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Autore: charliotta    05/10/2010    9 recensioni
".......è una trappola! vattene!" urlò infine.
In un secondo sentì alle sue spalle un rumore di metallo, con tutta la forza che aveva in corpo Conan la scagliò a terra, mezzo secondo più tardi uno sparo.
La camera cominciò a girare, sentiva i suoni svanire, il dolore della botta la inondò.
Un tonfo, poco più il là, ruppe il silenzio. Si alzò sui gomiti, cercando di mettere a fuoco la scena, non avrebbe mai voluto farlo.....un urlo strozzato e acuto le uscì dalla gola eccheggiando in tutto il magazzino.
La sagoma era accasciata a terra, immobile, una chiazza nera si disegnava intorno a lui rapidamente.
"No!no!" gridò lanciandosi su di lui e prendedogli la testa tra le mani "no...vi prego...non lui!vi prego,no lui!"
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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le reali intenzioni SAAAAALVE GENTE!!! No, non avete le visioni, sono proprio tornata xDDD credete che non avrei più aggiornato, vero? Ebbene, vi sbagliavate!! Non posso abbandonare una mia storia, o perlomeno non quando mancano solo DUE capitoli alla fine! Si, esatto, questo che ho appena postato è il penultimo, vedrò di farvi avere l'ultimo appena posso.
Un ringraziamento speciale a coloro che mi hanno spronata a continuare inviandomi i loro commenti e le loro lettere, e anche a tutti gli altri che hanno avuto la pazienza di aspettare!!!
Vi voglio beneeeee <3
spero che il capitolo non vi deluda, e che vi faccia odiare un po' (ma anche no xD) meno il mio Rum. ^_^
Charliotta



                                                                            LE REALI INTENZIONI


Aprì lentamente gli occhi, sentiva le palpebre pesantissime e le ossa di ogni singola parte del suo corpo doloranti.
Si lasciò sfuggire un mugolio di dolore.
Che diavolo era accaduto?
La vista era annebbiata e confusa, vedeva sopra la sua testa una massa verde scura e nebulosa.
Dove si trovava?
L'ultima cosa che ricordava era che qualcuno lo aveva colpito da dietro e poi.....
Sgranò gli occhi. Ora ricordava.
Stava per ucciderlo, stava per ottenere la sua vendetta, quando quel quel dannato moccioso lo aveva tirato giù con sè dalla balconata.
Ma certo, ecco cos'era successo.
Quel povero illuso aveva creduto che in quel modo l'avrebbe tolto di torno. Invece lui era lì, vivo.
Sorrise malignamente.
La massa verde che aveva visto altri non era che un albero sul quale era precipitato salvandosi da un mortale impatto con il terreno.
Questa volta scoppiò a ridere.
A quanto pareva il destino era dalla sua parte.
Tentò di mettersi seduto, ma un dolore lancinante alla gamba lo bloccò.
Guardò innorridito il suo ginocchio destro. L'osso rotto della gamba aveva lacerato la pelle, facendo sporgere fuori l'arto ricoperto di sangue.
"Maledetto" sibilò l'uomo a denti stretti tenendosi la gamba con entrambe le mani. il sangue colava lento, lasciando spazio allo spettacolo agghiacciante dell'osso bianco che spuntava fuori dalla carne.
Quel dolore non faceva altro che alimentare la sua rabbia, che andava via via aumentando.
"Ti ammazzo...ti ammazzo..." continuava a ripetere con una folle luce negli occhi.
Se solo lo avesse trovato, quel moccioso.
Anche il bambino era precipitato giù dall'edificio, proprio come lui doveva aver avuto un violento contatto con il terreno duro di quel giardino.
Ma c'era un particolare, cioè che Rum era atterrato sopra un grande abete, il quale gli aveva attutito la caduta.
Sul suo voltò si disegnò un sorriso maligno, seguito da una grande risata.
Non poteva essersela cavata, lui aveva avuto la fortuna di cadere proprio su quella pianta, ma se così non fosse stato si sarebbe di sicuro rotto l'osso del collo.
