14.
Domina
Silenzio: ecco come aveva reagito Cloe non appena Axel le aveva
raccontato cos’era accaduto a Cora e quali condizioni
Santiago avesse avanzato in cambio del suo aiuto. Era rimasta muta, appoggiata
al tavolo della cucina, le braccia conserte e lo sguardo basso. Come sempre,
quando rifletteva su decisioni che riteneva importanti.
«Non sei costretta a farlo» le aveva
detto Axel, placido e sereno, come se fosse convinto di
poter aiutare Cora anche senza l’aiuto del Sangre. Come se
fosse certo che Cloe non avrebbe accettato le
condizioni poste da Santiago.
«Lei mi ha aiutato quando ne ho avuto
bisogno» aveva ribattuto guardando Axel negli occhi;
lo sguardo fermo e sincero, la mente che correva alla notte in cui l’Eraclea l’aveva
raccolta dall’asfalto insanguinata, debole ma ancora viva.
Lui non aveva ribattuto. Si era limitato
a voltarle le spalle, tornando a dedicarsi al caffè che stava preparando.
«Come vuoi.»
Axel non aveva
aggiunto altro e si era chiuso in un silenzio ostinato che nascondeva preoccupazioni
profonde. Cloe, del resto, non poteva biasimarlo.
Conosceva Axel; l’aveva seguito per decenni, aveva
imparato ad apprezzare l’accortezza e il riguardo con cui trattava le persone
che gli erano care. Che lui considerava una famiglia.
Per Axel,
metterli in pericolo non era una possibilità calcolabile, in qualunque
circostanza.
«Sei almeno consapevole di quello che ti
aspetta?»
Ancora di spalle, la voce posata mentre
mescolava il caffè. Eppure, Cloe ne era certa, il suo
sguardo doveva essere tutt’altro che sereno: probabilmente Axel
era corrucciato, le sopracciglia aggrottate e un’espressione contrariata che
poteva permettersi solamente quando non c’era nessuno ad osservarlo. Quando le
porse la tazza fumante, però, il volto del vampiro era sereno.
«Sì, lo so. Diventare il ghoul di qualcun altro non è una passeggiata» ammise lei,
sorseggiando il caffè.
«È doloroso, Cloe…»
Axel cercò il suo sguardo, come a voler confermare le
proprie parole con un’occhiata efficace. «… Molto doloroso. »
E lei sorrise. Un sorriso aperto,
sincero, riconoscente. Se Axel avesse saputo quali
fossero le reali preoccupazioni di Cloe,
probabilmente non sarebbe rimasto così composto e controllato.
Perché, più del dolore di un corpo che
andava in pezzi nonostante la vita non lo abbandonasse, ciò che lei temeva era
l’idea di legarsi alla creatura che più di ogni altra rappresentava per lei
tormento e dannazione, turbamento e proibizione. Santiago -il nemico della sua
famiglia, del suo clan- sarebbe diventato il suo padrone, il suo sostentamento
e, più di ogni altra cosa, la sua dipendenza. Non avrebbe più potuto fare a
meno di lui: sarebbe stato fisicamente insostenibile vivere più di un giorno senza
il sangue di quel vampiro. Nonostante tutto, però, la sola idea di legarsi in modo
così totalizzante a quella creatura la rendeva ansiosa, provocando in lei un
senso di eccitazione scomodo e sbagliato.
Un’aspettativa perversa che le rubò il
fiato.
Dovresti
vergognarti, Cloe.
Avrebbe dovuto, certo, ma le parole non
erano sufficienti a fomentare il senso di colpa. Sostenne lo sguardo di Axel, il cuore che batteva senza più alcun controllo.
«Credimi, lo so.»
*
Le bendarono gli occhi non appena salì
in macchina.
Poteva distinguere contorni sfuocati e
confusi attraverso il tessuto nero che le impediva di guardare, ma non era
abbastanza per capire che cosa stesse succedendo: ogni cosa scivolava lontano
dai suoi sensi, sfuggente come acqua. Non poter vedere fomentava la sua paura,
ma Cora cercò di resistere: se avesse ceduto, il
terrore l’avrebbe travolta e lei sarebbe rimasta in completa balia dei Sangre che
occupavano l’abitacolo della vettura. Non che avesse la possibilità di
difendersi, certo, ma la lucidità era l’unica cosa che le era rimasta. L’ultima
cosa che desiderava era perdere anche quell’ultimo appiglio.
