Storie originali > Soprannaturale > Vampiri
Segui la storia  |       
Autore: Kiruri    30/08/2010    0 recensioni
Sono dita morte quelle che reggono la penna che graffia la ruvida carta mentre la città di Parigi fuori dalla mia spenta finestra mormora e mugola, sono occhi morti quelli illuminati dalla fioca luce di questa candela.
Ma andiamo con ordine.
Ho una storia da raccontare, una storia di sangue e di amore e di morte. Ecco come tutto iniziò…
Genere: Drammatico, Mistero, Poesia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ok,scusate,dopo un lungo periodo di pausa,in cui ero al mare e poi ho dovuto finire i compiti(^^'''),tormo con un new cap di questa meravigliosa storia,mi scuso ancora per l'attesa ma ora bando alle ciance e Buona lettura

4. L’incubo.

Un giorno Flavio non comparve che all’approssimarsi del tramonto, il che non fu poi un orario troppo tardo perché secondo i miei calcoli doveva essere inverno inoltrato, la totale atemporalità del periodo che stavo vivendo contribuiva a renderlo onirico e bizzarro come un sogno che svanisce al mattino. Quando lo vidi il suo aspetto non mi piacque, era più pallido del solito, più grigio cadavere che giallo malato e sembrava reggersi a stento sulle sue stessa gambe, la mia giornata l’avevo passata in una morsa d’angoscia, in quanto più volte avevo provato a bussare alla sua camera chiusa a chiave senza ottenere risposta e quando lo vidi scendere le scale di legno con passo malfermo aggrappato al corrimano come un merlo indiano al suo ramo mi spaventai molto. Anche se da un lato fui felice di vederlo, in quanto il mio cuore aveva pensato alle ipotesi peggiori.
"Che ti succede? Stai soffrendo io lo vedo!" Gli dissi mentre gli andavo incontro, dissi la frase che ho scritto perché già sapevo che se non l’avessi fatto lui avrebbe abilmente eluso la mia osservazione convincendomi con la sua mirabile arte oratoria che si trattava di un fatto assolutamente ordinario.
"Temo di aver chiesto al mio fisico uno sforzo eccessivo rispetto a quello che potrebbe essere in grado di sopportare." Mi rispose con aria accigliata.
Lo accompagnai in cucina dove gli preparai del tea aromatizzato alla vaniglia, il suo preferito, con abbondanti dosi di miele.
"Ieri notte, quando tu già dormivi", mi raccontò, "sono stato preso da un lavoro la cui prima sessione ho terminato solo all’approssimarsi della mattina, come raramente mi capita ho avuto fame e mi sono cibato di ciò che ho trovato in cucina. Come sai non sono una personalità incline al peccato di gola." "O al contattare un medico, dannazione!", imprecai, "potresti trasformare una malattia da nulla in un morbo mortale, perché ti ostini a rifiutare di farti visitare da un esperto dell’arte medica?" Non rispose, rimase fermo a fissarmi nella mia rabbia frustrata mentre sorseggiava con calma il suo tea. "E a cosa stai lavorando di tanto urgente che non può aspettare le luci del sole pomeridiano?" Continuò a fissarmi, con un’ebete espressione lievemente divertita sulle labbra, tentava di nasconderla, ma per un solo istante la vidi: beffarda e sprezzante contrastante ampiamente con quelle labbra grigie e cadaveriche, prive di ogni tonalità di vita, peggio del solito.
Il suo silenzio e la sua espressione sprezzante mi fecero imbestialire, non potevo sopportare il pensiero che giocasse con la sua vita a rischio di lasciarmi solo. Non volevo essere solo, non potevo essere solo e lui egoisticamente scommetteva contro il fato a prezzo della sua esistenza, o peggio, conosceva bene il suo fato e me lo teneva nascosto fino al momento in cui sarebbe morto. Non potevo sopportarlo.
Urlai, inveii contro di lui.
"Segreti! Segreti! Quanti segreti mi nascondi? Come puoi giocare stupidamente con le mie preoccupazioni? Non ti rendi conto che i tuoi silenzi mi stanno uccidendo come probabilmente stanno uccidendo te? Mi vuoi abbandonare? Vuoi aspettare che una forza più oscura e potente dell’amore ti travolga e trascini me nei più profondi meandri dell’inferno? Come puoi essere così egoista? Chi sei? Da dove vieni? Confidati dannazione, sei mio amico o no?"
Rimase immobile a fissarmi con la tazza fumante ancora in mano, non sorrideva più per lo meno, ma non rispondeva neppure.
Mi sentii distrutto nella mia impotenza. Inutile,abbandonato.
"Scusami, hai ragione, tu mi hai accolto nella tua casa salvandomi dalla strada, non ho il diritto di avanzare pretese o domande sulla tua vita."
Mi volsi in direzione della porta pronto ad abbandonare la stanza, senza che me ne accorgessi lui si era avvicinato a me.
