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Autore: LadyMorgan    19/10/2010    5 recensioni
Ogni storia, grande o piccola che sia, ha un inizio. Un inizio a volte dimenticato, confuso, perduto. Ma non per questo meno importante. Questa è la storia di Lily Evans e del suo Inizio.
Dal Capitolo I:
"Non so quali pianeti si fossero messi d’accordo per rendere la mia nascita così difficile, ma fu così: trentasei ore di travaglio piene, in cui mia madre fece del suo meglio e del suo peggio per dare vita ad un essere di tre chili e mezzo che come primo ringraziamento la fissò con due occhi grandi come metà faccia."

Questa storia parla della vita di Lily Evans, raccontata da lei stessa in prima persona.
In particolare del suo primo anno ad Hogwarts e di come mano a mano si forma la sua brillante personalità.
Dal 3° Capitolo
"La cosa più irritante in assoluto, invece, erano Black e Potter, non necessariamente in quest’ordine: Remus aveva ragione, dovevano conoscersi già da prima, perché non passava momento senza che stessero insieme, normalmente al centro dell’attenzione. Erano diversi, però: Black più facilmente sogghignava invece di ridere, ed uno strano sguardo che ogni tanto gli spuntava negli occhi mi dava da riflettere, sembrava stesse cercando di trattenersi dall’urlare; Potter invece aveva sempre un sorriso che gli inghiottiva metà faccia, non uno di quei sorrisi che ti rendono spontaneo ricambiarlo, ma un sorriso che sembrava avvisarti che da un momento all’altro il soffitto ti sarebbe caduto addosso e lui avrebbe potuto sghignazzare in santa pace mentre tu ti liberavi delle macerie."
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Lucius Malfoy, Petunia Dursley, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
Capitoli:
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Premessa: prima di scuola


Capitolo IV – Diagon Alley

Quando finalmente arrivammo, fu solo grazie a mio padre, che mi afferrò al volo da sotto le ascelle, che non caddi per terra.

La professoresse McGranitt ci guardò attraverso i suoi grossi occhiali e si limitò a dire: «Può avere uno strano effetto la prima volta.»

Si diresse velocemente attraverso il locale in cui eravamo atterrati, che sembrava una sorta di pub buio e non particolarmente pulito che ospitava clienti fra i più strampalati: da strane vecchie dai capelli stopposi, il cappello a punta simile a quello che io avevo indossato lo scorso Halloween e delle unghie di almeno cinque centimetri a uomini dal viso bitorzoluto e completamente pelato vestiti in modo estremamente eccentrico. Per non parlare poi dello strano personaggio all’angolo, completamente ricoperto di bende a mo’ di mummia se non per una fessura all’altezza della bocca da cui beveva una strana sostanza fumosa.

La mano di mio padre, ferma sulla mia spalla, si stava contraendo appena alla vista di tutti quegli strani personaggi, ma la professoressa McGranitt procedeva come se non esistessero facendoci strada verso un’altra porta.

«Professoressa! Che piacere vederla!» esclamò quello che probabilmente era il barman. «Un’Acquaviola piccola, al solito, Minerva?»

«No, Tom, la ringrazio» rispose lei spiccia senza fermarsi. «In questo momento sono in servizio per Hogwarts.»

Lo sguardo dell’uomo si calamitò irresistibilmente verso di noi. «Oh! Nuove acquisizioni?» chiese sinceramente curioso guardandomi. «E belle acquisizioni, anche!» aggiunse compiaciuto. «Oh, spero che ci rivedremo ancora, signorina…?»

«Evans» risposi io automaticamente. Nonostante non lo conoscessi, mi piaceva quell’uomo. «Lily Evans.»

«Bene, signorina Evans, è stato un vero piacere» commentò lui continuando a guardarmi. «E un grande piacere anche conoscere lei, ovviamente» aggiunse cortese guardando mio padre, che era ancora leggermente circospetto.

«La ringrazio, signor Tom» risposi io sorridendo.

Anche lui sorrise, mettendo in mostra la bocca sdentata. «Solo Tom, signorina Evans» ridacchiò. «Signore non è un termine che mi si addica.»

«Signor Evans, signorina Evans, da questa parte, per favore!» ci richiamò la voce della professoressa McGranitt.

Con un ultimo cenno di saluto a Tom, mio padre mi guidò inesorabilmente verso la porta, anche se io tornavo a girarmi spesso verso quel mio primo contatto con il mondo della magia.