Sentiva il rumore del motore, le gomme
che sobbalzavano ad ogni dosso, voci che parlavano una lingua antica che lei
non conosceva. Latino, probabilmente.
Non volevano farle capire nulla.
Cercavano di lasciarla sola con sé stessa, con le proprie paure, senza
lasciarle neppure un indizio per poter intuire che cosa stesse succedendo. Le
avevano negato qualunque contatto con il mondo, sia che fosse la strada che
scorreva oltre il finestrino dell’automobile, sia che si trattasse del
contenuto della loro conversazione. Il messaggio era chiaro: lei era una preda
e come tale non aveva diritto a nulla.
Quando la fecero scendere dalla macchina
dopo un tragitto non ben definito, tutto quello che Cora
sentì furono due paia di mani che le afferrarono le braccia.
«Forza, cammina» una voce maschile alle
sue spalle –probabilmente il vampiro che la stava scortando- la spinse a
muoversi.
Certo,
come no.
La benda non le era stata tolta, e
spostarsi risultava più difficile del previsto: si sentiva goffa, terribilmente
impedita nei movimenti. Improvvisamente, privata della vista, Cora ebbe la sensazione che tutto il mondo che lei
conosceva le fosse stato strappato di mano.
Il vampiro l’aiutò a spostarsi in
rigoroso silenzio; non fece alcun commento, neppure quando Cora
urtò qualcosa con la gamba, probabilmente lo spigolo di qualche mobile. Sentiva
dei rumori particolari attorno a sé, appartenenti alla quotidianità di un luogo
grande, frequentato, ampio: un diffuso chiacchiericcio, il ticchettare di tacchi,
rumore di bicchieri… Persino la musica di una
pubblicità.
Dove
mi hanno portata?
Il vampiro alle sue spalle la costrinse
a fermarsi, ma nonostante Cora cercasse di cogliere
qualunque dettaglio attraverso la trama della benda ogni sforzo risultò inutile:
tutto quello che riusciva a vedere non era altro che buio.
Quando ripresero a muoversi, però, la
mano della ragazza sfiorò una superficie fredda e irregolare, che si piegava ad
angolo e proseguiva descrivendo i contorni di qualche piccola stanzetta. Poi il
terreno cominciò a salire con un sobbalzo sgraziato, e Cora
si ritrovò a dondolare incerta e sorpresa, la stretta del suo accompagnatore
sempre salda sul suo braccio.
È
un ascensore. Sono in un palazzo.
Un suono simile ad una campanella, un
altro sobbalzo: l’ascensore si fermò e le porte si aprirono, silenziose.
«Andiamo» il vampiro la costrinse a
proseguire, conducendola chissà dove. Poi lo scatto di una serratura, il rumore
di perni che ruotano, un cigolio leggero: la spinse all’interno della stanza e,
dopo aver richiuso a chiave, le sfilò la benda. E Cora
finalmente riuscì a vedere chi le stava di fronte.
Si trattava di un vampiro dall’aspetto
giovane, decisamente bello: una bellezza greca, dai lineamenti marcati e netti,
sfrontata e ammaliante. I capelli, ricci e ribelli, davano ulteriore
personalità all’aspetto e gli occhi nocciola la studiavano senza troppa
partecipazione.
Come ogni altro vampiro era attraente,
una creatura nata per giocare con la propria preda e toglierle la possibilità
di desiderare qualunque altra cosa non fosse lui stesso. L’incarnazione della
seduzione più perversa; una bellezza tentatrice che prometteva ogni tipo di
piacere, ma che dava solamente morte.
«Dove sono?» Cora
si guardò attorno rapidamente, uno sguardo fugace a quella che sembrava una
camera d’albergo piccola ma lussuosa prima di cercare lo sguardo della creatura
che le stava di fronte. Non sembrava particolarmente propenso a farle del male:
nei suoi occhi non c’era traccia della follia che illuminava lo sguardo di Lakeisha né dell’esaltazione perversa che rendeva Santiago
un tipo decisamente poco affidabile. Tuttavia rimaneva pur sempre un vampiro.
Di più, un Sangre.
Era abbastanza per non potersi
permettere distrazioni.
«Che posto è questo?»
«Sei nell’alveare e ci rimarrai finché
la Domina non deciderà altrimenti.»
«La Domina?»
Cora si accigliò sovrappensiero, la mente troppo
impegnata a sondare la camera per potersi permettere qualunque tipo di
ragionamento non riguardasse la fuga. Poi, senza preavviso, un lampo di gelida
comprensione la freddò all’istante, costringendola a cercare la verità nello
sguardo indecifrabile di quel vampiro. «Lakeisha?»
