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Autore: Kokky    14/09/2010    3 recensioni
Un mondo parallelo e antico, popolato da vampiri che si muovono nell'ombra e umani troppo ciechi sui nemici succhiasangue. L'esercito, i positivi e gli alchimisti sono gli unici che possono proteggere l'umanità da ciò che stanno bramando i vampiri...
Un'umana insicura. Due piccoli gemelli. Un vampiro infiltrato. Una squadra di soldati. Una signora gentile e un professore lunatico. Una bella vampira e il capo. Due Dannati. L'Imperatore e i suoi figli. Una dura vampira. E chi più ne ha più ne metta!
Di carne sul fuoco ce n'è abbastanza :)
Provare per credere!
Genere: Fantasy, Sovrannaturale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Positive Blood' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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100 – L’alchimia del dolore


L’un t’éclaire avec son ardeur,
l'autre en toi met son deuil, Nature!
Ce qui dit à l’un: Sépulture!
Dit à l’autre: Vie et splendeur!


Erano le quattro precise. La notte era al suo culmine; solitamente a quell’ora regnava il silenzio, spezzato a volte dal vocio dei ricchi figli che tornavano dai loro festini, in città, e dall’alzarsi delle massaie, in campagna. Normalmente, era l’ora del sonno, dei sogni fatati, dalle fantasie intrappolate sotto il cuscino; le lenzuola tese a coprire il corpo dal buio; era l’ora dove non vi era un alito d’aria e il mondo sembrava immobile.
Logan ricordava altre notti passate insonni a leggere d’Alchimia. Aveva dieci anni e la coperta sulla testa, ma leggeva con una piccola torcia; a volte, aveva il coraggio di accendere la luce principale della stanza e iniziare a sfogliare i tomi, cercando formule, parole, memorie.
Logan si scosse dai quei pensieri e guardò i massi infuocati cadere sui vampiri. Non sentì le loro urla, aveva le orecchie tappate per le troppe grida, i timpani doloranti; Jack era stanco e si dondolava sul posto, con la spada serrata fra le dita ormai addormentate e gli occhi neri che reclamavano una brandina. L’alchimista giovane che era nella sua squadra lanciò un’altra pietra, che bruciò nell’aria, sfrigolando. Che parola scoppiettante: sfrigolare. Come la pelle dei vampiri che cedeva alle fiamme e diventava cenere... Logan ebbe un conato di vomito.
Doveva essere il sonno.
Osservò stancamente gli umani e gli “altri” scontrarsi, il sangue sgorgare dalle ferite, impiastricciare il terreno; sentì l’odore di metallo e fuoco che saliva fino a là sopra, ricordando a tutti la sofferenza di quegli istanti. Logan si chiese se, lavandosi, quell’olezzo se ne sarebbe andato via; se uccidere un non-morto cambiava il gesto stesso, l’uccidere, o se si rimaneva sempre degli assassini pagati dall’Impero; se bastava avere un obbiettivo, proteggere la gente, per giustificare lo spargimento di sangue. No, sarebbe rimasto attaccato alle loro pelli, lo percepiva addosso, incastrato tra le fessure dei denti, sulla lingua umida; era un ricordo impossibile da dimenticare: la guerra, la morte, la pena, l’ingiustizia.
Erano nel giusto, a voler difendere la vita. Si disse di sì, ma non si convinse del tutto. Allora guardò prima i vampiri, le loro fauci spalancate, le mani sporche di sangue, gli occhi rossi, quel corpo da umano che però era freddo; poi guardò Jack, che gli girava intorno, sorridendogli ogni tanto, e pensò che, anche se non fosse stato nel giusto, per lui lo era.
«Vorrei aiutare di più. Non so se reggeremo ancora per molto i vampiri», bisbigliò Logan, indicando i commilitoni con le armi alzate e il sudore che colava sui loro corpi sfibrati. «Quei... mostri possono reggere così tanto la fatica, noi no. Forse è l’ora di far entrare in azione gli altri, chi è rimasto qui, i rimasti».
Si mosse e Jack lo seguì, andarono insieme dal capitano della sezione, Logan pressò perché intervenissero.
«Voi dovete continuare a sparare fuoco. Sta facendo molte vittime», borbottò l’uomo, frettoloso.
«Non tutti gli alchimisti servono qui. Alcuni potrebbero continuare il lavoro e noi andremmo in aiuto... ho visto da qua sopra che hanno perso una quantità ingente di alchimisti, i loro compagni non hanno retto gli assalti; i vampiri sanno dove attaccare e noi potremmo rimpinguare questa mancanza», esclamò Logan, come sempre pronto a parlare come un vero capo.
Il capitano lo fissò con rassegnazione. «E sia. Porta i migliori con te. Non capisco questa voglia di morire», incominciò a lamentarsi l’uomo, ma Logan e Jack si erano già congedati nella maniera più veloce possibile.
Logan richiamò gli alchimisti più preparati e gli disse che avevano ricevuto l’ordine di intervenire direttamente in battaglia. Non pochi esultarono per la notizia.
Scesero rapidamente per il pianoro, balzando sulla sabbia nera che attutiva i loro passi concisi; si unirono a un plotone che si avvicinava al centro dello scontro, con tanto di scudi e lance pronte a perforare la pelle marmorea dei vampiri.
In quello stesso momento, Violet e il suo gruppo notarono l’avvicinarsi degli umani e colsero l’occasione per mettersi un po’ alla prova. La bimba sbuffava, indispettita da quella volontà di sopravvivenza tipica degli umani; erano così desiderosi di vincere, quasi gli facevano pena, e questo non era un sentimento che riusciva ad accettare, soprattutto dopo che aveva perso il suo orsacchiotto per uno stupido umano.
