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Autore: NekoShadi    26/09/2010    3 recensioni
[in revisione] Una gita scolastica entusiasmante in un antico castello medievale si trasforma in un giallo a causa della sparizione di uno degli studenti. Assieme a lui anche una reliquia storica del luogo, una rosa nera. Cosa significherà?
Il mio primo romanzo! >.< ditemi cosa ne pensate! :3 Anche i pareri negativi sono accettati!!
Genere: Avventura, Mistero, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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[Revisionato :3]  

Il pullman procedeva a moderata velocità lungo una delle diramazioni dell'autostrada chiamata “Moon Street” spostandosi lentamente sulla destra, verso la corsia dell'uscita, dopo aver oltrepassato il cartello “Valle di Fenis, uscita 4” segno inespugnabile che la tanto agognata e trasognata meta non era poi così lontano, e che prima o poi anche quella classe di ventuno alunni avrebbe potuto ammirare le stravaganti ricchezze del leggendario castello medievale di Fenis, luogo tanto citato nelle dicerie popolari per il suo stretto legame con la magia e per il suo misterioso fascino.

-Calma ragazzi, non gridate, ormai manca poco, siamo quasi arrivati. Cominciate a mettervi il giubbotto e a prendere i vostri bagagli, presto dovremo scendere. Mi raccomando, non voglio vedere dei pazzi scalmanati che corrono senza ordine! So quanto abbiate aspettato questo giorno, ma pretendo un minimo di decoro.

Decoro? Come poteva la signora Smith, esigente professoressa di chimica, pretendere che la visita ad un posto simile non facesse salire l'adrenalina alle stelle? Insomma, ne avevano parlato e ne parlavano giornali, la televisione, ed erano addirittura stati scritti enormi romanzi sull'aura enigmatica che avvolgeva quella reliquia medievale, e lei, tranquilla e pacata in un modo quasi inquietante, parlava di decoro? Gli studenti lo sapevano, dietro quei piccoli occhialini dorati che la rendevano così all'antica e seria, anche negli occhi della donna baluginava una luce vivace e curiosa di mettere piede sul freddo marmo del plurisecolare pavimento dell'enorme salone da ballo del castello.

Sin da quando nella classe erano cominciate a diffondersi le voci di un possibile “viaggio di istruzione”, come amavano chiamarlo tutti gli insegnanti, della durata di più giorni, gli alunni della 2F dell'high school “Isaac Newton” di Davidson Town non stavano più nella pelle dal voler conoscere la meta più gettonata, e nel momento in cui avevano appreso che avrebbero visitato le meravigliose distese verdi di Albion e quel castello che sul testo di arte figurava come appartenente “allo stesso periodo in cui si stavano affermando le lingue romanze e che richiamava un collegamento con la monumentalità dell'architettura dell'antica Roma”, il Romanico, anche se per certi aspetti, dalle fotografie si avvicinava anche al periodo successivo, quello “dell'esagerazione e della voluta tendenza all'alto, al cielo, per protendersi con tutti sé stessi a Dio”, il Gotico.

A sentirne la descrizione sembrava di parlare sì di un luogo di inestimabile valore, cosa che era, ma anche irraggiungibile, intoccabile, quasi appartenente ad un altro mondo, eppure sapere di esserci ormai così vicino elettrizzava tutti quei giovani che ormai erano intrepidi di scendere dall'autobus per entrare finalmente nei meandri più segreti del castello.

La frenesia aveva contagiato persino l'autista, che con dispiacere ci rivelò di volersi fermare con noi, ma di non poterlo fare perché doveva tornare immediatamente al capolinea.

Eppure, nonostante l'enorme magnificenza di quella gita emozionante e di quei tre giorni di fuoco che stavano per cominciare, Albar e Dan se ne stavano rannicchiati sui due sedili più nascosti dell'autobus a giocare con la Play Station Portable a Fifa2011.

All'improvviso il mezzo si fermò in un largo piazzale pavimentato di pietre: erano arrivati.

-Forza ragazzi! Adesso scendiamo, con ordine mi raccomando!

-Ma no! Siamo già arrivati?- chiese il primo imbronciato che non poteva più completare la partita che aveva cominciato ormai da un'ora e che stava vincendo brillantemente come al solito.

-A quanto pare! Dai continuiamo dopo!- esclamò il secondo con un'espressione di lieve contentezza, come se si stesse costringendo a mostrare un po' di impazienza di vedere quell'immenso edificio.

