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Autore: lyrapotter    19/08/2010    5 recensioni
Quarta classificata al contest "One Day: raccontami di..." indetto da Fabi_Fabi e vincitrice del premio speciale "Caratterizzazione dei Personaggi"
Alcuni dei più importanti momenti della vita di Sirius Black, dall’inizio della sua amicizia con i Malandrini fino alla reclusione ad Azkaban, in parte filtrati dal punto di vista esterno di Narcissa Black in Malfoy.
Primo atto: Not a Black. Finalmente Narcissa se ne rendeva conto: il Cappello Parlante non aveva sbagliato smistandolo a Grifondoro, perché Sirius era diverso, Sirius non era come loro, non lo era e non lo sarebbe mai stato.
Intermezzo: Una goccia di male spesso annerisce tutto ciò che è nobile. (W. Shakespeare)
Secondo Atto: The Heir of the Black "Walburga non ha lasciato testamento, perciò congratulazioni, sei ufficialmente il nuovo padrone di Grimmauld Place e di tutte le fortune dei Black”.
E sorprendentemente, Sirius scoppiò in una risata, una vera risata, per quanto aspra e priva di allegria. “Questa è la migliore di tutte, Narcissa!”.
“Sono mortalmente seria”.
“Lo so… E la cosa rende il tutto ancora più ridicolo! Alla fine, il mio fato mi ha trovato comunque: ho fatto l’impossibile perché non accadesse e alla fin fine, sono l’erede dei Black”.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Narcissa Malfoy, Sirius Black
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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BLACK LIFE

SECONDO ATTO: THE HEIR OF THE BLACK

Settembre 1985

Malfoy Manor

Narcissa stava facendo colazione quando arrivò la lettera.

Era sola: Lucius aveva affari importanti e non meglio precisati da sbrigare al Ministero e Draco ancora dormiva, il che era un bene, considerato che i giorni precedenti era stato male e aveva passato due notti quasi in bianco… E lei con lui. Lucius aveva continuato a ripetere che le balie esistono al mondo per qualche motivo, ma Narcissa si era opposta fermamente: il suo bambino stava male, come madre era suo preciso compito prendersi cura di lui.

Perciò, era con un certo sollievo che sorseggiava il caffé quella mattina: a Merlino piacendo, la febbre era scesa e non sarebbe tornata e quella notte avrebbe potuto godersi un po’ di meritato sonno. Era così stanca che si sarebbe volentieri coricata qualche ora in quel momento, anche se non era sua abitudine sprecare tempo in quella maniera.

Il pensiero del suo letto caldo la stava quanto mai tentando quando arrivò la lettera a distruggere la breve illusione. In realtà, definirla lettera era quanto mai gentile: era più che altro un foglietto di pergamena spiegazzato e chiazzato d’inchiostro su cui erano state scribacchiate poche parole, con grafia quasi illeggibile, tant’è che Narcissa dovette rileggere un paio di volte prima di riuscire a capire il contenuto del messaggio.

Il cucchiaino del caffé scivolò in terra con un sonoro tintinnio, mentre lei si portava la mano alla bocca, stordita e sorpresa più ancora che triste o dispiaciuta.

Lo sconvolgimento durò poco, comunque: Narcissa Black in Malfoy era maestra nel mantenere il controllo in qualunque situazione. Prese un respiro, prima di alzarsi, con decine di pensieri che si rincorrevano nella sua testa: c’erano tante cose da fare… Ma prima di tutto, doveva assicurarsi che fosse vero: Kreacher in fondo era vecchio e un po’ rimbambito, non l’avrebbe sorpresa più di tanto scoprire che si era sbagliato.

"Dobby! Dobby!".

Con la solita aria timorosa, l’Elfo fece la sua comparsa. "La padrona ha chiamato? Cosa può fare Dobby per la padrona?".

"Devo andare immediatamente a Grimmauld Place e tu verrai con me… La balia è di sopra?". Non si sarebbe portata dietro Draco per tutto l’oro del mondo, anche se non fosse stato convalescente: in primo luogo, Grimmauld Place non era il luogo più adatto per un bambino, in qualunque circostanza; secondo, se era vero…

"Dobby crede di sì. Dobby pensa sia nella sua camera".

"Allora chiamala e dille che sto uscendo e che deve badare a Draco finché non torno, poi raggiungimi nell’atrio. Svelto, non ho tempo da perdere!".

Dobby si profuse in un inchino e sparì con uno schiocco. Narcissa andò a indossare un mantello leggero, aspettando con impazienza che l’Elfo rifacesse la sua comparsa.

"Finalmente" lo apostrofò quando ricomparve.

"Dobby chiede scusa" disse lui, prostrandosi. "Dobby si punirà per aver fatto aspettare la padrona".

"Non ha importanza. Andiamo". Aveva deciso di Smaterializzarsi, più che altro perché non era certa delle condizioni in cui versava il camino principale di Grimmauld Place: non aveva la minima voglia di passare il resto della giornata a cercare di togliersi la cenere di dosso.

"Dobby può chiedere perché stiamo andando a Grimmauld Place a quest’ora di mattina? Di certo la signora Black sta ancora riposando…".

"Kreacher ha mandato un messaggio poco fa: sembra che Walburga sia morta stanotte" spiegò Narcissa, uscendo dalla villa e Smaterializzandosi subito dopo.

Quando l’oscurità si diradò, era nel giardinetto dirimpetto al numero dodici di Grimmauld Place. Dopo essersi assicurata che non ci fossero Babbani in circolazione, attraversò la strada, con Dobby alle calcagna celato alla vista dal mantello, mentre la casa dove aveva passato tanti pomeriggi della sua infanzia si dispiegava davanti a lei.