«A pochi è concesso chiamarla con il suo
nome» lui annuì, le mani dietro la schiena, composto e misurato; l’espressione
limpida, l’atteggiamento disponibile, quasi aperto. Era come se stesse
conversando con una persona qualunque, in una situazione del tutto ordinaria. «A
proposito, un consiglio: non abusare del suo nome. Lakeisha
non è affatto paziente.»
Di
buon auspicio, non c’è che dire.
Quel vampiro di cui non conosceva il
nome, quel Sangre
che sembrava essere del tutto fuori posto in quel covo di bestie…
La guardava senza battere ciglio, lo sguardo fermo di chi ha appena detto la
verità. E bastò per farle capire che non stava affatto scherzando.
Cora fu sul punto di
annuire, quando lo sentì: il rumore inconfondibile di una serratura che si
apriva, seguito dal cigolio metallico e lamentevole dei cardini.
Non ebbe bisogno di voltarsi. Fu
sufficiente sentire quella presenza ingombrante e pericolosa sulla pelle, per
capire: Lakeisha era appena entrata in quella
prigione lussuosa e accessoriata, e si trovava proprio dietro di lei. Alle
spalle di Cora.
«Grazie per aver tenuto compagnia alla
nostra ospite, Adam»
un ringraziamento sottile che celava ben altri intenti, un ordine mal camuffato
che stonava con la grazia e la gentilezza di cui si coloriva la voce della
vampira.
Cora non poté fare
altro che seguire con lo sguardo quella creatura –Adam,
il suo nome- allontanarsi; gli occhi colmi di un orrore disperato, nella mente
quelle parole ricorrenti. Straziate.
Non
lasciarmi qui.
«Dunque sei la nuova puttanella di Axel…» la voce di Lakeisha aveva
improvvisamente perso ogni traccia di dolcezza, qualunque sfumatura cortese: le
sue parole trasudavano acidità, disprezzo e, più di ogni altra cosa, gelosia.
Un sentimento forte, neppure troppo nascosto; un’emozione che provocò in Cora brividi spiacevoli lungo la schiena, sotto la pelle.
Nell’anima.
Avrebbe desiderato ribattere a tono, indignata,
ma l’avvertimento celato nelle parole di Adam era più
forte di qualunque provocazione. Quando si voltò verso Lakeisha
centellinando ogni movimento, rimase inchiodata dall’intensità del suo sguardo
bruciante.
«Come?»
«Cosa sai di Axel?»
la vampira la guardò con supponenza, l’ombra di un sorriso meschino a curvarle
le labbra. «L’hai definito una brava
persona, ma in realtà quello che vedi è soltanto la superficie di ciò che Axel è realmente» le parole di Lakeisha
erano provocazioni mirate a far traballare la sicurezza di Cora,
insidiose e ambigue come il dubbio più subdolo. Nient’altro che veleno.
Nient’altro che corruzione.
«Non ti credo. Ho visto ciò che fa Axel, il modo in cui agisce, come si comporta…
Non è una bestia» ribatté lei, lo sguardo fermo su quello della Sangre: si
trattava di una guerra psicologica fatta di insinuazioni e scelte, uno scontro
di silenzi violenti capaci di ferire più delle parole: perché era in questi
momenti – gli attimi in cui la camera si svuotava di ogni suono- che si
consumava la battaglia più cruenta, quella contro se stessi. Contro le proprie
convinzioni.
Non
devi cedere, Cora. Fidati di Axel
e delle tue sensazioni.
Continuò a ripeterselo ancora e ancora
mentre sosteneva lo sguardo ambiguo di Lakeisha e lì,
con il peso schiacciante di quel dubbio infido a pesarle sullo stomaco, per un
lungo istante fu sicura di riuscire a vincere. Per quel singolo, infinito
momento ne fu convinta, così dannatamente certa…
Eppure la risata della vampira - così
bassa, così divertita, così crudele - calpestò ugualmente le convinzioni di Cora in un attimo, come fossero spazzatura. E la rabbia, la
frustrazione, l’indignazione, la disperazione… Un
vortice di emozioni fuori controllo, l’orgoglio che premeva per difendersi:
trattenersi fu impossibile.
«Lui.
Non. È. Una. Bestia» un mormorio sibilato, l’irritazione ad accenderle lo
sguardo, la mascella contratta: Cora capì di essersi
tradita nel momento esatto in cui parlò, ormai sicuramente troppo tardi per porvi
rimedio. Non poté fare altro che rimanere immobile, impotente mentre diventava
oggetto dell’ilarità allusiva e irritante di Lakeisha.
