Questa è la storia di Amore, il bel dio immortale, che s’innamorò di un'umana qualunque, andando contro le regole che vietavano agli dei del cielo di intrattenere relazioni profonde con gli umani. Ebbene, Amore era un bellissimo uomo: lunghi capelli biondi che gli arrivavano sino le spalle, occhi azzurri come il cielo privo di nuvole. La sua pelle era candida come quella di un bambino, morbida e fresca come il petalo di un fiore bagnato di gocce di rugiada. Egli, in quanto dio immortale, manteneva sempre lo stesso aspetto di un giovane di venticinque anni.
Con
il suo
amico Fascino, molto spesso girava
per le strade delle città popolate dagli umani
"perché su, nel suo mondo,
il tempo scorreva infinito, e Noia,
cupa signora solitaria, regnava sovrana" e con questa scusa prendevano
il loro
adorato cavallo nero e scendevano giù, nelle
città. Il dio amava andare in giro
a guardare le bellezze della vita umana: si perdeva ad annusare i
profumi del paese,
del pane appena sfornato e dei mille colori del paese. La sua bellezza
attirava
sempre giovani fanciulle che, avvicinandosi a lui, lo volevano
conoscere. Ed
egli accettava, di buon grado.
Ma non c'era sentimento profondo quando rideva e parlava con loro.
Non vi era amore, nello sguardo che a esse rivolgeva quando
s’isolavano, in una
stanza, da soli.
Per lui esisteva solo divertimento. Per dimenticare la monotonia
dell'immortalità.
E continuava così: una, due, tre donne. Tutte sedotte e
usate per un misero
attimo di fuga dalla realtà.
Divertimento.
Feste.
Amori e momenti fugaci solo per appagare il bisogno fisico di avere
qualcuno al
proprio fianco.
Il giovane dio passava così le sue giornate. Le giovani che
lo conoscevano
continuavano a sperare che lui si innamorasse di una di loro, ma Amore,
puntualmente, rispondeva con le stesse parole: << E'
impossibile far
innamorare un dio immortale, sapete mie care? >>
<< Ma tu sei Amore! >> protestavano loro,
rosse in viso << come
puoi professare nel mondo tale nobile sentimento, se tu non l'hai mai
provato?
>> e allora lui sorrideva, un'ombra di dolore
attraversava i suoi limpidi
occhi: << Oh, è così inutile
l’amore. E' vero adorate fanciulle, non
dovrei dirlo io che lo professo, ma è così che la
penso: l'amore non esiste.
>>
Mostrava spavalderia nell'affermarlo, ma chi osservava bene, poteva notare un lampo di tristezza in quegli occhi così azzurri da sembrare innaturali. Sfortunatamente di tutte quelle giovani, nessuna mai se ne accorgeva e allora il dio faceva sempre la figura del superficiale, che poi, forse, un poco lo era.
Solo una volta a questa sua frase una donna gli rispose. Lei disse che era sciocco. E che gli immortali le facevano tristezza.
A
queste affermazioni
il sorriso all'apparenza triste del dio scomparve, lasciando spazio a
un ghigno
di divertimento misto a rabbia: come si permetteva quell'insulsa
mortale, di
giudicarlo così aspramente?! << Oh, e
perché mai dici questo, giovane
fanciulla? >> le chiese cercando di nascondere la sua
curiosità dietro ad
un tono freddo e scostante. Forse sperava di intimidirla, ma
così non fu,
infatti la giovane lo guardò, uno sguardo duro e pieno
d'orgoglio il suo, e gli
rispose fermamente:<< Gli immortali mi fanno tristezza
>> ripeté la
giovane fanciulla dai biondi capelli.
<< Perché mai? >> chiese
nuovamente Amore, che iniziava a
infastidirsi davvero dei modi di quella giovane donna umana.
<< Perché sono da soli. Conoscono molte
persone, certo. Vivono innumerevoli
avventure, ovviamente. Viaggiano, vedono e fanno tantissime cose. Ma
tutto
superficialmente. Anche con le persone è così.