Non poteva essere sopravvissuto.
Era morto.
Era finalmente morto.
Quelle parole risuonarono nella mente contorta di Rum come una dolce melodia, il suono sereno e inebriante della vendetta.
"Sei morto" disse ad alta voce, sorridendo nuovamente. La frattura esposta alla gamba ormai non la sentiva più, semplicemente non gli importava.
"Che ne dici, Shinichi Kudo? Chi è più furbo ora?" sogghignò forte, muovendo il pugno verso il cielo quasi volesse far giungere la sua voce fino alle stelle.
E intanto rideva.
Preso com'era dal suo successo non si rese nemmeno conto che una donna vestita completamente di nero, con i pantaloni aderenti e i tacchi a spillo era giunta al suo fianco.
"Rum, tutto a posto?" disse lei calma.
L'albino colto alla sprovvista sobbalzò alzando lo sguardo in direzione della voce. Una volta riconosciuta la figura la sua espressione mutò nuovamente in uno sguardo sadico.
"Vermouth...sei arrivata alla fine" rispose placido.
La donna lo guardò con un'aria amorevole sul volto. Si chinò su di lui e scostandosi i lunghi capelli d'oro dal viso appoggiò le sue labbra su quelle di lui.
"Perdonami se ci ho messo tanto, dovevo assicurarmi che tutto procedesse come avevo previsto" gli sussurrò dolcemente in un'orecchio.
Rum si scostò un poco, guardandola dritta negli occhi assassini. Ghignò vittorioso.
"Non hai ragione di preoccuparti, tutto si è svolto secondo i miei piani"
Non appena terminò di dire quelle parole un gemito leggero e debole giunse a poca distanza da lui.
Sbarrò gli occhi mettendosi sui gomiti per poter vedere meglio, preso improvvisamente da un terribile sospetto.
Nella penombra,vicino a dove era caduto lui si poteva scorgere una figura minuta sdraiata con ancora alcune foglie che le cadevano addosso. Aveva i capelli scuri, posati in modo disordinato occhi chiusi, un'espressione sofferente era dipinta sul viso pieno di tagli e graffi.
L'uomo sentì un'ondata di odio impossessarsi di lui. Affondò le unghie nella terra.
Vermouth rimaneva inginocchiata accanto al biondo senza muoversi, osservando inespressiva la scena, per poi far slittare lo sguardo dal bambino al malvivente.
"Anche questo faceva parte del tuo piano?" domandò calma, ai lati della bocca gli si abbozzò un piccolo sorriso.
Rum la gelò con un'occhiata tagliente.
"Quel piccolo bastardo...è sopravvissuto...." ringhiò a denti stretti fissando la figura del giovane detective con un'espressione carica di furia omicida.
Con foga iniziò a frugarsi nelle tasche alla disperata ricerca della pistola, pur cosciente del fatto di averla persa sul balcone durante il duello.
Sbattè un pugno a terra gridando.
Accidenti, non era possibile.
Proprio ora che credeva finalmente di esserselo tolto di torno quel moccioso era tornato.
"Vermouth, hai una pistola con te?" disse afferrando la donna per un braccio, fissandola folle, minacciosamente.
La bionda lo guardò calma, per nulla intimorita da quella reazione. Infilò la mano magra all'interno della sua giacca, per poi estrarre un'arma nera come la pece e lucida.
L'assassina la impugnò con sicurezza facendo l'occhiolino al suo interlocutore.
"Certamente" rispose amorevolmente.
L'albino ricambiò il sorriso tendendo la mano tremante per l'eccitazione verso di lei.
"Presto, dammela!" sibilò.
Vermouth lo guardò per un lungo minuto, per poi fissare la beretta che aveva tra le dita da tutte le angolazioni, come a volerne scoprire i significati nascosti, poi spostò gli occhi chiari nuovamente sull'altro, osservandolo sensualmente.
Con lentezza misurata appoggiò la bocca della pistola sulla nuca di Rum.
Al malvivente gli si gelò il sangue nelle vene.