Albar Dugton e Dan Steward erano due diciassettenni vivaci e pieni di vita, nati nella stessa città, lo stesso giorno e a poche ore di differenza; si poteva quasi affermare che fossero gemelli, anche se in realtà il loro aspetto fisico era molto diverso, praticamente l'opposto.

Il primo infatti era alto e snello, con gli occhi scuri, neri come le tenebre notturne, e i capelli che si intonavano con essi, con un color castano scuro che con il riflesso della luce solare si schiariva leggermente, dando un effetto quasi pittoresco alla sua esile figura.

Il secondo, invece, era il sosia perfetto del principe azzurro: alto nella media, magro, con la carnagione chiara che sul viso incorniciava i suoi meravigliosi occhi azzurri, che talvolta venivano coperti dai ciuffi ribelli dei suoi capelli biondi.

Ad attenderli davanti al grande cancello di ferro c'era una giovane donna, che appena li vide scendere dal mezzo, si diresse premurosa verso di loro, sorridendo vivacemente e presentandosi come la guida esperta che li avrebbe guidati all'interno del castello di Fenis, Lara Thomson, mentre la professoressa contava gli studenti che si avviavano verso l'inizio di un entusiasmante viaggio primaverile.

Appena varcarono il ponte levatoio, furono travolti da una leggera brezza e da un dolce profumo di fiori. Si trovavano nei curatissimi giardini privati che circondavano l'edificio principale. C'erano alberi da frutto con piccoli germogli appena nati, fiori colorati che erano sbocciati con l'avvento della flebile luce del mattino e delle fontane architettoniche che spruzzavano acqua creando, a contatto con i raggi del sole, delle sfuggenti aure di arcobaleno che mostravano ancora più vigorosamente quella bellezza.

-Allora, dove cominciare.. vedo che siete rimasti tutti completamente estasiati dalla bellezza dei giardini e dall'estrema cura con la quale vengono accuditi; direi che ne vale la pena visto il risultato splendido che ne deriva, non trovate? Guardatevi un po' in giro, perché poi entreremo nel castello, che sarà un po' meno colorato, ma altrettanto sfarzoso e interessante!- esclamò Lara osservando con cura ogni nostro movimento, per assicurarsi che non sfiorassimo nulla di quella sontuosa meraviglia.

-Quale famiglia poteva avere una ricchezza tale da mantenere un posto del genere?!- chiese una ragazza del gruppo, che era una delle più coinvolte nell'osservazione minuziosa di ogni particolare.

-Se volete seguirmi verso l'esterno del castello, darò risposta ad ogni vostra domanda.

In un battibaleno tutti si rimisero in cammino, e dopo un breve tratto sui grigi sassi del sentiero che conduceva all'ampia entrata si trovarono a pochi metri dallo storico maniero. Guardare il suo punto più alto da così vicino di certo faceva venire il torcicollo, la sua imponenza era quasi indescrivibile per coloro che non l'avevano mai visto, ma la guida, che era, nonostante tutto, sorpresa come la prima volta in cui aveva potuto ammirarlo, riuscì ad esaminare ogni più minimo dettaglio.

-Eccoci qui; questo è il famoso Fenis, che avrete sicuramente studiato in storia dell'arte. Secondo fonti attendibili, esso sarebbe stato di appartenenza di una famiglia di presunti maghi, chiamata Magis, che aveva ereditato il suo possedimento in seguito alla schiacciante vittoria contro gli infedeli che aveva portato all'istituzione degli stati d'Outremer, sopravvissuti sino al 1303, nella prima crociata, per merito di Ser Yavria, che pare abbia combattuto con particolare forza il giorno del trionfo. Come potete notare l'edificio, anche se aveva solamente la funzione di abitazione, è costruito interamente in mattoni e pietre, molto resistenti in caso di attacchi nemici, in più le torri sono coronati da merli a coda di rondine, dietro ai quali si nascondevano i soldati incaricati di proteggere il castello. La pianta è sostanzialmente rettangolare, anche se, messo a confronto con altre costruzioni del tempo, è come se gli mancasse un'ala del castello, e in effetti internamente conta solamente dodici stanze, contro le usuali venti, ma probabilmente fu solo un artificio architettonico.

Dopo una breve descrizione della parte esteriore della fortezza, la guida condusse i ragazzi all'interno di essa, per mostrare il lusso sfrenato degli interni e i grandi ritratti dei più importanti discendenti dei Magis che avevano abitato in quel luogo prima della caccia alla stregoneria del medioevo che aveva sequestrato il castello facendolo diventare proprietà papale.