Una conoscenza superficiale. Non
si cerca mai di avere un rapporto più profondo con questa o
quella persona. Le
amicizie... gli amori (se così vogliamo chiamarli)... E'
tutto così irreale. E'
la ricerca di un attimo di
felicità che, si sa, non durerà a lungo. Gli
immortali non si affezionano mai
veramente. Vivono come vogliono, cercando di non legarsi a nessuno...
forse
perché sanno che presto o tardi, coloro che gli stanno
attorno moriranno.
Mentre loro continueranno a vivere. Deve essere così doloroso. Vedere morire tutte le persone
che si conoscono. Forse
non si legano per questo.
Per non soffrire. La loro
è
un'esistenza … così
triste. E' come
se fossero obbligati da una forza esterna a non avere legame alcuno.
>>
Le parole della ragazza, dette con così tanta
sincerità, mantenendo tuttavia
quel tono così duro, colpirono profondamente il dio che
tuttavia, per orgoglio
cercò di non darlo a vedere: "Hai ragione" voleva dire il
suo animo,
così a lungo sofferente, invece decise di proseguire per la
strada che aveva
deciso di intraprendere e, guardandola ancor più freddamente
le rispose
sicuro:<< Io conosco un sacco di persone >>
affermò, ma non ne era convinto
nemmeno lui, e la giovane sembrò accorgersene,
perché chiese:<< Sì ma
quante persone puoi dire di conoscere veramente? >>
touché. Il Dio
sbruffone rimase in silenzio e abbassò anche la testa: aveva
perso.
<< Appunto. >> Sentì dire dalla ragazza. Ma non vi era derisione, nel suo tono di voce. Solo una traccia appena accennata di... malinconia? Per la prima volta Amore volle conoscere più a fondo una creatura umana. Per curiosità verso quell'unico individuo che era stato in grado di farlo crollare con semplici e banali parole.
Sì, per la prima volta da quando esisteva, provava curiosità verso qualcun altro. Alzò dunque la testa verso il luogo in cui fino a poco fa si trovava quella creatura ma, stupore, lei non era più in quel posto: per sua fortuna non si era ancora allontanata eccessivamente e quindi il giovane dio poté raggiungerla. << Aspetta! >> le urlò, un poco impacciato, poiché non era sua abitudine correre dietro alle donne (semmai era il contrario) << Oh, sei tu. >> rispose ella, semplicemente.
Ma ancora una volta non vi era traccia di curiosità o di bontà, nella sua dura voce.
Anche
il suo
sguardo non rifletteva alcuna dolcezza. Sì, quella donna
umana lo incuriosiva
oltre ogni dire. Forse proprio per il suo atteggiamento così
diverso rispetto a
quello tenuto dalle altre fanciulle, forse per le sue parole...
chissà. Fatto
sta che un nuovo sentimento si stava facendo strada in lui, anche se,
ovviamente, il dio l'avrebbe scoperto solo molto tempo
dopo.<< Mai
nessuna ragazza prima d'ora mi aveva risposto così come tu
hai fatto oggi.
Dimmi qual é il tuo nome? >> <<
... >> lo guardò scettica,
scrutandolo. E i suoi occhi verdi sembravano studiare il suo animo,
alla
ricerca di chissà cosa. Il suo silenzio durò a
lungo e il dio non era molto
paziente: << Allora? >> le disse piano,
avvicinandosi a lei fino a
essere a pochi centimetri dal suo viso. Forse credeva che avrebbe
finalmente
ceduto davanti al suo fascino, ma la reazione della giovane lo
stupì
nuovamente.
Ella lo scostò leggermente e si congedò con un
<< Ora devo andare. Addio.
>>
Rimase sconcertato dalla reazione di quella fanciulla che tanto
malamente lo
trattava. "Si sta prendendo gioco di me" si ritrovò a
pensare
"vuole giocare con la mia pazienza" questi pensieri si facevano largo
nella sua testa, mentre la calma veniva meno e la rabbia iniziava a
ribollire
nelle sue vene: << Non posso lasciarla andare!
