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Autore: Appleeatyou    13/09/2010    1 recensioni
Non puoi fare in modo che non gli capiti mai niente, dovrebbe non fare mai niente… sai che noia, povero Sergio! [Dori, tratto da Finding Nemo]
Questa storia ha partecipato all'ottava edizione dell' Original concorsi di Eylis, con la traccia "La stazione... e il Drago"
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Grazie a chi ha commentato il primo capitolo della mia storia. Grazie a chi l'ha inserita in preferiti/da seguire/da ricordare.

Quello che segue è la seconda parte della storia, alla quale è unito anche una specie di intermezzo che potremmo chiamare "Ritorno alla normalità".

Vi manca solo un capitolo, e poi la storia sarà conclusa. Che altro dire...?

Buona lettura <3







2. Seconda Manches [Secondo Turno]

 

 

La rivelazione ebbe il potere di riscuotere Cyndia dalla nebbia di incredulità che fino a quel momento l’aveva avvolta. Guardò per qualche istante ancora il brutto corpo squamoso del rettile, poi scattò verso destra e corse verso il treno.

 

Devo andarmene da qui, pensò mentre correva lungo tutto il treno fino alle porte: stranamente, ora le era bastato fare una decina di passi concitati per raggiungerlo, e distrattamente rifletté che forse era stato proprio il Drago, prima, ad impedirle di avvicinarsi.

 

C’era uno stupendo sole luminoso fuori, fulgido e brillante e meravigliosamente calmo. Anche la Stazione sembrava più recente: i muri non erano più di pietra grezza, come quella della statua-Drago, ma erano fatti di bei mattoncini bianchi di granito o marmo e, man mano che arrivava alle porte del treno, la perplessità circa la scelta dei materiali per costruire la Stazione l’abbandonò.

 

Tutto appare migliore guardandolo da un treno, si disse la ragazza. Dove aveva sentito quella citazione? Era un aforisma preso da qualche biscotto della fortuna, forse…

 

Andiamo. Fuggiamo via insieme.

 

Era a pochi metri dalla porta del treno, quando quella voce dolce le parlò nel cervello, invitandola a salire sul treno. Stavolta non si sbagliò, e non la confuse con la proposta di qualche persona intorno a lei; la voce aveva parlato non al suo orecchio, ma direttamente dentro, come se una donna avesse avuto il ticchio di farle una proposta indecente e le avesse sussurrato quelle parole con le labbra attaccate al padiglione auricolare.

 

Cyndia girò il capo verso destra, dal lato della Stazione, trovandosi di fronte nuovamente la colonna e il suo irritante residente.

 

Sorpresa sorpresa, come no.

 

Il Drago le rivolse un sorriso di scuse, che più che rabbonirla la inorridì –“ Finché non varchi quella porta, sei sotto la mia responsabilità.”-

 

-“ Sei stato tu a parlare?”-

 

Il rettile la fissò per qualche secondo, poi i suoi occhi si socchiusero –“ No. Se hai sentito qualcosa tipo Oh, mettiamo via tutto e andiamocene è stata quella stronza.”-

 

Cyndia non si sorprese affatto: che diavolo, in ogni film che si rispetti c’era sempre la parte buona e la controparte cattiva, che si spalleggiavano il povero malcapitato di turno [Ovvero, lei] . Come dei moderni Humprey Bogart e Nadia nella commedia Provaci ancora, Sam.

 

Fantastico. Ricordava film, commedie e lanzichenecchi vari, ma non che le capitasse di venire a capo della sua identità.  Ovviante così sarebbe stato troppo facile, nevvero?

 

Meglio non sapere, non credi?, sussurrò di nuovo la voce…. E Cyndia non seppe se darle ragione o meno. Non sapere voleva dire non soffrire, in fondo. E il non soffrire era stato uno dei dieci comandamenti di sua madre, seguito a ruota da non esporti troppo al prossimo per arrivare a pensa prima a te stesso.