Com’era logico aspettarsi, fu Kreacher a venire ad aprire: aveva gli occhi gonfi di pianto e ogni pochi secondi tirava rumorosamente su con il naso. Nel complesso, era uno spettacolo abbastanza disgustoso, anche se era nulla in confronto alle condizioni dell’abitazione: Narcissa aveva detto e ripetuto a Walburga almeno un milione di volte che Kreacher era troppo vecchio per occuparsi da solo di una casa tanto grande, ma la donna non aveva mai voluto sentire ragioni. Per le poche stanze che uso, basta e avanza, era solita dire… E in effetti, per una persona sola Grimmauld Place era più che sprecata: una buona metà delle stanze era chiusa a chiave e nessuno ci aveva più messo piede più o meno dalla morte di Orion, circa sei anni prima.

Più che una dimora, ormai era un mausoleo polveroso: Narcissa faticava a riconoscere sotto tutta quella sporcizia l’austera casa dei Black, quella che un tempo era stata una delle più potenti famiglie Purosangue d’Inghilterra. Ma i Black erano morti, si erano spenti già sei anni prima insieme a Regulus, anche se era un boccone amaro da mandare giù, tanto per lei, ma soprattutto per Walburga: gli ultimi anni della sua vita erano stati votati a un sradicamento sempre più profondo dal presente, incapace di accettare la caduta della sua famiglia e preferendo rifugiarsi nei fasti del passato.

Forse, tutto sommato, è un bene che sia morta: in fondo aveva smesso di vivere già da un pezzo…

"La padroncina Narcissa è stata gentile a venire subito" disse Kreacher con voce lamentosa, riscuotendola dai suoi pensieri. "Kreacher si scusa per averla disturbata".

"Non c’è problema: hai fatto benissimo" lo rassicurò Narcissa. Del resto, chi altri avrebbe potuto chiamare? I giovani sopravvivevano per seppellire i vecchi e soltanto lei era rimasta a compiere quell’ingrato compito: Regulus se n’era già andato da tempo e Bellatrix languiva in una cella di Azkaban, non c’erano molte alternative. "Dov’è?".

"Nella… nella sua camera" singhiozzò Kreacher, soffiandosi il naso con il lacero gonnellino che indossava e facendola rabbrividire di disgusto. "Kreacher era andato a vedere perché la padrona non si era ancora svegliata e l’ha trovata così… La mia povera padrona!".

Narcissa non riuscì a impedirsi di allontanarsi da lui di qualche passo mentre scoppiava in pianto. Che spettacolo…

"Dobby, vai con Kreacher di sopra e assicurati che Walburga sia morta davvero. Nel caso, provvedi a comporre le sue spoglie".

"Certamente, padrona".

Dopo che i due Elfi Domestici furono spariti, Narcissa cominciò a camminare lentamente per la casa, riflettendo sulle mosse successive. Avrebbe dovuto organizzare il funerale, ovviamente: dubitava che avrebbe presenziato molta gente, ma Walburga meritava in ogni caso di prendere il posto che le spettava nella tomba di famiglia. Sarebbe stato opportuno contattare la Gazzetta del Profeta per pubblicare un breve necrologio. Poi ovviamente, doveva incontrare l’avvocato di Walburga per la lettura del testamento, sempre ammesso che ce ne fosse uno: sua zia non ne aveva mai fatto parola. E in caso contrario, avrebbe dovuto decidere del futuro di quella casa e di tutto quello che conteneva: tecnicamente parlando, lei era l’ultima Black, perciò se Walburga aveva fatto le cose per bene, apparteneva tutto a lei.

Quante cose da fare…

Il suo vagabondare l’aveva frattanto condotta fino all’arazzo con ricamato l’albero genealogico della famiglia. Lo percorse velocemente con gli occhi, indugiando infine sul fondo e sugli ultimi nomi. Ovviamente, anche quello andava aggiornato: per quanto non importasse a nessuno, ci teneva a fare le cose per bene.

Forse dovrei staccarlo e portarlo con me a Malfoy Manor, si disse. Sarebbe un vero peccato lasciarlo qui a farsi consumare dalle tarme.

Stava giusto considerando in quale delle innumerevoli stanze inutilizzate poteva lasciare quel cimelio quando si ricordò di tutti gli Incantesimi di Adesione che Walburga ci aveva lanciato sopra, presa dall’infondata paranoia che qualcuno potesse rubarlo: per poterlo portare fuori, avrebbe probabilmente dovuto tirare giù tutta la parete! Scosse il capo: il gioco non valeva la candela, anche se tutto sommato le dispiaceva doverlo abbandonare.

Tanto vale aggiornarlo subito e togliersi il pensiero… Estrasse la bacchetta e si chinò sulla parte bassa dell’arazzo, cercando il nome di Walburga. Eccolo qua, proprio tra quello di Orion e zio Alphard… Fu allora, mentre osservava la data di morte comporsi in fili d’oro che l’occhio le cadde sui nomi che stavano sotto: c’era ovviamente Regulus e poi una bruciatura, dove un tempo c’era stato…

Sirius.

Sirius, che secondo il Ministero era un Mangiamorte, addirittura il braccio destro dell’Oscuro Signore. Sirius, che stava scontando l’ergastolo ad Azkaban per l’omicidio di tredici persone. Sirius, che non poteva sapere che sua madre era appena morta.

Come se gliene potesse importare qualcosa, si disse subito dopo. Sirius odiava Walburga… Ma era pur sempre sua madre: aveva il diritto di sapere. Come se andare ad Azkaban fosse uno scherzetto… Ma, sfruttando il nome dei Malfoy e i numerosi contatti che avevano al Ministero, si poteva fare. E lui probabilmente mi riderà in faccia…

La comparsa dei due Elfi Domestici al suo fianco pose fine, almeno temporaneamente, alle sue elucubrazioni mentali. "Allora?".

"Padrona, la signora Black è morta" annunciò Dobby in tono sommesso, provocando un’altra crisi di pianto da parte di Kreacher. "Dobby pensa che potrebbe essere stato il cuore…".

