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Autore: Tico_Sarah    26/09/2010    3 recensioni
Il villaggio di Taraah ha sempre vissuto chiuso nella foresta. L’equilibrio e le abitudini degli abitanti non sono mai state interrotte se non da esigui contatti con il mondo esterno. Tuttavia, l’arrivo dei pirati e una nuova malattia che incombe sul villaggio, portata da un animale misterioso, cambieranno le cose una volta per tutte. Una persona da salvare, un viaggio azzardato e un misterioso frutto, muteranno per sempre la vita della protagonista di questa storia. E non solo la sua… Anche Taarah non sarà più la stessa. [Spoiler negli ultimi capitoli; Leggere bene la nota in fondo al capitolo per informazioni.] Mi raccomando, leggete gli avvertimenti; per il resto... buon divertimento!
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Portuguese D. Ace, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Capitolo 4

 

Svolta

 

Era notte.

Il cielo scuro avvolgeva tutta l’isola e, indistinamente, anche tutto il resto di quel mondo che Arissa conosceva così poco. La luna piena si rivolgeva agli abitanti della terra, osservando tutta la vita che le scorreva al di sotto con indifferenza, attirando a sua volta gli sguardi di molta gente. Così, i suoi pallidi raggi si diffondevano con grazia ed eleganza sul territorio, bussando delicatamente alla finestra già aperta di Arissa, entravano e s’insinuavano debolmente nella piccola stanza della ragazza, illuminando il viso della ragazza, seduta sul davanzale della finestra con la schiena poggiata al muro e le gambe raccolte al petto. Di fronte a lei era stesa la mappa che le aveva regalato Shanks, e un fermacarte impediva che il lieve venticello la favesse volar via. 

Gli occhi neri di Arissa vagavano sul cielo, inerti e vacui, alla ricerca di qualcosa. Pregava silenziosamente, senza incrociare le dita delle mani né sussurrare nulla. Semplicemente guardava il cielo, con aria supplice.

Sul letto, il vento soffiava sulle pagine del diario sporco che aveva trovato sulla nave.

Arissa ascoltò il rumore della carta che veniva sfogliata, poi reclinò il capo e lo appoggiò al muro, e spostò lo sguardo sulla carta geografica. C’erano così tanti posti sconosciuti... Ma lei trovava così ingiusto quel desiderio di scappare, ora che sua madre stava male.

Chiuse gli occhi e li riaprì subito dopo.

Eppure c’era qualcosa di non completo in lei. Una strana ansia, un buco nel cuore... Qualcosa che non sapeva definire. Sentì le lacrime che le salivano agli occhi, di nuovo, ma stavolta lasciò che le scivolassero leggere sulla guancia e cadessero dal suo volto.

Era davvero un desiderio così ingiusto, il suo? Partire, scoprire e studiare il mondo e i suoi abitanti... Shanks era davvero così libero come diceva? Fare il pirata significava avere la libertà assoluta? E la libertà da cosa...?

I suoi occhi vagarono sul limitare della foresta che si intravedeva da casa sua.

Libertà di viaggiare e imparare, di diventare una studiosa. Cosa che in quel paese non era affatto possibile. E poi tornare, un giorno.

Di nuovo immaginò un futuro lontano, in cui lei tornava a bordo di una grande nave maestosa, con alle spalle anni di ricerca e di carriera... E tutti che l’attorniavano per complimentarsi con lei... Le ragazze che cercavano di imitarla. Sarebbe stata una svolta.

Taraah sarebbe tornata ad avere contatti con l’esterno. Avrebbero ricevuto visitatori, marinai e medici da tutto il mondo...

Arissa accarezzò con lo sguardo la cartina e sorrise lievemente tra le lacrime.

Allora sì che sarebbero stati liberi. La foresta non li avrebbe più fermati.

Tirò su con il naso e si asciugò le lacrime, quando all’improvviso udì un rumore indistinto. Rimase in ascolto, attenta, e ben presto capì che erano passi pesanti e strascicati. Balzò giù dal davanzale, afferrò la carta e la nascose in fretta sotto il letto.

La porta scricchiolò e si aprì.

-Non stai ancora dormendo, Arissa?- domandò una voce.

