Forse mi mancava questa brezza fresca sulla pelle e vedere le nuvole grigie correre attraverso gli affluenti del cielo. Era solo un sogno, quello: vivere in una palla di vetro tra sole e mare, mare e sabbia.
Mi sdraiavo su di un telo coperta da due pezzi di stoffa troppo piccoli, mentre la mia pelle continuava a bruciare furente; e io ridevo ed ero felice. Passavano i ragazzi e mi guardavano mentre da dietro gli occhiali scuri li osservavo soddisfatta. Mi sentivo bella, ora che ci penso. L'acqua del mare aveva levigato le mie forme e caldi riflessi dorati si erano creati sui miei capelli. Amavo il non pensare e il non parlare, il mio cervello finalmente libero da qualsiasi cosa. Ma forse ero troppo libera, forse.
Ridevo di giorno, salutavo bambini sorridenti e coppiette con gli asciugamani in spalla. Mi ero creata la me stessa che volevo.
Non c'era più pioggia, non c'era più il cellulare vibrante nella mia tasca, o il pensiero costante dei compiti. Mi sentivo tanto spensierata che sarei rimasta lì per l'eternità, a osservare gli aerei riportare le anime nelle rispettive case, sentire le lacrime di amori estivi stroncati sul nascere, percepire i pensieri di chi non si sarebbe mai più rivisto.
Ma è toccato a me, ora; è doloroso, ingiusto.. Ma mi mancava la mia monotona e svampita vita in un'anonima casetta nel centro città.
Ritornerò a non pensare e a non parlare, il mio cervello sarà nuovamente libero, lo giuro.