Maximilian si mosse rapido e torse la testa a un soldato distratto, spezzandogli il collo – non era la prima volta che lo faceva, ed in passato era stato umano, era stata la sua vendetta. Hassan era con loro: era abile nel maneggiare le armi e schivare i colpi e i fendenti, sapeva muoversi bene in battaglia; si abbassò e strinse nel suo abbraccio le gambe di un umano, che cadde mentre le sue ossa venivano rese poltiglia.
Il plotone a cui si erano uniti Jack e Logan si diresse verso di loro, colmando la distanza. Le palle di fuoco saettavano sopra di loro; Violet ne scansò una con facilità, e quella colpì un vampiro negativo, troppo lento per schivarla. Erano le cinque, il cielo incominciava a rischiararsi, portando con sé la vita della mattina.
Le grida coprivano la morte, l’odio respingeva la salvezza.
Molti morivano portando con sé uno di quegli odiati vampiri; tutti ingoiando parole di speranza, di luce e prosperità; perirono molti sogni, molte vite si spensero in quell’aria scura.
Da una parte, Adam continuava a stringere gole, ricordando un’umanità che aveva appena riscoperto e a cui Sofia aveva rinunciato: si chiese se ciò gli andava bene, ma non era quello il momento adatto; non erano i minuti atti a pensare quel calore che aveva provato baciandola una prima volta, desiderando il suo sangue, il suo cuore. Ora doveva trucidare – eppure non riusciva a smettere di ragionare, di rimembrare; era come se, più si sporcava le mani, più i tempi felici s’impossessavano di lui. Era vivo, immensamente, mentre leccava via il sangue da quei volti. Quasi ne ebbe pietà – anche lui! – per qualche secondo in cui gli mancò il respiro, poi affondò le unghie nella carne di un uomo e si rassegnò all’idea che stava solo mentendo a se stesso: era quello il suo posto. L’odio dominava. Ma nel suo cuore vi era spazio anche per l’amore.
Sofia, da un’altra parte, sembrava piangere – non poteva più ed era da tanto tempo che non lo faceva, neanche da umana – e uccidere persone al tempo stesso. Ogni viso che scivolava nel buio a causa sua, le chiedeva perché avesse rimosso quanto l’amava sua madre e quanto sarebbe stata felice se avesse avuto il coraggio di andare avanti. Ma l’aveva fatto, ringhiava; aveva scelto colui che non l’avrebbe mai lasciata, un immortale – un amore che era vero, nonostante tutto, nonostante il suo scetticismo; un pensiero a cui aggrapparsi in quel caos di morte e sangue, dove si rischiava di perdere se stessi. Continuava a massacrare soldati; nel cuore, aveva la sensazione di completezza che Adam le aveva donato un giorno, distrattamente, alla villa, cedendo ai suoi occhi. Non... avrebbe smesso... di amare.
Sì, era davvero uno schifo percepire quei sentimenti mentre si uccideva; era strano ritrovare ricordi bevendo il sangue del suo amante, sopravvivendo a quello scontro. Forse era la paura della morte assoluta a spingerla. Lo era, lo era e sarebbe vissuta, in quel modo dannato, per sempre.
Ringhiò di nuovo, Sofia, afferrando il volto di un umano: provava pietà, lui era un suo simile, ma quella era la sua natura, quella era la loro guerra, e non poteva tirarsi indietro.
Lì vicino, Violet avanzava ancora, attaccava il compagno di un alchimista, serrando i denti sul braccio dello sfortunato. Logan strinse il gesso fra le dita, urlando ai suoi commilitoni: «Veloci, veloci. Prepariamo il Cerchio di Protezione di quinto livello», il fiato gli mancava e si chinò a terra per tracciare parte del cerchio.
Scrisse parole nell’antica lingua dell’alchimia, cercando di sbrigarsi: gli tremava la mano.
Intanto, Jack aveva levato la spada e gli stava vicino, protettivo. Maximilian, rapido, puntò verso di lui; il gigante strinse le palpebre, concentrandosi, preparandosi a perdere la vita per Logan.
Un negativo contro un “superiore”: una partita impari, che Jack ignorò di proposito, per far sì che Logan continuasse il suo cerchio alchemico e li salvasse tutti.
Jack alzò la spada e bloccò il braccio di Maximilian, che non fece una piega. Logan aveva tracciato un pentagramma sull’elsa della spada d’argento con il sangue di Jack; un’alchimia tale da rendere l’arma di fuoco, capace di attivarsi con un unico spadaccino, il donatore di sangue. Bastava toccare quel simbolo e pronunciare una parola in quell’antica lingua, e si sarebbe attivata. «Arde», sussurrò Jack, sfiorando il segno.
Maximilian si tese per attaccarlo di nuovo, ma si bloccò dinnanzi alla spada di fuoco.
Ecco perché si usava l’argento: un tale metallo, già fastidioso per i vampiri, era anche facilmente utilizzabile nell’alchimia.
Jack ghignò; le fiamme gli illuminavano il viso e la cicatrice a mezzaluna riluceva chiara, formando un altro sorriso malevolo sul suo viso. Il gigante non si sarebbe fermato davanti a quel vampiro, c’era Logan da difendere; era da anni che aveva promesso di rischiare la propria vita per la sua, quel legame era chiaro e già stabilito da tempo. Aveva promesso. E non era soltanto una questione di professionalità, non c’entravano solo gli ordini. C’era qualcosa di più.
Maximilian ringhiò bellicosamente, si spostò sulla destra, si ritirò celermente, fingendo, e poi gli spuntò dietro. Ridacchiando, gli disse: «Buh».
Jack si voltò di scatto, imprecando: non l’aveva visto. Serrò gli occhi, fece una smorfia; parò l’assalto con la spada infuocata, facendo urlare di dolore Max, che indietreggiò in un istante. Il suo avambraccio era incenerito, ustionato in più punti; il suo sguardo era pieno di odio omicida.
