Fanfic su artisti musicali > Jonas Brothers
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Autore: Maggie_Lullaby    08/10/2010    10 recensioni
Olive Monroe ha diciotto anni e da quando è nata vive nel Bronx, con una madre menefreghista, un padre assente e quattro fratelli a cui badare. Affoga i suoi dispiaceri nell'alcool, senza sapere che combinare della sua vita.
Poi, una sera, un'illuminazione, spontanea, come un fulmine a ciel sereno, un'idea che potrebbe cambiare totalmente la sua vita.
Nick Jonas è un diciottenne all'ultimo anno di liceo, chiuso in se stesso, senza nessuno con cui parlare, sempre chino sui suoi spartiti. Sì, perché lui scrive, scrive musica. Scrive vita. Scrive amore.
Joe Jonas è il cantante di una band hard rock della scuola, frequenta solo i membri del suo gruppo e a casa è assente, lontano. Vuole allontanarsi dal suo fratellino sfigato e dal maggiore pacifista.
Kevin Jonas va all'università, e sogna di rivedere a casa l'armonia di una volta. Ma, mentre aspetta, suona la chitarra.
Una storia d'amore, ma non l'amore che intendiamo noi. L'amore per una sola, unica, perfetta parte della vita di tutti noi...
La Musica.
Genere: Generale, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Joe Jonas, Kevin Jonas, Nick Jonas, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ehm, saaalve *saluta con la manina*

Lo so, lo so, sono giusto, solo un pochino, leggermente in ritardo; vi chiedo umilmente perdono prostrandomi ai vostri piedi.

Purtroppo tra il dodicesimo capitolo di I'm Only Me When I'm With You, la scuola, gli allenamenti troppo impegnativi di pallavolo e un provino di teatro a cui tengo molto non ho avuto occasione – e ispirazione – per mettermi buona a scrivere questo capitolo, che alla fine è stato fatto in sole tre sere o.O

Sono perdonata? *sorride a trentadue denti*

Senza occupare altro del vostro tempo prezioso passo direttamente ai ringraziamenti :)

Melmon: per tutte le tue domande troverai una risposta in questo capitolo, anche se per Joe... Beh, mmh... Leggi, leggi u_ù Grazie mille per il bellissimo complimento, un bacio a presto <3

Sheep: ohoh, mi aggiungerei a te *si mette a sbavare davanti a Nick leggermente imbarazzato* Ahah, spero ti piaccia questo capitolo :D Un bacio <3

DalamarF16: ooh, grazie mille per i bellissimi complimenti *o* Grazie per l'appunto, ho corretto :D Spero ti piaccia anche questo capitolo! Un bacio <3

She Is Mari: ed io chiedo umilmente perdono per il ritardo di questo capitolo >.> Ahah, ma stai tranquilla e grazie mille per i bellissimi complimenti *__* Grazie mille anche a te per l'appunto, ho corretto :D Un bacio, e grazie ancora <3

Sbranina: amoore <3 Tesoro, non hai chance, Samantha e Nick sono altamente pucciosi *ç* Non l'avrai franca anche sotto questo punto, no! uù *convinta* T'amo, t'adoro, ti voglio bene e I loge you so much <3

jeeeeee: waaa, scusami te per il ritardo! Ahah grazie mille, spero ti piaccia questo capitolo, a me è piaciuto scriverlo O.O Un bacio <3

eirene eimi: Oh, beh, grazie mille *-* Sono felice che questa fic ti piaccia così tanto, ne sono davvero contenta, ci sto davvero mettendo l'anima. Love you too. Un bacio <3

rosegarden: scusami, sul serio, per questo atroce ritardo ç.ç Non era mia intenzione, davvero c.c Spero che ti piaccia anche questo capitolo, un bacio <3

Danger_Dreamer_93: beh, si può definire tecnicamente presto questo ritardo? O.O Mi spiace ç.ç Sono molto contenta che ti sia piaciuto lo scorso capitolo, spero sia lo stesso anche per questo, un bacio <3

Marta: puzzi <3 Ti amo <3

Minako_86: ma guarda, anch'io sono logorroica e credo che tra contorte ci si intenda xD Grazie mille per i complimenti, i consigli e anche per gli appunti, correggerò gli errori appena ho tempo ;) Ci credi se ti dico che ti ho mandato a quel paese nemmeno una volta? xD Un bacio <3

Capitolo 5.