Lei si sedette sul letto e aspettò che la porta si aprisse del tutto, che Eichiro entrasse e se la chiudesse alle spalle senza fare troppo rumore. Un leggero scatto, e l’uomo si adagiò con le spalle al legno.

Non sembrava assonnato. Stanco, ma non assonnato.

-Anche tu non stai dormendo- osservò Arissa, seduta sul letto con le gambe incrociate. Si passò una mano tra i capelli, nervosa, e se li spostò sulla spalla destra. Quella cascata nera risaltò chiaramente sulla camicia da notte di seta bianca.

Arissa amava risparmiare, se significava avere a disposizione i soldi per comprare eleganti capi di vestiario.

Eichiro la guardò in silenzio, poi indicò la finestra.-Hai freddo?-

-No, papà- rispose lei, senza entusiasmo.

Lui le sorrise, ma non appena individuò il diario aperto ai piedi del letto, quel sorriso stentato gli morì sulle labbra in un istante.-Stai leggendo? Cosa?-

Arissa si fece dura. Era imbarazzata, non avrebbe voluto avere quella discussione con il padre proprio in quel momento, ma sembrava che la cosa si rendesse necessaria. E per sostenerla doveva accantonare l’imbarazzo e la tristezza.

Eichiro si avvicinò lentamente e, senza distogliere gli occhi dalla figlia, prese il diario in mano. Gli diede un’occhiata e deglutì sonoramente.

-L’ho trovato sul battello di un uomo. Avevi detto che era il mozzo della nave dei pirati.- Disse lei, frigida.

Lui strinse la copertina tra le dita, furente.-E a me pare di averti detto di stare lontana da quella gente.-

-Non sono cattivi- si giustificò Arissa, sulla difensiva.-Anzi, mi hanno dimostrato di godere di fiducia più di quanto abbia fatto tu!-

-Abbassa la voce!- la rimproverò Eichiro, tirando il diario sul letto con stizza.-Possibile che tu debba sempre cacciarti nei guai...?-

-Come l’hai contattato, papà? Credevo che la rete di lumacofoni fosse inutilizzabile per contattare i luoghi esterni all’isola...- disse Arissa, tagliente.

Eichiro le rivolse un’occhiata dispetata.- Tu non capisci Arissa... Non è stata colpa mia...- e dicendo ciò si avvicinò alla figlia per prenderle le mani, ma lei si ritrasse e scese dal letto, portandosi di nuovo davanti alla finestra. Il vento scosse i suoi capelli, e per un attimo la sua sagoma interruppe il flusso della luce lunare.

Eichiro rimase avvolto nel buio.

-Quell’uomo portava con sè un animale infetto. Lo sapevi?-

L’uomo trasalì, e nella sua mente riaffiorò chiaramente il ricordo dei morsi rinvenuti sul corpo del figlio di Kakuri, nitido e doloroso.-Vuoi dire che...-

Arissa annuì.-Leggi quel diario, papà. È l’unica cosa che posso raccomandarti.-

Lui si rivolse al diario e lo afferrò con avidità.-Potrebbe esserci la soluzione!- bofonchiò.

-Papà...- mormorò Arissa, spostandosi dalla finestra e avvicinandosi al padre.

-Non capisci Arissa...! Qui c’è la soluzione!- fece, fuori di sé. Girò le pagine come se da ciò dipendesse la sua vita, senza neanche  leggere le parole. Finì il diario e lo riaprì di nuovo dall’inizio, ricominciando a sfogliarlo in modo quasi maniacale.-Giorno uno... giorno ventitrè... Giorno settanta...-

Mano a mano che l’operazione  procedeva però, la velocità diminuiva. Alla fine Arissa, prima che potesse ricominciare a sfogliare il diario daccapo per la terza volta, si avvicinò e gli prese le mani tremanti tra le sue.-Non c’è niente. L’ho già letto io. Non c’è niente- sussurrò.

Lacrime di amarezza scivolarono dal volto di Eichiro.

Arissa avvertì un peso al cuore, ma cercò di mostrarsi più forte di quanto non fosse in realtà.