 

Sì, la sua non era stata affatto una madre ideale, anche se neanche la peggiore. Semplicemente, era stata una donna-ombra, che l’aveva accudita e poi era sparita di nuovo, come…

 

Un momento, pensò la ragazza. Aspetta un fottuto momento. Io sto ricordando…

 

Era vero. Stava ricordando di sua madre, e ora che rifletteva ricordava anche  altri particolari. Come per esempio il fatto di aver scoperto di essere incinta solo al terzo mese, per esempio. O di come il parto era filato tutt’altro che liscio, e che era… era…

 

Scacciò con forza quel pensiero, scacciò con forza tutti i ricordi. Meglio-non-sapere.

 

-“ Ecco che ritorna la cara vecchia Cyndia spaventata dal mondo.”- disse allora il Drago, e solo allora lei si rese conto che era ancora vicino alle porte del treno. Alzò lo sguardo verso la statua, negli occhi una muta preghiera.

 

Il Drago non si impietosì per nulla, anzi. Se possibile, il sorriso di pietra si fece ancora più grottesco e crudele –“ In fondo devi ringraziare tu madre per come sei ora. Tu hai sempre scelto di giocare nel lato più sicuro della strada, vero? Così da non rimanere ferita. Peccato che ti sia negata un sacco di esperienze belle, solo perché avevi paura degli altri.”-

 

-“ Io…”-

 

-“ Ma questo non giustifica la tua vigliaccheria!”- esplose allora la statua con veemenza. –“ Tu hai volontariamente scelto di essere sempre al sicuro, di non fare mai niente affinché non ti succedesse mai niente.”-

 

-“ Cosa avrei dovuto fare?”- implorò allora la ragazza, mentre i suoi occhi diventavano umidi e lucidi –“ Io sono stata cresciuta così, io… non è colpa mia! Sono così!”-

 

Brava, disse allora la voce. Continua a ripeterlo, convinci prima di tutto te stessa. E sali su quel treno.

 

-“ Lascia perdere quello che ti sta dicendo la Stazione!”- gridò allora il Drago. –“ Fai la tua scelta una volta per tutte, ma per l’amor del Cielo piantala di mentire a te stessa!”-

 

Cyndia ricacciò indietro le lacrime, mentre altri ricordi si affollavano nella sua mente senza che lei potesse farci nulla. Ricordava quanto, nonostante tutto, fosse stata contenta di essere rimasta incinta. Quanto amava quel bambino che era dentro di lei, come gli avrebbe insegnato ad essere una persona forte, migliore di lei e di sua madre. Ma, ancora una volta, il suo animo di coniglio aveva avuto il sopravvento, e alla prima difficoltà aveva abbandonato tutto ed aveva fatto i bagagli mentali.

 

Per non rimanere ferita di nuovo.

 

-“ Cos’è questo, allora? Dove sono? Cosa è successo?”- mormorò lei a bassa voce.

 

-“ Lo sai.”- tagliò corto il Drago. –“ E anche se non ricordassi, potresti intuirlo facilmente.”-

 

C’erano state complicazioni durante il parto, questo lo sapeva. Ma cosa era successo a suo figlio? Era vivo? Era salvo, almeno lui? E cosa era successo a lei?

 

Lascia stare. Lascia stare tutto, e parti!

 

Era una buona idea, un’ottima idea a dirla tutta, ma se non l’avesse fatto? Quale alternativa c’era?

 

-“ Direi tornare indietro, no?”- disse allora il Drago con tono di voce annoiato.

 

Cyndia abbassò il capo, lanciando brevi occhiate al treno e alla statua. Stava prendendo una decisone difficile, molto difficile, e per la prima volta in vita sua avrebbe giocato a carte scoperte.

 

Con una nuova calma ritrovata, si rivolse al Drago –“ Dove sono?”-

 

-“ Nel limbo.”- rispose lui.

 

-“ Chi sei tu?”-

 

La statua si strinse nelle spalle –“ Semplicemente qualcuno che voleva vederti fare la scelta giusta.”-

 

-“ E chi mi vuole convincere del contrario?”-

 

-“ La Stazione.”-

 

Cyndia alzò lo sguardo verso i mattoni di granito, che stavano tornando di pietra grezza. Assieme a loro, se ne andava anche il colore e la luce di quel giorno così spendente, come se la Stazione stessa cominciasse a perdere forze man mano che lei ragionava con la sua testa.

