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Autore: Supersunny91    28/10/2005    0 recensioni
Strani fenomeni accadono...Gas, morti, scomparse...Matt si troverà catapultato in un mondo che non comprende, ma dove dovrà andare alla ricerca del suo migliore amico Andrew...Ma non sempre è tutto come pare...
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO SECONDO

 

 

 

CAPITOLO SECONDO

 

 

 

 

 

-         No comment – Matt cercò invano per la trentesima volta di zittire le ragazze che lo inseguivano per il corridoio da circa venti minuti o più e che non avevano smesso un attimo di rivolgergli domande a dir poco imbarazzanti. Matt prese quindi a correre verso il bagno dei maschi, dove non avrebbero potuto raggiungerlo.

In qualche sconosciuto modo tutta la scuola era venuta a sapere del suo svenimento e, poiché la vita dei Taylor (insieme a quella dei Pride) compariva sempre più spesso sul patetico giornalino scolastico ed ogni loro minimo movimento o usanza (cosa mangiavano, come passavano i weekend, cosa ne pensavano su una causa politica) costituivano forse la parte più interessante oltre ai cruciverba, Matt aveva passato la giornata tra i contrastanti commenti sussurrati di ragazze e ragazzi. I tipi come George Fish non smettevano di chiamarlo “debole” o “femminuccia”. E lui si sentiva un idiota. Prima di tutto non conosceva nemmeno lui le circostanze i motivi dell’accaduto e per non bastare aveva sentito nella propria testa frasi incomprensibili il ché sarebbe stato un buon motivo per assicurargli qualche mese o anni al manicomio.

La sua paura più grande era che Andrew avesse ragione, che, cioè, fossero state le informazioni dette al telegiornale, le immagini raccapriccianti a riuscire a tramortire le sua anima debole. Sì, si vergognava da morire. Ma quelle voci…non avevano nulla a che fare con tutto quello…..

-         Di sicuro verranno a cercarti anche in casa –aveva predetto Andrew – Che ne dici di una giornata nel bosco? È da tanto che non ci avventuriamo tra alberi e formiche, stiamo diventando gli snob di cui parla il nostro Fish! – cercò di persuaderlo.

L’idea di trascorre un pomeriggio correndo tra sassi, terra, fango e insetti di ogni tipo, non emozionava Matt, ormai legato all’agiatezza, alla pulizia e alla propria casetta calda, ma ripensando a una giornata di persecuzioni, chiamate a casa e visite poco gradite, qualcosa lo spinse al sacrificio, di sicuro meno terribile a confronto.

-         Okay, ma solo per qualche oretta, d’accordo? Non vorrei essere ancora lì dentro dopo al calar del sole – si affretto ad aggiungere Matt. Non credeva ai lupi mannari o mostri nella notte, ma temeva di perdersi o di rimanere nel buio totale senza saper dove mettere piede senza inciampare.

La luce che illuminò lo sguardo enigmatico di Andrew, però, gli confermò di aver fatto un grosso errore, di aver ottenuto il contrario di ciò che desiderava.

-         Che ne dici invece di accamparci per la notte? Sarebbe fantastico….con quel silenzio – iniziò a sognare Andrew.

-         ……nell’oscurità totale – aggiunse Matt scettico.

-         ……il profumo della natura che estasia le nostre narici….- chiuse gli occhi come per trovarsi già lì.

-         ……gli insetti che ci entrano nelle orecchie e nel naso, non vedo l’ora – entrambi risero a quell’idea.

-         E dai, Matt! Un po’ di avventura! E poi ci sarò io con te! Schiaccerò con le mie mani il primo insetto che oserà toccarti! – riprese a ridere.

Ad un tratto Matt ritornò serio, scrutò il viso del suo amico come per studiare le sue emozioni.

-          Andrew…stai scherzando vero? Non hai veramente intenzione di…. – incominciò incerto.

L’amico iniziò a sogghignare.

Il dolore e il pericolo lo avevano sempre stranamente affascinato.

 

 

 

-         Che schifo! – Andrew pestò qualcosa di viscido di colore verdognolo-marrone e non più identificabile dopo il passaggio della sua scarpa. Il ragazzo si pentì amaramente di aver appoggiato la causa “ un giorno nella natura”. Pensava di poter tornare a quando aveva otto anni, quando si arrampicava ovunque e non aveva paura di nulla, ma si era sbagliato di grosso. 

-         L’idea è stata tua, caro Andrew – gli ricordò l’amico cercando di distogliere lo sguardo da quella macabra scena e sentendo un po’ di rimpianto per aver preferito tutto quello ad una giornata, anche se stressante, nella sua casa a ripetere come un pappagallo che la spiegazione del suo svenimento era semplicemente di non aver mangiato abbastanza a pranzo.