-Non capisci... La malattia è contagiosa... E la colpa è mia... Ho permesso che quell’uomo attraccasse qui...-

-L’avrebbe fatto comunque- intervenne Arissa, con voce spezzata.-Hai visto? Cercava il frutto Tam-Tam... Cercava il frutto che cura tutti i mali...-

Eichiro singhiozzava.-Tu non capisci...-

-Si sarebbe fermato comunque a Taraah...- ripetè Arissa, a un passo dallo scoppiare in lacrime.

Arissa lasciò le mani del padre di scatto e corse ad affacciarsi alla finestra, portandosi un braccio davanti alle labbra per soffocare i singhiozzi. Si sentì morire dentro in quel momento.

A cosa serviva sognare, se la realtà andava in pezzi?

Eichiro rimase immobile a piangere, poi si voltò e uscì dalla camera. Aprì la porta e prima di andarsene aggiunse:-Cammy sta male. Mi spiace non avertelo detto prima. Suo padre è morto. Ho cercato di nascondere la faccenda. Mi diaspiace angelo. Ho tradito la tua fiducia.-

Uscì, lasciando Arissa affacciata alla finestra, con gli occhi chiusi e il viso rigato di lacrime.

Non appena la porta si chiuse, lei si gettò sul letto, affondò la testa nel cuscino e si sfogò.

 

(...)

 

La spiaggia era bellissima.

Arissa barcollò sulla sabbia, trascinandosi sulla sabbia dorata come un’automa. Guardava fisso il mare che si stendeva oltre l’orizzonte, azzurro e cristallino. Limpido. Puro.

Arrivò con i piedi nell’acqua e si fermò, distrutta. La vista era stupenda da lì. Il cielo si sposava con il mare, alla linea d’orizzonte, e i due sembravano unirsi in intenso abbraccio.

Eppure quella bellezza non compensava il fatto che la nave di Shanks non ci fosse più. Niente più vessillo dei pirati del Rosso in giro, niente più uomini indaffarati, niente più pirati di cui non potersi fidare. Niente più pericoli venuti dal mare. Era tornato tutto come prima, alla spiaggia. Il sole abbagliava e si rifletteva sull’oro e sull’azzurro, allegro e confortante.

Arissa si voltò e guardò il limitare buio della foresta e sentì una forte rabbia assalirla, oltre che allo sconforto.

Shanks se n’era andato senza dire nulla. Aveva detto che sarebbe partito, ma non quel giorno. Non l’aveva neanche salutata. Perché?

Non che la cosa la facesse disperare. Dopotutto era sempre uno sconosciuto, ma lui con la sua presenza le aveva infuso quel po’ di determinazione che le serviva. Era arrivato dal mare, e attraverso il mare era scomparso. Come un soffio.

Arissa strinse tra le dita la stoffa della tracolla, dove teneva la cartina. Sarebbe sembrato egli stesso un sogno, se non le avesse lasciato quella testimonianza del suo passaggio.

Allora perché si sentiva così frustrata? Aveva bisogno di lui in quel momento. Ne aveva bisogno più di ogni altra cosa al mondo.

-Te ne sei andato senza salutarmi- disse, al vento.

Com’era naturale, non le arrivò nessuna risposta.

-Avevi detto che avresti risposto alle mie domande... Beh, non hai mantenuto la tua promessa, Shanks!- esclamò, arrabbiata. Strinse i pugni. Era imbarazzante parlare con l’aria, eppure ne aveva bisogno. Si prese una pausa per trarre un respiro profondo:- MI HAI SENTITO?! NON L’HAI MANTENUTA, LA TUA PROMESSA!-

 

...

 

-Capitano... Sei sicuro di voler andare via proprio ora?- domandò un uomo della ciurma di Shanks.

Il capitano stava in piedi sul ponte della nave e guardava il limitare della foresta con aria serena. Quando si sentì rivolgere la domanda, si curò di prendersi una pausa ad effetto prima di rispondere.

Dietro di lui, Beckman gli lanciò un’occhiata inquisitoria.

