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Autore: storyteller lover    01/09/2010    2 recensioni
Hai mai desiderato qualcuno al punto di smettere di esistere? Giunge il momento per ogni vampiro quando l'idea dell'eternità diventa, per un momento, insopportabile. Vivere fra le ombre, nutrirsi nell'oscurità con se stesso come unico compagno, marcire in un'esistenza vuota e solitaria. L'immortalità sembra una buona idea, finché non si comprende che si dovrà trascorrerla da soli... Ora sai come mi sono sentito, quando ti ho donato l’immortalità, e tu ti sei dimenticato di me. Fiction prima classificata al Contest "Vampiri e...immagini" di Kikyo90
Genere: Dark, Mistero, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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14. Foglie su Pensieri inAutunno

Londra,
16 Marzo

 

“A cosa pensi, John?” Gli chiese Wilhelm, scendendo dalla carrozza. “Non sarai affamato?”
John sembrò ridestarsi dalle sue riflessioni.
“No, al contrario. Stavo solo cercando di ricordare l’inizio di un sonetto di Shakespeare, ma al momento mi sfugge.” Rispose sinceramente. I capelli scuri gli ricadevano sul viso, nascondendo il suo sguardo.
“Dedito alla poesia come sempre. Al contrario, io preferirei poter leggere una delle tue lettere. Ricordati di scrivermi, quando arriverai a destinazione. Sì, credo che sarebbe davvero piacevole avere tra le mani una lettera ben scritta. Quanto mi è mancata la città. Londra non corre mai il rischio di cadere fuori moda.” Disse, varcando le porte della sua casa di città.
“Non ho mai amato particolarmente la città.” Gli rispose John, seguendolo.
“Ti chiederei di restare a farmi compagnia ancora per qualche giorno, ma ben sento che fremi, amico mio. Tu sei qui e invece vorresti essere già molto lontano. Agli occhi di un estraneo sembreresti così calmo e sereno, ma io ti conosco bene.” Continuò Wilhelm.
“Ti prego di perdonarmi, Wilhelm. Non riesco ad essere più padrone di me stesso. E so che andando dove mi accingo ad andare, non faccio altro che avanzare contro alla perdizione.”
John continuava a parlare, a spiegare le sue ragioni.
In parte, anche se in minima parte, Wilhelm poteva rivedersi in lui.
Era stato molto tempo fa, ma la sofferenza era ancora viva dentro di lui.
Dimenticare era ancora impossibile.
“Non dolerti, mio tristo amico. Ogni cosa deve seguire il suo corso. E se così è scritto, tu arriverai dove sei ora diretto e compierai il tuo destino. Ma prima di riprendere il tuo viaggio, siedi con me, nella mia biblioteca. La tua carrozza sarà pronta fra poche ore.”
Attraversarono così l’entrata principale, le grandi colonne di marmo, sotto gli occhi immutabili dei dipinti, delle statue e dei ritratti che li accompagnavano lungo il tragitto.

“Forse potresti trovare un volume sui sonetti d Shakespeare. Dovrei averne uno.” Disse Wilhelm.
“Lo possiedi sicuramente. Fui io stesso a regalartelo, insieme a una versione del Giulio Cesare.” Gli disse John, seguendolo.
“Mary, mia cara, porta in biblioteca del vino. Un rosato, e due calici per me e il mio ospite. Fa presto mia cara.” Disse Wilhelm, quando scorse una delle cameriere.
Senza aggiungere altro, i due si diressero in biblioteca. Il sole non era ancora sorto.