"Hai tutti i diritti di farmi queste domande Lawrence. Non sai quanto io ti abbia a cuore oppure non penseresti che esistono segreti troppo grandi per te. Ti sembro egoista, forse, anzi probabilmente lo sono, io non voglio che tu mi abbandoni eppure soggiaccio a vincoli che la mia moralità antica mi obbliga a mantenere. Ricordati che presto, quando i miei tormenti saranno finiti non esisteranno segreti che io non ti potrò svelare, ogni cosa che faccio la faccio per te; perché tu verrai con me, nella vita e nella morte saremo uniti. Come ti ho già detto mio potrai amare o odiare, ma non potrai mai ignorarmi, non esiste la parola “indifferenza” nella mia natura sospesa a metà."
Mi scossi come per divincolarmi da un abbraccio psichico.
"Non voglio che tu mi inganni con le tue parole, stai dicendo quel che dici perché vuoi eludere il discorso, ma io ci tengo a te e non pensare che mi fermerò innanzi ai tuoi discorsi romantici di morte e amore."
"No, certamente. Anche se sono un idiota con la testa piena di idiozie romantiche sull’amore e sulla vita parlerò da sapiente solo per te. Sei mai stato in un lazzaretto?"
"Come un lazzaretto? La lebbra è una malattia debellata da molto tempo in quest’angolo di mondo, esistono zone in India dove è ancora epidemica come malattia, l’hai visitata?"
"No, sono stato in un lebbrosario molti anni fa."
Sorrisi sprezzante, stava forse ricorrendo ad un altro dei suoi discorsi fantastici per confondermi?
"Non sei così vecchio, dubito anche che tu sia più grande di me di solo un anno."
"Non ha importanza", rispose lui, "io fui in un lazzaretto tempo addietro e sai cosa videro i miei occhi?
Una donna morente e suo marito, mentre lei esalava il suo ultimo respiro lui baciò il suo volto deforme e disgustoso, pochi mesi dopo la lebbra portò via anche lui, furono seppelliti in due fosse vicine."
" E questo cosa dovrebbe significare? Sei forse stato malato anche tu di una qualche malattia? Di certo non la lebbra, sei magro, ma non deforme o macilento, sei stato vicino alla morte?"
Vidi nascere nuovi ricordi all’interno delle sue pupille siderali, il tempo passò in velocità molte volte all’interno dei suoi occhi languidi ed epoche passate sembrarono affacciarsi come floride massaie dalle finestre di un palazzo in rovina.
"Si, fui malato, per un amore crudele, univoco ed egoista…Io non possiedo ancora abbastanza elementi per…"
Non finì la frase, vacillò sulle ginocchia instabili e rischiò di cadere per terra, fortunatamente lo afferrai in tempo. Si rimise in piedi quasi subito, anche se con maggior languore del solito.
" Sono troppo affaticato, torno a riposarmi, domattina ci rivedremo e ti giuro che starò meglio." Lo accompagnai fino alla sua stanza, attesi che come sua consuetudine la serratura scattasse dall’interno e poi mi allontanai.
La sua fobia più grande era che ladri ed assassini si nascondessero in ogni angolo della casa, o peggio, spie che lavorassero per ladri ed assassini…
All’inizio avevo ritenuto ridicola quella sua fobia, ma col passare del tempo l’avevo acquisita a mia volta e da allora prima di coricarmi chiudo sempre a chiave ogni porta che mi separa dal mondo esterno. Quella dannata notte non riuscii ad addormentarmi, l’angoscia mi attanagliava, perciò decisi di sincerarmi della salute di Flavio.
Il maniero quella notte tenebrosa mi apparve più oscuro e pericoloso del solito, ma la mia convinzione mi fece superare ogni paura ed ogni inutile fobia fino a quando tremante giunsi innanzi alla porta della sua camera. Non chiudeva ma la porta dell’anticamera della sua stanza, un delizioso salottino in stile impero, perché temeva che se qualche assassino si fosse appostato all’interno della sua stanza e lo avesse aggredito, nessuno avrebbe potuto raggiungerlo per aiutarlo. Sarebbe stato un ragionamento più che logico se nel maniero ci avesse abitato qualcuno. Della nebbia o del fumo sembravano essere addensati nell’ambiente ed una strana vibrazione baritonale proveniva dall’interno della stanza stessa. Una vibrazione che mi ricordava in maniera inquietante gli inni misterici che venivano celebrati durante i riti dell’Ordine del Drago Rosso.
Giunsi fino alla porta di Flavio, ma una pudica voce nella mia testa mi impedì di bussare contro di essa, mi resi conto che la sua salute gia precaria non doveva essere disturbata da una mia visita, perciò decisi di tornare indietro.
La strada di ritorno verso la mia stanza mi sembrò terribilmente oscura, il coraggio di tornare indietro mi mancò, ed anche se non seppi giustificare il mio terrore insensato, giustificai la mia permanenza nell’anticamera con me stesso convincendomi di essere lì per accorrere ad un’ eventuale richiesta d’aiuto da parte di Flavio.