La prima enorme sala, quella da ballo e dei ricevimenti, era di forma rettangolare con quattro possenti pilastri sugli spigoli che sorreggevano l'ampio soffitto a cassettoni; il pavimento di essa era in marmo pregiato e formava un curioso disegno, forse un simbolo degli arcani, di cinque cerchi concentrici, di cui il più grande circoscriveva due pentagoni disposti in modo contrario che a loro volta contenevano una stella a dieci punte. Le pareti erano ornate con preziosi arazzi di gusto orientaleggiante alternati a finestroni sormontati da arconi decorati e coperti da grandi drappi di tende setose. Al centro del soffitto pendeva un particolare lampadario di cristallo probabilmente aggiunto nel diciottesimo secolo, per volere del proprietario, con l'intento di esaltare il pregio di quello splendido spazio.

In seguito la scolaresca passò nella “sala dei ritratti”, così soprannominata a causa dell'enorme numero di raffigurazioni che vi erano appese al muro. Tutti i quadri avevano la stessa dimensione, tranne due che erano leggermente più grandi e disposti al centro della parete frontale, rappresentanti un uomo, vestito con un armatura a maglie e con una croce rossa sul petto, e una donna, che all'apparenza sembrava veramente orribile, coperta solo da un leggero tessuto bianco.

Albar e Dan, che finora avevano seguito passivamente la visita guidata, fingendo di interessarsi, si destarono concentrandosi nell'osservazione del primo dei due dipinti, quello del cavaliere.

-Albar caro, non vorrei dire eh, ma caspita quello ti assomiglia proprio!

-Ma vuoi scherzare? Ti sembro così vecchio?!- i due amici si guardarono e poi si unirono in una sonora risata che interruppe la spiegazione appassionata della guida che lanciò loro un'occhiataccia.

-Ho visto che siete attratti da quel quadro; ne avrei parlato tra poco, ma poichè che siete così curiosi lo farò adesso e poi passerò a Farhejya. Dunque quello è Ser Yavria, il cavaliere crociato che vi ho citato prima. Come potete notare, il segno distintivo dei seguaci di Carlo Magno è proprio la croce rossa sul petto.

-Scusi, e la donna vicino a lui?

-Lei è Lady Farhejya, l'ultima moglie di Ser Yavria; sicuramente da quel ritratto penserete che sia brutta, ma in realtà è stata per secoli tramandata la leggenda della sua bellezza, sostenendo che discendesse dalla luna!

Quei quadri erano belli, ma altrettanto noiosi, così quando Lara si accorse del progressivo aumento di disattenzione, decise di condurre gli studenti nella sala da pranzo, dove c'erano anche degli spuntini che potevano assaggiare, fatti apposta per intrattenere i visitatori.

Lungo il corridoio però Dan e Albar si distrassero nuovamente, questa volta attirati dalla frivola oscurità di una porta nera circondata dalle ragnatele, e recante un cartello che sembrava illeggibile.

Dopo aver controllato che né la guida, né la professoressa li stessero osservando, decisero di avvicinarsi un po' di più per sapere cosa c'era scritto su quell'insegna polverosa.

A differenza delle altre porte del castello, sembrava che non avesse mai subito alcuna sorta di ristrutturazione; era fatta di legno, probabilmente mogano, dipinto con il color della pece e rovinata in alcuni punti dai segni del tempo.

I suoi spigoli erano abbelliti con dei motivi fatti probabilmente in oro che la rendevano preziosissima, e la maniglia, dello stesso materiale delle decorazioni, era coperta da due dita di polvere, come se fosse intoccabile e fragilissima.

Dopo aver soffiato sopra il cartello finalmente si poteva leggere l'inquietante avviso che vi era scritto: “Divieto assoluto di entrare; pericolo di morte”; quest'ultimo era posizionato sopra un'antica pergamena, riccamente ornata, con un incisione latina scritta con lettere a stile di miniature, probabilmente ne era la traduzione.

Cosa può attirare di più due adolescenti annoiati durante una gita che sembrava interminabile se non il gusto di provare il proibito, di infrangere le regole? I due si scambiarono uno sguardo d'intesa, quasi come se si fossero letti nel pensiero e Dan afferrò con sicurezza la maniglia e in pochi secondi, quella pergamena era solamente un avvertimento inutile.

Erano assolutamente ansiosi di scoprire cosa mai si nascondesse dietro quella porta e appena riuscirono a dare un'occhiata all'interno ne rimasero letteralmente delusi. Si aspettavano un ricco arsenale di armi da guerra di ogni tipo, magari mappe recanti il percorso per il rinvenimento di un tesoro segreto e invece si trovavano in una banale camera da letto.