Colpì con il piede il suo stinco, tese una mano e afferrò l’impugnatura della spada, dove non vi era fuoco; spezzò il polso di Jack, facendolo sussultare, visto che egli non lasciava la presa, e prese l’arma, che si spense non riconoscendo lo spadaccino.
Logan aveva posto un sigillo alchemico, ma a Max ciò non importava: quello che contava era che quel maledetto umano cocciuto non aveva la spada.
Intanto, Logan stava completando il cerchio, pronto ad attivarlo con le solite parole necessarie. Mancava poco: eppure non fu abbastanza veloce.
Jack non indietreggiò, pur essendo disarmato; rimase immobile, con le braccia messe in posizione di difesa, gli occhi serrati, la bocca stretta. Sapeva che era giunta la fine. Sapeva che Logan stava per concludere l’alchimia e fu felice di avergli prestato servizio.
Lo aveva protetto, era quello che contava.
Maximilian brandì la spada, giocherellandoci; ghignava con aria di superiorità. Affondò la lama nel suo torace, troppo velocemente per permettergli di scansarsi o di difendersi.
Avrebbe voluto colpirlo a morte, ma Logan finì la sua alchimia all’oscuro dell’accaduto, e insieme agli altri alchimisti spazzò via i vampiri, stordendoli.
Si guardò intorno con un sorriso soddisfatto, contento di aver aiutato l’esercito, ma non trovò il gigante ad aspettarlo. Non c’era all’altezza dei suoi occhi.
Logan conosceva Jack: non lo avrebbe lasciato nemmeno per un istante, lo avrebbe seguito ovunque, sempre proteso a proteggerlo; non era possibile che fosse scomparso. Sbiancò, abbassò lo sguardo e lo vide.
Jack era disteso sulla lava scura, che ricordava il colore della sua pelle; era ansante, pallido, perdeva sangue dalla pancia. La spada – gettata a terra – aveva tagliato fino al rene, gli aveva perforato gli organi; aveva poche speranze, soprattutto al centro del campo di guerra.
Logan gli si avvicinò, crollò accanto a lui, sulle ginocchia, e gli tastò il petto. «Aspetta... aspetta. Devo, devo trovare qualcosa per salvarti. Un’alchimia. Qualsiasi cosa», disse tremando.
Jack sorrise: il suo era un sorriso di compiacenza. «Smettila», mormorò, squadrandolo sofficemente.
«Lo sai che posso farlo! Posso salvarti. Basterà sostituire i tessuti feriti con l’alchimia, un gioco da- da ragazzi».
«Non c’è il giusto elemento di scambio, non puoi usare la lava», rispose troppo lucidamente Jack, avvezzo ai meccanismi dell’alchimia grazie al compagno.
«No. Che cazzo ne vuoi sapere tu? Che dici? No. Ti riporto all’accampamento. Aspetta, chiamo qualcuno», Logan sbraitò, guardando gli altri alchimisti: ognuno era impegnato a combattere, il resto dei soldati brandiva le spade e lottava. Non c’era tempo per chi era in punto di morte. Ma Jack non era un ferito qualunque... era il suo compagno.
«Logan», disse Jack. Con tutta la forza e la dolcezza che potesse mettere in quell’unica parola, sussurrandola piano. Il gigante tossì e dalla sua bocca uscì sangue.
Logan... Logan avrebbe voluto muoversi, afferrarlo, trascinarlo, salvarlo – proteggerlo dalla morte, stendersi su di lui, farlo vivere – voleva chiamare qualcuno, voleva non vedere, voleva non sapere.
Ma non poteva: qualcosa lo teneva legato a Jack, il legame.
«Tu non puoi morire. Non così. Tu morirai da vecchio, sarai felice, avrai una famiglia che ti amerà; ci sarò io a...», si bloccò. «È troppo stupido! Una morte inutile».
«Non è vero», rispose Jack, affaticandosi. Era coricato, non riusciva a muoversi; il sangue gli macchiava la divisa blu. «Ti ho salvato, questo mi basta; questo legittima la mia morte».
«Questa è una cazzata», esclamò Logan, stringendo i pugni sul tessuto sporco della sua camicia. «Siamo così vicini al campo, ci sarà un medico pronto a curarti, o degli elementi adatti per l’alchimia... non puoi morire qui».
«Non puoi trasportarmi», sussurrò Jack, sorridendo per la sua testardaggine.
Logan sbuffò, odiandosi; non poteva portare il suo peso. Cos’era mai Jack sulle sue spalle? Perché non poteva salvarlo? Perché...
«Non eri tu quello ottimista? Smettila di fare l’uccello del malaugurio», ringhiò Logan, serrando la bocca in una smorfia.
Continuavano a lottare, tutti intorno a loro, eppure non li toccavano; forse avevano rispetto per la morte, forse semplicemente non li avevano visti.
«Logan», lo chiamò Jack, sentendo freddo, in quella notte sempre più chiara, vicina a mutare in giorno.
L’alchimista lo strinse tra le sue braccia, circondando il suo corpo con il calore della vita. Magari doveva fermare l’emorragia... come fare, se aveva un buco nello stomaco?
Jack sorrise un’ultima volta, mentre Logan lo guardava con apprensione mista a sofferenza, e solo allora le lacrime sgorgarono. In silenzio, sul viso di Logan scivolarono senza che lui se ne accorgesse, accettando prima del suo animo quella verità; gli bagnarono le labbra mentre vedeva Jack chiudere gli occhi. Senza più riaprirli.
«Ehi», singhiozzò. «Svegliati, rimani cosciente. Dai... ci sarà qualcuno capace di aiutarci», sussurrò Logan, adagiandolo sul terreno scuro e sabbioso.
Ma Jack non rispose. L’alchimista serrò i pugni, conficcandosi le unghie sporche nella pelle, sino a sanguinare; socchiuse gli occhi per il pianto, aprì la bocca per lasciarsi sfuggire un gemito; poi si chinò, gli afferrò la testa e lo baciò, quasi a volerlo svegliare, a dimostrare che era ancora vivo. Sentiva sotto di sé le labbra ancora calde, ma ormai morte, di Jack.
La frustrazione divampò in Logan, prendendolo completamente.
E ci fu solo la disperazione della morte. L’amore era ormai defunto.