>>.
Era una sfida, ora. Quella donna tanto impudente l'aveva sfidato e giocava con lui, col suo desiderio di conoscerla. Non poteva, non doveva in alcun modo fargliela passare liscia. Quella creatura così incurante dei ranghi e dell'importanza degli dei, quella donna così dannatamente attraente che in modo così diretto si era disinteressata a lui, doveva pagarla. Mai, mai alcuna mortale aveva osato tanto, mai nessuno l'aveva trattato in questo modo!
Oh, come si sentiva ferito nell'orgoglio il giovane dio, che pensava che tutti gli esseri umani cadessero ai suoi piedi al semplice schioccar di dita.
Oh,
come si
sbagliava. << Non è finita qui.
>> Sibilò tra i denti e poi sparì.
La ritrovò alcuni giorni dopo, mentre passeggiava per le vie
della cittadina.
Era pomeriggio e il sole splendeva alto nel cielo, il vociare allegro dei mercanti in piazza riempiva l'atmosfera e ovunque si potevano vedere sgargianti colori e bellissimi prodotti in vendita. La vide davanti ad un bancone, mentre rimirava deliziata una pregiata stoffa, finemente ricamata. Decise quindi di avvicinarsi un poco, ma non troppo: non voleva che quella creatura della quale ancora ignorava il nome se ne andasse come l'ultima volta. << Quanto costa questa stoffa? >> Le sentì chiedere al mercante, che la guardò come fosse una cosa di poco conto. << Troppo, per te. >> rispose la voce roca del mercante che detto questo le tolse dalle mani il fine tessuto, segno che per lei, ogni possibilità di trattativa era impossibile << Vattene a lavorare, donna. >> la cacciò poi con un ampio gesto della mano.
Il
giovane
dio allora guardò la giovane, per vederne la reazione a
tanta maleducazione e
si scoprì infastidito, quando vide la tristezza nei suoi
occhi. La vide andare
via e, dopo che lei fu abbastanza lontana da non vedere nulla, si
avvicinò al
mercante che poco fa, l'aveva trattata così malamente e
comprò quella stoffa. Poi
si volse e corse via, stando ben attento a non rovinare il prodotto
appena
acquistato: "Perché ho comprato un dono tanto costoso per
una donna della
quale non conosco neppure il nome?" si chiedeva, mentre correva e
correva,
cercandola per tutte le vie del paese.
Fino a quando... "eccola!": la vide mentre sorpassava l'entrata ai
giardini, con due rapide falcate la raggiunse, ma come salutarla, non
conoscendone neppure il nome? << Ragazza!
>> Sì, questo era l'unico
modo per farla voltare verso quella voce che, lei se lo sentiva, la
stava
chiamando. E quando gli occhi verdi di lei si posarono sulla sua
figura, il
cuore di Amore saltò, senza che lui ne comprendesse il
motivo.
<< Oh, sei tu … >> rispose semplicemente lei, con quel suo tono così duro che tanto contrastava in un corpicino così esile ai suoi occhi di dio onnipotente e immortale.
Lo avvertiva.
Tutto il distacco che quella fanciulla riversava nelle sue poche parole, e leggeva anche un certo disprezzo, nei suoi occhi. Ma il giovane dio capì che non gli interessava, poiché lei l'aveva incuriosito subito, dal primo momento, con le sue parole e i sui gesti così diversi da quelli cui era abituato.
Ed era bella.
Oh, se era bella.
Da togliere il fiato.
Si avvicinò, ma non troppo, non voleva che quella piccola fanciulla fuggisse ancora da lui. No questa volta voleva parlarle. Capire perché era così distaccata, comprendere il motivo di tutto questo... odio nei suoi confronti.
Voleva capire. Non era mai successo con
nessun altro essere umano. Per lui rappresentavano solo passatempi.