Il cuore, ripeté tra sé Narcissa. Ovviamente, le parole di Dobby andavano prese per quel che valevano, ma la cosa era perfettamente plausibile. Alphard e suo padre Cygnus erano entrambi morti d’infarto, Orion si era ammalato dopo la morte di Regulus ed era stato stroncato proprio da un colpo al cuore e se la memoria non la tradiva lo stesso poteva dirsi per altri parenti più o meno stretti… Il cuore sembrava essere l’anello debole dei Black.

Chissà perché, quei pensieri le fecero salire un brivido su per la schiena: non ci aveva mai riflettuto davvero, ma la mortalità nella sua famiglia sembrava decisamente al di sopra della media rispetto ad altre famiglie magiche Purosangue: penultima della sua generazione, escludendo la zia Lucretia, Walburga aveva appena compiuto sessant’anni, bruscolini se pensava che Albus Silente aveva ormai passato i cento ed godeva ancora di ottima salute, sia fisica che mentale. Di certo, tutte le disgrazie che le erano piovute addosso avevano influito non poco sull’aggravarsi della sua salute, ma cosa poteva dire di suo padre? O Alphard? Le loro morti a cinquant’anni o poco più erano stati come fulmini a ciel sereno…

"Padrona?".

La vocina stridula di Kreacher la richiamò bruscamente alla realtà, costringendola a esiliare dalla mente quei pensieri truci. "Sì, molto bene." disse, riscuotendosi e imponendosi di tornare fredda e pragmatica: c’era troppo da fare per soffermarsi su certe cose. "Dobbiamo contattare la ditta di pompe funebri perché provveda ad occuparsi del funerale. Dobby, occupatene tu. Kreacher, sai per caso dove Walburga aveva riposto il suo testamento?".

L’anziano Elfo scosse il capo, continuando a emettere quei fastidiosi, brevi lamenti mentre parlava. "Kreacher non lo sa, la padrona non gli ha mai detto nulla in proposito… Oh, la mia povera, povera padrona, ha lasciato Kreacher da solo, Kreacher non sa cosa fare… Che ne sarà adesso della dimora dei Black?".

"Kreacher, sta zitto!" gli intimò Narcissa, seccata: tutti quei lamenti le stavano facendo venire il mal di testa, impedendole di pensare. Kreacher la ignorò e continuò a piagnucolare tra sé. Narcissa non ci fece molto caso, presa com’era dal risolvere la questione più importante: il fatto che l’Elfo non sapesse nulla del testamento, non voleva certo dire che non esistesse. Sarebbe stato sufficiente chiamare l’avvocato e tutto si sarebbe risolto… Già, sarebbe stato facile se Narcissa avesse saputo il nome dell’avvocato, ma lei non aveva la minima idea di chi si curasse degli affari legali di Walburga, la donna non gliene aveva mai parlato. E di certo Kreacher, se anche lo sapeva, non avrebbe potuto esserle del minimo aiuto!

Che razza di pasticcio! Che cosa dovrei fare, ribaltare la casa dalla soffitta alle fondamenta…

"Padrona, se Dobby può essere d’aiuto…" iniziò a dire il suo Elfo, con aria timorosa e incerta, probabilmente temendo una punizione per aver parlato senza essere interpellato.

"Qualunque aiuto sarebbe gradito" lo rassicurò Narcissa.

"Dobby pensa che forse il quadro della signora Black potrebbe essere utile".

Narcissa si diede della sciocca per non averci pensato prima: ovviamente, il ritratto di Walburga aveva avrebbe potuto dirle tutto ciò che aveva bisogno di sapere…

"Zia Walburga?" chiamò esitante, quando ebbe raggiunto il polveroso ingresso: se possibile, quel quadro aveva un carattere perfino peggiore dell’originale, il che era tutto dire.

Le rispose un sospiro assonnato. "Mmmm? Chi mi sta chiamando? Narcissa, sei tu? Perché mi hai svegliata?".

La giovane rilasciò un mentale sospiro di sollievo: sembrava averla beccata in una giornata buona… "Perdona il disturbo, zia Walburga, ho bisogno di farti qualche domanda…".

"A me? Ma, mia cara, perché non ti rivolgi… beh, all’altra me?".

Questa non se l’era aspettata, ma ovviamente il ritratto non poteva sapere che la vera Walburga era appena spirata. Esitò un attimo, incerta su come dare la notizia, ma Kreacher risolse il problema al posto suo. "È morta! La mia cara padrona è morta!" ululò, singhiozzando. Poi alzò gli occhi verso l’enorme dipinto e qualcosa di vagamente simile all’esaltazione religiosa gli illuminò lo sguardo. "Oh, ma la padrona non se n’è ancora andata, la padrona è ancora qui. Kreacher farà tutto quello che la padrona desidera, Kreacher vive per servire la nobile casa dei Black…". E via di questo passo.

"Zia Walburga" intervenne Narcissa quasi urlando per sovrastare gli sproloqui dell’Elfo, "devo sapere dove conservi il tuo testamento: è di vitale importanza che io lo trovi…".

"Testamento?" ripeté Walburga, perplessa: sembrava aver preso con relativa calma la notizia del suo decesso. Del resto, perché un ritratto avrebbe dovuto preoccuparsene? "Da quel che mi risulta, non esiste nessun testamento".

"Come? Non è possibile: forse non ne sei a conoscenza…".

Gli occhi di Walburga fiammeggiarono di rabbia. "In questa casa non accade nulla senza che io lo sappia: io vedo e sento tutto, Narcissa, non osare insinuare il contrario! Se dico che non c’è un testamento, allora non c’è nessunissimo testamento!".

"La mia padrona sa tutto" rincarò la dose Kreacher, che sembrava essersi un po’ ripreso da quando il quadro aveva cominciato a parlare.

Questo Elfo è completamente matto, si disse Narcissa. E questa Walburga non è da meno: forse è stata una pessima idea interpellarla.

"Ma allora, se non hai fatto testamento, che ne sarà della casa? Di tutti i cimeli dei Black?" domandò.