«Ti piace Axel…»
Una constatazione che sfumava nei
contorni indefiniti di una domanda. Un’osservazione che le raggelò il sangue
per le implicazioni che poteva nascondere. Per le conseguenze che avrebbe comportato.
Cora fece per
rispondere che si sbagliava, che non era interessata ad Axel
in quel modo –Dio, il solo pensiero
di provocare le ire di Lakeisha in quella camera,
senza nessun altro ad aiutarla, la faceva rabbrividire- ma la vampira la
precedette. Cominciò a squadrare la cacciatrice come se volesse sporcarla, come
se quel semplice sguardo potesse bastare a spezzarla per sempre.
Come se fosse la più facile delle prede.
«Mi dispiace essere io a darti questa
notizia, ma l’Axel di cui ti sei innamorata in realtà
non esiste» c’era una strana gioia nella voce morbida di Lakeisha,
un piacere perverso fomentato dalla gelosia che ribolliva nel suo cuore marcio,
in attesa di straripare. «È una personalità fittizia, un tappa buchi.»
Poi, un sorriso. Un significato ambiguo.
Crudele.
Atroce.
«Il tuo Axel non
è reale.»
E fu gelo nel sangue, nel cuore,
nell’anima. Cora rimase immobile, le labbra socchiuse
in un’espressione confusa mentre un’ombra buia e senza nome le divorava il
cuore. Tutto quello che sentì fu inquietudine; una paura irrazionale e
primordiale, un terrore che non comprendeva e che non sapeva controllare.
«Che cosa vuoi dire?» la voce uscì
incerta, specchio dell’insicurezza che le parole di Lakeisha
avevano fomentato in lei. La vampira, però, non le rispose.
Si limitò a sorridere, enigmatica.
Deliziosamente ambigua.
Sangre.
«Farò di meglio che spiegartelo: te lo
mostrerò.» C’erano mille significati nascosti in quelle parole sfuggenti,
possibilità che suonavano come una minaccia senza volto né forma. E lì,
costretta ad affrontare un pericolo ignoto e informe, Cora
si sentì letteralmente perduta.
Disperata e sola, costretta a lottare
contro l’atteggiamento supponente e provocatorio di Lakeisha
in una situazione che non aveva mai affrontato prima, fece l’unica cosa su cui
poteva contare: affidarsi all’istinto. Liberare la collera, l’impotenza e la
frustrazione in un ringhio rabbioso. «Non
toccare Axel!»
«Altrimenti?» Lakeisha
sembrò divertita da quell’inaspettata spavalderia, una reazione che
probabilmente non era abituata a vedere. «Non sei nella posizione ideale per
avanzare pretese, cacciatrice.»
«Hai ingannato tutti: il signor Owen,
l’Ordine, la popolazione… Però non hai ingannato me»
la voce di Cora, resa tremante da quell’emozione
rabbiosa che le chiudeva la gola e le infiammava lo stomaco; gli occhi inchiodati
su quelli della vampira… La ragazza era sull’orlo di
una guerra pericolosa che doveva necessariamente vincere. «Ti costringerò a
gettare la maschera di fronte a tutto il mondo e a rivelarti per l’essere
bugiardo e manipolatore che sei, Lakeisha. È una
promessa.»
«Come hai fatto con Nicholas Owen?» una
domanda semplice, uno sguardo decisamente pungente, una provocazione fin troppo
esplicita: la vampira aveva risposto a Cora usando la
sua stessa moneta, sbattendole in faccia la provocazione con cui la ragazza
aveva provato a ferirla. «Non sei abbastanza furba per riuscirci, cacciatrice.»
Una stoccata cattiva che colava veleno,
gli occhi della vampira che trasudavano sdegno e, oltre quella patina pungente,
un piacere perverso che sfumava nel sadismo. Probabilmente stava godendo
nell’aver costretto Cora al silenzio, la cacciatrice
riusciva a leggerlo dalla soddisfazione irritante dipinta nel suo sguardo. Averla messa al muro togliendole ogni
possibilità di ribattere doveva aver glorificato Lakeisha
almeno un po’, nutrendo il suo ego orfano di Axel
nell’unico modo che poteva appagarla: umiliando la sua rivale.
Quando la vampira le voltò le spalle, poi,
quei pensieri divennero provocazioni insostenibili che resero l’orgoglio di Cora una bomba pronta a esplodere.
