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Autore: MeliaMalia    24/10/2005    8 recensioni
Scusatemi, ma non ho resistito... E se Willy Wonka non avesse cercato un erede, ma una moglie?
Questo racconto vuole essere una gentile parodia di un libro e di un film che ho apprezzato molto; se vorrete commentare e consigliarmi, mi farete molto felice!
Completata! ^^
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Accidenti, mi avete commentata subito! Beh, non so che altro dire oltre che GRAZIE!
Sono contenta che la storia vi piaccia, e spero che continui così! Ecco qua il secondo capitolo... noterete che questa parte della storia l'ho accorciata un po'... e che ne voglio dilatare un'altra parte!
Se avete piacere, continuate a leggermi e a commentare! ^^


CAPITOLO SECONDO


Un’altra sera di neve, un altro frettoloso e freddo ritorno a casa.
In effetti, ora che vi faceva caso, Viola notò negozi di dolci letteralmente presi d’assalto da ragazze isteriche che s’ammassavano una sull’altra, tendendosi verso l’ingresso, le mani ricolme di banconote pronte ad essere spese.
Uno solo mancava all’appello: il primo era stato trovato da una ragazza molto in carne, abitante nel lontano nord del paese. Il secondo era tra le avide mani di una fanciulla ricca come una regina, e bella quanto una dea. Il terzo l’aveva rivenuto una specie di serial killer che impazzava per i ring, e il quarto una ragazzina con spessi occhiali, espressione intelligente, e computer sempre alla mano.
Viola aveva osservato tutti quei visi attraverso la nevosa immagine del suo televisore, con la nonna i sottofondo che borbottava chissà quale piano geniale per trovare l’ultimo biglietto.
L’ultimo biglietto…
Quel biglietto d’oro, che aveva fatto ammattire più del solito persino nonna Dea, ed era riuscito a scatenare una specie di psicosi generale, portando a sprechi inauditi. Molte ragazzine dalle perle tra i capelli e oro al collo scartavano barrette su barrette, gettando nell’immondizia sia la carta che il cioccolato; una cosa inaudita!
Ma tornando a casa infreddolita ed affamata, e vedendo quelle scene, Viola scelse di non giudicare nessuno; i ricchi avevano i loro passatempi, e se li potevano permettere. Lei… lei sarebbe rincasata anche quella sera, quella sera che in ogni caso aveva un qualcosa di speciale: era il suo compleanno! Certamente, come tutti gli anni, Nonna Dea si era faticosamente trascinata fuori dal letto, concedendosi una rara passeggiata sino al negozio di cappelli, e usando i poveri risparmi che possedeva per comprarne uno alla nipote.
Un cappello caldo, come il caldo abbraccio di nonna Dea. Non vi erano legami di sangue, tra loro, eppure quelle due donne povere e sole erano una vera famiglia! Nonna Dea l’aveva salvata quando ancora lei non sapeva parlare, e adesso Viola restituiva il favore. E l’amore, soprattutto, ora che la nonna era anziana, debole, inferma…
“Ragazzina maleducata, fammi passare o ti rompo la testa a bastonate…!” Uhm, che voce familiare. Proveniva dalla massa di pazze raccolte davanti a quel negozio di dolci di periferia…
“Senta signora, non è il suo turno!”, ribatté una giovanile voce tendente all’isterico. E alla violenza.
“Quando è il mio turno lo decidiamo io e il mio bastone!” Accidenti, la proprietaria di questa voce era invece molto anziana, ma parecchio arzilla! Un po’ come…
“Nonna!” Esclamò Viola, notandola finalmente, una cosina fragile fragile arrampicata in cima alla ressa di fanciulle.
“ Viola! E’ il cielo che ti manda! Vieni ad aiutarmi con queste selvagge!” Sbraitò lei, menando con il bastone a destra e a sinistra.
“Ma nonna, cosa fai?” La disgraziata nipotina si mise le mani nei capelli, mentre finalmente Nonna Dea sfondò la barriera umana e si precipitò nel negozio, affrontando ferocemente la rissa che ancora l’attendeva e posando sul bancone del proprietario qualche sudato, vecchio spicciolo.
“Una barretta per me!” Ringhiò, con toni che non ammettevano replica. Fu immediatamente accontentata, ed uscì trionfante dal negozio. “Guarda, Viola!”
Quale Viola? Forse quella fanciulla, quella che tentava di mimetizzarsi con la casa alle sue spalle, sperando che nessuno s’accorgesse che conosceva la pazza armata di bastone? Sì, proprio lei.
Nonna Dea, dimentica dell’età e degli acciacchi, le si avvicinò saltellante, ebbra di felicità, e le porse la tavoletta di Cioccocremoso Rosa.
“Ecco qua! Buon compleanno!” Annunciò, mettendole la barretta in mano e baciandola con caloroso affetto.
“Questa…” Azzardò lei, non afferrando la cioccolata, ma anzi fissandola con aria sconvolta.
“Buon compleanno!” Insistette l’altra, schiacciandogliela ancora di più sul palmo.
“Questo… è il mio regalo…? E… e il cappello?”
“Cappello!” Urlò la vecchietta, lasciando il cioccolato così che lei fosse costretta ad afferrarlo ed accettarlo. “Non si acchiappa un marito miliardario comprando un cappello!”
“Sì, ma non si acchiappa manco una sinusite, con un cappello…”
“Viola… sbaglio o non sembri contenta del mio generoso regalo di compleanno?” Nonna Dea si oscurò in volto. Non era un bene. Quando nonna Dea si oscurava a quel modo, non era mai un bene per nessuno.
“S… sono felicissima, nonna! In fondo… beh… viene dal cuore, no?” L’abbracciò forte, paurosa di rompere quella vecchia struttura in ossa, senza badare all’ambulanza che era corsa a soccorrere la povera ragazzina che aveva dovuto vedersela direttamente con il bastone di nonna Dea. “E anche se non vinceremo… beh, ci riempiremo lo stomaco, no?” Si apprestò ad aprire la tavoletta, ma immediatamente Dea la fermò.
“Non qui! Vieni!” L’afferrò il braccio, tirandola. “Devi aprirlo davanti alla fabbrica! Porta fortuna, secondo me!”
“Va bene, come preferisci…” Viola fece una faccia benignamente rassegnata, lasciandosi trainare, mentre una o due barelle venivano issate sull’ambulanza.