Niente
d'altro. La curiosità
era cosa
nuova, che mai aveva sperimentato il suo giovane cuore.
<< Hai bisogno di qualcosa? >> interruppe i
suoi nascosti pensieri,
lei. E lui la guardò, domandandosi se quell'essere fosse
cosciente del fascino
che stava esercitando su di lui.
<< Sto aspettando >> No, probabilmente non ne era consapevole.
Era dunque una cosa non voluta, la sua? Quest’attrazione (che non gli veniva da definire puramente fisica) era una cosa che andava contro natura? Non lo faceva apposta, per attirarlo a sé, nella speranza di farlo suo, come già gli era capitato con altre ragazze (oh, le donne... erano esseri subdoli, certo. Per questo lui non s’innamorava mai. A tutte interessava l'immortalità, non certo lui.)
No, con lei era diverso. Lo sentiva.
Perché lei era diversa.
E per questo la incuriosiva non poco.
Ma come spiegarle che le aveva comprato una costosissima stoffa solo per veder affiorare un sorriso o per sentire un tono più dolce nella voce di una fanciulla che nemmeno conosceva?
<< Cos'è quella? >> lo interruppe di nuovo lei, probabilmente stufa di essere fissata, come in trans, dal dio.
<< Ecco... è un tessuto. Ho visto che prima lo stavi osservando e ho deciso di prendertelo. >> le disse, osservandola bene, nella speranza di captare una scintilla di felicità.
Ma quella non arrivò.
Al contrario di ogni aspettativa, la sua espressione, da prima semplicemente dura, mutò rapidamente fino a diventare la manifestazione della rabbia: << Tu! tu divinità! Pensi di comprarmi con i tuoi doni? Pensi forse di ingraziarti la mia amicizia, semplicemente con beni materiali? Siete tutti così superficiali! Odio le divinità! >> E urlando questo si pulì furiosamente gli occhi dai quali, il dio le vide, iniziarono a sgorgare le prime lacrime. Ella fece poi per scappare, ma Amore decise che era stanco di rincorrerla per tentar di comprendere il suo comportamento e la prese, delicatamente e senza stringere eccessivamente, per il suo esile polso, impedendole ogni via di fuga.
<< LASCIAMI! >> urlava lei mentre si dibatteva, ma stranamente anziché arrabbiarsi, il giovane la guardò tristemente e le chiese il motivo di tutto il suo odio.
Odio insensato, a suo avviso.
Odio motivato, a detta della giovane.
<< Voi divinità siete tutte così! Pensate che basti qualche regalino, qualche bella parola per tenere buoni noi mortali, per far sì che non giungano lamentele contro di voi. Ci riempite di doni e favori per farci star tranquilli, ma l'unica cosa che volete è che i vostri animaletti stiano buoni. La verità è che per voi siamo solo dei giocattoli che usate quando non sapete che fare e che poi buttate via non appena ne siete stanchi, per poi sostituirli con qualcun altro, magari più bello e giovane! Io vi odio! Vi odio! >> e ora le lacrime che prima con tanto ardore stava cercando di nascondere (per orgoglio, forse) presero a scorrere libere dai suoi occhi, fino a lasciare trasparenti scie sulle guancie e poi giù, fino
al terreno, bagnandolo.
Vedendo quegli occhi lucidi e quelle guancie arrossate, il Dio allentò la presa al polso della ragazza, mentre un irrefrenabile impulso si fece strada in lui: il desiderio di abbracciare una donna, senza poi fare altro.
Solo abbracciarla, per farle capire che poteva sfogarsi, che lui l'avrebbe ascoltata.
La lasciò andare, comunque, convinto che se ne sarebbe andata; ma al contrario delle sue aspettative, ella rimase lì, in piedi.
A piangere.
A liberare mille lacrime, come se non aspettasse altro che un pretesto per lasciarsi andare e liberare tutto il suo dolore.