Da circa un’ora i due giovani camminavano in tondo cercando un punto dove accamparsi, ma, in ogni centimetro di terreno su cui mettevano piede era umido e infangato e il villaggio di ogni sorta di ragni.

La loro fronte era ormai imperlata di sudore e sentivano le gambe sempre più insensibili e stanche soprattutto pervia del fatto di aver infilato nel loro carico, oltre alla tenda e al sacco a pelo, enormi quantità di cibo o giochi passatempo, oltre ad una dozzina di coltelli, corde e torce in caso si fossero persi.

La speranza li aveva ormai abbandonati, ma l’idea di aver trasportato uno zaino più grosso di loro pesante almeno dieci chili per più di due ore per poi non aver concluso nulla, diede loro un po’ di forza. Continuarono a camminare senza meta tagliando un coltello i rampicanti che si aggrappavano ai loro vestiti come esili mani che cercavano di trattenerli tra le loro grinfie.

-          Ecco, stiamo qui che è meglio, vicino a questo albero – Andrew si fermò accanto ad un area non certo migliore delle altre, scelta forse a caso.

Matt non fiatò. In altre occasioni avrebbe protestato a non finire ma in quel momento in cui il solo, unico, più grande desiderio era sedersi da qualche parte, si rassegnò. Stese una coperta a terrà e si buttò sospirando per il sollievo.

-         Matt…guarda qui! Non ci credo! – Andrew indicò la corteccia dell’albero, che pareva come quella di ogni altro albero, a prima vista. Matt si avvicinò lentamente come sforzandosi mortalmente. Sì, pareva intatta, non vi era nulla da guardare…ma! Ecco, vi erano incisi dei segni…di pochi millimetri, ma c’erano, si potevano vedere. Matt si avvicinò ancora di più per studiarli meglio mentre Andrew sogghignava aspettando pazientemente che l’amico comprendesse ciò che stava guardando.

Erano delle iniziali …” M.A”… Matt e Andrew! Matt si era quasi dimenticato di aver inciso le sue lettere su un albero quando era un bambino sotterrandovi una mappa per arrivare al tesoro che aveva sotterrato in un punto nascosto, ma quale tesoro? Non ricordava perché l’avesse fatto, ma francamente non gli interessava.

-         Che ne dici, eh, Matt? Una caccia al tesoro? – propose Andrew come per sfidare l’amico a cui quasi tremavano le gambe per la stanchezza. 

Ma non passo che qualche secondo di silenzio che qualcosa attirò l’ attenzione di Matt……….dal profondo della foresta………c’era qualcosa.

Matt emise un urlo.

Andrew si destò all’improvviso e fissò inorridito la scena che gli si parò davanti lasciando cadere a terra il panino che aveva appena tirato fuori dallo zaino.

Fumo. Fumo proveniente da lontano s’infiltrava tra gli alberi uccidendo ogni forma di vita al suo passaggio.

Ma non era solo il fumo. Tutto era diventato verde. L’aria era irrespirabile.

Tra poco sarebbe giunto fino a loro.

-          Sta calmo Matt, calmo….non ti preoccupare….ora andiamo – Andrew cercò di sembrare tranquillo, ma con poco successo. Afferrò tremante la giacca e lo zaino che aveva appena messo a terra e aiutò Matt ad alzarsi.

Come…? Matt non sapeva cosa pensare. Aveva paura, troppa paura e non capiva più nulla. Lasciò cadere lo zaino: non sarebbe potuto andare molto lontano con tutto quel peso.Il cuore iniziò a battere all’impazzata quando si lanciarono in una corsa disperata. Serpenti, rami graffianti, massi, salite si presentarono lungo la loro corsa, ma non emisero un solo gemito, smisero di respirare.

Non si fermarono che una decina di minuti dopo, quando il fumo non fu più in vista. Ma lo sapevano: li avrebbe raggiunti. Non conoscevano bene gli effetti che poteva avere su di loro, ma non volevano rischiare, soprattutto ricordando le immagini spaventose al telegiornale. Si continuava a sostenere che non fosse mortale per gli esseri umani ma non potevano dare fiducia a tutto quello che si diceva in giro.

Attorno a loro regnava il silenzio. Non passarono che pochi minuti che si sentì nuovamente l’odore ripugnante del fumo verde, quell’odore marcio e aspro.

-         Avevi detto… - Matt riprese fiato – …avevi detto che non avrebbe raggiunto Boston… - si buttò a terra, non più diffidente del fango e dello sporco.

