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Autore: RachelDickinson    30/09/2005    10 recensioni
"Prendersi cura di una ragazza malata di cancro, che neanche con la magia può guarire, costretta su una sedia a rotelle e prossima alla morte". Draco Malfoy é un mangiamorte, catturato dagli auror viene sottoposto al giudizio del Wizengamot, e la sopracitata é la pena da scontare per gli omicidi commessi.

Fece un mezzo giro sulla coperta di velluto, categoricamente verde, rotolando su di essa e ritrovandosi ora pancia in su, gli occhi grigi puntati sulla stoffa verde che ricadeva dal baldacchino. Si portò una mano sul viso, stropicciandosi un po' le palpebre, mentre lo colse uno sbadiglio. Non era propriamente sonno. Piuttosto era noia. Ormai tutto gli era venuto a noia. Aveva trovato noioso persino prendere in giro Potty e co. all'ospedale. Questa era davvero una rottura bella e buona. Non gli andava per nulla a genio il doversi occupare di quella sporca babbanofila, e tanto meno dover essere costretto a frequentare quei perdenti. D'altro canto non poteva fare a meno di pensare che questo era meglio che il trovarsi in una cella sudicia ed umida di Azkaban, con dissennatori ovunque e costretto ai lavori forzati.
Si, decisamente prendere Ginevra Weasley sotto la sua ala protettiva era molto, molto meglio.
Genere: Romantico, Triste, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Prologo

Talvolta il vero amore arriva sottovoce

PROLOGO

Servizio civile. Lo avevano messo a fare servizio civile. Era assolutamente la cosa più assurda che quei vecchi babbei del ministero, Remus Lupin in primis, potessero escogitare. Ricordava ancora il sollievo  che aveva inondato tutto il suo corpo, dopo il verdetto del giudice.

Seduto su una sedia al centro della sala, il volto madido di sudore, di fronte a lui si ergevano i banchi della giuria e del nuovo giudice supremo del Wizengamot, Remus J. Lupin.
Un membro della giuria si alzò in piedi, si schiarì la voce e lesse qualcosa scritto su un pezzo di pergamena.
“La giuria reputa l’imputato: colpevole.”
Draco chiuse gli occhi. Era finita. L’avrebbero spedito ad Azkaban.
Osservò le catene arrugginite che gli legavano i polsi, e non poté fare a meno di odiare se stesso. Per essersi fatto catturare, ma ancora di più per aver servito la causa sbagliata, e l’aveva capito quando ormai era già troppo tardi. Aveva ucciso troppi babbani e altrettanti maghi figli di babbani. Doveva saperlo fin dall’inizio che se l’avessero preso non sarebbero stati indulgenti.
Ma quando Lupin, il giudice, parlò, le sue parole furono come una dolce musica per la sua mente spossata.
“… perciò io condanno il qui presente Draco Lucius Malfoy, a scontare la sua pena con quindici anni di servizio civile, prestando assistenza e soccorso ai feriti in battaglia.”

Insomma, li per li non ci aveva fatto caso più di tanto. Era felice, il fatto che non dovesse andare ad Azkaban lo aveva riempito di gioia. Ovviamente era rimasto algido, glaciale, non aveva mosso un solo muscolo, mantenendo la dignità e l’orgoglio di un Malfoy. Ma in cuor suo era stato davvero troppo contento. Quando gli spiegarono però in cosa consisteva questo servizio civile, impallidì.