"V-Vermouth....ma cosa...?" balbettò allarmato.
Lei lo guardò dolcemente, sfiorandogli la guancia con la punta dell'indice.
"Spiacente Rum, ma le nostre strade si separano qui. Non mi servi più ora" spiegò con la solita tranquillità, come se stessero parlando di una cosa di poco conto.
"Peccato, speravo proprio che potessi essermi utile per uccidere Sherry, ma visto e dimostrato che non esegui i miei ordini  non posso permettermi che tu rimanga in circolazione" aggiunse con una falsa espressione dispiaciuta sul viso.
L'uomo la fissò sbarrando gli occhi, terrorizzato.
"M-ma avevamo un'accordo....a te Sherry e a me la mia vendetta su Shinichi Kudo...erano questi i patti!" protestò tremante.
La bionda fece un sospiro.
"E' vero, ma mi vedo costretta a rimangiarmi la parola. Non posso permettere che tu uccida il mio silver bullet" spiegò.
"Silver bullet? Ma che stai......" si fermò a metà frase, preso da un'improvvisa ondata di consapevolezza.
Davanti ai suoi occhi passarono tutti gli avvenimenti da quando era giunto a Tokio, il suo incontro con quella donna, le sue richieste, le sue reazioni. Ora era tutto perfettamente alla luce del sole.
"Tu stai dalla sua parte...lo sei stata fin dall'inizio" sibilò scrutandola rabbioso.
L'assassina sorrise.
"Ora capisco. Ecco il perchè di quello strano accordo, ecco perchè non volevi che lo uccidessi finchè non avessi avuto anche la bambina. Sapevi che se mi fossi messo alla ricerca di Kudo anche Sherry sarebbe stata vicina, così avresti potuto ucciderla per poi eliminare anche me e fare in modo che il detective non fosse toccato"
Mentre diceva queste parole capì chiaramente di essere stato usato.
Sentì una fitta sgradevole allo stomaco.
Era stato manovrato come un burattino.
"Se solo Gin lo sapesse...." ringhiò furente.
Vermouth gli rivolse un'espressione degna di un demone.
" E dimmi, da chi dovrebbe venire a saperlo?" ghignò.
Rum chiuse gli occhi.
Non riusciva più a muovere un muscolo, le punte delle dita gli erano diventate fredde e la fronte aveva cominciato a impregnarsi di sudore. Le gambe gli tremavano.
Quindi era quella la sensazione che si provava quando si stava per moriere.
Gliene avevano parlato, ma percepirla sulla propria pelle era tutt'altra cosa.
Riusciva a sentire il suono del vento, l'odore di bagnato e dell'asfalto, il lento cigolare di un'altalena. E poi il suono più forte e vicino.
Il suo cuore.
Il suo cuore batteva forte, quasi all'impazzata, non lo aveva mai percepito così chiaramente come in quel momento.
Con il passare del tempo, si era convinto che avesse cessato di funzionare.
Sulle sue labbra si disegnò un sorriso, ma non era come quelli che faceva solitamente..
Era sereno, limpido quasi quanto quello di un bambino.
Credeva che il suo cuore si fosse spento da tanto tempo ormai, invece ora era lì, che gli urlava di ascoltarlo. Ascoltarlo un'ultima volta prima che cessasse definitivamente di battere.
Non sapeva da quanto stesse così, gli pareva che il tempo si fosse fermato attorno a lui.
Proprio ora che non gli restava più tempo vedeva la sua vita da una dalla quale non l'aveva mai vista.
Aveva fatto tante cose nel corso del suo viaggio, quasi tutte l'avevano reso il mostro che tutti odiavano.
Non l'aveva certo scelto lui, di essere un mostro.
C'era forse qualcuno che si era fermato per chiedersi perchè lui era così? No. Perchè lui era il cattivo e loro erano i buoni.
Perchè lui un cuore non lo possedeva.
Se era realmente così, allora perchè ora pulsava così forte?
Perchè aveva questo ardente desiderio di mettersi a piangere?
Forse era la paura di morire. Si, doveva essere per forza così.