«Qual'è la persona a cui sei più grata per l'inizio di questa band?»

«Nick Jonas, senza di lui non avremmo mai combinato nulla di buono»


Kevin Jonas ripulì l'ultimo bicchiere in vetro, riponendolo sul grosso mucchio che si era formato accanto a lui, e si scostò un riccio ribelle dalla fronte.

Erano le cinque del pomeriggio passate e quasi tutti gli studenti dell'università si erano ritirati nelle proprie camere, chiusi in biblioteca o tornati nelle proprie case, quindi era normale che oltre a lui nel bar universitario ci fosse soltanto Randy, una matricola che stava mettendo a posto le stoviglie ascoltando a tutto volume i Rush.

In teoria, Kevin avrebbe finito il proprio turno da tre ore, subito dopo la pausa pranzo, ma poiché non aveva la minima intenzione di restare in casa per delle ore prima di uscire con Danielle quella sera aveva fatto gli straordinari. Di nuovo.

Era da mesi che Danielle e lui pensavano di affittare un appartamento e andare a vivere insieme, d'altronde avevano raggiunto il loro terzo anno di relazione, le cose andavano benissimo, senza contare che Kevin, in casa sua, non resisteva più.

Era da quando suo fratello Joe, sette anni prima, aveva iniziato il liceo che le cose non andavano più tanto bene: tutto a un tratto Joseph si era trasformato da un ragazzino divertente e spensierato a un ragazzo arrogante, prepotente, persino con Nick che non solo era suo fratello, ma anche un migliore amico. Nessuno dei due, in passato, sarebbe riuscito a sopravvivere senza l'altro. Mai.

Infatti, in pochi mesi, Nicholas – il ragazzo più vivace che avesse mai conosciuto – si era pian piano spento, come se una parte di lui fosse morta insieme al vecchio Joseph. Da quattro anni Nick stava rinchiuso in camera sua e a casa a malapena parlava con lui, con sua madre, con suo padre, con Frankie.

La situazione era talmente degenerata a tal punto che il Reverendo Jonas tentava, come Kevin, di restare a casa il meno possibile, trattenendosi in chiesa, e Denise si dedicava assiduamente a Frankie.

Ora toccava a Kevin andarsene e vivere serenamente, dopo anni, la sua vita con la donna che amava.

Era talmente immerso nei suoi pensieri che nemmeno si accorse del rumore di due persone che percorrevano il piccolo bar, fino a fermarsi davanti al bancone dove si trovava.

«Ciao, Kevin», disse Nick, schiarendosi la gola secca, accennando a un saluto con la mano.

Il ventitreenne alzò il capo, incrociando gli occhi con quelli del fratello diciottenne e dopodiché con quelli castani di una ragazza mora, i corti capelli spettinati.

«Ehi, Nick», gli sorrise. «Che sorpresa».

Il diciottenne abbassò il capo, dondolandosi da un piede all'altro, indeciso se cominciare a parlare o meno.

«Nicholas, ti muovi per favore?!», sibilò la ragazza, trafiggendolo con un'occhiataccia dopo aver lanciato uno sguardo al grosso orologio appoggiato alla parete.

Kevin la squadrò bene, doveva avere la stessa età di suo fratello, non era bellissima, ma aveva uno strano fascino magnetico, probabilmente imprigionato nei suoi occhi castani, così anonimi eppure con una strana luce.

«Kevin», si presentò il ventitreenne, accennando a un piccolo sorriso.

Liv lo guardò qualche istante, prima di rispondere.

«Olive».

Un flashback improvviso lo colse; ma certo, Olive, la compagna di banco silenziosa da quattro anni, la ragazza a cui aveva accennato Nick tanto, forse troppo, tempo prima.

Quel ricordo lo rese ancora più incredulo a vederli insieme, per quanto ne sapeva Nick non aveva mai frequentato nessuna se non una certa Samantha al secondo anno.