"Ah, non vedevi l’ora di metterci gli artigli sopra, vero, gazza ladra che non sei altro?" stridette Walburga. "Piccola ingrata, adesso ti ricordi di essere una Black, appena si parla di una possibile eredità! Tu non sei degna di entrare in possesso degli oggetti della mia famiglia, né tanto meno di questa casa! Nulla di ciò che vedi passerà mai nelle mani dei Malfoy!".

Sì, è stata decisamente una pessima idea: è perfino più paranoica e possessiva della vera Walburga! E del resto, come pensa di impedirmi di portare via qualcosa se volessi? È solo un dipinto…

"Zia, cerca di essere ragionevole: cosa potresti mai fartene di tutta questa roba?" domandò, cercando di essere conciliante.

"Roba? ROBA?! Questa non è semplice roba, sono i ricordi di decine di generazioni dei Black! E giuro su Merlino, passerai sul mio cadavere prima che tu possa saccheggiare la mia casa!".

Beh, la cosa non dovrebbe risultare particolarmente problematica, considerato che sei già morta, vecchia ciabatta! "Zia, io non voglio saccheggiare la casa di nessuno, davvero. Voglio sapere, visto che, mi pare di capire, non esiste un testamento e tu sei passata a miglior vita, a chi appartiene adesso Grimmauld Place?".

Walburga la guardò come se la stesse insultando, ma alla fine decise di rispondere. "In mancanza di diverse direttive, tutte le proprietà della famiglia Black passano automaticamente all’uomo più anziano ancora in vita".

"Che sarebbe…". Narcissa ci rifletté un attimo, ma c’era poco da riflettere: soltanto un maschio Black era ancora in vita. "Sirius?".

Non l’avesse mai detto…

"CHE COSA?!". L’urlo che lanciò Walburga fu tale da far tremare le pareti. "L’indegno traditore del suo sangue erede della famiglia? Non lo permetterò mai!".

"Zia, non credo che ci siano molte alternative: Sirius è l’unico Black maschio ancora vivo…".

Fu come se non avesse parlato: ormai Walburga era lanciata nella sua invettiva e nulla l’avrebbe fermata. "Mai, mai, mai! Il traditore fuggiasco non avrà mai questa casa, la casa dei miei padri, dovessi ucciderlo per impedirglielo! Kreacher, preparati: la casa deve essere impenetrabile se quel… quel… rinnegato dovesse avere la faccia tosta di presentarsi qui!".

"Certamente, padrona, Kreacher vive solo per servire la padrona" dichiarò l’Elfo inchinandosi per poi eclissarsi su per le scale.

Questa è follia, pensò Narcissa sgomenta. E in ogni caso, Sirius non è in condizione di venire a reclamare nulla… "Zia…" cercò di dire, nell’ultimo inutile tentativo di placare la furia.

Walburga non le badò: era come se fosse diventata invisibile nel momento in cui aveva nominato Sirius. "Quel indegno traditore del suo sangue… Carne della mia carne… Ma non avrà questa casa, oh, no…".

Narcissa scosse il capo: aveva come l’impressione che non sarebbe tornata tanto presto al n°12 di Grimmauld Place, a meno che non desiderasse ricevere una scarica d’insulti da quell’irascibile dipinto. "Andiamo, Dobby, non abbiamo più nulla da fare qui".

"Certamente, padrona".

Azkaban

Mentre scendeva dalla traballante barchetta che l’aveva condotta sull’isola di Azkaban, aiutata dallo sgradevole ometto dall’aspetto viscido a guardia della prigione, Narcissa ancora si chiedeva cosa diamine l’avesse condotta lì.

Il breve e sobrio funerale di Walburga Black si era svolto due giorni prima, alla presenza dei Malfoy e dei pochi altri parenti ancora sufficientemente in salute per poter venire. Nella stessa occasione, si era discusso dell’eredità ed era stato con non pochi mormorii di scontento con cui era stata accolta la notizia che Sirius Black era l’erede universale di tutti i beni di Walburga, che includevano Grimmauld Place n°12, tutto ciò che conteneva e ciò che era rimasto della fortuna in galeoni della famiglia.

Zia Lucretia aveva brontolato per un’ora su quanto la cognata fosse stata irresponsabile a non lasciare istruzione e permettere che tutto finisse nelle mani del nipote rinnegato, che oltretutto, essendo detenuto, poteva farci ben poco. Ma non c’era modo di disfare quanto era stato fatto: l’eredità dei Black era protetta da tanti di quegli incantesimi aggiunti di generazione in generazione che nessuno era in grado di enumerarli tutti con certezza. Pertanto, chiunque non fosse stato il legittimo erede avesse provato ad entrarne illecitamente in possesso sarebbe andato incontro a un destino spiacevole, per quanto sempre nessuno potesse dire con sicurezza quale.

Dopo il funerale, Narcissa si era adoperata per ottenere un salvacondotto per Azkaban, per la precisione per l’ala di massima sicurezza. Nemmeno lei sapeva perché volesse farlo: non era mai andata in quell’orribile posto nemmeno per trovare Bellatrix, a cui tutto sommato era sinceramente affezionata, perché farlo per un cugino che non vedeva da anni e per cui non aveva mai provato altro che indifferenza? Non sapeva spiegarselo, ma sentiva che era giusto così.

Lucius aveva provato a dissuaderla in tutti i modi: Azkaban non è il posto per te, Cissy, Azkaban è un luogo orribile, Cissy, Black a quest’ora sarà talmente fuori di testa da non riconoscerti neppure, Cissy, pensa ai Dissennatori, Cissy… Alla fine, si era addirittura offerto di andare al suo posto, ma la donna era stata irremovibile: era un affare di famiglia, la sua famiglia, e in famiglia doveva restare. Sconfitto, ma non soddisfatto, Lucius si era così adoperato per farle avere quell’incontro, sfruttando i numerosi agganci che aveva all’interno del Ministero: non era stato facile (accedere all’ala di massima sicurezza non era mica uno scherzo), ma alla fine ce l’aveva fatta.

