14. Foglie su Pensieri inAutunno
Londra,
16 Marzo
“A
cosa pensi, John?” Gli
chiese Wilhelm, scendendo dalla carrozza. “Non sarai
affamato?”
John sembrò ridestarsi dalle
sue riflessioni.
“No, al contrario. Stavo solo
cercando di ricordare l’inizio di un sonetto di Shakespeare,
ma al momento mi sfugge.”
Rispose sinceramente. I capelli scuri gli ricadevano sul viso,
nascondendo il
suo sguardo.
“Dedito alla poesia come
sempre. Al contrario, io preferirei poter leggere una delle tue
lettere.
Ricordati di scrivermi, quando arriverai a destinazione. Sì,
credo che sarebbe
davvero piacevole avere tra le mani una lettera ben scritta. Quanto mi
è
mancata la città. Londra non corre mai il rischio di cadere
fuori moda.” Disse,
varcando le porte della sua casa di città.
“Non ho mai amato
particolarmente la città.” Gli rispose John,
seguendolo.
“Ti chiederei di restare a
farmi compagnia ancora per qualche giorno, ma ben sento che fremi,
amico mio.
Tu sei qui e invece vorresti essere già molto lontano. Agli
occhi di un estraneo
sembreresti così calmo e sereno, ma io ti conosco
bene.” Continuò Wilhelm.
“Ti prego di perdonarmi,
Wilhelm. Non riesco ad essere più padrone di me stesso. E so
che andando dove
mi accingo ad andare, non faccio altro che avanzare contro alla
perdizione.”
John continuava a parlare, a spiegare le sue ragioni.
In parte, anche se in minima
parte, Wilhelm poteva rivedersi in lui.
Era stato molto tempo fa, ma
la sofferenza era ancora viva dentro di lui.
Dimenticare era ancora
impossibile.
“Non dolerti, mio tristo
amico. Ogni cosa deve seguire il suo corso. E se così
è scritto, tu arriverai
dove sei ora diretto e compierai il tuo destino. Ma prima di riprendere
il tuo
viaggio, siedi con me, nella mia biblioteca. La tua carrozza
sarà pronta fra poche
ore.”
Attraversarono così l’entrata
principale, le grandi colonne di marmo, sotto gli occhi immutabili dei
dipinti,
delle statue e dei ritratti che li accompagnavano lungo il tragitto.
“Lo possiedi sicuramente. Fui
io stesso a regalartelo, insieme a una versione del Giulio
Cesare.” Gli disse
John, seguendolo.
“Mary, mia cara, porta in
biblioteca del vino. Un rosato, e due calici per me e il mio ospite. Fa
presto
mia cara.” Disse Wilhelm, quando scorse una delle cameriere.
Senza aggiungere altro, i due
si diressero in biblioteca. Il sole non era ancora sorto.
La
casa era silenziosa. La
penombra di quell’ambiente ben s’intonava con
l’animo dei due.
A breve Mary entrò, deponendo
un vassoio con il necessario per servirsi e una brocca di vino.
“Puoi andare, Mary, e,
uscendo, chiudi piano la porta.” Le disse Wilhelm.
Voltandosi notò che John si
era avvicinato alla finestra.
“Siedi, John, non restare lì
alla finestra. I raggi del sole non porteranno nessuna nuova,
né alcuna
risposta alle tue domande.” Disse Wilhelm, nel tentativo di
distoglierlo
nuovamente dai suoi pensieri.
“Mi siederò, ma non berrò. Il
vino annebbia anche i nostri sensi. E io devo cercare di essere me
stesso, per
quanto sia possibile.” Gli rispose, voltandosi.
“Allora berrò io per te, e tu
parlerai. C’è un racconto da terminare, e il tempo
stringe.” Gli disse Wilhelm,
versando del vino nel suo calice.
“Il ricordo di un tempo
felice mi affligge, ma come amico, ti devo questa dolorosa
cortesia.”
E così dicendo, si sedette.
Quasi un anno
prima, Firenze
sul far della sera.
“Ho
sentito dire che i vostri
cugini verranno presto a trovare voi e la vostra famiglia.”
Le disse John.
Camminavano fianco a fianco,
per i viali alberati del castello. Una leggera brezza estiva li
accompagnava,
scuotendo e portando con sé, in un fruscio, le foglie ormai
morte degli alberi.
“Avete sentito bene. Stando
all’ultima lettera che ho ricevuto da parte di mia cugina
Elizabeth, il loro
arrivo è previsto per domani mattina. Mi ha anche detto che
le piacerebbe
discutere ancora con voi di poesia.” Gli rispose anche se
tutta intenta ad
ammirare il paesaggio morente.
“Vostra cugina, lady Elizabeth,
è una dama colta è raffinata. Ha mostrato di
possedere garbo e gentilezza come
ne ho potuti vedere in molte poche persone.”
Continuò lui. Che lei gli
prestasse anche quella poca attenzione, che non fuggisse più
da lui, e che
avesse accettato di buon grado i suoi sentimenti, senza tuttavia
ricambiarli,
era per lui causa di pace.
“E’ innamorata dell’arte e
della cultura. E ama Shakespeare immensamente.” Gli rispose
Rebecca.
“E voi, Rebecca, non amate
Shakespeare?” Le chiese John.
“Non tanto
quanto lei vorrebbe.” Gli
rispose, sempre fissando un punto indistinto del giardino.
Continuarono a passeggiare,
senza più parlare, per molto tempo, l’una assorta
nei suoi pensieri, l’altro intento
a carpirli.