«Kev...», iniziò Nick, riportando la sua attenzione su di lui, «ho bisogno di te per un aiuto. Davvero, è molto importante». Nei suoi occhi brillava, come non accadeva da tempo, una luce luminosa di speranza, di eccitazione.

«Dimmi, ti ascolto», disse il maggiore.

«Beh, tu... Tu suoni la chitarra, no?», proseguì, incerto.

«Ovvio, da sempre». La chitarra era una delle altre cose che l'aveva salvato dalle giornate in università.

«Vedi, Liv ed io, insieme ad altri ragazzi... Insomma noi...».

«Oh, cazzo, Nicholas, non ci vuole una laurea! Stiamo formando una band, ci serve un chitarrista, ci stai o meno?!». Dritta e coincisa, come ogni volta.

Nick arrossì sino alla punta delle orecchie e quasi mancò che cercasse di seppellirsi nella kefia che teneva stretta intorno al collo.

Kevin passò lo sguardo da quello serio, deciso di Olive a quello di Nick, sempre con quella luce negli occhi castani.

Era da sette anni che il ventitreenne non vedeva quella luce negli occhi del fratello. Sette anni. Ed ora Nick era convinto, finalmente interessato un progetto, a qualcosa, e Kevin non avrebbe mai permesso a sé stesso di fermare quel piccolo miracolo, non se lo sarebbe mai perdonato.

Rispose senza esitazioni, senza un'ombra di dubbio.

«Quando iniziamo?».


Tell me did you sail across the sun
Did you make it to the Milky Way to see the lights all faded
And that heaven is overrated

(Drops oj Jupiter; Train)


«Ma che schifo», sbottò Jason, imitando un'espressione disgustata, mentre Liv faceva di tutto per controllarsi e non mandarlo a quel Paese.

«Beh, proponi tu un nome migliore, allora, Matthews», sbottò piccata, incrociando le braccia al petto.

«L'ho già detto, The Street è fantastico», commentò il ragazzo, con tono strafottente, ripetendo per l'ennesima volta il nome che trovava assolutamente fantastico per la band.

«Sant'Iddio come sei originale», grugnì la mora. «Abbiamo già detto no, Jason, smettila».

«Ma perché vi pare che The Sixth sia meglio?!», sibilò lui.

«Fa schifo pure questo, che pensi?!».

«Ehi!», intervenne Philip, offeso, creatore del nome.

«Ma non sapete essere lievemente più originali? Dio mio, ci vuole originalità nella vita!», grugnì Kevin, seduto tra Nick e Amanda.

«Sante parole», cinguettò quest'ultima, sbattendo le lunghe ciglia verso di lui, facendogli levare gli occhi al cielo.

«Nick?», lo chiamò Jodie, colpendolo lievemente sulla spalla per attirare la sua attenzione.

«Sì?», domandò, sbadigliando.

«Hai qualche consiglio?», chiese Jodie, pazientemente.

«Mmh, no, no, ve l'ho già detto», biascicò.

«Molto utile», rise arrogantemente Jason.

«Cazzi tuoi mai, eh?», inveì Olive contro quest'ultimo, senza riuscire dominare i propri istinti, scostandosi i capelli dagli occhi.

Kevin, quando faceva così, non poteva fare a meno di ammirarla. Solo il fatto che avesse incluso suo fratello nel progetto la riempiva di stima da parte sua.

«90210», saltò su Amanda, eccitata per l'idea.

«Certo, vuoi aggiungere anche Beverly Hills davanti o ti accontenti?», chiese Olive.

«Io almeno ho proposto qualcosa, tu no», si lamentò la bionda.

«Piuttosto che sparare stronzate potresti startene zitta un po', come me, no?», la riprese Liv, sempre con la risposta pronta sulla punta della lingua.

Amanda non trovo di che ribattere, ma guardò la gemella sperando questa dicesse qualcosa in sua difesa. Non accadde.

«Scusatemi, a questo punto tanto vale chiamarla The Band e tanti saluti», si lamentò Philip, appoggiando la schiena alla sedia.

