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Autore: cullenboy     22/09/2010    7 recensioni
questo è il mio pensiero di seguito dela storia. Di umani adulti, non se ne trovavano più da parecchio tempo, tutto era tranquillo da parecchi mesi. Cosi che, quando gli portarono il corpo di un maschio adulto da operare, il Guaritore, Alghe Mobili, rimase sorpreso. > l'aveva informato il Cercatore. > Alghe Mobili tentò, invano, di far ragionare il Cercatore. > il Cercatore, lo guardava soddisfatto.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Quasi tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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  Buona sera ragazze!

Finalmente sono riuscito a continuare questa storia, e probabilmente a darle un filo logico ^^

Ho saputo, cercando informazioni sul, libro (non mi andava di andarlo a prendere dallo scaffale) che anche l'ospite ha un seguito, scritto dalla meyer, bhe ovviamente non mi paragonerei mai a lei, ma sarebbe carino se lo continuasse in questo modo.

Bon, ho detto tutto credo. buona lettura ^^

 

IL RICORDO

 

Lo sapevo, ne ero cosciente, non era il primo ospite nel quale ero impiantato, ovviamente quelli dal quale provengo non erano adulti, quindi i loro ricordi non costituivano problemi.

Poi, nel pianeta delle nebbie, gli ospiti si adattarono subito allo stile di vita, solo cosi potevano proteggersi dalle bestie che infestavano il loro mondo.

Ma con gli umani era diverso, me l’avevano detto, nessuno che ci sia stato di persona, ma le voci giravano, e si sapeva che colori, forme, desideri, sogni, sentimenti, erano completamente diversi, molto più forti, specialmente negli adulti.

Però ero pronto, spiritualmente ovvio, perché in pratica dovevo ancora affrontarlo, e non aspettai molto, un flash...

 

“SCAPPA!”

 

Poi il buio…

Un antro…

 

“NON PENSARE A ME CORRI!!”

 

Questi ricordi frammentati non erano normali.

Un altro…

 

< Un sogghigno, luce puntata contro che si muove, rumore di passi in corsa “Fermo! Non vogliamo farti del male!” sono parole già sentite, la rassegnazione della fine, persino il cuore calmo, il sangue ghiacciato, neanche il sudore della corsa.

“Non saprete niente da me!” la ricerca nel pantalone nuovo, una piccola sfera ovale, subito infilata tra i denti.

“Non vogliamo sapere niente, dovresti seguirci” bugie, solo bugie, e lo sai. Lo sai e ti rassegni all’evidenza, non puoi fuggire, ma lei, loro, sono in salvo e non te ne importa, gli hai spinti dalla parte opposta, sono scappati.

Con l’ultima presa d’aria rompi la capsula tra i denti, sapore acre, gelido, che scivola sulla lingua, e a ogni millimetro sai che è la fine, che non la rivedrai, e a solo quel pensiero in cuore pompa più veloce di prima, dovrai lasciarla, lasciare che viva da sola, senza di te, senza la tua protezione, ma oramai il veleno è arrivato alla gola, e più che ingoiare non puoi.

Cerchi di resistere il più possibile all’inevitabile, la forza di volontà non ti manca, ti manca di più lei, in quel momento, ma quando ti afferrano per le braccia, ti accasci, sperando che la morte ti prenda prima di loro “Addio Mel” >

 

Aprii gli occhi di scatto, il respiro accelerato, sapevo di aver visto qualcosa, un’immagine, una ragazza, ma non ne ero sicuro.

Continuavo a fissare la stoffa bianca con la quale ero coperto, “lenzuolo” mi suggerì la mia mente, lentamente alzai lo sguardo, la stanza nella quale mi trovato era luminosa, troppo luminosa, gli occhi mi si strinsero per quella luce accecante, ma riuscivo a distinguere i colori e gli odori.

Dopo tre vite a vedere solo bianco e neve, riesco a distinguere un altro colore che non lo sia, come quello delle pareti, “verde pastello”, o il bianco di quei bastoni attaccati al muro “termosifone” fu di nuovo la mia mente a suggerirmelo.

Un rumore continuo attirò la mia attenzione verso destra, una porta bianca.

<< Si può? >> una voce acuta “femminile” chiese il permesso di entrare.

<< Avanti >> d’istinto, mi portai la mano alla gola, non avevo mai posseduto una voce, versi, suoni, ma mai parole.

Una donnina minuta entrò nella stanza, superando il letto sul quale ero sdraiato per dirigersi alle “finestre” alla mia sinistra, enormi vetrate che partivano da meta muro fin sopra al soffitto.

<< Queste è meglio abbassarle >> disse dolce, mentre girava una specie di cordicella, e nel suo movimento, la luce diminuiva e riuscivo lentamente a distinguere la sua figura, una ragazzina, bruna, con i capelli raccolti in una coda, un cappellino candido come la veste che portava “grembiule”.

<< Come si sente? >> mi chiese avvicinandosi ai piedi del letto, si appoggiò con le mani alla struttura di ferro laminato.