“Vorrei che fosse sempre
autunno, o che ogni stagione finisse in autunno e poi cambiasse di
nuovo.” Disse
a un certo punto Rebecca.
“Se qualcuno dovesse mai
chiedermi quale stagione preferisca, in cuor mio saprei che
è l’autunno.” Continuò,
persa in queste sue riflessioni.
John non la interrompeva, ne
le chiedeva di più.
“Mi chiedo perché si scrivano
e si studino tante poesie sull’amore e il dolore, ma nessun
sonetto sull’autunno.”
Riprese lei, mentre si sedeva sul’erba umida. Proprio accanto
a lei, un ippocastano
perdeva, una dopo l’altra, le sue foglie, ormai appassite.
“Veder cadere le foglie mi lacera
dentro
soprattutto
le foglie dei viali
soprattutto se sono ippocastani…” Disse John, destando in
Rebecca una muta sorpresa.
Vedendo che finalmente gli
rivolgeva la sua attenzione, John continuò.
“… soprattutto se il
cielo è sereno…
soprattutto
se il cuore, quel giorno,
non mi fa male
se colei che amo, mi ama…
Veder cadere le foglie mi lacera dentro*…
Quanta pena avranno gli alberi,
questa notte senza stelle.**”
“Devo
dissentire, John. Usare un’arma così sottile per
catturare la sua attenzione! Hai
rischiato di farla innamorare di te follemente. Non è leale,
per quanto
raffinato.” Gli disse Wilhelm, sorseggiando del vino.
Quel
suo modo di parlare, il suono della sua voce, trasudavano malinconia.
“Vi
piace? Non è mia, ma credo che chi la scrisse possedesse
sentimenti simili ai
vostri, Rebecca. Forse non così delicati, ma
vicini.” Le disse.
Lei
era come incantata. Era sempre stato così?
“Credo
che sarebbe meglio tornare. L’aria sta diventando
più gelida.” Disse lei,
cercando di cambiare argomento.
Cercando di
rialzarsi, lui le porse la
mano e l’aiutò a risollevarsi. Restò
sorpresa dalla leggerezza con cui l’aveva
aiutata a tirarsi su, dalla forza, dalla delicatezza della sua presa.
Erano molto vicini, sarebbe bastato così poco per sfiorarsi.
Il suo viso
era segnato da un’espressione
sofferente; sembrava le stesse chiedendo aiuto, e quel suo silenzioso
guardare
la lasciava perplessa. Il suo sguardo era seducente.
Nei suoi occhi dimorava una luce più terribile
della ripugnanza della morte,
più oscura di un incubo.
Non riusciva ad abbandonare la stretta di quegli occhi neri che la
scrutavano
così intensamente e, quando se ne rese conto,
arrossì improvvisamente,
abbassando lo sguardo, imbarazzata.
“Che vuoi dire, John? Io non
ti odio.” Gli rispose, arrossendo.
“Non odiarmi.” Le disse
ancora.
“Non ti …” Cercò di dire lei,
ma lui la interruppe.
“Shhh. C’è una cosa che devo
fare, prima di partire.”
To be
continued..
Eccomi
qui, sono tornata e
sono in ritardo. Ma ho una spiegazione: purtroppo un virus ha intaccato
il pc e
purtroppo ho perso tutti i file relativi alle mie storia.
Perciò ho dovuto
cercare di rimediare.
Chiedo scusa a
tutti per il ritardo immenso. Passiamo ora
ai ringraziamenti.
Thiliol: innanzi
tutto ti ringrazio per aver recensito l’ultimo capitolo.
Grazie davvero. Scusami
per il ritardo. Purtroppo avendo perso i file relativi ai nuovi
capitoli della
storia, mi sono dovuta mettere a riscriverli da capo. Sono contenta che
ti
piaccia Rebecca. È forse il personaggio di cui mi viene
più difficile descrivere.
Questo capitolo non ha molte pretese, ma vuole solo gettare le basi di
un certo
cambiamento del rapporto tra i due personaggi principali. Alla
prossima, un
bacio.
Bella_kristen: carissima,
ben trovata. Scusami davvero per il ritardo ma è stato un
vero miracolo riavere
il computer. Questa volta ho rischiato di doverne acquistare uno nuovo.
Il perché
Rebecca fugga lo scopriremo nel prossimo capitolo, che
scriverò a breve. Diciamo
che John ne sarà all’oscuro fino alla fine. In
questo capitolo ho cercato di
mostrare come cambi gradualmente Rebecca nei confronti di questo suo
corteggiatore spassionato. Spero tanto che ti sia piaciuto e scusami
ancora per
il ritardo.
Aya88: cara,
mora, sei troppo buona. Sempre che dai commenti positivi. ^^ e grazie
anche perché
il prossimo capitolo nascerà anche grazie alla tua dotta
collaborazione. Meno male
che mi dai una mano ihihihi. Comunque con te ne abbiamo parlato e sai
che John
è molto sensibile e che sta architettando qualcosa, sempre
con buone
intenzioni. Ihihih
Grazie mille mora di tutto un
bacione enorme.
Citazioni:
Nel
brano trovate due
citazioni tratte da due poesie, ma che ho scelto di inserire di seguito
perché mi
piaceva molto il risultato. Puntualizzo che i due estratti sono stati
scritti
da autori vissuti in periodi successivi rispetto a quello in cui
è ambientata
la storia, ma sono stata costretta a ricorrere a
quest’artifizio. I due poeti
sono:
- N. Hikmet*;
- R. J. Jimenez**.
Anche per oggi è tutto, alla
prossima
storyteller
lover