Non poteva essere possibile che lui provasse tristezza o malinconia nei confronti di qualcuno.
Perchè lui era un mostro, e i mostri non possiedono un'anima.
Non l'avevano mai avuta.
Eppure, sentiva qualcosa dentro se stesso, un'immenso calore che gli riempiva tutto il corpo.
"Papà!" urlò la bambina mentre usciva dall'edificio insieme ad altri bambini delle elementari.
L'uomo la prese al volo mostrandole un dolce sorriso e stringendola con amore a se.
"Tesoro mio, come è andata scuola?" domandò guardandola nei grandi occhi verdi.
Lei entusiasta prese tra le mani la cartella aprendola ed estraendo un foglio tutto spiegazzato.
Ritraeva due faccie allegre, una piccola e una grande. Mano nella mano con accanto una casa rossa.
"Ti piace? Siamo noi" spiegò porgendo al padre il foglio.
Lui lo prese mettendoselo in tasca per poi posare la bambina a terra e prendere per la mano.
"E' bellissimo, ora andiamo a casa e lo appendiamo sul frigo insieme gli altri, ok?" le disse allegro.
Attraversarono la strada superando vari negozi e piazze per poi infilarsi in un piccolo quartiere isolato e con poche case, leggermente sinistro.
Purtroppo con la paga che l'uomo prendeva era tutto ciò che potevano mermettersi, ma non se ne davano peso.
In fondo loro non avevano bisogno di nulla di più.
Prese le chiavi dalla borsa per infilarle nella serratura, quando qualcosa lo bloccò all'improvviso.
Sentì qualcosa di freddo e duro appoggiarsi sulla sua nuca, una voce sinistra gli giunse alle orecchie.
"Girati. Lentamente e senza fare scherzi."
Istintivamente l'albino strinse maggiormente la presa intorno alla mano minuta della bambina, mentre lentamente si girava.
Un'uomo muscoloso, con il volto coperto da un passamontagna e una pistola in mano incrociò il suo sguardo.
"Dammi tutto ciò che hai, svelto!" urlò volgendo la mano verso di lui.
"O-ok, non ti agitare" rispose l'altro allarmato, cominciando a frugarsi nelle tasche in cerca del portafoglio.
Lasciò la mano della bambina.
"Cattivo! Cosa ti ha fatto il mio papà? Perchè fai così?" pianse forte la piccola passandosi i pugnetti sugli occhi.
"Stai zitta, mocciosa!" urlò l'uomo.
La rossa, colta dalla rabbia, si avventò sul ladro iniziando a tirarlo per i polsi come a volergli far cadere la pistola.
"Noi non ti abbiamo fatto niente! Perchè vuoi farci del male?" singhiozzò.
"No! Ferma!" urlò il padre avventandosi sul ladro.
Si udì uno sparo.
In un'attimo il malvivente fuggì lontano, abbandonando l'albino contra le braccia una figura accasciata, in un lago di sangue.
Il biondo la scosse, la strinse a se piangendo e pregandola di aprire gli occhi.
Tutto inutile, quel visino pallido come quello di una bambola di porcellana non diede segni di vita.
Le guance della piccola erano ancora bagnate di acqua salata.
L'uomo urlò forte, più e più volte, chiedendo aiuto.
Non arrivò nessuno, era solo.
Alla fine, quel ladro si era veramente preso tutto ciò che aveva.
Si era portato via la sua anima.
E nessuno lo aveva fermato.
Un singhiozzo quasi impercettibile spezzò il suo petto.
Se nessuno aveva il diritto di privare un'altro della vita, allora perchè per lei era stato diverso?
Non era forse giusto che un'uomo distrutto e con nulla da perdere cercasse di colmare il vuoto che aveva dentro?
Di sfogare la sua ira su coloro che erano rimasti a guardare, senza fare nulla?
Ovviamente no, se ne rendeva conto anche lui ora.
"Noi non ti abbiamo fatto niente! Perchè vuoi farci del male?"
Quelle parole dette con tanta purezza e ingenuità gli risuonavano nella mente in continuazione.