<< Bene, credo >> non lo sapevo neanche io.

<< Riesce a muoversi vedo, i piedi? >> mi toccò i piedi da sopra il lenzuolo << li sente? >> mi chiese conferma con lo sguardo.

<< Sì, li sento, sento anche un formicolio >> le dissi muovendo i piedi e sollevando di poco le gambe.

<< Normale, passa subito >> sorrise, prima di domandare scusa e allontanarsi.

Poggiai le mani sul letto, per mantenermi, e sollevai lentamente le gambe, il lenzuolo, per quanto leggero mi era d’intralcio, cosi lo spostai con un movimento del braccio sinistro. Avevo un camice addosso, bianco come il lenzuolo che mi arrivava appena sopra il ginocchio, le gambe erano abbronzate, con molti graffi e cicatrici mal guarite, ma almeno erano funzionanti, le dita dei piedi rispondevano correttamente agli impulsi del cervello.

Lentamente, prima una poi l’altra le faccio scendere dal letto, restando penzoloni, le punte toccavano il suolo ghiacciato, sensazione che già conoscevo.

<< Si sente bene? >> una voce, più profonda di quella sentita prima “maschile”, mi fa alzare la testa.

Un uomo alto e magro, che stonava visibilmente con l’ambiente, per com’era vestito, interamente in nero, dolcevita, spolverino, e pantaloni neri, le scarpe laccate di nero, metteva timore solo a guardarlo, e stranamente il mio corpo reagì con timore a quella vista.

<< Sì, bene. Lei è? >> domandarglielo mi sembrava superfluo, tutto di lui urlava “cercatore”, ma l’educazione era quello che ci contraddistingueva.

<< Anch’io, lei lo sa perché è qui? >> mi domanda inclinando un po’ il viso verso destra, facendo spostare il ciuffo nero, dalla tempia, agli occhi.

<< Sì, per avere informazioni >>

<< E quindi? >>

<< E quindi, il mio ospite si chiama Jared, Jared Howed, ha trentadue anni >> questo fin ora sono riuscito a capire dai suoi ricordi.

<< Vedi altro? Era un ribelle, sappiamo che era con altri >> la voce del cercatore si alzò, forse involontariamente.

<< Sì, vedo volti, soprattutto tre, due donne e un ragazzo >>

<< Dove sono? >> il suo passo avanti, non mi era molto d’aiuto, stranamente questo corpo reagiva a ogni suo movimento, come a voler scappare, senza rendermene conto avevo appoggiato i piedi per terra, e gli occhi mi cadevano sempre più spesso sulla porta.

<< Non lo so, non lo ricordo, ci sono dei muri >>

<< Come dei muri? >>

<< Sì, dei vuoti, come se lui non lo sapesse >>

<< Ma è impossibile!! >> la voce alterata del cercatore, mi ha fatto contrarre i muscoli, facendomi alzare contro la mia volontà, ritrovandomi cosi, a fronteggiarlo, senza accorgermene.

<< Che intenzioni ha? >>

<< Io nessuna, lei? >> che faccio? Lo istigo anche?

<< Nessuna… >> abbassa lo sguardo, non so se colpito o amareggiato dallo sviluppo della situazione, esce un bigliettino dalla tasca porgendomelo << …questo è il mio numero, se ricorda qualcosa, qualsiasi cosa, mi chiami, mi mandi un massaggio, c’è anche la mia mail personale >> cosi dicendomi, mi lasciò nella stanza con il suo biglietto da visita tra le mani.

 

 ***

 

Passarono un paio di settimane dal mio risveglio, e quello che ricordavo non era pertinente con la posizione dei ribelli, continuavo a vedere quella ragazza quando dormivo, quella ragazza che in un sogno baciavo, e in quello successivo prendevo a schiaffi e male parole.

Non riuscivo a capire molto, per cui lasciavo stare quel cercatore, e mi dedicavo al lavoro nel quale il mio corpo sembrava a suo agio, non avendo doti particolari, né come narratore, guaritore, o cercatore, utilizzavo i muscoli.

Avevo cominciato a lavorare in questo stoccaggio di generi alimentari, portavo la merce da qui ai vari supermarket e alimentari, della città e non, non mi sono spostato da dove mi sono svegliato1, è come se in questo posto stia cercando qualcosa, e sto cercando qualcosa.

Sono venuto sulla terra apposta, per cercarla, per trovare l’unica anima che pur di salvarmi mi ha impiantato su un mostro che stava per ucciderla, senza pensare che sarebbe morta, con coraggio e sangue freddo, ho saputo solo dopo essere stato impiantato nuovamente in un orso, che era andata via, e ho impiegato altre due vite per sapere, dove fosse andata, e per arrivare sulla terra non ci vuole molto dal pianeta delle nebbie.

Ora, devo solo capire come rintracciarla, Vive tra le stelle.

“Wanda!”

Come Wanda?!

 

NB1 non ricordavo il nome della città, sembre la solita ragione, non mi andava di spostare le chiappe dalla sedia :P

  
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