Hassan aveva continuato a combattere, ma si era fermato a vedere quell’alchimista piegato dal dolore sul suo compagno... ebbe la tentazione di ucciderlo, ma si bloccò quando lo vide baciare il corpo del morente.
Amore. Eccolo, lì in mezzo all’odio, alla violenza, alla vendetta.
Deglutì a fatica: non era mai stato un gran sentimentale, ma quel gesto l’aveva colpito, e realizzò che forse doveva attuare l’idea che gli frullava in testa da un po’ d'ore.
Corse velocemente verso il basso, incurante degli scontri che imperversavano; superò Adam e Sofia, Armelia, Gabriel, Maximilian, Violet.
Aumentò l’andatura, sino a raggiungerla. Eve era ancora legata, lì a bella mostra per tutti gli umani, a gridare: forza, venite a prenderla.
«So che ti sembrerà strano, nobildonna», mormorò, tendendo le mani verso di lei e stringendo le dita sulle corde che la stringevano al palo. «Sai, a volte non riesco a comprendermi del tutto. Ma non importa».
Ruppe i fili ed Eve cadde in avanti, su di lui.
«Perché?», mormorò lei.
«Probabilmente non tutti siamo i mostri che vuoi dipingete nelle vostre leggende. Siamo capricciosi, cediamo alle nostre bizze. Anche la guerra è un nostro capriccio», disse Hassan, scostandosi da Eve e indicandole il campo di battaglia.
«Scappa».
Eve lo guardò spaesata, impaurita.
«Scappa», ripeté Hassan, prima di svanire nella folla di combattenti.
Eve strinse il vestito fra le mani, sollevando i lembi che toccavano terra, e corse di lato, verso l’accampamento degli umani, cercando una speranza.

