Unexpected
Bella' s PoV
18
Settembre
L’
estate era venuta e se n’ era andata in un batter
d’ occhio, senza avvisare
nessuno. Ne avevo approfittato per tornare a casa, a Forks, per stare
un po’ di
tempo con mio padre, prima di iniziare a cercare un lavoro a New York.
Beh,
a Forks, la città più piovosa d’
America, mancavano sia il clima caldo che il
sole. Ma di certo la compagnia era buona.
Ed
ora, eccomi nella Grande Mela, pronta per ricominciare tutto da capo,
come all’
asilo.
Il
mio più grande sogno era sempre stato quello di diventare
una giornalista e,
grazie alla borsa di studio che vinsi per Yale, adesso tutto questo era
possibile.
Gli
anni del college erano stati lunghi, ma in un certo senso mi mancavano.
Ero
troppo occupata a studiare, per preoccuparmi del futuro, allora.
E
invece, quella bolla si era rotta, catapultandomi nella vita reale.
Ecco,
Bella, ti stai incantando di
nuovo!
La
vocina nella mia testa mi risvegliò, ricordandomi che avevo
ancora uno
scatolone pieno di cose davanti a me, che aspettava solo di essere
svuotato.
Sbuffai,
iniziando a tirar fuori tutti i miei oggetti personali.
Io
e
la mia migliore amica, Alice, avevamo appena acquistato questo nuovo
appartamento a Brooklyn, pronte per fiondarci nella vita newyorkese
finito il
college.
Lei
era una stilista emergente, laureata in disegno, facoltà che
l’ aveva aiutata
nel desiderio di realizzare abiti. Come descriverla? Come un piccolo
uragano
formato gnomo, ecco come! Era minuta, magra, con dei capelli neri dal
taglio
sbarazzino che le incorniciavano il viso. Aveva la pelle piuttosto
pallida, su
cui i suoi occhi scuri risaltavano.
Ci
eravamo conosciute a Forks, durante l’ ultimo anno di liceo,
scoprendo che
avremmo frequentato la stessa università. Da lì
fu semplice diventare grandi
amiche. Per quanto fosse troppo esuberante, quella piccoletta era una
delle
persone migliori che conoscevo.
Quando
ci fummo laureate entrambe, scegliemmo di trovarci un appartamento. Fu
facile
sia trovarlo che arredarlo. Infatti, la madre di Alice, Esme, era una
grande
arredatrice d’ interni, famosa in mezza New York. E meritava
tutto il suo
successo. Aveva un gusto straordinario, faceva sembrare l’
arredamento una cosa
semplicissima da scegliere. Riempiva una casa di mobili con la stessa
facilità
con cui si versa dell’ acqua in un bicchiere.
Era
un appartamento di media misura, ma a me stava benissimo.
Entrando,
c’ era un soggiorno pieno di luce, causata dalla finestra
nella piccola cucina
che lo affiancava, senza la presenza di porte.
Da
lì si accedeva a tre stanze: la mia, quella di Alice e la
“stanza bianca”.
Non
sapevamo cosa farne, così la lasciammo in sospeso.
Io
proposi di farci uno studio per Alice, così da facilitarle
il lavoro. Lei,
invece, pensava più in grande. Aveva tremila progetti,
nessuno dei quali però
fu realizzato.
-Ecco
fatto! – esclamai, quando anche l’ ultima cosa fu
riposta al suo posto.
Osservai
il mio operato.
La
mia stanza, anch’ essa arredata da Esme, era piccola e
bianca, con i mobili in
legno scuro. Semplice ed essenziale: proprio come piaceva a me.
C’ era anche
una piccola finestra, proprio sul muro davanti a cui era posta la
scrivania con
il mio inseparabile portatile.
Potei
ritenermi soddisfatta.
-Finalmente
hai finito! Credevo che sarei invecchiata prima di vedere la tua stanza
pronta!
La
voce cristallina di Alice giunse alle mie spalle.
Mi
voltai e la vidi sullo stipite della porta, con un sorrisetto ironico
sul volto.
Non
avevo voglia di controbattere, così lasciai correre.
-Direi
che dopo tutta la fatica che abbiamo fatto, ci meritiamo un bel premio.
Che ne
dici di ordinare una pizza stasera? – chiese, già
pronta con il telefono in
mano.
Era
già così tardi? Guardai fuori dalla finestra e,
effettivamente, era già sera.
La luna e le stelle, per quanto poco si vedessero date le forti luci
newyorkesi, facevano già la loro comparsa nel cielo buio.
-D’
accordo. – le risposi.
Non
fece in tempo a digitare il primo numero, che il telefono
squillò.
-Pronto?
– disse tranquilla.
Qualche
secondo dopo, un sorriso che andava da una parte all’ altra
del suo viso mi
fece capire chi era all’ altro capo del telefono: Jasper.
Jasper
Hale, fidanzato con Alice da prima che la conoscessi, era uno stimato
avvocato,
per quanto la sua carriera fosse appena iniziata. Alto, biondo e dagli
occhi
chiari, era quasi impossibile vederlo lontano dalla sua pazza
fidanzata.
Quest’
ultima, dopo avermi rivolto un’ occhiata sfuggente, si
eclissò nella sua
stanza, chiudendo la porta dietro di sé.
Sorrisi,
scuotendo la testa.
Alice
non sarebbe mai cambiata.
E
questo era un colpo di fortuna, perché tutti la adoravamo
così com’ era. Io in
primis.
Ora
che, nella mia lista delle cose da fare, la voce
“casa” era stata prontamente
cancellata, dovevo trovare un lavoro. E in fretta, per quanto possibile.
Non
mi piaceva stare con le mani in mano e mai mi piacerà.
Di
certo non potevo puntare direttamente alla mia più grande
aspirazione: il New
York Times. Quello era un sogno ancora troppo lontano …
Beh,
meglio mettersi al lavoro da
subito! Pensai.
Notes
Dunque ... Ciao a tutti :)
Questa è la prima fanfic che scrivo su Twilight. O meglio, è la prima che scelgo di pubblicare qui. Questo non è un vero e proprio capitolo, più che altro è un' introduzione. Non sapevo come iniziare la storia, ho buttato giù la prima cosa che mi è venuta in mente.
Spero vi piaccia lo stesso e vi incuriosisca riguardo alla storia vera.
Le vostre recensioni sono più che benvenute ♥