-         Infatti! – iniziò Andrew indignato guardandosi attorno appoggiando la schiena sull’albero vicino – Il telegiornale e Internet dicevano che il fumo non viaggiava che ad una velocità di……MATT! Che ti prende Matt! Mi senti?! – cercò di sollevare l’amico per le spalle.

Matt non era svenuto questa volta…gli occhi erano semiaperti…bianchi…..e sussurrava, sì, sussurrava parole incomprensibili agitando le braccia in aria come cercando qualcosa, ma cosa? Andrew scosse il volto dell’amico cercando invano di calmarlo.

-         Smettila Matt, non scherzare! Riprenditi, ti scongiur…..Ahaaaa! – una mano lo costrinse a voltarsi e ad assistere a qualcosa di sconvolgente. Andrew urlò con tutto il fiato in gola. Questo servì a far tornare Matt alla realtà, ma non a fermare la forza che aveva preso attentato Andrew.

Matt alzò di scatto e, scoprendo di fronte a lui un uomo, no, anzi, un alieno, no, nemmeno, un rettile…..qualcosa di mai visto trattenere Andrew si lanciò verso di esso senza ragionare. Cercò di liberare l’amico dalle braccia piene di scaglie di quel mostro ma fu allora che un ondata di gas annebbiò tutto quanto. 

Non si riusciva più a distinguere nulla ma Matt percepiva i passi incerti della creatura e si lanciò verso di lui colpendolo alla testa con tutta la forza che teneva ancora in corpo e liberando finalmente Andrew.

-   Andrew, corri, presto! – lo afferrò per la manica deciso a scappare da quella situazione, ma ben presto si accorse che erano accerchiati. Non vedeva gli altri esseri, ma sentiva i loro respiri, i loro versi rauchi che squarciavano il silenzio tormentante del bosco.

Matt sfilò allora il piccolo ma tagliente coltello che aveva usato per spezzare gli arrampicanti e cercò di farsi strada sferragliandolo davanti a sé senza sapere cosa stava colpendo, se quei spaventosi mostri o solamente le piante che crescevano lì più rigogliose che mai.

Ma non funzionò. Le creature, ancora più rabbiose gli si avventarono contro e gli afferrarono le braccia e le gambe saldamente, in modo da impedirgli di muovere un solo muscolo. Matt sentiva l’alito pesante di quelle creature e le loro parole sconosciute. Ma ad un tratto una di queste disse all’altra qualcosa che costernò Matt: non si trattava di una condanna a morte o di una minaccia, ma il suo nome, sì, il suo nome, Matt, come l’altra volta prima di svenire! Ma come facevano a conoscerlo?! Lui non aveva niente a che fare con quei mostri. Cosa accidenti volevano da lui e Andrew? E soprattutto: chi erano?

Uno dei mostri gli fece ingoiare a forza una sostanza ripugnante che gli bruciò la gola ma che scorse ghiacciata per tutti gli organi del suo corpo indolenzito. Matt cercò di divincolarsi, ma pian piano le forze iniziarono a perdersi nell’aria, nel fumo.

Per fortuna, la voce dell’amico, il grido di battaglia, lo aiutò a non cedere.

- Matt! Resisti! Arrivo – e con questo si scagliò verso il mostro che teneva il compagno per le braccia. Un attimo dopo Matt sentì un grido di dolore accanto a lui e i polsi finalmente liberi: Andrew aveva colpito l’essere di schiena con un robusto ramo caduto trovato per terra e fu proprio grazie a questo che i due giovani riuscirono a scappare. Andrew scagliò più volte l’arma contro le forme invisibili finché superarono la barriera da essi creata.

Matt iniziò quindi a correre senza una meta, senza voltarsi mai ma percependo la presenza di quegli esseri. Nell’aria fredda di ghiaccio cadde e ricadde, fino ad arrivare alla fine del bosco, dopo aver percorso chilometri e chilometri. Stanco, sporco e ferito di gettò sull’erba bagnata. Si era già fatto buio. La luna contrastava violentemente con la figura di quel ragazzo sanguinante e coperto di terra. Il veleno o sonnifero, non riusciva a riconoscere dal sapore, stava avendo effetto. La testa ricadde pesantemente a terrà e le dita persero la mobilitazione.

- Ce l’abbiamo fatta Andrew – sussurrò ad occhi chiusi sorridendo esausto – siamo stati forti – e con questo si addormentò ignaro di trovarsi solo in quella distesa verde.

 

 

La mattina Matt si svegliò nella stessa stanza d’ospedale dove era stato ricoverato solamente tre giorni prima. Non ricordava nulla di quello che era successo la notte scorsa, né dei mostri verdi, né di Andrew.