Ci ritrovammo in un angusto spazio pieno di bidoni di fronte ad un muro di mattoni, e per qualche secondo mi chiesi cosa mai dovessimo fare lì. Poi la professoressa tirò fuori quella che presupposi essere la sua bacchetta e colpì un mattone poco sopra uno dei cestini. Poi altri due.

E con nostro grandissimo stupore si aprì un arco capace di farci comodamente passare tutti e tre. Solo che mentre la McGranitt si fece avanti subito, io e mio padre rimanemmo per un po’ a guardare stupefatti quello strano miracolo. Ma niente in confronto allo stupore che provammo quando guardammo oltre l’arco.

Eravamo appena sbarcati in una viuzza su cui si affacciavano i negozi più affascinanti del mondo. Da una parte all’altra della strada c’erano più vetrine che nel centro di Dublino e un’incredibile quantità di persone vestite tutte in modo simile con quelle strane, lunghe vesti che gli coprivano completamente il corpo. Effettivamente, io e mio padre sembravamo un po’ fuori posto, lui in jeans e polo e io con un vestito bianco crema.

Guardandomi attorno potei notare alcune esposizione di strane pentole – che appresi dal cartello chiamarsi “calderoni” – di varie dimensioni, poi un enorme negozio pieno di tutti i tipi di gufi e famiglia, altri ancora con abiti simili a quelli indossati da tutti, un altro che vendeva manici di scopa ed era fra i più frequentati…

Ogni tanto mio padre richiamava l’attenzione su alcuni dei passanti o su altri negozi, e la professoressa McGranitt, pur senza girarsi, ci spiegava i vari usi dei materiali esposti e ci elencava quelli che sarebbe stato più urgente procurarsi.

Per prima cosa, tuttavia, si diresse decisamente verso la fine della strada, dove si trovava un edificio candido come la neve, con scritto sopra in caratteri elaborati “Gringott”.

«La Gringott è la banca dei maghi» spiegò la McGranitt con aria molto accademica fermandosi poco distante dall’edificio che io e mio padre continuavamo a scrutare. «E viene custodita da folletti, che sono le creature più esperte di tesori del mondo magico.»

Folletti? Effettivamente, a guardia della porta che la professoressa stava oltrepassando c’era una strana creatura poco più bassa di me che sembrava essere stata stirata alle estremità: aveva dita lunghissime, piedi lunghissimi, barba appuntita e un naso a matita. Si inchinò al nostro passaggio senza cambiare espressione.

Se la mia faccia era simile a quella di mio padre, quel folletto doveva essere molto professionale per non aver mostrato nessun tipo di emozione.

Subito dietro c’era una seconda porta che recitava una filastrocca, e dietro la porta c’era un enorme salone di marmo in cui centinaia di folletti si occupavano di servire le richieste delle dozzine di maghi presenti. Vidi alcuni di quegli strani esseri pesare smeraldi grossi come tazze ed altri muoversi velocemente attraverso le centinaia di porte che si aprivano per tutto il perimetro della sala, oltre ad altri ancora che, da dietro alti scanni sistemati simmetricamente rispetto alla porta, compilavano e firmavano alcuni libri grandi quanto loro.

La professoressa McGranitt si fermò al centro della sala e ci guardò con la sua aria severa. «Dunque, maghi e… non maghi usano monete diverse.» Da una tasca dell’abito tirò fuori una moneta d’oro grande come un piattino da caffè, una d’argento un po’ più piccola e una di bronzo che non poteva avere più di un centimetro di diametro. «Questo d’oro» spiegò alzando la moneta, «è un Galeone. Diciassette Falci – che sono le monete d’argento» proseguì prendendo la seconda moneta, «fanno un Galeone, e ventinove Zellini» ci mostrò la più piccola, di bronzo, «fanno un Falci. Tutto chiaro?»

Noi annuimmo e le fece altrettanto. «Bene. Ora, è possibile effettuare un cambio per le famiglie provenienti dal… mondo non magico.» Sembrava evitare accuratamente la parola “Babbano”, forse nell’intento di non offenderci. «Ed è meglio procedere subito visto che la maggior parte dei maghi non conosce né sa contare secondo il vostro sistema monetario.» Si girò con uno dei suoi movimenti veloci verso uno dei banconi.