L’uno t’illumina col suo calore,
l’altro ti presta il suo lutto, o Natura!
E ciò che all’uno dice: Sepoltura!
Parla all’altro di vita e splendore.

Alchimia del dolore – C. Baudelaire.

*













Prima di tutto, vi annuncio che non sono una folle assassina di personaggi (ah no?) e che questa morte era già stata decisa due anni e mezzo fa. Certo, sembrava tanto distante, ma ora che è arrivata... fa sempre un brutto effetto. Questo capitolo l'ho scritto precisamente due anni e un mese fa, l'agosto 2008 in vacanza con darkrin. Ora l'ho migliorato/riscritto/ampliato, ma la base e la citazione di Baudelaire sono rimaste.
Vorrei spendere due parole su Jack: lo amavo un sacco (ma allora sono proprio sadica!) e mi spiace ogni volta rileggere questa parte. Su lui e Logan: in Positive Blood non è mai stata una coppia presente, se non in modo soffuso e molto "amicale", però se tornate a leggere i cap precedenti, magari noterete una certa dolcezza di toni fra loro due, o comunque una complicità tutta loro. Ho parlato di loro in due one shot (I remember you e la più vecchia Lock); sinceramente, non è mai stato mio intento discutere di un amore gay in PB, non perché non ami lo slash (anzi!), ma perché non era una cosa principale, ma secondaria; quindi, soprattutto per non trattare male l'argomento, ho deciso di renderlo soffuso e di dare spazio alla vostra immaginazione. Insomma, non mi andava a genio di rubare capitoli alle migliaia di cose che ci sono, per fare tutta una tiritera su due uomini e bla bla; l'importante è sapere che si amavano, questa scena finale fra i due secondo me è essenziale e basta a delineare la coppia. Ripeto, non era mia intenzione perdermi in dettagli su di loro, per quanto li ami ♥.

Ora passo a ringraziare la mia unica, dolcissima Cloud, che ha recensito il capitolo scorso: Tesoro. Spero di non averti delusa. Spero di non averti persa per sempre con questa scena... ho sempre immaginato che in qualche modo ti avrebbe colpito in modo... brutto. D'altronde, non potevo rivelarti le mie intenzioni (folli) ç_ç Grazie per tutte le tue belle parole, continuerò a pitturare finché posso. Ti adoro.

Ora vado. Gabriel mi chiede un po' di sangue, devo nutrire il mio piccolino ♥ a presto, cari!
   
 
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