Quando aveva aperto gli occhi si era trovato solo nella stanza, fiocamente illuminata data la tenda che copriva i vetri della finestra. Sul tavolino accanto si trovava una grande quantità di fiori raccolti in numerosi vasi di terracotta dipinta. Matt ne contava sei. Accanto al letto era posato un giubbotto di pelle che riconobbe subito appartenere a suo padre. Ma non capiva cosa ci facesse lì, e non tentava nemmeno di farlo.

Quando cercò di alzarsi ancora mezzo addormentato gemette dal dolore che provò dappertutto. Ispezionò così braccia e gambe scoprendo con orrore e stupore una quantità mai vista di ferite, graffi e lividi ormai tinti di un coloro giallognolo. Gli vorticava la testa e non sapeva cosa pensare. La sua mente si era svuotata.

Erano passati momenti di silenzio in cui era rimasto immobile a fissare l’orologio appeso sulla parete della stanza: erano le 11:47.

Solo quando la porta si aprì di colpo si svegliò realmente: aveva così tante domande che richiedevano risposta….

-         Matt! Matt, stai bene?! – la signora Taylor abbracciò energicamente il figlio dimenticando il dolore che egli provava in tutto il corpo. Matt serrò i denti per non gridare.

-         Mamma, cosa succede?! Perché sono qui? Perché ho questi lividi e questi graffi? Cosa è successo?! – Matt diede voce a tutta la frustrazione che si era accumulata.

La signora Taylor lo guardò a bocca aperta. Aveva sperato di poter formulare lei quelle domande al figlio quando si sarebbe vegliato e invece… l’unico testimone aveva dimenticato tutto.

-         Vuoi dire…vuoi dire che non sai nulla?! – domandò allibita e, senza attendere risposta continuò senza però mai guardare il figlio negli occhi – Pensavo che tu fossi l’unico in grado di sapere dov’è Andrew!- a quella affermazione Matt parve ancora più sconvolto e preoccupato. Cosa era successo a Andrew? Era davvero scomparso?

-         Mamma, mi dispiace ma…..la mia testa……non capisco nulla….come sono finito qui?- ma prima di ricevere la risposta la porta fu nuovamente aperta. Non era suo padre.

La figura che aveva appena varcato l’entrata era vestita con giacca cravatta, aveva l’aria di una persona di grande potere. I capelli biondi erano tirati indietro, gli occhi verdi scrutarono la stanza fino ad arrivare alla piccola e malconcia figura di Matt. Questi lo riconobbe solo dopo qualche secondo.

-         Signor Pride? – era il padre di Andrew. Matt non sentiva mai parlare di lui dal figlio. Il loro rapporto non doveva esser un normale rapporto d’affettività e amicizia come quella che aveva lui con suo padre. Matt non sapeva perché, ma si sentiva a disagio e quasi impaurito di fronte a quell’uomo.

-         Sì, sono io Matthew. Ieri Andrew era con te, non è vero? Cosa ti è successo ragazzo? – aggiunse poi vedendo il labbro tagliato e i lividi in testa.

Matt aveva quasi paura di dover rispondere che non sapeva niente. Nella sua mente era rimasta solo la cicatrice di un lungo episodio. Ricordava solamente di aver visto del fumo verde, ma poteva trattarsi solamente di un sogno.

Per fortuna sua madre gli evitò di rispondere.

-         Matt non sa niente. Deve aver battuto la testa. Lo troveremo, non si preoccupi, lo troveremo – tentò di tranquillizzare l’uomo che, sentendo la prima frase sembrò provare una profonda delusione.

Il signor Pride chiuse gli occhi: a Matt parve rintracciare le rughe che gli solcavano il viso, per la prima volta. Non pareva più lo stesso uomo di sempre, si vedeva la stanchezza negli occhi, la tristezza sul volto, le ferite nel cuore. Piangeva silenziosamente. Invisibile.

-         La polizia non ha trovato nulla, per ora – e con questo se ne andò. Prima di uscire raddrizzò la schiena. Non poteva permettersi di versare una lacrima. Ormai non poteva più. Aveva imparato che il minimo errore poteva causargli più di una semplice presa in giro, ma sarebbe stato uno sfondo sull’articolo di giornale che annunciava la scomparsa del giovane Pride.

Matt si sentiva terribilmente in colpa: come aveva potuto dimenticare una cosa del genere? Per colpa sua non trovavano Andrew, per colpa sua! Se avesse avuto solo un ricordo…almeno un ricordo!

 

  
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