-Ovvio che sì!- esclamò Shanks, sicuro.-Salpiamo e proseguiamo il nostro viaggio! La nave è pronta, no? Allora che aspettiamo?-

L’uomo se ne andò sorridente e soddisfatto, ma Beckman si avvicinò al suo capitano e gli posò una mano sulla spalla.-Capitano...-

-Non volermene.- Disse Shanks, rabbuiandosi un po’.-Non voglio far soffrire nessuno- e con nessuno”, lui e Beckman si capirono al volo,- ma non posso continuare a farla sognare inutilmente. Potrebbe chiederci di unirsi a noi, e a quel punto cosa dovrei risponderle? Sì? No?-

-Potresti salutarla.-

-Si sta attaccando troppo a me.-

Beckman scoppò a ridere.-Non credi che sia un po’ troppo presto per dirlo?-

Shanks gli lanciò un sorriso enigmatico, ma dentro di lui sapeva che non era affatto troppo presto per dire una cosa del genere, e che il suo parlare non peccava affatto di superbia. Arissa avrebbe tentato la strada più facile per uscire dalla sua prigione, ma non era sicuramente la strada più giusta per lei.

Era soltanto una ragazzina che non sapeva niente del mondo, e in quanto tale, vivere da pirata – perché Shanks era sicuro che gli avrebbe chiesto di salire sulla sua nave – non era il modo esatto per guadagnarsi la libertà.

-Adesso andiamo- concluse il capitano, ridendo.-Ci aspetta il Nuovo Mondo!-

 

(...)

 

Arissa si costrinse ad avvicinarsi a casa di Cammy. La porta, ovviamente, era sprangata e per un attimo la ragazza temette che la sua amica non sarebbe mai più venuta ad aprirle. Alzò una mano e, riluttante, colpì il legno sgangherato per tre volte di fila.

Attese con il cuore in gola per tre minuti, poi fece per voltarsi, distrutta.

Invece, inaspettatamente, i cardini cigolarono, e un viso pallido e smunto apparve alla soglia.

Arissa rimase pietrificata.

La sua amica era ancora più magra del solito, e la sua pelle era quasi trasparente, avvolta da una coperta arancione e solare che dava un tocco d’allegria a tutta la figura. Nonstante l’eccessiva magrezza e le guance incavate, Cammy sembrava rinata. I suoi occhi celesti erano brillanti e presenti, e le sue labbra erano curvate in un sorriso timido, ma speranzoso.-Ciao...-

-Cammy...- sussurrò Arissa, avvicinandole una mano al viso pallido.-Sei... Sei tu...?-

La ragazzina ridacchiò e lasciò che Arissa l’abbracciasse così forte che, vedendo la sua struttura gracile, qualcuno avrebbe potuto pensare che si sarebbe spezzata.

I capelli biondi erano sciolti sulle spalle, e Arissa li accarezzò affettuosamente.-Ero così preoccupata per te... Sono stata così egoista questi giorni... Ho pensato solo a me, senza considerare che tu stavi male... Mi dispiace, Cammy! Perdonami!-

La bambina stette in silenzio, con gli occhi lucidi e le labbra serrate, poi mormorò:-Vieni dentro...-

 

Arissa si lasciò cadere sul divano.

La sala della casa di Cammy fungeva anche da camera da letto, e il divano si poteva aprire per godere del suo uso secondario. La copertina beige, consunta e rattoppata, si stropicciò quando Arissa ci si sedette sopra.

La luce filtrava dalle persiane chiuse in quantità sufficiente da avvolgere la stanza nella penombra.

Cammy si tolse di dosso la coperta e, dopo averla piegata in quattro, la poggiò su una sedia dondolante addossata alla parete.-Sono stata molto male questi giorni. Mio padre è...- deglutì.

Arissa le sorrise confortante e, a dirla tutta, anche in modo un po’ invadente.-Ho capito Cammy... Non c’è bisogno che tu lo dica se non vuoi...-

-... Morto.- Proseguì Cammy, con gelida calma. Si pentì subito dopo e abbassò gli occhi blu.-Sono rimasta sola e mi sono ammalata. Tuo padre veniva tutti i giorni a curarmi- sorrise dolcemente.-E adesso guardami! Sono in perfetta forma!-

Gli occhi di Arissa si fecero lucidi.-Lo vedo... Sono così contenta...-

Cammy sorrise.