“Oh, non se ne parla proprio. Neanche per scherzo.” Aveva detto il biondo, in tono stizzito.
“Ma caro, il giudice si è spiegato. E’ stato cristallino quando ha detto che se non avessi ubbidito, saresti stato rinchiuso ad Azkaban, e la tua pena sarebbe stata duplicata da quindici a trent’anni” gli rammentò sua madre, Narcissa.
“Perché devo mettere la nobile casa Malfoy a loro disposizione?” disse lui furente.
“Perché hai un marchio nero in bella mostra sul braccio e ci sono purtroppo prove schiaccianti delle tue malefatte. Io te l’avevo detto di non seguire le orme di tuo padre… e quel Lucius… lo sapeva che sarebbe successo… ma siete due zucconi, non mi avete mai dato retta…”
Smise di ascoltare sua madre che aveva attaccato per l’ennesima volta col discorso ‘Io t’avevo avvertito’ e si sedette su una delle poltrone di pelle nera di uno dei tanti salotti del maniero. Innanzitutto pensò che sua madre non aveva il diritto di parlare, dato che era uscita da Azkban da nemmeno un anno, dopo aver scontato la sua pena di cinque anni. Comunque, i patti erano chiari: doveva mettere la casa a disposizione dell’ordine della fenice, perché era un luogo protetto e ormai Grimmauld place, così aveva sentito dire si chiamasse la loro base, straboccava di feriti. Così i prossimi li avrebbero portati a Malfoy Manor, essendo un castello con più di trenta camere da letto libere.
Era piuttosto irritante.

Si alzò dal letto. Non riusciva a prendere sonno. Poco prima gli era giunto un gufo della professoressa McGranitt, che dalla morte di Silente aveva preso posto non solo come preside di Hogwarts, ma anche come capo dell’Ordine. Lo aveva avvisato che i piani erano temporaneamente cambiati. Che ora una sola persona aveva bisogno di lui, che aveva bisogno di cure mediche molto costose che lui DOVEVA dargli e che per il resto non doveva preoccuparsi di nulla. Gli aveva anche detto che la persona in questione alloggiava al San Mungo – Reparto 12, e che lui DOVEVA andare a trovarla tutti i giorni.
“Ci mancava solo questa…” borbottò fra sé e sé. Che razza di servizio civile. Non potevano fargli fare altro? Magari mandarlo ad aiutare sul campo di guerra, o addestrarlo come militare in grado di aiutare la gente a scappare o cose simili. Beh, d'altra parte era sempre meglio che mettere la sua abitazione a disposizione dei "buoni". Però, perché doveva fare una cosa stupida come pagare spese mediche ad una persona che neanche conosceva?
O che almeno credeva di non conoscere...

***

Quel mattino si svegliò molto presto. Un elfo domestico con gli occhioni azzurri e l’aria spaventata aprì le tende, sperando non lo sgridasse. Quando Draco grugnì che non voleva svegliarsi, e riaffondò la testa nel cuscino minacciandolo di appenderlo a testa in giù dalla torre più alta, con una piuma che gli solleticava sotto i piedi, l’elfo gli rammentò che era Sabato, il giorno prestabilito in cui lui doveva fare la sua prima visita alla persona affidatagli dalla McGranitt, che erano le otto di mattina e che entro pochi minuti sarebbe giunta una macchina del ministero per scortarlo al San Mungo.

Infatti si ricordò che gli avevano proibito di usare passaporte, smaterializzarsi, usufruire della polvere volante e avevano anche sequestrato la sua Nimbus 2001. Non doveva PER NESSUNA RAGIONE uscire da Malfoy Manor senza una scorta di Auror che avrebbero dovuto proteggerlo da mangiamorte che lo ritenevano traditore, e che avrebbero anche dovuto tenerlo d’occhio ed assicurarsi che non tornasse sulla ‘cattiva strada’. Che razza di situazione…

Si alzò dal letto mugolando qualche epiteto poco carino verso la McGranitt, cose che suonavano molto come “Vecchia megera” e “Brutta stregaccia rugosa”, si avviò verso il suo bagno personale e fece una doccia veloce. Uscito dalla cabina doccia indossò l’accappatoio di velluto nero con laccio e colletto verdi, e tornò in camera. Accese la luce del guardaroba e vi entrò, decidendo velocemente cosa indossare quella mattina. Prese una camicia, tanto per cambiare, nera e dei jeans chiari, sull’azzurro, classici e casual al tempo stesso. Scarpe da ginnastica ai piedi. Secondo lui una sola cosa erano bravi a fare i babbani: gli abiti.

Vestito di tutto punto, tirato a lucido, con almeno un quintale di gel nei capelli stirati indietro e perfettamente immobili, Draco Malfoy si spruzzò un goccio della sua costosissima acqua di colonia e scese nell’atrio, dove due auror lo stavano aspettando. Inorridì realizzando chi fossero i due già guardandoli di spalle, mentre scendeva lo scalone principale al centro dell’immenso ingresso.