La casa era silenziosa. La penombra di quell’ambiente ben s’intonava con l’animo dei due.
A breve Mary entrò, deponendo un vassoio con il necessario per servirsi e una brocca di vino.
“Puoi andare, Mary, e, uscendo, chiudi piano la porta.” Le disse Wilhelm.
Voltandosi notò che John si era avvicinato alla finestra.
“Siedi, John, non restare lì alla finestra. I raggi del sole non porteranno nessuna nuova, né alcuna risposta alle tue domande.” Disse Wilhelm, nel tentativo di distoglierlo nuovamente dai suoi pensieri.  
“Mi siederò, ma non berrò. Il vino annebbia anche i nostri sensi. E io devo cercare di essere me stesso, per quanto sia possibile.” Gli rispose, voltandosi.
“Allora berrò io per te, e tu parlerai. C’è un racconto da terminare, e il tempo stringe.” Gli disse Wilhelm, versando del vino nel suo calice.
“Il ricordo di un tempo felice mi affligge, ma come amico, ti devo questa dolorosa cortesia.”
E così dicendo, si sedette.

 

 

Quasi un anno
prima, Firenze
sul far della sera.

 

  

“Ho sentito dire che i vostri cugini verranno presto a trovare voi e la vostra famiglia.” Le disse John.
Camminavano fianco a fianco, per i viali alberati del castello. Una leggera brezza estiva li accompagnava, scuotendo e portando con sé, in un fruscio, le foglie ormai morte degli alberi.
“Avete sentito bene. Stando all’ultima lettera che ho ricevuto da parte di mia cugina Elizabeth, il loro arrivo è previsto per domani mattina. Mi ha anche detto che le piacerebbe discutere ancora con voi di poesia.” Gli rispose anche se tutta intenta ad ammirare il paesaggio morente.
“Vostra cugina, lady Elizabeth, è una dama colta è raffinata. Ha mostrato di possedere garbo e gentilezza come ne ho potuti vedere in molte poche persone.” Continuò lui. Che lei gli prestasse anche quella poca attenzione, che non fuggisse più da lui, e che avesse accettato di buon grado i suoi sentimenti, senza tuttavia ricambiarli, era per lui causa di pace.
“E’ innamorata dell’arte e della cultura. E ama Shakespeare immensamente.” Gli rispose Rebecca.
“E voi, Rebecca, non amate Shakespeare?” Le chiese John.
 “Non tanto quanto lei vorrebbe.” Gli rispose, sempre fissando un punto indistinto del giardino.
Continuarono a passeggiare, senza più parlare, per molto tempo, l’una assorta nei suoi pensieri, l’altro intento a carpirli.
“Vorrei che fosse sempre autunno, o che ogni stagione finisse in autunno e poi cambiasse di nuovo.” Disse a un certo punto Rebecca.
“Se qualcuno dovesse mai chiedermi quale stagione preferisca, in cuor mio saprei che è l’autunno.” Continuò, persa in queste sue riflessioni.
John non la interrompeva, ne le chiedeva di più.
“Mi chiedo perché si scrivano e si studino tante poesie sull’amore e il dolore, ma nessun sonetto sull’autunno.” Riprese lei, mentre si sedeva sul’erba umida. Proprio accanto a lei, un ippocastano perdeva, una dopo l’altra, le sue foglie, ormai appassite.
Veder cadere le foglie mi lacera dentro

soprattutto le foglie dei viali
soprattutto se sono ippocastani…
” Disse John, destando in Rebecca una muta sorpresa.
Vedendo che finalmente gli rivolgeva la sua attenzione, John continuò.
… soprattutto se il cielo è sereno…

soprattutto se il cuore, quel giorno,
non mi fa male
se colei che amo, mi ama…
Veder cadere le foglie mi lacera dentro*…
Quanta pena avranno gli alberi,
questa notte senza stelle.**”

“Devo dissentire, John. Usare un’arma così sottile per catturare la sua attenzione! Hai rischiato di farla innamorare di te follemente. Non è leale, per quanto raffinato.” Gli disse Wilhelm, sorseggiando del vino.

“E’ bellissima. John… dove avete imparato?” Gli chiese Rebecca.
Quel suo modo di parlare, il suono della sua voce, trasudavano malinconia.
“Vi piace? Non è mia, ma credo che chi la scrisse possedesse sentimenti simili ai vostri, Rebecca. Forse non così delicati, ma vicini.” Le disse.
Lei era come incantata. Era sempre stato così?
“Credo che sarebbe meglio tornare. L’aria sta diventando più gelida.” Disse lei, cercando di cambiare argomento.