 

-“ Dove porta il treno?”-

 

-“ Avanti.”-

 

-“ E cosa mi aspetta lì?”-

 

-“ Oh, questo non lo so.”- replicò il Drago, battendo rapido le ali ed accoccolandosi sul suo basamento –“ Forse non ti fermerai mai, se era questo che volevi. Continueresti a fuggire.”-

 

Cyndia annuì, sapendo benissimo che era quello che avrebbe tanto voluto fare, ma essendo altrettanto cosciente che il desiderio di vedere suo figlio, anche se per poco, era ancora più forte.

 

-“ Cos’hai deciso?”- chiese allora la statua.

 

Sì, cosa hai scelto?, chiese la voce della Stazione. Sembrava irritata, e Cyndia si chiese cosa sarebbe potuto accadere se la Stazione, il limbo che smistava i morti, fosse stata furiosa con lei.

 

Oh, beh… non credeva di scoprirlo tanto presto. Non ne aveva voglia, e sperava di non porsi più una domanda del genere per molti anni a venire.

 

-“ Perché loro non partono?”- chiese allora guardando i pochi vagabondi che vagavano intorno a lei,  ignorando totalmente la domanda sia del Drago che della Stazione. In ogni caso sapeva già la risposta, tanto che non attese che il Drago parlasse. –“ Loro sono come me. Anche loro hanno deciso di voler vivere ancora un poco. E sono tutti spiriti.”-

 

-“ Anime.”- la corresse bonariamente il Drago. Sorrideva, ed esattamente come la Stazione stava perdendo forze e si stava imbruttendo, allo stesso modo la statua perdeva i segni del tempo. Il muso ormai privo di graffi si avvicinò a Cyndia, mentre il collo sottile del Drago diveniva possente, e il suo corpo diveniva più grande.

 

-“ Perché una Stazione?”- era l’ultima domanda alla quale Cyndia voleva aver risposta, e con sua grande sorpresa fu la Stazione stessa a parlarle.

 

Prima di morire  hai desiderato di fuggire via dall’ospedale, disse allora in tono di voce freddo, come se assieme al colore se ne fosse andata anche la benevolenza. Non farlo, Cyndia, te ne pentirai. Devi giocare sul lato sicuro della strada, o potresti farti male…

 

Forse me ne pentirò, concesse la ragazza. Anzi, è probabile. Non si può cambiare così velocemente, e io ho ancora paura…

 

Chiuse gli occhi per un secondo, mentre l’ultimo ricordo che aveva prima di arrivare lì, quella del viso piccolo e rosso di suo figlio che strillava a pieni polmoni la sua presenza al mondo, le invase la mente. Gli voleva bene. Lo amava. E ci sarebbe stata, per lui. Per poco o tanto che ancora le rimanesse da vivere.

 

Avrebbe lottato per lui.

 

…Ma voglio tornare da mio figlio.

 

-“ Voglio tornare indietro.”- disse allora Cyndia. Il Drago le sorrise un’ultima volta, e le indicò l’uscita con uno dei lunghi artigli lucidi.

 

-“ Di là. E attenta alle gambe, sembrano un po’ debolucce.”-

 

Cyndia rise, rise per la prima volta da quando era lì, libera da paura e preoccupazioni per la prima volta da quando era diventata donna.

 

Te ne pentirai… disse la Stazione per l’ultima volta.

 

Mentre correva verso l’uscita con l’enorme insegna al neon verde e l’immagine dell’omino bianco che andava verso la salvezza, Cyndia rifletté che quell’omino poteva essere lei.

 

Aveva corso una prima volta verso il treno, fuggendo da se stessa, credendo che così si sarebbe salvata. Ma ora stava correndo nella direzione giusta, per la prima volta padrona di se stessa, ed ebbe la sensazione che in tutta la sua vita non avesse fatto altro che aspettare quel momento.