-Sarei dovuta venire da te, e invece sono stata... Altrove.- Mormorò Arissa, soffocando l’ultima parola in un sussurro angosciato.

-Non preoccuparti...- Le disse Cammy, sedendosi a sua volta sul divano e guardando Arissa.

-Sei cambiata.- Osservò Arissa, commossa.-Sembri una vera donna, ora.-

Le due scoppiarono a ridere.

-Ma se tu sei guarita vuol dire che la malattia non è così grave come pensava mio padre!- esclamò Arissa, contenta.-Sarà contento di sapere che tu stai bene!-

Cammy annuì compostamente.-Certo.-

-Allora che ne dici di andare da lui a dirglielo?- rise Arissa, sollevata e al tempo stesso incredula.

-Purtroppo io non posso uscire di casa, Arissa.- Le confessò Cammy, arrossendo.-Non vorrei che qualcuno si ammalasse per causa mia... In realtà neanche tu avresti dovuto entrare, ma sono troppo stanca di stare da sola...-

-Lo capisco...- esclamò Arissa, con voce stridula. Era come un sogno. Forse Shanks se n’era andato portandosi via il resto di quell’incubo. Ecco. Era la fine dell’incubo!

-Ci vediamo dopo, magari!- le rispose Cammy, timidamente.-E non andartene troppo in giro con quei pirati...-

-Se ne sono andati!- fece Arissa, in tono trasognato.-Adesso vado e poi torno... Con una buona notizia- aggiunse a se stessa, poi si congedò da Cammy e uscì dalla porta d’ingresso chiudendola senza far rumore.

Si fermò e rimase un po’ con le mani sul legno e gli occhi chiusi. Respirò profondamente e, sollevate un po’ le palpebre, gettò un occhio a casa sua. Vide suo padre che stava sulla soglia, immobile, appoggiato alla porta esattamente come lei.

Stava piangendo silenziosamente, e intanto guardava dritto avanti a sé.

Arissa avvertì una fitta al cuore e le ginocchia le tremarono. Si raddrizzò e si diresse lentamente verso casa sua.

Quando arrivò a un paio di metri da Eichiro si fermò e lasciò che lui la guardasse senza dire niente per qualche istante.

Si fissarono l’un l’altro a lungo, nel silenzio.

-Devo darti una brutta notizia.- Disse Eichiro improvvisamente, e nel farlo si passò una mano sul viso.

Arissa divenne di pietra e un brivido le passò attraverso la schiena. Annuì.-La mamma?-

-Sì...- Mormorò Eichiro, con voce tremante.

Arissa fece un sorriso tremolante e cupo.-Posso entrare?-

Eichiro non si spostò dalla porta e deglutì sonoramente.-Devo dartene anche un’altra.-

Lei chiuse gli occhi e lasciò che le lacrime le scivolassero sul viso, snebbiandole la vista.-Allora anche tu...?-

-Ho sempre detto che sei una ragazza sveglia.-

-Quanto tempo hai?-

-Dipende.-

Arissa lasciò cadere il silenzio e si crogiolò un poco in quella nuova sensazione di smarrimento e dolore. Se Eichiro fosse morto, per tanti avrebbe significato la fine, perché non ci sarebbe più stato nessuno in grado di sostituire le sue competenze mediche. Per tanti altri sarebbe stato un sollievo, perché le voci di una sua negligenza nel preoccuparsi del nuovo virus si era sparsa in fretta come la malattia stessa.

Ma per Arissa, sarebbe stata la totale distruzione della sua amata famiglia, che era ben diverso.

-Non è stata colpa tua...- dichiaro Arissa, con voce strozzata.-Tu hai fatto il possibile.-

-Non lo credi davvero... Lo dici per pietà.- Disse Eichiro, e intanto si scansò dall’ingresso e aprì la porta.

Arissa intravide la sala buia e un senso d’angoscia le attanagliò la gola e il cuore. E di lei, cosa sarebbe stato? Era così ingiusto... Teneva troppo ai suoi sogni per vederli sfumare.

-Non entri?- domandò Eichiro, senza entusiasmo.