E così, eccola là, a farsi sferzare dal freddo vento che spirava sul Mare del Nord, su uno sputo di terra che a malapena emergeva dalle acque, con la scura sagoma di Azkaban che si stagliava davanti a lei.

Posando piede a terra, Narcissa sentì brividi freddi percorrerle tutta la schiena: era il freddo, semplice suggestione oppure i primi effetti del potere dei Dissennatori?

"Benvenuta, signora Malfoy" la salutò il guardiano con un sorriso servile. "La stavamo aspettando".

"Grazie. Possiamo saltare i convenevoli e andare? Meno tempo passo qui e più ne sarò felice?".

"Oh, certamente: questo non è certamente il posto più indicato per una persona come lei… Prego, le faccio strada, signora Malfoy".

Si avviò per la strada sterrata che conduceva alla prigione e Narcissa lo seguì, con il cuore pesante. A ogni passo che faceva, il senso di oppressione si faceva sempre più intenso, man mano che si avvicinava ai Dissennatori. Perché diavolo lo sto facendo? È orribile e soprattutto inutile: Lucius aveva ragione, è molto probabile che Sirius nemmeno mi riconosca…

"Sta bene, signora Malfoy?" domandò il suo accompagnatore, con aria preoccupata. "So che le nostre fide guardie possono fare un brutto effetto, specie la prima volta…".

"Sto benissimo, non si preoccupi" mentì spudoratamente Narcissa, stringendosi maggiormente nel mantello, pur avendo la certezza adesso che non era freddo fisico quello che provava. Come fanno i detenuti a sopportarlo ogni giorno? È tremendo… "Dove si svolgerà l’incontro?" domandò, nella speranza che parlare l’avrebbe distratta.

"Abbiamo una saletta apposta: normalmente, viene usata per interrogare i prigionieri, ma oggi sarà tutta per lei. Non si preoccupi, sono state prese tutte le precauzione necessarie perché Black non possa farle nulla".

"Ne sono certa… Come fa a sopportarlo?" domandò poi, non riuscendo a trattenersi.

"Come, scusi?".

"Tutto questo" spiegò Narcissa facendo vaghi gesti per indicare tutt’intorno. "Come fa a sopportarlo?".

"Oh, io vengo qui solo una volta ogni dieci giorni per controllare che sia tutto in ordine… E all’occorrenza se qualche prigioniero tira le cuoia, il che succede fin troppo spesso per i miei gusti: la maggior parte dopo un po’ si suicida, sa? Il più delle volte, semplicemente smettono di mangiare, ma un paio di volte mi è capitato di trovarne un paio impiccati con i loro stessi vestiti, uno spettacolo raccapricciante… Questo quando non si ammalano, ovviamente: tra i Dissennatori, il freddo, la scarsezza d’igiene e il cibo schifoso non può nemmeno immaginare il genere di porcherie che girano! Una volta…".

"Basta così, grazie, ha reso il concetto" lo interruppe Narcissa, per nulla desiderosa di ascoltare altri disgustosi aneddoti: quelli che aveva sentito le bastavano e avanzavano. Un altro motivo per finirla in fretta: liberarsi di questo individuo rivoltante! Nel frattempo, si chiedeva anche in che condizioni mentali e fisiche avrebbe trovato Sirius e soprattutto, per l’ennesima volta, chi glielo avesse fatto fare di andare lì.

Il guardiano la condusse all’interno della prigione, dove il freddo intenso e il senso di oppressione si intensificarono al punto da essere quasi insopportabili: Narcissa si sentiva la testa piena di sensazioni spiacevoli e per un istante fu quasi sul punto di mollare tutto, voltarsi a scappare via più veloce che poteva. Poi, prese un respiro profondo, imponendosi di mantenere la calma: arrivata fin lì, sarebbe andata fino in fondo, costi quello che costi. Sfruttò le infarinature di Occlumanzia che possedeva per svuotare la mente e in parte servì a mitigare gli effetti dei Dissennatori.

La sala degli interrogatori era piccola, buia e vagamente claustrofobica o almeno quella fu l’impressione di Narcissa appena varcò la soglia: non c’erano finestre e tutta la luce proveniva da un paio di stentate lanterne alla sua destra e sinistra. L’intero arredamento era costituito da un tavolo e due sedie, una delle quali provvista di catene. Proprio di fronte a lei c’era un’altra porta, che immaginò conducesse alla prigione vera e propria.

"Black arriverà tra un minuto" le comunicò il custode. "Un paio di guardie lo sta conducendo qui. Mi raccomando, non si avvicini al tavolo finché non sarà legato alla sedia: non c’è da fidarsi di lui, è matto come cavallo".

"Grazie, vedrò di ricordarmelo".

"Per qualunque cosa, io la aspetto qui fuori: urli quando ha finito". Non aggiunse "Tanti auguri" anche se aveva tutta l’aria di volerlo fare e si limitò a uscire con un sorrisetto ironico in volto.

Per un attimo, l’idea di essere sola in quel luogo orrendo la mandò quasi nel panico: ebbe quasi la sensazione che le pareti le si restringessero addosso e il freddo tornò a intensificarsi. Sprazzi di ricordi spiacevoli le attraversarono la mente e fu sul punto di chiamare aiuto e farla finita: non voleva stare lì, nulla la costringeva a stare lì, perché mai avrebbe dovuto continuare a stare lì?

Ricomponiti, Narcissa: sei una Black, una Malfoy, non saranno un paio di Dissennatori a piegarti, vero?

Respirò a fondo, una volta, due volte. Mantieni il controllo. Tre volte. È tutto nella tua testa. Quattro. Presto rivedrai il sole. Cinque…

Era quasi totalmente padrona di sé quando la porta che aveva di fronte si aprì: entrarono due Dissennatori, che scortavano il prigioniero uno per lato. Narcissa ebbe l’impressione di essere immersa nell’acqua gelata, ma le due creature non la degnarono di uno sguardo: portarono il detenuto alla sedia, le cui catene si animarono magicamente per saldarglisi ai polsi, dopodichè uscirono.