Non le avrebbe permesso di andarsene
così, a testa alta, vittoriosa.
Non quando c’era ancora una cosa da
chiarire, una questione che le bruciava l’anima in ogni istante da quando
quella storia era cominciata.
«Aspetta.»
Una parola fremente di rabbia, una furia sorda e bruciante che sibilava oltre
la soglia del suo fragile controllo: bastò a fermare Lakeisha
davanti all’uscita, la mano sul pomello della porta.
«Perché i tuoi vampiri hanno ucciso mia
madre?»
«Tua madre?» Lakeisha
si voltò, l’espressione quasi smarrita, sicuramente stupita. Sembrava non
comprendere a che cosa si riferisse la cacciatrice.
«Mia madre. Abitava nella casa a cui voi
Sangre
avete dato fuoco durante il Sabbath» ogni parola fu
una pugnalata di rancore in grado di rinnovare ferite che non erano ancora
riuscite a rimarginarsi; un dolore che Cora cercò di
nascondere con ogni mezzo, gelosa persino di un tale sentimento.
Rimase in silenzio, lo sguardo fisso
negli occhi di Lakeisha, impudente. Decisa a non
offrirle alcuna scappatoia. Nessuna possibilità di menzogna.
«Quella
donna… » l’espressione della vampira divenne
improvvisamente consapevole.
«Era innocente.»
«Non conoscevi poi così bene tua madre,
vero?» lo sguardo di Lakeisha si fece di nuovo
insinuante, specchio di una dolcezza melensa e velenosa perfetta per concupire
i poveri sprovveduti che incrociavano la sua strada. «Essere innocenti
significa essere estranei a qualunque faccenda. Non aver nulla a che fare con
noi. A questo punto lascia che ti dica una cosa, cacciatrice: tua madre non era
affatto innocente.»
«Che vorresti dire?» il fiato
trattenuto, il cuore reso gonfio da quell’angoscia improvvisa e struggente: per
Cora non c’era modo di combattere quella bestia. Il
dubbio si era già impossessato di lei.
«Tua madre lavorava per la Chiesa.»
«Tu menti» la voce di Cora era ridotta ad un sibilo tagliente, un rifiuto
testardo e disperato di quella rivelazione che, all’improvviso, sembrava
minacciare le convinzioni che sostenevano i resti traballanti della sua vita. «Mia
madre era un’infermiera.»
«Era una copertura» Lakeisha
le rivolse un sorriso laconico, l’espressione irritante e ambigua di chi
conosce ogni oscuro segreto dell’universo. «Era in possesso di documenti che la
Chiesa le aveva affidato. Documenti che non
avrebbe dovuto avere.»
«Non ti credo. Mia madre non mi avrebbe
mai nascosto una cosa così importante.»
C’era ostilità nella voce tremula di Cora, crepe attraverso cui filtrava un’insicurezza
serpentina che non poteva più essere tenuta sotto controllo. Per quanto
tentasse di opporsi alle parole ambigue della vampira e aggrapparsi
all’appiglio delle proprie convinzioni, infatti, sfuggire alla verità era
impossibile: Lakeisha rappresentava un muro
invalicabile fatto di freddezza e ambiguità. Di manipolazione. Rimanere
impassibile di fronte alle sue parole corrosive era impossibile.
«Se te l’ha nascosto probabilmente è
perché le è stato imposto» un suggerimento insinuante, affatto disinteressato. Un’imbeccata
che fu come vento per il fuoco che alimentava la rabbia di Cora.
Imposto
da chi?
«È per questo che l’avete uccisa? Che
avete dato fuoco alla mia casa? Per dei documenti?»
«Non siamo stati noi a ucciderla,
cacciatrice. Ha fatto tutto da sola.»
«Cosa vuoi dire?»
Un sorriso. E quel silenzio pieno di
significati tremendi e crudeli, capace di farla rabbrividire…
«Che è stata lei ad appiccare
l’incendio.»
Fu come ricevere una pugnalata in pieno
cuore. Una rivelazione troppo crudele per poter essere creduta; significati
agghiaccianti che Cora si rifiutò di prendere in
considerazione, troppo spaventata da quello che avrebbero potuto scatenare
nella sua anima per avere il coraggio di affrontarli.