Già, perchè?
Per cosa aveva ucciso e odiato per tutto questo tempo?
Non seppe darsi una risposta.
Ridicolo, che si rendesse conto ora di quanto fosse inutile e assurda la sua vendetta.
Ma forse era proprio così la morte.
Forse non esisteva paradiso e inferno, ma solo un luogo dove tutti riconoscevano e si pentivano dei propri peccati.
Udì un suono fortissimo, che in un'attimo spazzò via quel flusso di pensieri.
E poi il nulla.
In quell'attimo fu cosciente del fatto che di lì a poco l'avrebbe rivista.
il suo sole, il suo angelo.
Finalmente.


Guardò impassibile l'uomo accasciarsi a terra e una grande macchia di colore scarlatto macchiare la terra attorno a lui.
Raccolse il bussolo da terra, infilandoselo in tasca. Non poteva permettere che qualcuno potesse ricollegare in alcun modo l'organizzazione a quell'assassinio.
"Riposa in pace, Teru Osawa" pensò guardando il cadavere immobile sull'erba.
Si voltò senza alcun rimorso, ormai aveva imparato a prendere con indifferenza la morte di qualsiasi persona.
C'era solo un'individuo che le interessava mantenere in vita in quel momento.
Camminò in direzione del bambino svenuto che si trovava davanti a lei e lo prese tra le braccia.
"Tutto bene, cool guy. Sei al sicuro ora" sussurrò sorridendo dolcemente stringendolo a se in un'abbraccio protettivo, quasi materno.
Appoggiò il detective all'interno della sua auto, al lato del passeggero, per poi salire a sua volta e partire a tutta velocità.
Le strade erano deserte, la notte la proteggeva dagli sguardi sospetti come un'enorme manto nero.
Il silenzio che la circondava venne momentanemente spezzato da un paio di auto della polizia che le sfrecciarono veloci accanto superandola il minimo sospetto.
Sul suo viso angelico comparve un sorriso trionfale.
Ormai era inutile che quella gente arivasse dove lei era appena stata, non era presente nessun malvivente da arrestare. Non più.
Si girò verso il passeggero addormentato accanto a lei.
Benchè fosse malridotto e pieno di ferite aveva un'aria serena e tranquill, come se si fosse tolto un'enorme peso dal cuore. Ad un certo punto, forse solo un'attimo, le era parso di vederlo abbozzare un sorriso. Sperava sinceramente che fosse perso in dolci sogni , dopo tutto quello che aveva passato non meritava nulla di meno.
"Good night and sweet dreams, baby" sussurrò passandogli delicatamente una mano sulla guancia.
Il telefono della donna squillò improvvisamente staccandola dai suoi pensieri.
Lo estrasse dalla tasca guardando inespressiva il nome comparso sullo schermo, per poi avvicinarlo all'orecchio.
"Dove sei,Vermouth?" domandò glaciale l'interlocutore.
"Gin. stavo proprio per chiamarti. Ho fatto fuori Rum" rispose la donna, senza giri di parole.
Dall'altro capo giunse un suono come di dita che scricchiolavano.
"Non mi sembra di aver acconsentito una cosa del genere" ringhiò il biondo irritato.
Vermouth non si scompose minimamente.
"Non so se tu ne fossi al corrente, ma era un pazzo psicopatico che non avrebbe portato che alla nostra scoperta da parte dell'FBI, è questo che volevi?" lo punzecchiò la donna.
Gin sbuffò.
"Non dico che non fosse fuori di testa, ma prima di compiere un'esecuzione dovevi come minimo aspettare la conferma da parte del capo" sbottò.
"Non avevo alcuna intenzione di farmi ammazzare da lui come è successo a Chianti e a Korn" ribattè lei.
Ricordava quella sera molto chiaramente.
Guardò Conan con preoccupazione, andando a sfiorargli la piccola mano.
Quella sera aveva risciato di andare tutto a rotoli.
Aveva rischiato di perderlo.