Erano chiusi da due ore in quel piccolo locale all'angolo della Fift Avenue per scegliere i dettagli della band, come il genere di musica da suonare e, cosa più difficile, il nome. Dopo aver votato ed essersi rifiutati di fare del rap, come proponeva Jason, avevano deciso di suonare musica pop-rock, remixando anche qualche vecchia canzone dei Beatles o dei Led Zeppelin.

«Drops of Jupiter», mormorò Nick, talmente a bassa voce che a sentirlo fu solo Jodie, che si illuminò sentendo quel nome.

«Ma è bellissimo!», esclamò felice, facendogli un gran sorriso. Nick ricambiò, impacciato.

«Cosa?», chiese Amanda. «Cosa?».

«Drops of Jupiter. C'è una canzone che si chiama così, no? Dei Train. Oh, Nick, ma sei un genio, secondo me va benissimo». Jodie era esaltata, amava quella canzone da quando aveva dodici anni.

Amanda annuì, abbastanza soddisfatta, mentre Kevin annuiva, entusiasta quanto Jodie, sentiva spesso Nick cantare quella canzone in camera prima che Joe gli gridasse di stare un po' zitto.

Olive sorrise, il nome le piaceva, le suonava bene. Ecco a voi i Drops of Jupiter!, si sentiva gridare nella testa prima di un concerto, le Gocce di Giove. Giove, il grosso pianeta fatto di gas, inconsistente. Come loro.

Sì, le piaceva.

«Sei grande Nick».

Il diciottenne le fece un gran sorriso, era il secondo complimento che gli faceva nell'arco di una giornata.

Philip approvò, complimentandosi a sua volta con il riccio, ammettendo che era di gran lunga meglio degli altri proposti.

Jason non si espresse, preferì rimanere in silenzio, osservando seccato il soffitto mentre tamburellava le dita sul tavolo.

Già che non ribattesse Liv lo considerò un buon segno.

«Se qualcuno non ha qualcosa in contrario, allora, io segno questo nome per la band», disse la moretta, scostandosi i capelli dagli occhi, guardando particolarmente Jason. Continuò a rimanere nel suo stato di mutismo.

Olive tracciò su un foglio, con la sua scrittura disordinata ma sottile, Drops of Jupiter sopra ai nomi dei componenti, affiancati dallo strumento che avrebbero suonato.

«Se qui abbiamo finito io andrei a casa mia», chiarì Jason, alzandosi con uno sbuffo.

«Vai pure, ho i vostri numeri di telefono, vi avvertirò per dirvi dove e quando dobbiamo incontrarci per le prove», spiegò Liv, mentre uno alla volta si alzavano tutti ad eccezion fatta per Nicholas, che rimase al suo posto.

«Va bene», le sorrise Jodie, mentre Amanda era già andata avanti. «Ci sentiamo presto, Liv, ciao, e grazie di tutto».

Liv fece un cenno rigido alla mora riccia che si allontanava, non era abituata ad essere trattata con così tanto calore.

«Io Nick devo andare, esco con Dani», disse Kevin, dando una pacca fraterna sulla spalla del fratello minore. «Ci vediamo 'sta sera, okay? Non torno tardi e se sei ancora sveglio vengo in camera tua, se vuoi».

«Certo, okay», disse il riccio, con un piccolo sorriso timido, stringendosi nelle spalle.

A tavola rimasero solo lui ed Olive, che lo guardava con attenzione.

Rimasero in silenzio, a spiarsi di nascosto, mentre una cameriera sulla cinquantina, il viso paffuto e quasi senza collo li guardava con un'occhiata maliziosa.

Liv tamburellò le dita sul tavolo, lanciando un'occhiata alla donna e facendole cenno di avvicinarsi.

Quella li raggiunse quasi saltellando, con passo molleggiato e prese con due dita la banconota da cinque dollari che le porgeva Liv, consegnandole il resto e tornando indietro, lanciando ogni tanto delle occhiate a quella che lei considerava una coppia.

«Nicholas, ti sono grata», sussurrò la ragazza, penetrandolo con i suoi occhi marroni.

