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Autore: SunS H I N E    03/08/2010    0 recensioni
Un passato nascosto può nascondere il proprio presente.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3 I pensieri scorrono, i ricordi ti bloccano. Sgorgano lenti come diapositive vecchie e mal funzionanti, appaiono offuscati sulla parete della tua vita. E le luci intorno, le luci non si fermano mai per permettere al buio di agevolare la vista su quelle immagini scurite dal tempo. Più cresceva, più Alice sembrava consapevole dei suoi ricordi. Le tornavano in mente dettagli e sensazioni. C'erano momenti in cui quella parete scalcinata diventava un maxi schermo, per poi tornare di nuovo a far polvere se solo sfiorata. Aveva paura dei suoi ricordi, li temeva. Era stata un'infanzia felice, la sua. Viveva in un paesotto di provincia, in una normale famiglia di ceto medio. Non aveva mai capito di vivere una vita spensierata. Chi non ha problemi troppo spesso manca di arguzia. Gli amici, la famiglia, la scuola, tutto le ruotava intorno. Ma la ruota gira e poi si ferma a piacimento di un destino che non ti guarda troppo in faccia. Negli anni di tranquillità le era mancata l'accortezza di prepararsi per la vita vera, e dire che, quando successe l'incidente, fosse troppo tardi per farlo è banale. Di quel giorno ricordava poco. I brutti ricordi rimangono più impressi, ma se vengono cancellati con la forza stentano a ritornare. Ricordava l'odore di cloro sulla pelle, la sacca della piscina, stipata nel baule, che, con le cinghie di finta pelle, raschiava la plastica sul fondo. Ricordava l'odore di nuovo della Punto metallizzata del padre appena comprata, quell'odore pungente che le faceva arricciare il naso. Pioveva. La visibilità sulla strada era scarsa. Alla radio passava una canzone vecchia della quale stentava a ricordare la melodia. Ricordava che si sentiva felice, mentre cantava con il padre, felice di aver guadagnato il posto accanto a lui e di poter sentire l'odore del suo dopobarba. "Chiara", aveva detto prima di montare in macchina. "che ne dici di far salire tua sorella, per oggi, davanti con me?" le aveva fatto l'occhiolino, e lei si era sentita grande ed orgogliosa. Sua sorella aveva sbuffato ma si era seduta dietro. Seguiva le gocce d'acqua che scorrevano placide sul finestrino con un dito, assorta. Non cantava. L'ultima volta che Alice si era girata verso di lei, Chiara aveva evitato il suo sguardo. Se solo avesse avuto una minima idea di quello che sarebbe accaduto, non l'avrebbe lasciato scivolare via dal suo. All'improvviso una luce più forte, sempre più vicina. Un rumore penetrante, stridulo, ruote che slittano, un clacson impazzito. La pioggia che sbatte più forte contro la macchina. Poi un colpo secco, le cinture che tengono, gli air bag si gonfiano, la macchina gira follemente su se stessa. La luce passa, si spegne. Tutto torna tranquillo, la radio suona la stessa canzone allegra. "Alice,Alice!" "Papà sto bene". Una luce viene verso di loro,illumina l'auto ammaccata, i passeggeri scossi e lividi. E, in un secondo, illumina anche il corpo scomposto di Chiara. Un attimo, la vita è separata dalla morte da un semplice, straziante attimo. Un attimo che sa di stridio di freni e di fari accecanti. Una melodia fastidiosa la riportò alla realtà. L'uomo che diceva di chiamarsi Marco era ancora lì, a sorridere sicuro, a testimonianza del fatto che un ricordo occupa solo quel tremendo istante di vita, il battito di un cuore, lo sbattere di un ciglio. "Scusa",e aveva tirato fuori un cellulare tremendamente tecnologico. "Lavoro" Si allontanò di qualche passo, parlando concitato. Alice cercò disperatamente un collegamento, qualcosa che legasse il destino di suo padre ancora una volta al suo, a doppio filo, stretto e soffocante. Era fuggita da quell'agonia e non intendeva tornarci. Tirò fuori i soldi del suo caffè e, senza fare rumore nelle sue scarpe da ginnastica, prese le distanze da quel mondo che voleva lasciarsi alle spalle. Arrivò a casa sudata e trafelata. La temperatura continuava a salire. Il sudore le imperlava la fronte. Era sudore quello che le cadeva dagli occhi. Chiuse le imposte delicatamente, per non far rumore. "Shh,fai silenzio. La mamma riposa." Vagò per la casa cercando qualcosa, qualcosa senza nome e senza corpo, fino a sentire il bisogno di farsi una doccia fredda e togliersi dalla testa le immagini scomode. Chiuse il tappo ed aprì il rubinetto spingendo la leva verso la linguetta blu. L'acqua si assopì sul fondo,creando una patina liscia e fresca, limpida come l'aria. Chiuse il rubinetto e la osservò. Si stupì di quanta bellezza racchiudesse. Poi, confusamente, vi immerse un dito, scomponendo quella perfetta immobilità. L'acqua si increspò lievemente, ondeggiando fino a creare piccoli cerchi intorno alla sua unghia, poi si adattò a quella nuova forma e di nuovo tornò l'immobilità. Alice si sentì proprio come quella piccola pozza d'acqua: immobile e calma, ad aspettare che qualcosa si infilasse nella sua vita e la cambiasse.
  
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