Del cambio si occupò mio padre, e mi parve di capire che lo scambio non era molto vantaggioso per le sterline, ma a essere onesta in quel momento non mi interessava più di tanto. Continuavo a guardarmi attorno, cercando di assorbire tutto quello che vedevo. Per quanto mi riguardava, mio padre finì troppo presto di effettuare il cambio.

La professoressa McGranitt ci portò immediatamente fuori per i primi acquisti. Accanto alla banca si trovava il negozio contrassegnato Madama McClan: abiti per tutte le occasioni.

Quando entrammo, una strega sorridente vestita di color lavanda ci venne incontro seguita a poca distanza da quella che sembrava essere la figlia, che doveva avere più o meno vent’anni.

«Oh, professoressa McGranitt, buon giorno!» esclamò andandole incontro. Il suo sguardo si spostò su di noi. «Hogwarts, immagino? Nuove acquisizioni?»

«Esattamente» annuì l’altra. «Questa è la signorina Evans, e questo è suo padre.»

«Molto piacere» dissi con un sorriso. Con quella donna risultava molto facile sorridere.

Anche mio padre sorrise e si fece avanti per stringerle la mano. Lei la accettò e chiese: «Irlanda, vero? Nei pressi di… Limerick, giusto?»

Mio padre la guardò stupito ed annuì.

Lei mosse saggiamente la testa. «È impossibile fraintendere l’aria eccitata di un Babbano di Limerick… date un’incredibile soddisfazione» concluse con un altro sorriso placido. «Ma» aggiunse guardandomi, «noi siamo qui per te, vero piccolina?» Fece un cenno alla figlia. «Rosie, tu vai a guardare quell’altro ragazzo.» L’altra annuì e se ne andò. «Bene, e ora a noi. Se vuoi seguirmi, cara, andiamo a provarti la divisa.»

Mi condusse nel retro del negozio continuando a chiacchierare con mio padre dell’Irlanda e facendogli domande su come era cambiata da quando c’era stata l’ultima volta, poi, senza smettere di parlare, mi fece salire su uno sgabello e, dopo avermi fatto indossare una lunga tunica nera, cominciò a prendermi le misure ed ad appuntare spilli in ogni centimetro di stoffa raggiungibile.

Dall’Irlanda erano passati al suo negozio, e ora stava spiegando a mio padre che ormai si riteneva un po’ troppo vecchia per lavorare a tempo pieno e che pensava di lasciare tutto nelle mani della figlia, che tanto si era mostrata un’ottima sarta ed una degna erede. Mio padre rispondeva con altrettanto entusiasmo, mentre la professoressa McGranitt stava sulla porta e ci guardava con sguardo indecifrabile. Dopo un po’, Madama McClan finì di prendere tutte le sue misure e mi fece scendere dallo sgabello. «Sono sicura che ci rivedremo, Lily» era passata dal cognome al nome senza nessun problema dopo pochi minuti di conversazione, «e grazie per avermi risposto, Alan, so quanto sono diventata logorroica in questi ultimi tempi…»

«Affatto» rispose mio padre sorridendo, «era tempo che non avevo una conversazione del genere, e poi mi manca molto l’Irlanda…»

«Ah, sì, un posto magnifico» annuì lei. «A presto, buoni acquisti!» ci salutò dopo che mio padre ebbe pagato.

«Che donna simpatica» commentò mio padre quando fummo andati.

«Sì, molto» annuii io mentre seguivamo la professoressa McGranitt che falciava la folla davanti a noi.

«Ah, il Girigoro» disse quando fummo arrivati davanti ad una libreria fermandosi così bruscamente che per poco non le andammo a sbattere contro. «La migliore libreria del mondo, a mio parere.»

Io mi ero già fiondata dentro senza che nessuno dei due se ne fosse accorto. Mio padre – così mi disse in seguito – era riuscito a vedermi solo perché era facile riconoscere la mia chioma fiammante in mezzo alle vesti scure dei maghi.

Ma non mi importava: le librerie erano il mio negozio preferito in assoluto, e quella in particolare era più straordinaria di tutte quelle in cui ero stata fino ad allora. C’erano libri grandi e libri microscopici, alcuni con le copertine spesse e filigranate ed altri talmente sottili che pareva si potessero rompere solo guardandoli. Poi ce n’erano diversi che, avrei giurato, cambiavano colore quando li guardavi, moltissimi le cui immagini in copertina si muovevano, e inoltre, prendendone alcuni a caso ed aprendoli, scoprii che vari erano scritti a caratteri strani e difficilmente leggibili ed altri erano completamente bianchi. Uno ad un certo punto mi saltò via dalla mano e, dopo avermi fatto una pernacchia, tornò al suo posto sullo scaffale.