Nick si rizzò a sedere sulla sedia, un cipiglio confuso sul viso.

«Di che?», chiese.

«Per Kevin, ci... mi hai salvato la vita presentandocelo. Ora posso davvero sentirmi sollevata. Grazie», disse seria, guardandolo fisso.

Il diciottenne arrossì.

«Beh... mmh, prego», balbettò, tingendosi di bordeaux sino alle orecchie.

Liv fece un piccolo sorrisetto e si alzò.

«Io vado, Nick, ci vediamo domani a scuola», disse.

«No, aspetta», fece lui, incespicando, rovesciando indietro la sedia nella fretta di alzarsi, attirando su di sé parecchi sguardi divertiti e quello sfinito di Olive, corse dalla cameriera, le diede due dollari e raggiunse la ragazza, che teneva le braccia incrociate e un sopracciglio inarcato.

«Ti posso accompagnare?», domandò. «A casa, beh, io... da me... Non ho nulla da fare».

Liv percepì nell'aria il nome di Joe e arricciò il naso, facendo un brusco cenno col capo.

«Tu sai dove abito io, Nicholas? Non è una bella zona», spiegò seccamente, scostandosi una ciocca di capelli dagli occhi.

«Dove?».

«Bronx», disse lei. «E sta per fare buio; senza offesa, ma non voglio essere responsabile di te».

«Ho diciotto anni...», fece lui, piano. «So badare a me stesso».

Liv gli lanciò un'ultima occhiata.

«Lo spero per te».


You are not alone
I am here with you
Though we're far apart

(You're not alone; Michael Jackson)


Per arrivare solo nel Bronx ci misero mezz'ora, considerando le metropolitane piene a causa dell'ora di rientro dal lavoro e altri quindici minuti con i pullman per arrivare nella zona dove abitava Liv.

Quando scesero dall'ennesimo bus erano quasi le otto e il sole era calato. In cielo non brillavano né stelle né c'era la luna, sarebbe stata una nottata nuvolosa; Nick non si sarebbe stupito se il giorno dopo avesse piovuto.

Le strade erano stranamente semi vuote e l'unica presenza che accompagnava i due adolescenti era qualche cane randagio.

«È sempre così....», iniziò il riccio, alla ricerca dell'aggettivo adatto.

«Inquietante?», lo aiutò Olive, con tono sbrigativo.

Nick annuì imbarazzato.

«Oggi mi pare una serata buona», sospirò lei, «di solito è peggio. Fidati».

Il ragazzo si fermò un secondo, guardandosi intorno con un'improvvisa ansia in corpo, e quando riprese a camminare il cuore gli batteva forte, il doppio di prima.

«Non dirmi che hai paura?», scoppiò Liv, guardandolo a bocca aperta a metà tra il divertito e lo scandalizzato.

«Io? No». Scosse il capo con forza. «Assolutamente no».

Gli occhi di Liv si fecero più grandi, illuminati dal divertimento.

«Sei un tipo strano, Jonas», proferì. Non lo disse come gli altri che l'avevano inseguito con quella frase per tutto il liceo, ridendo di gusto vedendolo sottomesso, ma con un tono pacato, di una persona che sta semplicemente costatando la realtà.

Nick le fu grato.

Camminarono in silenzio qualche minuto, l'uno accanto all'altra, i gomiti che quasi si sfioravano.

«Ehi, bellezza!», gridò qualcuno alle loro spalle, facendo improvvisamente irrigidire Nicholas. Lui e Liv si voltarono insieme, Nick con espressione spaventata e lei fredda e calcolatrice. Dietro di loro c'era un gruppetto di circa sei ragazzi, ormai oltre la soglia dei venti, la voce biascicata di chi ha già bevuto troppo, nonostante l'ora.

«Bellezza!», ripeté lo stesso ragazzo, al centro, reggendosi appena sulle proprie gambe. Aveva un fisico scultoreo, i capelli corti quasi rasati a zero. «Vuoi fare un giro con noi, bella donna? Lascia stare il ragazzo e vieni con noi!», intimò.