Lei raddrizzò le spalle cadenti a causa della frustrazione e alzò il viso per guardare suo padre.-No.-

Eichiro la fissò, glaciale e commosso al tempo stesso.-Tu sei proprio una bambina, angelo.-

-Non sono un angelo. E se me ne rimango qui rischio di rimanere una bambina per sempre!- esclamò Arissa con dignità.-E io non voglio rimanere intrappolata. Voglio vivere i miei sogni.-

-E quali sarebbero, questi sogni?- domandò Eichiro, abbassando lo sguardo a terra, sconvolto.

-Io diventerò un medico come te, papà. Anzi, molto meglio di te.- Disse Arissa, vergognandosi delle sue stesse parole. Arrossì un po’, ma non si fermò.-Perché io voglio scoprire tutto ciò che ancora non so sul mondo e sulle persone che lo abitano, in modo da diventare una persona colta e saggia! Questo è il mio sogno.-

-Ci vuole poco ad essere colti, Arissa... Ma addirittura essere saggi...- Aggiunse Eichiro, con un velo d’arroganza nella voce.-Io ci ho provato tanto, ma come vedi non ci sono riuscito. Forse è questo villaggio.Ti tiene incatenato entro un certo limite.-

Arissa prese un profondo respiro.-Adesso scusami, ma non entrerò lì dentro... Non ho bisogno di salutare un morto... Perché io credo solo nella vita. Se mia madre vorrà ascoltarmi, la saluterò da qui.-

-Dove vuoi andare?!- esclamò Eichiro, non appena vide che la figlia gli voltava le spalle con tremante decisione.

Arissa fece un paio di passi e si fermò, ancora titubante.

-Sei solo una bambina. Cosa vuoi fare?!- le gridò dietro Eichiro.

Lei non si voltò. Nuove lacrime rigarono il suo volto. Stavolta erano lacrime di terrore e di tristezza, e lei non aveva paura di mostrarle in pubblico. Perché adesso avrebbe davvero solcato l’ignoto, da sola.

-Vado a imparare, papà.- Rispose, in un singhiozzo.-E a incamminarmi verso il mio sogno!- si asciugò le lacrime con il dorso della mano e posò la stessa sulla tracolla. La cartina e il diario sembrarono infonderle la forza di riprendere a camminare.

Eichiro rimase immobile, a guardare la sua figura snella andare verso la foresta, con il vestito blu scosso dalla quella lieve brezza marina che soffiava ad ogni ora. Si sentì come svuotato. Non poteva più fare niente, a parte stare in disparte e guardarsi affogare nella malattia.

Un’ombra calò su di lui, e alzando lo sguardo al cielo, vide che una nuvola nera aveva appena coperto la luce.

Sì. Era da tanto che lui aveva imboccato una via senza luce.

Si voltò ed entrò nella sua casa, ormai buia.

 

(...)

 

 -Oh, beh!- esclamò Ace, balzando giù dalla sua imbarcazione.-Sono arrivato molto più in fretta del previsto!-

Si guardò intorno. Era approdato su una bella spiaggia dalla sabbia dorata e lucente, che però in quel momento era oscurata dall’ombra delle nuvole temporalesche, che riflettevano sul mare il loro malumore.

Il giovane si mise le mani sui fianchi e guardò il cielo. Una luce improvvisa tagliò in due il cielo per scomparire in un istante, e pochi secondi dopo la seguì il rombo di un tuono in lontananza. Proprio un momentaccio, si disse Ace, stava anche per piovere. Lasciò scivolare lo sguardo sull’ambiente che lo circondava: dalla spiaggia alla sua destra, agli alberi alti che si stagliavano a pochi metri da lui, alla sua sinistra, dove la battigia si stendeva a vista d’occhio esattamente come dall’altra parte. Si calò un po’ il cappello sul viso e sorrise. Sembrava che il tipo della locanda avesse ragione, riguardo alla foresta.

Così, Ace decise di ispezionare la spiaggia che circondava l’isola, stabilendo che poi avrebbe cercato quel villaggio di cui gli aveva parlato l’oste. In tal modo, avrebbe cercato qualche indizio su Barbanera e, soprattutto, si sarebbe rifocillato a dovere. Dopotutto, lo stomaco iniziava già a protestare!

