“Nel
mezzo del cammin di nostra vita, mi
ritrovai per una selva oscura che la diritta via era smarrita. Ahi
quanto a dir
qual era e cosa dura…” il professore
di lettere recitava con grande enfasi i primi versi della Divina
Commedia.
Liam
li sentiva suo malgrado, dato che quel cavolo di libro lo aveva letto
appena
era uscito. Si ricordava Dante come un pazzo psicotico che diceva di
avere
inquietanti visioni sul futuro e sugli angeli.
Cazzate…
Avrei potuto scrivere anch’io
una cosa del genere e a questo punto sarei famoso in tutto il mondo.
Non
sapeva cosa fare e scarabocchiava sul suo quaderno. Da quella mattina,
scriveva
tante “R” seguite da altrettante
“C”. Sapeva benissimo di chi fossero le
iniziali.
Renesmee
era così misteriosa, così piena di segreti. Nella
sua mente riusciva a leggere
ben poco, forse perché era un ibrido: un incrocio tra umano
e vampiro.
Liam
ne aveva sentito parlare, ma era sempre stato scettico
sull’argomento… A quanto
pare Bella aveva avuto una figlia e non gli aveva detto niente.
Pensò
che probabilmente neanche la preveggenza di Alice funzionasse con
quella
ragazza, perché in quel caso sarebbe stata ancora a Londra
con i suoi genitori.
Invece
era a Roma.
Era
piovuta come manna dal cielo… In lei, il vampiro poteva
vedere gli occhi della
sua amata Bella. Ritrovava, anche solo per poco, la
felicità.
Quella
mattina, alla sua entrata in classe, c’erano due o tre
ragazze che lo fissavano
maliziose. Renesmee invece se ne stava seduta al suo banco con le
cuffiette
piantate saldamente nelle orecchie. Riusciva a sentire la musica Metal
che
giungeva dall’iPod. Forse erano i Sonata
Arctica, ma poteva anche sbagliarsi. Anzi no.
Nella
sua ricerca di un posto, Liam aveva anche provato a suonare in una band
di
Heavy-Metal… Era stato divertente, ma lui non era
propriamente felice.
Oltre
alle prove, i concerti e le serate non c’era
nient’altro. Molte ragazze si
accorgevano di lui, ma nessuna gli interessava. Uscì per un
po’ con la
batterista della band, ma tutte le volte che lei cercava di attirarlo a
sé, lui
la respingeva in malo modo.
La
campanella suonò.
Renesmee
gli passò vicino e lo sfiorò con la punta del
dito. Lui fu subito pervaso da un
pensiero, forse un ricordo.
“Non
puoi andartene via così, Renesmee!”
la voce di sua madre era atona, in lei non c’era la
preoccupazione che dovrebbe
esserci in una madre.
Voci
atone.
Aveva
sentito quelle voci per tutta la
vita, come se lei non fosse pronta a scontrarsi con le emozioni.
Avevano paura
di farle male anche solo toccandola.
Basta.
Se ne doveva andare.
Renesmee
sapeva trasmettere i pensieri. Come faceva lui, ma lui lo faceva senza
il
tocco. Cercò di andarle vicino e sfiorarla per
un’altra volta. Ci riuscì e le
loro dita si toccarono ancora. Stavolta vide solo due occhi dorati con
sfumature viola.
Erano
i suoi occhi.
Lei
lo guardò truce. “Non dovresti spiare i miei
pensieri…” “Se vuoi spia tu i
miei…”
le trasmise due occhi del colore del cioccolato, incorniciati da una
cascata di
riccioli di bronzo.
“Non
credo che siano i tuoi pensieri…” “Lo
sono” disse lui aprendo il quaderno e
mostrandole le sue iniziali scribacchiate da tutte le parti.
“Beh,
non ha senso… Tu in me vedi mia madre. Ma io ho bisogno
delle informazioni che
tu mi puoi dare e tu vuoi ciò che so io. Io lo chiamo un
accordo…” “E io lo
chiamo un appuntamento” continuò lui spudorato. Ma
in parte era vero… In lei
vedeva sua madre.
“Ci
ho messo un po’ ad abituarmi alle emozioni che sono qui
fuori… I miei mi
proteggevano anche da quelle. Per me è strano sentire delle
voci con un’intonazione
precisa” Liam la guardò di nuovo negli occhi.
“Io ci ho convissuto per settecentodieci
anni. Credo che lo possa fare anche tu…” lei
sorrise.
“Se
non fossi un vampiro mi staresti anche simpatico…”
“Se non fossi così fredda,
anche tu mi staresti simpatica… Sai, ho sentito che ascolti
i Sonata Arctica. Ho
suonato in un gruppo Heavy Metal per un po’ di
anni…” i suoi occhi color
cioccolato si illuminarono. “Davvero? E com’era?
Eri un chitarrista? Un
batterista? Il cantante?” era eccitatissima. “Il
cantante e chitarrista… Poi
però ho lasciato il gruppo. Mi stavo
annoiando…” lei tornò cupa.
“Non avresti
dovuto…” “Beh, stare per quasi
quarant’anni con un gruppo non è molto
divertente…” lei rise. Quando non era fredda e
distaccata la sua risata era
bellissima.
“Allora
ci vediamo a casa mia e ne parliamo là? Ho qualche
disco…” “Va bene ci vediamo
fra un’ora a casa tua…”
acconsentì lei.
Poi
calò il cappuccio sui suoi riccioli e se ne andò
via. La musica Metal che
sprigionava il suo iPod si sentiva anche a chilometri di
distanza…
Io so
che è tutta una maschera… Prima o
poi io te la toglierò.