“Però… non facciamoci troppe illusioni, eh?” Domandò con gentilezza Viola, inebriata dai profumi che il dannato vento raccoglieva e trasportava sino al grande cancello in ferro battuto. Dietro esso, l’enorme amplesso della fabbrica riusciva persino ad oscurare il cielo.
“Illusioni? Quali illusioni? Io sono certa, non illusa!” Nonna Dea la squadrò, concedendole un buffetto sulla guancia. “Su, aprilo! Trova quel biglietto e non parliamone più!”
Viola sospirò. Gli anni avevano influito sulla mente della nonna, e ciò era evidente: era convinta di trovare un biglietto solo perché l’aveva trascinata alle otto di sera ad aprire una barretta davanti alla fabbrica! Beh, ma che le costava farla contenta? Più che altro, il suo cuore avrebbe tremato di dispiacere, nel vedere la delusione in quegli anziani occhi.
“Nonna… ehm… so che sei certa, ma metti il caso che non lo troviamo…”
“Se non lo troviamo…” Nonna Dea considerò l’idea, ma non rispose. Afferrò una delle sbarre del cancello, e la smosse con tutta la sua forza. “Dieci uomini dovrebbero bastare, credo…” Borbottò. Infine, con un sorriso che tutto aveva di folle, rispose alla nipote: “Oh beh… un piano alternativo lo si trova sempre, no?”
“Nonna!”
“Quante storie! Apri il cioccolato!”
Lentamente, afferrò la carta dai colori sgargianti, e tirò. Tirò, strappandola pian piano, svelando il nero contenuto… e Niente. Non c’era nulla di nulla; solo i quadratini di dolce che si lasciavano ammirare, pronti per essere divorati.
“Ecco… hai visto? Non avevamo probabilità di…” Ma s’interruppe. Sua nonna, la cui altezza era stata ridotta dall’età, fissava la barretta dal basso verso l’alto con un’espressione a dir poco sorprendente. Ma cosa…?
Quasi fosse un sogno, uno di quei sogno in cui si è costretti a fare le cose al rallentatore, con il cuore che ti martella in gola a velocità massima, lei voltò la barretta. Sotto, nascosto alla sua vista dalla bontà della cioccolata, stava un tagliandino d’oro, che brillava come di luce propria sotto i lampioni della sera.
“Oh… Dio…” Riaprì la bocca, ma poi la richiuse. Non era possibile, non era assolutamente possibile…
“IL TAGLIANDO!” Sua nonna impazzi letteralmente, svolazzando qua e là ed urlando. “Eccolo! Eccolo, il tagliando! SIIII!”
“Ma…?” Ricordò gli altri vincitori, quella schiera di eletti nella quale era appena stata sbattuta con malagrazia. Ricordò tutti i soldi spesi dalla folla in quella ricerca spaventosa. “Nonna! Smettila di saltare, nonna! Dobbiamo venderlo, subito!”
“Venderlo? Sei pazza!” Lei si bloccò all’istante, la bocca piegata in un sorriso dubbioso: non aveva ancora capito se la nipote voleva scherzare o meno.
“Non so pazza: sai quanti soldi può valere? Se lo vendiamo, smetteremo di soffrire la fame…”
“Fame! Prima o poi la fame tornerà, sai? Se invece…” Gli occhi le brillarono. “Se invece sposi il miliardario, sei a posto per la vita!”
“Sposare, chi? Io non…”
“Viola, ascoltami bene: se non ti presenterai alla fabbrica con quel tuo biglietto, io non ti rivolgerò MAI più la parola! E’ questo che vuoi?”
Viola abbassò il capo, con rassegnazione. Certe volte bisogna proprio dare ragione ai vecchi, senza fiatare.

   
 
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