“Ma che bella sorpresa. E chi si sarebbe mai aspettato di rivedervi fuori dal campo di battaglia.- disse con la sua voce algida, facendo sobbalzare i due, che si voltarono di scatto con espressioni indecifrabili sul volto.

“Fossi in te farei poco lo spiritoso, Malfoy…” disse un ragazzo alto e atletico, con due profondi occhi blu e capelli rosso carota. Accanto a lui una ragazza bionda e carina, con l’espressione di una che non sapeva come ci fosse arrivata lì, l’aria svagata, e due grandi occhi blu elettrico. Ron Weasley e Luna Lovegood. Lui Auror qualificato, con tanto di almeno una dozzina di medaglie al valore, e lei guaritrice molto famosa nel suo ambiente per aver trovato la cura ad alcune malattie magiche di cui fino a poco tempo prima non si sapeva nulla.

“Ciao, Malfoy” disse lei, senza neanche una nota di ostilità nella voce, a differenza dei due.

Draco giunse accanto a loro e, ignorando la mano che Luna gli aveva teso in segno di pace, guardò con un sorriso beffardo il più piccolo dei fratelli Weasley.

“Ehi, lenticchia… più passa il tempo e più diventi alto… peccato però che il cervello non cresca velocemente tanto quanto l’altezza…”

Ron non gli diede retta, fu Luna a prendere parola.

“Malfoy, ora ti portiamo dalla persona di cui ti sei gentilmente offerto di prenderti cura…”

Gentilmente offerto? Ma dove viveva quella?

“Posso sapere chi è?” chiese con un pizzico di curiosità.

I due finsero di non sapere, si erano già avviati fuori dal castello. Draco non ci fece caso. Fece spallucce e li seguì.

***

Entrò nel reparto con un vago senso di inquietudine. Non ricordava che il Reparto 12 fosse quello di lungo degenza.

I due che camminavano davanti a lui si fermarono ai lati dell’ultima porta in fondo. Ronald aprì la porta e gli fece cenno di entrare. Luna spiegò che poteva entrare solo lui, perché c’era già qualcuno dentro. Loro l’avrebbero aspettato fuori.

Draco Malfoy per la prima volta si sentì incerto sui suoi passi. Odiava gli ospedali. Sapeva che in quelle stanze probabilmente c’era tanta gente ferita da lui stesso, e altrettanta morta per causa sua e del lato che fino a pochi giorni prima aveva servito. Anche la persona che avrebbe dovuto sostenere era ridotta male per colpa sua?

Entrò nella stanza con lo sguardo basso, quasi per paura di scoprire chi era a letto. Sentì una risata cristallina provenire a qualche metro di distanza. Alzò il viso e mise qualche secondo per riconoscere le figure in contro luce. In piedi accanto al letto c’erano la mezzosangue so-tutto-io che tanto detestava, Hermione Granger, e accanto a lei la persona che avrebbe voluto scomparisse dalla faccia della terra, Harry Potter.

Non si erano accorti ancora della sua presenza e il suo cervello ebbe tutto il tempo di registrare le informazioni inviategli dai suoi occhi, quando guardò la persona stesa a letto, con tubi dappertutto e un cappellino in testa per coprire l’assenza dei capelli rossi caratteristici dei Weasley. Indossava una camicia a maniche lunghe, ma sulle mani potette scorgere facilmente una forte irritazione, la pelle era ricoperta di macchie. Osservò il medicinale nella flebo e rinunciò quasi subito a capire cosa fosse, poiché era un miscuglio di nomi indecifrabili mai sentiti, che suonavano molto come doxorubicina, ciclofosfamide, mitoxantrone e metotrexato. Non era un esperto, ma non ci voleva un genio per capire che quelli fossero antibiotici. E inoltre, sotto quei paroloni, spiccava una scritta più grande: "Citotossici". Che stesse facendo una Chemioterapia? Rabbrividì riguardando quella figura familiare, eppure così diversa. Non l’avrebbe riconosciuta, se non fosse stato per gli occhi neri e grandi da gattina e il viso ricoperto di efelidi.

La persona nel letto era Ginevra Weasley.

…continua...

  
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