Erano di fronte all'ingresso a una stanza molto grande. Al centro c'era un letto coperto di lenzuola bianchissime, sormontato da un lussuoso baldacchino di velluto rosso e con le finiture di filo d'oro, che cadeva verso il pavimento con dei drappi eleganti. Ai lati dell'uscio due candelabri di bronzo perfettamente lucidi e sulla parete sinistra si apriva una grande finestra, coperta da meravigliose tende di seta a balze.

Sul parquet era steso un tappeto bellissimo, degli stessi colori del baldacchino, e con motivi molto particolari che si chiudevano a cerchio, al cui interno c'era il disegno di un bellissimo uccello, quasi leggendario, forse una fenice.

Lungo la parete su cui poggiava il letto, poi c'erano appesi due quadri con cornici molto preziose con due ritratti simili a quelli che si trovavano nell'altra sala.

Infine sul lato opposto alla finestra c'era una scrivania fatta in legno di ciliegio, su cui c'era un calamaio vuoto e una penna blu e argentata.

-Pericolo di morte? Ma è una banale stanza da letto!- iniziò Dan.

-Lo penso anche io! Ma chi vogliono prendere in giro? Mah.

-E io che mi aspettavo chissà che cosa!

Per quanto idiota fosse quel divieto a loro avviso, c'era sicuramente qualcosa che non quadrava tra l'esterno e quella camera. Tutto fuori era sì curato, ma non così minuziosamente, e perché la porta era impolverata come se non fosse sfiorata da secoli nella parte che si affacciava sul corridoio e invece dall'altra sembrava nuova?

I due provarono a cercare di gustarsi quella bravata dando uno sguardo ancora in giro per cercare qualcosa di interessante, e il loro desiderio venne esaudito. Fu Albar a notare una strana colonnina di vetro che si trovava tra la scrivania e il letto. Era sfaccettata e con la luce della finestra rifletteva l'arcobaleno. Su di essa c'era un cuscino rosso di seta con frange dorate, coperto da un misterioso stendardo a forma di scudo con al centro un'aquila reale, su cui appoggiava una freschissima rosa.

Niente di strano, poteva trattarsi della stanza di un fanatico di rose che le riteneva talmente importanti da metterne addirittura una in quel modo, già, poteva essere solo eccentricità, se quella rosa non fosse stata nera.

Erano spettatori di un'assurda maledizione o quella era solo una burla?

Il fiore sembrava appena colto e donava alla stanza un sinuoso profumo di leggerezza e sicuramente se la si annusava da vicino avrebbe mandato chiunque in estasi.

-Dai, una rosa nera, interessante ed estremamente pericolosa, Dan! Fuggi, se ti segue puoi morire!

-Oh Dio mio! Aiuto!

I due cominciarono a ridere a crepapelle dopo l'improvvisato siparietto, ma ben presto si costrinsero a smettere, visto che in quel luogo era come se si stesse creando una distorsione spazio-temporale.

-Ehi che sta succedendo?- chiese allarmato Albar.

All'improvviso essi furono assaliti da un grande terrore che li fece lentamente indietreggiare, e Dan, completamente preso dal panico di quella strana magia, fu il primo che velocemente corse fuori dalla stanza; l'altro però fu come se non riuscisse più a muoversi come se una forza invisibile lo stesse trattenendo tra le sue velenose e mortali spire. Egli cominciò a ricredersi: forse quell'avviso aveva ragione.

Voleva fuggire, voleva seguire Dan, voleva tornare dagli altri e prendersi la sgridata della signora Smith per essersi allontanato dal gruppo senza avvertimento e poi voleva salire sul pullman, andare all'albergo e terminare la giornata nel divertimento, ma il suo cervello non rispondeva agli stimoli e lo induceva solamente a fissare quel fiore dalla rara bellezza.

Sentiva le sue braccia e le sue gambe pesanti, i suoi occhi avevano perso il loro spirito, ed erano diventati blu come i gelidi mari d'Antartide e tutti i pensieri che aveva in testa piano piano, lasciarono posto all'immagine della rosa che era come se lo attirasse verso di sé.

Così con una lentezza spaventosa, passo dopo passo si trovò davanti alla colonnina di vetro che aveva cominciato a risuonare nelle sue orecchie con un fastidioso tintinnio e poi tese il suo braccio verso quella che era diventata la fonte primaria dei suoi desideri. Voleva toccarla, voleva o forse era come indotto a farlo, sta di fatto che con la punta dell'indice destro della mano sfiorò uno dei petali di quel fiore nero.

   
 
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