"Che cosa può esserle mai accaduto di così tremendo, da farle odiare così un dio?" si chiedeva Amore, mentre guardava quella creatura ai suoi occhi ora così fragile, piangere.
Ma il dio, che in altre occasioni si sarebbe offeso, in quel mentre non ci fece caso.
Come guidato da una forza mistica, si avvicinò a lei, allargando le braccia e accogliendola tra di esse.
Un sussulto quello della giovane fanciulla, quando si rese conto di essere tra le braccia di un uomo. Di un dio.
E allora furiosamente riprese a dibattersi, tremando e urlando di lasciarla andare, mentre le lacrime continuavano a sgorgare, incapaci di fermarsi.
<< Basta! >> esclamò a un certo punto il ragazzo che era stanco del comportamento così strano di quella fanciulla. E a sentire la voce così ferma e risoluta del dio, lei si bloccò, un braccio alzato, pronto a calare su di lui, per picchiarlo. Lo guardò negli occhi, imponendosi di non piangere più, perché non voleva mostrarsi debole.
Non di fronte a qualcuno che poteva approfittarne a suo piacimento.
<< Ho desiderato regalarti quella stoffa perché volevo vederti felice. Di solito non faccio regali alle persone, per il semplice fatto che non m’importa più di tanto. Ma con te è diverso. Anche se ancora non ne ho capito il motivo. Ma come faccio a comprendere l’origine di questa attrazione che sento, se tu mi urli in faccia? Come faccio a capire se ho fatto qualcosa di male, se tu mi insulti e piangi? >> le disse, addolcendo il tono. << Spiegami. Perché dici di odiare gli dei? >> e la vide abbassare il braccio piano, fino a lasciarlo cadere lungo i fianchi, per poi guardarlo e successivamente abbassare lo sguardo, triste. << Non mi capiresti … >> sussurrò ella, in modo così lieve e basso, che lui dovette avvicinarsi a lei, per sentirla. << Se non me ne dai nemmeno l'opportunità, non lo saprai mai. >> tentò egli continuando a squadrarla "E' davvero bella. Anche ora che ha il viso arrossato e rigato dalle lacrime" si ritrovò a pensare nuovamente il dio, per poi scuotere lievemente la testa e attendere una parola, un cenno, un qualsiasi gesto da parte della ragazza.
Gesto che non arrivò.
Sembrava che la fanciulla si fosse chiusa in un ostinato silenzio, mentre il suo bel viso si corrucciava e chiudeva gli occhi, come se stesse cercando di riportare a galla eventi dolorosi.
Aspettò
in
silenzio, Amore, che tanto non aveva fretta (e non voleva
mettergliene). Ma più
il tempo passava, più ella stava muta e più la
pazienza del dio veniva meno:
<< Facciamo così >> le disse
dolcemente, perché di trattare male e
bruscamente quella creatura, proprio non se la sentiva <<
Non sei
obbligata a dirmi nulla. Ma se mai ne vorrai parlare, dovrai solo
chiamarmi. Io
arriverò da te subito. Ok? >> e detto questo
si girò, dandole le spalle,
pronto per allontanarsi. Ma non appena fece il primo passo per
andarsene, la
sua voce, ancora tremante, ma tuttavia così bella, e
sopratutto quello che
disse, lo bloccò e lo fece girare piano, verso di lei, che
ancora teneva la
testa bassa.
<< Hanno abusato di me. >>
<< Chi? Chi è stato a fare un gesto tanto deplorevole? >> le chiese, il tono dapprima dolce che ora tradiva una certa ansia e la rabbia nel venire a conoscenza di una cosa simile.
Chi aveva osato? Chi aveva osato sporcare quella candida fanciulla?
Chi aveva potuto essere così crudele, nei suoi confronti?