Eppure… Eppure c’era
qualcosa nel modo in cui Lakeisha le sfiorò il viso, quella
consapevolezza tremenda e rivoltante… E il modo in
cui studiò la sua espressione sgomenta, l’ombra seria che si nascondeva dietro lo
sguardo ambiguo e divertito…
«Non
toccarmi» Cora scacciò la mano della vampira, minacciosa;
la voce avvelenata, il cuore che minacciava di frantumarsi da un istante
all’altro sotto il peso delle insinuazioni crudeli di quella creatura. Una
reazione dettata da quell’emozione straripante, senza controllo. Una reazione
che suscitò il sorriso sottile e irritante di Lakeisha.
«Non ti toccherò, no. Ma tu starai qua
finché Axel non verrà a reclamare la tua libertà. E allora…»
Una frase sospesa.
Una frase che non aveva bisogno di
essere completata, per poter essere compresa.
Perché ciò che nascondeva, era
esattamente quello che Cora aveva letto nello sguardo
insinuante e senza moralità di quel Sangre.
Ed erano guai.
L’angolo
dell’autrice
C
Ad ogni modo sono pronta a chinare il
capo e ad accogliere tutti i giustissimi e meritatissimi insulti che vorrete
lanciarmi.
Posso assicurarvi comunque che mai mi è passato per la testa di
sospendere a tempo indeterminato Slayer’s: potete
starne certi, questa sarà una cosa che non accadrà né ora né in futuro.
Berenike: tesorooooo
non sai che gioia sapere che Slayer’s ti sia
piaciuta!! Grazie davvero per le tue bellissime parole, ne sono onorata!!
SweetJuly: grazie davvero per le tue
parole, sia per Circus che per Slayer’s, che spero
sia stata all’altezza delle tue aspettative! :D
jess: lo so, vi illudo con un aggiornamento
e poi vi faccio aspettare mesi! :( Comunque hai ragione, sì, si scatenerà
l’inferno. E lascia che ti dica una cosa: quello che succederà ora è nulla a
confronto con quello che accadrà più avanti (e per il quale spero davvero che
non mi uccidiate ò__ò) Per scoprire cosa faranno Cloe
e Santy dovrai aspettare il prossimo capitolo, che
arriverà molto presto visto che mi sta prendendo un sacco *__*
KeLsey: sono contentissima che Slayer’s ti sia piaciuta! *__* e spero che mi perdonerai
per il mega ritardo >__<
Avanit: Lakeisha è
un personaggio cruciale, cambierà mooolte carte in
tavola, non soltanto quelle che Cora e Owen si sono
spartiti :P La tua osservazione è assolutamente puntuale e mi piace. Lakeisha però ha fatto leva sulla paura della gente: ha
mostrato la distruttività dei vampiri, ha fatto sentire l’umanità minacciata
più di quanto già non fosse e in questo modo ha aperto una ferita che ha
prontamente pensato a richiudere dandogli il capro espiatorio di cui avevano
bisogno. Ha sfruttato l’ignoranza dell’Ordine e si è offerta come alleato nel
momento del bisogno prima che lo facesse Axel. E in
un momento di difficoltà è più facile credere a chi ti offre aiuto, piuttosto
che dubitare della sua bontà, o almeno è così che io la penso attraverso i suoi
occhi :D
So che stai aspettando Santiago, perché
già me l’avevi detto su face book, ma anche tu dovrai aspettare il prossimo
capitolo. Però posso assicurarti che l’attesa sarà ben ripagata! *__*
valespx78: chissà perché Cloe/Santiago è una coppia che piace a molti... :P E io non
posso che esserne contenta!! *__*
Ringrazio ancora una volta tutte le
persone che hanno aggiunto Slayer’s alle storie
seguite, ai preferiti e alle ricordate. Portate pazienza se stavolta non vi
ringrazio uno per uno come faccio sempre, ma non ho appuntato i vostri nomi e
vi ho perso per strada :(
Ringrazio invece la bravissima Nunzia per la splendida copertina che
ha fatto per Slayer’s: mi ha fatto andare letteralmente
in visibilio! *__* (i due a destra sono Cora e Axel, mentre nella coppia a sinistra abbiamo Cloe e Santiago).
Piccolo avviso: se volete potete
trovarmi sul MIO PROFILO FACEBOOK (sentitevi pure liberi di aggiungermi, basta
che mi diciate il vostro nick di efp!)
oppure sul GRUPPO FACEBOOK dedicato ai miei racconti (dove potrete trovare
spoiler su Slayer’s, curiosità e altre cosette). Se
volete venire a dare un’occhiata, iscrivervi, blaterare assieme a me oppure
insultarmi per tutto il tempo che vi ho costretto ad aspettare, ne sarei molto
felice!
Ci leggiamo presto,
Brin