Sollevata, Narcissa dedicò finalmente la sua attenzione all’uomo che aveva di fronte. L’orrore e la sorpresa le fecero trattenere il fiato. Se non avesse saputo chi era, non l’avrebbe mai riconosciuto. Sirius era più giovane di lei di cinque anni, ma la permanenza ad Azkaban l’aveva invecchiato di almeno dieci. Era magro, talmente magro che lei non riusciva nemmeno a capire come potesse stare in piedi, e sporco, incredibilmente sporco; i capelli gli incorniciavano il viso emaciato in un groviglio di rovi. Ma gli occhi erano la cosa peggiore: due pozzi neri incorniciati da pesanti occhiaie, spenti, quasi morti. Da che aveva memoria, Narcissa aveva sempre visto brillare una luce di sfida in quegli occhi, luce che adesso pareva scomparsa. Pur non avendo mai particolarmente amato Sirius, provò un subitaneo motto di ribellione: nessuno, nemmeno il più efferato degli assassini, meritava una simile punizione, era quasi disumano.

Poi l’essere che una volta era stato il suo ribelle cugino parlò, una voce gracchiante che probabilmente non veniva usata da mesi, se non anni. Difatti, dovette schiarirsela un paio di volte prima di riuscire a dire: "Tu guarda cos’ha portato Babbo Natale: la prima persona che viene a farmi visita in questo covo di ratti ed è una delle persone che meno avrei voluto vedere in tutto il mondo. La vita è proprio ironica alle volte…".

E nonostante tutto, riesce pure a fare ancora dello spirito? Avrebbe dovuto sentirsi offesa, invece quell’accoglienza la rinfrancò: voleva dire che qualcosa del vecchio Sirius era sopravvissuta. "Non pensare che io sia felice di essere qui, Sirius".

Lui le rivolse un ghigno derisorio. "Non avevo dubbi… In effetti, mi sorprende che tu ti sia abbassata tanto da portare qui i tuoi aristocratici piedini: dimmi, ti piace l’aria che si respira in fondo alla catena alimentare? È un po’ puzzolente, ma con il tempo ci si abitua…".

"E tu, ti ci sei abituato?" domandò in tono pungente la giovane. "Se vuoi solo prendermi in giro, Sirius, alzo i tacchi e me ne vado!".

"Tu hai voluto vedermi" puntualizzò lui. "Tu hai richiesto questo colloquio, perciò non hai diritto di pretendere il minimo rispetto da me, signora Malfoy".

Narcissa scosse il capo: cos’altro si era aspettata? Sirius era pieno di acredine fin da prima, Azkaban l’aveva solo peggiorato. Tuttavia si sentiva un po’ stupita: lei era lì dentro da cinque minuti e aveva già voglia di impiccarsi, da dove gli arrivava la forza di fare dell’ironia dopo tanto tempo?

"Hai ragione, ovviamente: non posso pretendere nulla da te. Ciò non di meno, ti chiedo qualche minuto per dirti quello che sono venuta a dirti. Poi potrai tornare nella tua cella e sparare tutte le stupidaggini che ti vengono in mente".

Sirius sorrise appena. "Si vede che non sei mai stata dall’altra parte: pensi sul serio che qualcuno possa avere la voglia di scherzare con decine di Dissennatori che ti fluttuano intorno tutto il giorno tutti i giorni? Tu non puoi capire: questi cinque minuti sono una benedizione per me! Perciò, non biasimarmi se voglio tirarla più lunga del necessario: quando avremo finito, tu uscirai da qui e tornerai alla tua bella casetta dal tuo bel bambino, io invece verrò ributtato direttamente all’inferno!". Parve riflettere un attimo sulle sue parole, poi domandò: "Quanto tempo è passato? Ho perso il conto dei giorni, ormai: dopo un po’ sono tutti uguali…".

"Saranno quattro anni fra poco più di un mese".

"Quattro anni" ripeté Sirius, con aria vagamente incredula. "Avrei detto di più… Cosa volevi da me, Narcissa?".

Per un attimo si domandò se dovesse usare un po’ di tatto per dargli la notizia, poi decise che considerato tutto non ne valeva la pena. "Tua madre è morta quattro giorni fa" annunciò senza mezzi termini, dopodichè attese la reazione.

Per alcuni secondi, Sirius rimase interdetto, poi la sua bocca si allungò in un sorriso, un vero sorriso stavolta. "Din, don, la strega è morta (*)".

Narcissa lo guardò senza capire, ma Sirius non le diede il tempo di chiedere spiegazioni. "Non capisco perché tu ti sia presa il disturbo di venirmelo a dire, Narcissa, ma mi hai allietato la giornata… Certo, finché dura: i Dissennatori stasera banchetteranno!".

"È tutto quello che hai da dire?" domandò la donna, incredula: non sapeva cosa si fosse aspettata, ma non certo questo.

"Dovrei forse mettermi a piangere disperato? Io odiavo quella donna, Narcissa, e tu lo sai perfettamente".

"Era pur sempre tua madre!".

Sirius cercò di muovere il braccio nella sua direzione, facendo tintinnare le catene e strappandogli un gemito di dolore. "Lei non era mia madre: Walburga non è mai stata mia madre! Era semplicemente la donna che mi ha messo al mondo e c’è una notevole differenza fra le due cose. Se mai ho avuto una madre, quella è stata Elizabeth Potter!".

"La madre di James Potter, l’uomo che hai venduto al Signore Oscuro?". Narcissa gli rivolse una risatina di scherno. "Certo che nei hai di faccia tosta!.

Sirius le scoccò un’occhiata rabbiosa. "Lascia James fuori da questa storia! Non osare nominarlo! Lui non c’entra assolutamente nulla!". Cercò di alzarsi e di nuovo le catene lo trattennero: sembrava furioso. Narcissa ne ebbe paura e istintivamente spinse indietro la sedia: non era stato proprio il guardiano a dirle che era pazzo? Cominciava a capire di cosa stesse parlando…

"Perché te la prendi tanto? È la verità!".