Sbadigliò e se ne andò fischiettando.

 

 

Angolino dell’autrice:

 

Eccomi ^^! Sempre presente XD

Comunque... Spero che questo capitolo non sia stato troppo noioso, ma sinceramente io lo adoro *_*. Non so se si è notato, ma a me piace descrivere i sentimenti umani, i dolori e la gioia delle persone, e quando scrivo vorrei trasmettere questi sentimenti al lettore. Ovviamente, mi reputo ancora alle prime armi (soprattutto perché parlando di Phatos, non parliamo di noccioline), ma faccio del mio meglio. Adoro le parti comiche ovviamente, e mi piace inserirne dove posso, ma in certi passi preferisco mantenermi sui sentimenti delle persone in quanto tali, senza mutare nulla.

È come se i miei personaggi, solo allora, acquisissero una forma e una vita propria, e io riesco a sentirli in me e a caratterizzarli al meglio.

 

Un’altra osservazione. Nonstante il contrasto luce/ombra nel contesto dello smarrimento morale delle persone sia un tema abbastanza utilizzato, io lo adoro. Per me non passa mai di moda e mi piace utilizzarlo nelle mie composizioni. Così come non è un caso che Arissa all’inizio sia illuminata dai raggi della luna. Ho scelto questa situazione per rappresentare questo personaggio ancora immaturo, indeciso. Così come i raggi della luna non sono quelli intensi e caldi del sole, Arissa è delicata e ancora fragile, a volte troppo fredda e rigida.

 

Ancora, e dopo giuro che ho finito (XD), è l’attenzione che vorrei puntare sul tema della storia: i Sogni. Non a caso il titolo si chiama “Nel cuore dei sogni”, non l’ho messo soltanto perché ne avevo voglia. Mentre nella mia precedente fic “Homless” (giusto nipote? XD) è dedicata al tema della libertà personale e collettiva, (e infatti ricorre spesso questa parola nel corso della storia), questa fiction sarà dedicata ai sogni. Sogni irrealizzabili, irrealizzati e da realizzare; tema che, tra parentesi, secondo una mia visione personale, domina anche nel mondo di One Piece. Dunque, questo capitolo diventa il nodo centrale della storia: è da qui infatti, che comincerà la storia di Arissa.

 

tre88: sono contenta che ti sia piaciuto il capitolo ^^. Devo ammettere che mentre scrivevo avevo anche io l’impressione che quei due fossero dei detective XD. Ti ringrazio molto per aver recensito ^^ X3. È un sollievo per me sapere che trovi la storia interessante ^^

Alla prossima! Un bacione

 

Akemichan: *si appunta tutto quello che dice su un taccuino, come Arissa* Ovviamente i capitoli divertenti ci saranno all’arrivo di Ace. Per adesso sono tutti in fase cupa XD. Probabilmente hai capito bene XD... Infatti più che altro mi sto divertendo ad immaginare la storia, più che ad arrivare alla fine XD. E poi ho ancora tutti i compiti da fare XD... Che disastro!

Un bacio!!! *saluta con entusiasmo*

 

ayumi_L: eh, già... giusto su con la vita XD. Comunque secondo me sta passando... X3 Va già meglio, anche se non benissimo!

 

the one winged angel: nipoteeeee!!! Mi prendeva quasi a male pensare che non ci saremmo più sentite fino al dieci ottobre ^^!!!! Che bello!!!!

Comunque, mi spiace anche a me per Kaguya... ma era necessario per mettere in moto la nostra eroina XD.

Infatti, Shanks ha una faccia buona ^^ Non esplicitamente losca come quella di Barbanera ... (quanto lo detesto!!!)

Eh, purtroppo non è un bel periodo, no... Ma tutti voi (e tu in particolare, insieme ad altri), mi tirate sempre su il morale ^^. Per questo, qualunque sia la sorpresa, anche se piccola, non devi sentirti in imbarazzo!! *_*

Purtroppo non posso dilungarmi tanto per causa compiti, ma sappi che io ti ringrazierò sempre e mai abbastanza per tutto quello che fai per me!!! ^^

Un abbraccione fortissimo.

W la nipote!!!

 

 

 

  
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