 

 

 

 

 

.Time Out. [Intervallo]

 

Era passato meno di un mese da quando Cyndia aveva aperto gli occhi nel reparto di Terapia Intensiva, ed ormai aveva recuperato abbastanza di se stessa per tornare a casa. Suo figlio stava poppando al suo seno e con i grandi occhi azzurri ogni tanto fissava la mamma, come se volesse riconoscerla. Le piccole palpebre si chiudevano, poi si aprivano di scatto e fissavano estasiati la fonte di nutrimento. Tuttavia lo sguardo tornava sempre alla mamma e vi rimaneva a lungo, come se volesse instaurare un rapporto con il viso di Cyndia.

 

-“ E’ davvero un bel bambino, sa?”- le chiese l’infermiera che le aveva portato il bambino. Era una bella donna, sui venticinque anni, con lunghi capelli scuri e occhi ugualmente neri.

 

E’ troppo giovane per essere mamma, rifletté Cyndia nonostante lei stessa avesse solo ventidue anni.

 

-“ Grazie mille. La madre invece è da buttare!”- rispose la paziente con un sorriso gentile, perfettamente cosciente di essere molto più sciupata e strapazzata rispetto a quando era entrata nell’ospedale.

 

-“ Oh, no. Non volevo dire questo.”- replicò subito l’infermiera e, anche se sembrava una frase di routine, Cyndia ebbe l’impressione che lo pensasse veramente. –“ Però suo figlio è uno dei bambini più belli che io abbia mai visto… anche se non ricordo il nome…”-

 

-“ Alessandro.”- disse Cyndia, intimamente divertita dalla svampitaggine dell’infermiera.

 

La donna annuì, anche se dall’espressione sembrasse pensare che di lì a poco l’avrebbe dimenticato di nuovo. –“ Lei sembra giovane.”- riprese allora l’infermiera –“ Riuscirà a farcela da sola?”-

 

Cyndia chiuse per un secondo gli occhi, mentre la consapevolezza di non avere rapporti né con i suoi genitori né col padre di suo figlio la invadeva a lente ondate di tristezza. Il suo ragazzo aveva dato forfait appena aveva saputo che lei era in attesa, mentre sua madre e suo padre erano morti qualche anno prima in un incidente d’auto.

 

Era sola.

 

Sei pentita?, chiese una voce dai meandri della sua mente e, nonostante lei sapesse benissimo che era solo uno scherzo crudele della sua mente, non poté trattenere un tremito.

 

Guardò il bambino: la sua pelle pallida e liscia, i suoi occhi di un azzurro limpido ed innocente, e le piccole manine che si erano raccolte attorno al suo seno…

 

Non era pentita. E soprattutto non era sola.

 

-“ Ce la farò. Credo di esserne in grado. Farò in modo che non gli capiti mai niente…”-

 

L’infermiera emise una specie di risolino –“ Non può fare in modo che non gli capiti mai niente, dovrebbe non fare mai niente… sa che noia, povero Sergio… volevo dire Alessandro!”- si corresse prontamente l’infermiera.

 

Cyndia la fissò per qualche istante, con un terribile senso di deja-vu. Poi non riuscì più a trattenersi, e scoppiò a ridere.

 

La situazione era assurda ma, nonostante tutto, non poteva dare torto all’infermiera. Chissà se c’era stato qualcuno che aveva detto a sua madre quelle stesse parole? Lei credeva di no.

 

D’altronde la sua povera madre non era stata che un albero dalla corteccia debole, che si era impedito di mettere i fiori per non attirare le api e che si era seccato ancor prima di mettere i frutti.

 

Se qualcuno si fosse interessato a lei abbastanza da dirle quelle parole, forse sarebbe stato tutto diverso. Ma Cyndia riteneva che sua madre avrebbe fatto orecchie da mercante e mai avrebbe lasciato che qualcuno le si avvicinasse tanto da riuscire a darle qualche lezione di vita.…

 

In ogni caso, era certo: non avrebbe commesso lo stesso sbaglio di colei che l’aveva messa al mondo.


Continua...


A presto con il terzo e ultimo capitolo!



E.

  
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