Nick non possedeva coraggio, o almeno credeva. Non aveva mai ribattuto a un ordine o risposto male, ma come quel ragazzo iniziò ad importunare Olive sentì dentro di sé montare una rabbia nuova, sempre più crescente.

Fece per aprire la bocca, ma Liv lo strattonò.

«Andiamo, Nick, lascia stare». Nei suoi occhi non c'era traccia di paura, si era trovato forse troppe volte in una situazione simile.

Il riccio lanciò un'altra occhiata al gruppo dietro di loro e la seguì. Liv lo prese a braccetto, come se fossero una coppia, ma più probabilmente perché non voleva che a causa di qualche strano impulso tornasse indietro per dire quattro parole a quel branco di ubriaconi.

«Bellissima, dai, non fare la preziosa, cos'ha quel ragazzetto più di noi, eh? Vieni qui, ti faccio vedere io che cosa possiede un vero uomo!».

Nicholas non si sarebbe stupito se, girandosi, l'avesse visto esporre la sua eccitazione, come un'esibizionista.

Liv lo strattonò più forte, aumentando il passo.

«Tu sali a casa mia e ti fai venire a prendere da un taxi», gli mormorò in un orecchio, sibilando irritata. «Mancano ancora dieci minuti».

Nick sentì un tuffo al cuore: dieci minuti sembravano troppi.

«Ehi, ragazza, avanti, vieni a bere qualcosa con noi. Sul serio, vieni. Cos'ha quel Jonas più di me, eh? Cosa?!», gridò un'altra voce, più possente.

Sentendosi nominare il diciottenne non poté fare a meno di voltarsi, mentre Liv bestemmiava.

Gli ci volle qualche istante per riconoscere l'ultimo ragazzo che aveva parlato, dopodiché divenne semplice dare un nome anche alla maggior parte degli altri.

Ed eccezione del primo e di un altro, più esile, tutti gli altri erano gli amici inseparabili di Joe, coloro che non andavano mai da nessuna parte senza di lui.

«Eh, Jonas, alla fine te la spassi con le belle donne, eh? EH?!», esclamò Kyle Woodrow, il secondo ad aver parlato, tra l'arrabbiato e lo strafottente.

«Vai avanti e non rispondere», gli intimò Olive, sentendolo più rigido al suo fianco. «Sta' zitto, Nicholas, per l'amor di Dio».

Il riccio annuì e si rimise a camminare, aumentando ancor di più il passo.

Anche i ragazzi dietro di loro, però, li imitarono, e prima che Nick o Liv potesse fare qualcosa James, un ragazzo con l'orecchino, afferrò la ragazza per le spalle, strappandola alla presa di Nicholas, facendola gridare d'indignazione.

Il viso di James era talmente vicino a quello di Olive che la ragazza poteva sentire il suo alito puzzare di alcool e sigarette. Scostò il capo verso Nick, che stava fronteggiando Kyle e Lucas, un altro della compagnia di Joe.

«Lasciatela andare», ordinò, con tono fermo. «Subito!».

«Allora non sei balbuziente, vero Jonas? Hai sempre b-b-balbettato con noi». Lucas scoppiò in una pesante finta risata.

Se non ci fosse stata di mezzo Olive probabilmente Nick sarebbe scappato, ma lei era lì e lo fissava con quei suoi occhi castani, quasi supplicandolo. Probabilmente fu solo un'impressione di Nick, Liv non supplicava.

James strinse ancora di più la presa al braccio di Liv, facendole scappare un gemito.

Nick non ci vide più dalla rabbia.

«Ho detto di lasciarla andare!», urlò, tentando di spingerli da parte. Un pugno, non seppe di chi, se di Lucas o Kyle, gli si piantò sul naso; il mondo si mise improvvisamente a macchie per qualche istante mentre Nicholas indietreggiava e si portava una mano al naso, ritraendola grondante di sangue.

«Maledetti figli di puttana», grugnì Olive, senza riuscire a staccare gli occhi da Nicholas.

«Che linguaggio colorito», biascicò James. «Sai, sei molto sexy quando ti arrabbi...».

Olive gli diede un calcio a un piede a approfittò del momento per sfuggire dalla presa del ragazzo e per avvicinarsi a Nick, ancora disorientato.