Non appena mi poggiai sul divanetto di velluto il sonno si impadronì della mia testa stanca e penso che mi addormentai,pronto a ricevere il peggiore incubo della mia vita.
Mi trovavo nella stessa anticamera della stanza di Flavio ma il lume all’olio che mi ero portato per combattere le tenebre si era spento, lasciando che il buio e il freddo mi strisciassero addosso. L’unica debole luce proveniva dal corridoio, dove una delle grosse finestre lasciava penetrare la radiazione lunare.
"È in notti del genere che gli spiriti compaiono, quando il magnetismo della Luna è particolarmente potente…"
Una voce suadente mi sussurrò queste parole dietro il mio orecchio, ma quando mi voltai solamente il buio rispose al mio sguardo.
Un fascio di luce particolarmente luminoso rendeva visibili le forme bizzarre e il fumo o la nebbia odorosa d’incenso che avevo visto filtrare dalla porta di Flavio, lentamente e ipnoticamente, seguendo forme serpentine assunse le forme morbide di due splendide fanciulle.
Stupidamente il mio cervello pensò alle due governanti descrittemi da Flavio, tali Perrodon e DeLaFontaine. Apparvero abbracciate a loro stesse come due serpi prima di colpire, con movimenti suadenti si srotolarono dalle loro stesse spire, erano davvero le donne più belle che avessi mai visto, una aveva lunghi capelli rossi che scendevano a coprire i seni nudi, l’altra aveva i capelli tagliati corti come una principessa africana dalla pelle pallida come in un perverso ossimoro, vestita semplicemente con i gioielli esotici della sua terra. I loro occhi erano magnetici e verdi come smeraldi nella notte, come due glaciali pantere si mossero verso di me. Solo una donna che avevo incontrato nella mia vita aveva avuto la stessa grazia nel movimento: Lethitia.
Si avvicinarono e si avvicinarono al punto che potei sentire i loro corpi gelidi contro il mio, la principessa africana mi baciò voluttuosamente ed io sentii il calore del mio corpo abbandonarmi, l’altra frattanto moveva le sue gelide mani contro di me accarezzandomi i fianchi con dolcezza e pazienza.
Il loro atteggiamento si fece più audace e più violento con lentezza esasperante. Mentre mi abbandonavo ai piaceri che lentamente mi stavano offrendo mi sentii colpevole, un adultero nonostante non ci fossero rapporti ufficiali intessuti tra me ed una qualsiasi altra donna.
Sentii le carezze farsi sempre più rudi fino a che non divennero tagli contro il mio ventre, i baci farsi più malvagi fino a divenire morsi. Con violenza la donna dai capelli rossi mi aprì il colletto del pigiama e ringhiò come una bestia quando vide la corda della zingara legata al mio collo, le bastò un semplice gesto e con mio grande dolore io percepii la corda incenerirsi contro la tenera carne della mia gola, poco prima che con uno scatto serpentino la donna si avventasse contro di essa e mi mordesse facendone sgorgare il sangue.
Il senso di colpa ed il terrore che mi provocò vedere il mio sangue sgorgare dalla ferita così copiosamente mi fecero urlare e cominciai a piangere come un bambino nel sonno invocando aiuto. Vidi la porta di Flavio aprirsi e la sua figura ammantata in uno strano abito dorato (cosa non possono fare i sogni se non accostare fantasie senza senso e mescolarle tra loro?) lo vidi urlare alle due succubi e poi scagliarsi contro di loro per allontanarle da me.
Così terminò il mio incubo.
"Cosa credete di fare sgualdrine da poco conto?" urlò loro mentre svanivano nel fumo dov’erano apparse.
Il giorno dopo mi risvegliai nel mio caldo letto, tra le coperte immerse nella luce solare, mi alzai e nonostante mi sentissi un po’ debole ed intontito andai allo specchio appeso al muro. Nulla lasciava presumere che avessi realmente vissuto l’incubo della notte precedente, in esso scorreva molto del mio sangue, ma dal piccolo graffio che si trovava proprio sotto il mento non poteva esserne scaturito così tanto. Probabilmente nel mio tormento notturno mi ero graffiato con un’unghia e quell’atto si era trasformato all’interno del mio incubo nella terribile emorragia che mi aveva permesso di svegliarmi.
Purtroppo però nelle mie agitazioni notturne avevo perso il talismano che Flavio aveva comprato dalla zingara.


Fine Cap

Allora che ne pensate? e bella non credete? Ribadisco comunque(casomai qualcuno nn lo sapesse)che Non lo scritta io,lo trovata su un sito ed e del fratello di una mia compagna di teatro,io la trovo meravigliosa e ho deciso di postarla qui per poterla condividere con tutti U.U
Riguardo i commenti:Glieli riferiro tramite FB o qndo lo sento comunque,quindi tranquilli ke li sapra ^__^
Ok,detto questo non mi resta ke kiedervi di commentare e recensire,recensire e commentare perfavore *^*
Grazie a tutti e A presto!!! ^w^/
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale > Vampiri / Vai alla pagina dell'autore: Kiruri