Sirius non rispose subito, fissando il bordo del tavolo con tale intensità che Narcissa quasi si aspettava che prendesse fuoco. "Tu non capisci" dichiarò alla fine, in tono così sommesso da essere quasi incomprensibile.

"Che cosa non capisco? Non c’è nulla da capire: hai tradito i Potter, causando la caduta dell’Oscuro Signore, e poi, non pago, hai provocato una strage! Che cosa c’è da capire?".

"Lascia perdere, lascia perdere e basta". Sirius ora sedeva abbandonato contro la sedia, lo sguardo sempre basso, ma senza più la rabbia di poco prima: all’improvviso pareva svuotato.

Narcissa lo guardava senza capire: dov’era la logica nel suo modo di comportarsi? Perché agiva in quel modo? Il solo nominare Potter l’aveva fatto scattare come bomba e poi quello… Perché? Non c’è un perché, Narcissa. È pazzo, nel caso tu te lo sia dimenticato: probabilmente era pazzo già prima di entrare qui dentro, i Dissennatori hanno fatto il resto…

Eppure… Ricordava lo sgomento provato quando aveva saputo del suo arresto e dei motivi. Il suo primo pensiero era stato: Sirius, un Mangiamorte? Ridicolo! Sirius, il braccio destro dell’Oscuro Signore? Assurdo! Sarà di certo un equivoco, un errore…

L’aveva pensato non solo perché Lucius e Bellatrix avrebbero saputo se Sirius fosse stato un Mangiamorte e glielo avrebbero detto, ma soprattutto perché credeva di conoscere il cugino almeno un po’: Sirius odiava le Arti Oscure e già prima della sua fuga non aveva mai fatto mistero di cosa pensasse di Voldemort e la sua causa. Perché mai avrebbe dovuto rinnegare la sua famiglia per poi, pochi anni dopo, finire esattamente dove Orion e Walburga avrebbero voluto che finisse? Razionalmente parlando, le sembrava inconcepibile.

Ma c’erano le prove, nessuno oltre a lui poteva aver tradito i Potter, perciò Narcissa aveva accantonato le perplessità e si era adeguata al pensiero comune… Oltretutto, in quello stesso periodo, Lucius lottava con le unghie e con i denti per restare fuori da Azkaban e aveva bisogno del suo sostengo, per non parlare del disastro che aveva combinato Bellatrix con i Lestrange e Crouch Junior: con tanti problemi, Sirius era stato l’ultimo dei suoi pensieri e con il tempo aveva scordato i suoi dubbi.

Guardandolo in quel momento, però, li sentì riaffiorare più forti di prima: davvero Sirius era un Mangiamorte? Davvero aveva fatto tutte le cose orribili per cui era stato condannato? Com’era possibile che né Lucius né Bellatrix ne fossero a conoscenza? O forse non gliene avevano mai parlato? Scacciò il pensiero: non poteva giurare su Bella, la cui lealtà per il Signore Oscuro era cieca e quasi fanatica, ma Lucius non glielo avrebbe mai taciuto, non una cosa così importante.

"Sirius, tu sei un Mangiamorte?". La domanda le uscì dalle labbra prima che potesse fermarsi e subito si pentì di averla posta: se anche non fosse stato, che importanza aveva? In ogni caso, non avrebbe mai potuto testimoniare a suo favore, non senza mettere a rischio la libertà di Lucius.

Sirius alzò finalmente verso di lei il suo sguardo spento, un guizzo di curiosità ad animargli il volto. "Perché mi fai questa domanda, Narcissa?".

"Non lo so… Avevo l’impressione di dovertela fare".

"Certo". Sirius ridacchiò senz’allegria. "Se anche ti dicessi di no, mi crederesti? Se ti dicessi che mi hanno incastrato, che sono innocente, che il vero colpevole se ne va in giro libero come un fringuello, cosa faresti? Se ti dicessi che non ho ucciso io quelle dodici persone, cosa mi risponderesti?".

"Che è stai mentendo: decine di testimoni ti hanno visto far saltare in aria quella via e solo tu sapevi dove si nascondevano i Potter".

"Allora, deve essere la verità, giusto? Ci sono parecchi pezzi grossi del Ministero convinti che io sia un Mangiamorte: se non hanno ragione loro…".

Tanti giri di parole per nessuna risposta concreta, rifletté Narcissa. Sirius è ancora un maestro in questo genere di giochetti… Forse, dopotutto, era pazzo sul serio e lei stava solo sprecando fiato nel tentativo di fare una discussione coerente con lui.

"Perché me lo chiedi, Narcissa?" domandò di nuovo Sirius. "Qualunque cosa ti dicessi, la prenderesti comunque per lo sproloquio di un folle con il cervello in pappa a causa dei Dissennatori, perciò perché prendersi il disturbo?". Scosse il capo, con aria triste. "Hai sprecato il tuo tempo venendo qui: avresti fatto meglio a sfruttare l’occasione per salutare la tua cara sorellina".

"Bella?". Narcissa non riuscì a trattenere un moto di eccitazione. "L’hai vista? Come sta?".

"Sta tre celle dopo la mia: ride, schiamazza e dichiara la sua sempiterna fedeltà a Voldemort. Un po’ noiosa, in effetti. È pazza: non che fosse normale prima, ma adesso è pazza proprio. Ma almeno lei ha avuto il fegato di farsi rinchiudere qui".

"Che cosa intendi?".

"Che non ha rinnegato Voldemort solo perché le faceva comodo, come ha fatto qualcuno…".

"Se parli di Lucius…".

"Sì, parlo proprio di quella mezzacalzetta di tuo marito".

"Non parlare di lui in questo modo!" s’infiammò subito Narcissa.

"Io parlo come mi pare e piace. Lucius è un codardo, una viscida serpe buona solo a saltare sul carrozzone del vincitore. E infatti, è stato lesto a tirarsi indietro quando il suo protettore è sparito: fin troppo comodo, non credi?".