Cercando di rialzarsi, lui le porse la mano e l’aiutò a risollevarsi. Restò sorpresa dalla leggerezza con cui l’aveva aiutata a tirarsi su, dalla forza, dalla delicatezza della sua presa.
Erano molto vicini, sarebbe bastato così poco per sfiorarsi.

Il suo viso era segnato da un’espressione sofferente; sembrava le stesse chiedendo aiuto, e quel suo silenzioso guardare la lasciava perplessa. Il suo sguardo era seducente.
Nei suoi occhi dimorava una luce più terribile della ripugnanza della morte, più oscura di un incubo.
Non riusciva ad abbandonare la stretta di quegli occhi neri che la scrutavano così intensamente e, quando se ne rese conto, arrossì improvvisamente, abbassando lo sguardo, imbarazzata.
  

Aveva già visto quel viso, quel suo sguardo. Era stato nella biblioteca, quando l’aveva stretta fra le sue braccia.

“Non odiarmi, Rebecca.” Le disse, con un filo di voce.
“Che vuoi dire, John? Io non ti odio.” Gli rispose, arrossendo.
“Non odiarmi.” Le disse ancora.
“Non ti …” Cercò di dire lei, ma lui la interruppe.
“Shhh. C’è una cosa che devo fare, prima di partire.”

Quella sera, John non scese a cena.

 

 

To be continued..

 

Eccomi qui, sono tornata e sono in ritardo. Ma ho una spiegazione: purtroppo un virus ha intaccato il pc e purtroppo ho perso tutti i file relativi alle mie storia. Perciò ho dovuto cercare di rimediare.
Chiedo scusa  a tutti per il ritardo immenso. Passiamo ora ai ringraziamenti.

 

Thiliol: innanzi tutto ti ringrazio per aver recensito l’ultimo capitolo. Grazie davvero. Scusami per il ritardo. Purtroppo avendo perso i file relativi ai nuovi capitoli della storia, mi sono dovuta mettere a riscriverli da capo. Sono contenta che ti piaccia Rebecca. È forse il personaggio di cui mi viene più difficile descrivere. Questo capitolo non ha molte pretese, ma vuole solo gettare le basi di un certo cambiamento del rapporto tra i due personaggi principali. Alla prossima, un bacio.

Bella_kristen: carissima, ben trovata. Scusami davvero per il ritardo ma è stato un vero miracolo riavere il computer. Questa volta ho rischiato di doverne acquistare uno nuovo. Il perché Rebecca fugga lo scopriremo nel prossimo capitolo, che scriverò a breve. Diciamo che John ne sarà all’oscuro fino alla fine. In questo capitolo ho cercato di mostrare come cambi gradualmente Rebecca nei confronti di questo suo corteggiatore spassionato. Spero tanto che ti sia piaciuto e scusami ancora per il ritardo.

Aya88: cara, mora, sei troppo buona. Sempre che dai commenti positivi. ^^ e grazie anche perché il prossimo capitolo nascerà anche grazie alla tua dotta collaborazione. Meno male che mi dai una mano ihihihi. Comunque con te ne abbiamo parlato e sai che John è molto sensibile e che sta architettando qualcosa, sempre con buone intenzioni. Ihihih
Grazie mille mora di tutto un bacione enorme.

 
Citazioni:

Nel brano trovate due citazioni tratte da due poesie, ma che ho scelto di inserire di seguito perché mi piaceva molto il risultato. Puntualizzo che i due estratti sono stati scritti da autori vissuti in periodi successivi rispetto a quello in cui è ambientata la storia, ma sono stata costretta a ricorrere a quest’artifizio. I due poeti sono:

  • N. Hikmet*;
  • R. J. Jimenez**.

In corsivo, nella seconda parte del capitolo, trovate un estratto dal decimo capitolo, che vuole rimandare alla somiglianza delle due situazioni descritte.
Anche per oggi è tutto, alla prossima

 

storyteller lover

   
 
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