Nonostante avesse calcolato tutto nei minimi dettagli lui era riuscito per l'ennesima volta a stupirla e a prenderla in contropiede.
Fece un sorriso amaro.
Ormai avrebbe dovuto saperlo, che non poteva battere in astuzia quel ragazzino con gli occhiali.
Si era illusa di potergli togliere Sherry dalle dita senza far capitare nulla a lui , e ora era lì, coperto di ferite e vivo per miracolo.
Quando lo aveva incontrato al porto, al loro primo incontro ufficiale, aveva letto nei suoi occhi la tenacia e il coraggio che erano ancora parte di lui con sempre più forza.
"Ti ho sottovalutato un'altra volta, cool guy. Ho fatto male." pensò accarezzandogli i capelli.
"E io che credevo che avrebbe funzionato. Avevo calcolato tutto, compreso che tu scoprissi che ero il dottor Agasa. Per questo avevo raccontato a Sherry quell'episodio della tua infanzia, apposta perchè lei lo dicesse a te e tu giungessi alla conclusione che il dottore non poteva avere quell'informazione. In questo modo nono solo avrei avuto tra le mani la traditrice, ma tu saresti stato salvo scappando dall'esplosione.
Non avevo però tenuto conto di un particolare.
Sherry, anzi, Shiho.
La ami, vero cool guy?
Per questo sei riuscito a rintracciarci, per questo le hai ordinato di scappare quando sei stato ferito ed è per questo che eri disposto a morire piuttosto che lasciare che la uccidessi.
Solo ora ho capito che non riuscirò mai a strappartela dalle braccia, ci ho provato e per poco non ti ho perso.
Sono stata costretta a fare fuori due dei miei stessi uomini per impedire che parlassero di te al capo.
Prima d'ora non mi ero mai preoccupata tanto di qualcuno al di fuori di me. Che cosa mi stai facendo, piccolo detective?"
"Vermouth?"
La voce profonda e fredda di Gin la staccò da quei pensieri riportandola alla realtà.
"Rum parlava sempre di un certo Shinichi Kudo. Ho fatto delle ricerche ed è risultato che sarebbe un detective morto a causa dell' APTX4869. Bizzarro, vero?"
La donna bionda ebbe un piccolo sussulto.
"Te l'ho detto che quell'uomo era pazzo.." disse simulando una risata, troppo finta e tirata per imbrogliare un' uomo come Gin.
"Dici? O forse vuoi farlo sembrare più pazzo di quanto non sia realmente?" sibilò l'assassino, gelido.
Vermouth fece un'espressione divertita, come a cercare di convincere l'interlocutore, anche se lui non poteva vederla.
"Hai detto tu stesso che Shinichi Kudo è morto. Stai insinuando che sia resuscitato o per caso dubiti dell'efficenza delle tue esecuzioni?" domandò maliziosamente.
L'uomo digrignò i denti ribollendo dalla rabbia.
"Sta attenta a giocare così con il fuoco, rischi di scottarti seriamente" sussurrò glaciale.
La donna fece l'indifferente, aveva imparato a prendere alla leggera le sue minacce, sapeva meglio di lui che finchè stava vicina al capo non poteva essere toccata da nessuno.
In conferma di questo si sentì uno sbuffo dall'altra parte dell'apparecchio, il quale la fece sorridere vittoriosa.
"Mi auguro che tu non mi stia nascondendo qualcosa, Vermouth" disse infine Gin.
Lei si girò, guardando nuovamente il suo compagno di viaggio.
Si portò l'indice sulle labbra.
"My dear, a secret makes a women women" sospirò sensualmente, prima di agganciare la chiamata.
Non posò però il telefono, componendo immediatamente un'altro numero.
Era tempo di far tornare tutto alla normalità, vale a dire rimettere a posto tutti i tasselli del puzzle.
E ne restava solo uno da piazzare.
Il più importante.
Si avvicinò il telefono alle labbra, coprendosi la bocca con un fazzoletto.
"Pronto? Non chiedere chi sono ne cosa voglio, ti interessi solo sapere che Shinichi Kudo è vivo."





  
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