«Piccola bastarda», la maledì James. «Aspetta solo che...», fece per tirare su un braccio, la mano destra aperta, pronto a tirargli uno schiaffo, quando si udì un'altra voce.

«Ho preso altra birra!», gridò Joe Jonas, comparendo nel mezzo della rissa con un sorrisetto e due casse piene di bottiglie tra le mani.

Gli ci volle un istante per riconoscere il fratello minore, sanguinante, piegato in due, e ancor meno a vedere che ad avere una mano schizzata di sangue era Lucas.

«Che cazzo è successo?!», sibilò, appoggiando a terra con uno scatto le bottiglie di birra.

«Joe, Nicholas qui... Mi ha provocato... Io...», iniziò a balbettare Lucas, indietreggiando all'occhiata penetrante e assassina di Joseph.

«Ora non fai più tanto lo strafottente, eh?», lo riprese Liv, preda di un odio cieco.

Joe guardò il fratello, che aveva finalmente lo sguardo e lo vedeva come se fosse solo un'apparizione e nulla di reale.

«Andate», ordinò il ventunenne, indicando i suoi amici.

«Joe...».

«ORA!», gridò con tutta la voce che aveva, facendo scattare sull'attenti James, e allontanare tutti quanti, ad eccezione di Kyle che si fermò a recuperare la birra a terra prima di raggiungere gli altri.

Joe aspettò di vederli girare l'angolo prima di voltarsi verso il fratello, che si era retto solo in quel momento sulla schiena, il naso che continuava a sanguinare copiosamente.

«Sei un idiota, Nicholas», sibilò Joe, avvicinandosi verso di lui e lanciandogli con disprezzo un pacchetto di fazzoletti che teneva nella borsa. «Che cazzo ci fai qui, eh?».

«Stava accompagnando a casa me», rispose al posto di Nick Liv, con voce punta dall'acidità.

Joe inarcò un sopracciglio, squadrandola.

«E tu sei?».

«Olive», fece la mora, seccamente.

«Beh, Olive, portati a casa anche questo qui e chiamagli un taxi, non credo che la gente sarà molto contenta se si metterà a spargere sangue per tutta la metropolitana», le disse, spostando lo sguardo dalla diciottenne al fratello e viceversa.

Nick fu scosso da un brivido di dolore, ma non era per il naso che, ci avrebbe giurato, era probabilmente rotto, ma piuttosto per le parole di Joe. Anche in una situazione simile lui rimaneva lo sfigato della famiglia.

«Tutto qui? “Chiamagli un taxi”?! È tuo fratello!», esclamò la ragazza.

«In che modo dovrebbe importarmi?».

Liv fece un passo avanti e gli sputò in faccia, sotto lo sguardo strabiliato di Nicholas.

«Mi fai schifo», sibilò lei, prima di tornare dal minore.

Joe si asciugò il viso, disgustato, prima di lanciarle un'occhiata piena di disprezzo.

«Piccola stronza...».

«Oh-oh, che paura», lo scimmiottò Liv.

Il ventunenne fu preso dall'istinto di prendere a calci qualcosa, o qualcuno, ma si trattenne e si limitò ad imprecare ad alta voce.

«Andiamo, Nicholas», disse il suo nome come se fosse una parolaccia. «Ti porto a casa».

Nick fece un sorriso, raggiungendolo ma rimanendo comunque due passi dietro di lui.

«Ci bediamo dobani, allora», biascicò, rivolto alla ragazza.

Olive fece un segno con la mano, come se stesse scacciando una mosca fastidiosa.

«Fatti mettere a posto quel naso, piuttosto», disse.

Nick le sorrise ancora e seguì Joe, che si era già incamminato verso un parcheggio.

Liv li seguì con lo sguardo; pochi minuti dopo notò una macchina nera, non ne riconobbe la marca, lasciare lo spiazzo in cemento. Probabilmente la loro.

Liv sospirò, iniziando ad incamminarsi ma piuttosto che tirare dritto, verso casa, girò a sinistra, in direzione di un bar.

Aveva bisogno di una vodka.


Continua...

  
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