Non trovando risposta fece per chiederlo direttamente a lei, che lo precedette:<< Delle divinità. Era il tramonto e io stavo tornando a casa dopo una giornata di lavoro, quando loro mi si avvicinarono. Iniziarono a parlarmi, dapprima gentilmente, offrendomi aiuto nel portare il pesante carico che stavo trasportando. Poi i loro discorsi si fecero più cattivi. E le loro mani.... mi presero di peso, portandomi in un vicolo buio, lontano da occhi indiscreti e lì... loro... >> un sussulto più forte degli altri la obbligò ad interrompere il racconto. Lo sguardo del dio stava diventando furente. La fanciulla cercò di calmare il tremore che si stava nuovamente impossessando di lei e riprese il suo discorso: << mentre mi toccavano mi parlavano, deridendomi. Dissero che io, in quanto debole umana, ero nata solo per soddisfare i loro desideri, e che invece di piangere dovevo esser grata loro, perché mi stavano dedicando il loro prezioso tem … >> ma non fece in tempo a finire la frase che ella si ritrovò nuovamente tra le braccia calde del giovane dio, ora furente.
Ma non urlò né si dimenò, questa volta.
Al contrario rimase lì buona, a farsi carezzare i capelli. << Troverò il modo di punirli. >> Disse ad un certo punto il dio, rompendo così il silenzio che prima era interrotto solo dai deboli singhiozzi della giovane, che ora alzò la testa, per guardarlo meglio e scorgere la rabbia nei suoi giovani occhi.
Ma non era rabbia verso di lei. Era collera verso... gli dei?
Un dio era arrabbiato, voleva punire i suoi stessi compagni? << Li punirò per averti fatto del male. >> Li voleva punire... per lei? Vide la risoluzione nei suoi occhi. Non capì per quale motivo un dio si interessava tanto della vita di un'umana, ma questo non le importò. Le parole, il semplice averla ascoltata, al contrario di tutti gli altri, che invece l'avevano derisa, dicendole con parole di scherno, che lei si era inventata tutto, perché gli dei erano buoni e clementi. Sbatté un paio di volte gli occhi, guardandolo mentre ancora continuava a mormorare e prometterle che li avrebbe trovati e puniti e sorridendo impercettibilmente gli si accoccolò contro, gesto che interruppe all'istante i pensieri del dio.
<< Mi abbracci? >> le chiese, sorpreso.
<< Sì. >> fu la semplice risposta.
<< Per quale motivo ora mi abbracci, se prima invece mi tiravi pugni e urlavi parole d'odio? >> la rabbia verso gli dei era ancora presente nel suo animo, ma ora stava subentrando ancora una volta la curiosità.
<< Pensavo fossi come le altre divinità. Frivolo. Superficiale. Egoista. >>
<< E ora hai cambiato idea? >> le chiese ancora, azzardando una carezza sulla sua bionda nuca.
<< Sì. Perché sei rimasto ad ascoltarmi, invece di andartene via dandomi della "sciocca mocciosa" come invece fanno molti altri. Una persona superficiale... si interessa forse dello stato d'animo di una sconosciuta? >> fu il suo turno di chiedere al dio, ma questa, più che domanda, era una affermazione.
Gli stava dando fiducia.
A lui.
E questo lo fece sentire... bene.
<< Se ti abbraccio...mi manderai via? >> Chiese ancora, un poco titubante, come un giovane inesperto che deve gestire la sua prima cotta. "Stupido" lo ammonisce il suo cervello "sei il dio dell'amore, hai sempre avuto schiere di donne con te, cos'è tutta questa insicurezza, tutta questa carineria che di certo non ti appartiene?" "Con lei è diverso. Non so perché. Ma lo sento." Si rispose il dio, dandosi subito dopo dell'idiota, perché non solo parlava da solo, ma si rispondeva pure.
Un' ulteriore stretta di braccia attorno alla sua vita risposero alla sua domanda. << Non ti farò mai del male. Te lo prometto. >> e detto questo la strinse ancor di più a sé, accarezzandole la testa e perdendosi nel suo profumo.
E quello fu l'inizio di una splendida amicizia destinata a divenire qualcosa di più profondo.