciale, che si colloca nell’arco di quelle due settimane che sono citate nel precedente capitolo, in cui dico che sono già passate due settimane dalla morte di Hidan.
So che la vostra voglia di farmi secca deriva anche dal fatto che è lunghissima, sembra quasi eterna, infatti conta ben 18 pagine, un record per me, che spero non sia un problema per voi. So che è lungo, ma vi posso assicurare che per scriverlo ci ho messo davvero me stessa.
Parlando del perché l’ho postato, vi spiego subito: venerdì parto per le vacanze e non avrei potuto aggiornare, ma volevo aggiornare prima di andare.
E perché hai postato questo invece del capitolo?, vi chiederete voi, brandendo nuovamente forconi e torce. Beh, perché per scrivere quel capitolo ci avrei messo troppo, in quanto più questa storia va avanti, più è difficile da gestire.
Poi era mia intenzione farlo sembrare più come un capitolo per farmi perdonare per l’enorme ritardo con cui ho postato il capitolo precedente.
Uhm, detto questo, spero che non vogliate più farmi la pelle e che vi piaccia questo ‘capitolo speciale’. Sì, è più demenziale del solito nel vero senso della parola!xD
Il nome – e il cervo stesso – sono inventati, anche se credo la cosa sia ovvia. L’ultimo spezzone non è dal mio punto di vista – sì, anche questo è ovvio!^^’ – ma da un punto di vista esterno. Non avrà ripercussioni sulla trama originaria, anche se forse più in là potrei far comparire il caro Hubert, che spero farà strage di cuori!xD
I numeri, quello dell’Anbu/Yamato e il mio, non sono stati scelti a caso: entrambi, se tutti i numeri vengono sommati tra di loro fanno 3, che è il mio numero preferito.
Con il carattere dei personaggi mi sono lasciata un po’ prendere la mano, probabilmente troverete un po’ OOC Tsunade e Itachi, ma c’è già la nota negli avvertimenti!:)
Per quanto riguarda la mia espansività con Itachi...!xD Ahm, diciamo che anche qui mi sono lasciata prendere la mano, visto e considerato che è uno speciale, una specie di spin off dell’altro capitolo, perciò eccomi giustificata!x3
La collana non sono riuscita a trovarla, ma mi consolo con quella che mi è stata regalata per il compleanno, ringraziando ebay di esistere.
Con questo capitolo vi auguro buone vacanze!^___^
Vi chiedo immensamente perdono se le risposte alle recensioni sono brevi, ma vado di fretta e mi dispiaceva non rispondere proprio!^^’


Pain Hatake: io non ho uno stile di scrittura bello, mi sa che avevi bevuto cara!ù,ù Non la sospendo, prometto!xD Anche se dopo ‘sto capitolo mi sa che me la tiri dietro assieme ad Hubert!xD Grazie per la recensione!:3
Elena_chan: tutta d’un fiato? E sei viva?O__O Oddei, sono sconvolta!xD Sono contenta che ti piaccia e che ti faccia ridere! Spero di aver aggiornato in fretta e che ti piaccia!^^
IvI: ti ringrazio per la comprensione, mi fa davvero piacere sapere che la pensi così!^^ Sono contenta inoltre che l’altro capitolo ti sia piaciuto e che invece non lo hai trovato orribile (come presupponevo fosse!^^’) Spero che questo special ti piaccia!=)
Samirina: *___* Sono felicissima che il capitolo precedente ti sia piaciuto! Felice che ti abbia fatto ridere e che lo hai trovato bello!=) Ti ringrazio per la recensione e spero che anche questo capitolo ti piaccia!^^
Kumiko_Pulce_Chan: sono contenta che la storia ti piaccia!** Ancora più felice che la trovi divertente e che ti faccia ridere! Beh, Itachi può evocare qualsiasi cosa dalle mutande, a noi va più che bene!** Sì, anche qui le coppie sono NaruHina e SasuSaku, ma compariranno più verso la fine. Ti ringrazio per avermi messa tra gli autori preferiti! Spero che il capitolo ti piaccia!=)
DebbyUzu: dose di risate mensili?xD Ne sono onorata! Non la sospendo, I swear, ora non più, ma devo ammettere che ci ho pensato seriamente!^^’ Hidan era Hidan, non c’è modo migliore per descriverlo, ma purtroppo ho dovuto ucciderlo!ç_ç Spero che il capitolo ti piaccia!^^
Kiuxy: leggere della morte dei propri personaggi preferiti è sempre traumatico, e parla una che ha pianto sia per Itachi sia per Hidan!ç__ç Purtroppo per vedere cosa faranno quelli dell’organizzazione di pace dovrai aspettare il prossimo capitolo, spero non me ne vorrai!^^’ Sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto e spero ti piaccia anche questo!:)
fafnir: addirittura innamorata ?O__O Wow! Sono davvero felicissima che ti piaccia così tanto e ti ringrazio per aver recensito anche l’atro capitolo!=) Spero che questo capitolo speciale ti piaccia!^^
Garconne: sai che ho dovuto andarmi a cercare cosa voleva dire ROFLMAO ?xD Sono contenta che la storia ti faccia ridere, anche perché è il mio intento, anche se se facesse piangere non me ne stupirei più di tanto visto che sono io a scriverla!xD Purtroppo ho dovuto uccidere Hidan, ma non era cosa voluta, tutta esigenza di copione!ç__ç No, no, disattiva lo Sharingan, non la sospendo, lo giuro!*in ginocchio su i ceci* puoi metterti in combutta con Itachi, sai?O_o Grazie per la recensione e spero che il capitolo ti piaccia!^^
  
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