"Lucius aveva altro a cui pensare: ha una famiglia, un figlio da proteggere. Non poteva farsi mettere in galera in nome di un morto!".

"Stupidaggini: la sua è stata solo codardia. Coloro che non perseguono fino in fondo la loro causa, ma si tirano indietro appena gira il vento sono solo dei codardi. Se credi davvero in qualcosa, lo fai fino in fondo: devi essere pronto a pagare qualunque prezzo per essa, anche la vita se necessario".

"Non biasimerò mio marito perché ha scelto me e Draco invece di una cella umida" ribatté Narcissa, tagliente: forse si era sbagliata, dopotutto. Quella che aveva udito non era forse una piena e fiera dimostrazione di fedeltà? A tratti gli aveva ricordato il modo di parlare di Bellatrix. "Ma tu che ne puoi capire, in fondo: tu non hai nessuno".

Sirius la guardò con occhi spenti, con tale intensità da farla arrossire. "Già, probabilmente hai ragione tu: a chi mai potrebbe importare qualcosa di un assassino traditore, giusto?".

Narcissa scosse il capo, incapace di star dietro a quell’ennesimo cambio di umore: se fosse pazzo non sapeva dirlo con certezza, ma di certo era parecchio instabile. "Sei stato tu a portarti a questo punto, Sirius, tu e le tue scelte".

"Già, alla fine, nonostante tutto, mi sono rivelato un vero Black, è questo che vuoi dire?".

"Beh, di certo i tuoi sforzi per essere diverso da noi non ti hanno portato troppo lontano… Per la precisione, a tre celle di distanza, se non ricordo male".

"Credo che abbiamo finito". Sirius abbassò lo sguardo, lasciandole intendere che non avrebbe più aperto bocca.

"Lo credo anch’io". Narcissa si alzò e andò a bussare alla porta alle sue spalle. "Apra, voglio uscire".

Con suo sommo sollievo, il guardiano ci mise pochi secondi a rispondere. "Prego, signora Malfoy" disse, scostandosi per lasciarle il passo. "Tu non ti muovere da lì, Black: i tuoi amici del cuore verranno tra poco a prenderti".

"Io e le simpatiche voci che affollano la mia testa aspetteremo con impazienza!".

Narcissa stava per andarsene, quando si ricordò di un’ultima cosa. "Ah, stavo dimenticando: Walburga non ha lasciato testamento, perciò congratulazioni, sei ufficialmente il nuovo padrone di Grimmauld Place e di tutte le fortune dei Black".

E sorprendentemente, Sirius scoppiò in una risata, una vera risata, per quanto aspra e priva di allegria. "Questa è la migliore di tutte, Narcissa!".

"Sono mortalmente seria".

"Lo so… E la cosa rende il tutto ancora più ridicolo! Alla fine, il mio fato mi ha trovato comunque: ho fatto l’impossibile perché non accadesse e alla fin fine, sono l’erede dei Black" e riprese a ridere.

"Ti porterò del Vino Elfico per festeggiare, Black" commentò aspro il custode. "Glielo avevo detto, signora Malfoy: pazzo come un cavallo. Venga, la riporto a terra".

Narcissa annuì, apprestandosi a seguirlo, ansiosa di lasciarsi Azkaban alle spalle. Tuttavia, si voltò un’ultima volta per guardare il cugino, ancora intento a ridacchiare tra sé. Poi, la porta si richiuse alle sue spalle, non prima di scorgere due Dissennatori entrare per riprendere in consegna il prigioniero: le risate gli morirono sulle labbra.

Addio, Sirius.

 

(*) Citazione da Il mago di Oz

Lyrapotter’s corner

Ed eccoci qua con l’ultimo, corposo capitolo, che di fatto è più lungo degli altri due messi insieme, ma soprassediamo: che non ho il dono della sintesi ormai è cosa sacrosanta e risaputa!

Che posso dire, questa storia (scusate, essendo nata come opera a sé stante, sono abituata a definirla così) è nata quando mi sono chiesta come facesse Sirius nel quinto libro a sapere che Grimmauld Place era disponibile come possibile Quartier Generale dell’Ordine, visto che la cara Walburga era morta mentre lui era richiuso ad Azkaban. E così ecco come si è scritto questo missing moment, spero che gradirete…

Grazie a

Fabi_, cara ‘giudicia’, cos’altro posso dire se non di nuovo grazie?

PaytonSawyer, non sei la sola che ama Sirius Black, credimi… Da un’amante di Sirius all’altra, sono davvero felice che ti piaccia come l’ho reso, thanks!

_Mary, grazie, sono felice che ti sia piaciuto: suona strano se dico che mi fa piacere che ti ho angosciata perché significa che ho fatto un bel lavoro? Vabbè, tu prendila come viene, ok? ;) Ecco a te di nuovo Narcissa, spero tu abbia apprezzato!

Vogue, uao, grazie, cara, sono felice che tu abbia apprezzato.

Bimba91, beh, grazie: la caratterizzazione è sempre uno dei miei chiodi fissi, perciò sono sempre molto contenta quando qualcuno mi fa notare che l’ho resa bene!

Julia Weasley, trovo il tuo fantastico vagamente in contraddizione con gli aggettivi che lo precedono, ma del resto considerato l’argomento di questo capitolo essere allegri era difficile u.u Sulla faccenda Remus-Sirius, io ho sempre pensato dovesse essere per il piccolo problema peloso: voglio, dire cos’altro può aver fatto altrimenti Remus per renderlo più sospettabile? A meno che ovviamente la Rowling non abbia qualche scheletro nell’armadio da tirare fuori, ma chi si passa nel campo delle ipotesi più disparate! Non so perché, ho la sensazione che questo capitolo ti sia piaciuto: intanto ti ho nominato Regulus più volte, così avrai una scusa per citarlo nella recensione ;)

Bon, con questo ho concluso, ringrazio anche le 2 persone hanno messo la storia tra i preferiti e le 8 che l’hanno messa tra le seguite, merci!

Alla prossima fic!

   
 
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