Alla fine mio padre mi riagguantò e assieme alla professoressa McGranitt mi portò a vedere i libri che mi servivano per scuola, anche se vedevo chiaramente che pure lui era affascinato dal posto. La McGranitt considerò con indulgenza la mia scappata e cominciò a radunare i libri necessari con l’efficienza di un generale, mentre io scappavo di nuovo a cercarne altri da esaminare. Riuscirono a scollarmi da lì solo quando la professoressa mi informò che Hogwarts aveva una biblioteca altrettanto fornita ed a cui tutti gli studenti potevano accedere ogni giorno.

Ma non fu l’unico momento in cui rischiai di andare fuori controllo: mi successe anche nella “farmacia”, un luogo affascinante dall’odore nauseabondo ma talmente pieno di piante ed ingredienti strani da ripagarlo ampiamente. Stavo controllando alcune boccette di veleno e diverse piante medicinali (che mi avevano sempre affascinato), quando papà mi chiamò per mostrarmi alcuni corni di unicorno e per farmi concentrare poi – facendo violenza su sé stesso – sugli ingredienti necessari per le pozioni di base.

Nel negozio lì accanto acquistammo anche una bilancia ed un meraviglioso telescopio che, promisi a mio padre, avremmo usato anche a casa per vedere le stelle, di cui entrambi eravamo appassionati. Un po’ più in là c’era il negozio di calderoni che avevo notato all’andata, alcuni talmente grandi da sembrare vasche da bagno ed altri poco più piccoli di una macchinetta per il caffè.

La professoressa McGranitt restava di una calma olimpica, ma non credo che il nostro entusiasmo le dispiacesse. Sempre più spesso incontrava conoscenti che la salutavano o le tributavano un leggero inchino, ma lei non rispondeva mai se non con un cenno della testa ed un leggerissimo sorriso.

Alla fine, ci condusse in un negozio un po’ appartato dall’insegna polverosa in cui comunque si leggeva “Olivander: fabbrica di bacchette di qualità superiore dal 382 a.C.”. La mia mente ebbe un tuffo. Dal 382 avanti Cristo? Da quanto caspita stava lì quell’uomo?

Ma prima che potessi chiedere, la professoressa McGranitt ci spinse dentro il locale. Un lievissimo scampanellio, tanto debole che per un istante mi chiesi se non l’avessi solo immaginato, accolse il nostro ingresso in quell’ambiente buio ed assolutamente vuoto a parte per una sedia dalle gambe sottili su cui la McGranitt si sedette giungendo le lunghe dita nervose.

Io guardavo verso l’alto gli scaffali colmi di strane scatolette basse e lunghe che occupavano per tutta la sua altezza la stanza, quando ebbi la strana sensazione di essere osservata. Non feci in tempo a voltarmi che uno strano personaggio già avanti negli anni, dai capelli bianchi e disordinati e gli occhi grandi e luminosi entrò facendo sobbalzare mio padre quando disse a bassa voce: «Buon pomeriggio.»

«Salve» feci io un po’ imbarazzata tendendo la mano, che però lui non strinse. Mi stava scrutando con quei suoi occhi brillanti.

«Ah… una nuova strega, quindi» mormorò guardandomi attentamente. «E dagli occhi di giada, vedo. Un grande potere, è evidente.» Alzò lo sguardo verso mio padre. «Il genitore, senza dubbio?» mormorò fra sé e sé.

«Signor Olivander, buon giorno» disse la professoressa McGranitt, che si era alzata in piedi non appena l’uomo era entrato.

«Ah, Minerva McGranitt» disse lui spostando lo sguardo da noi a lei. «Mogano, nove pollici, rigida, mi sbaglio forse?»

«No, signore, la sua memoria è buona come sempre» rispose la professoressa con il primo, vero sorriso che le avessi mai visto.

«Sì… sì, credo sia così» disse lui con quella sua voce piana, pacata, quasi assente. «Bene, vediamo un po’ cosa si può fare…»

Si avvicinò a me tanto che potevo contare le rughe attorno ai suoi occhi d’argento. «Quale mano usa per la bacchetta?»

«La destra, signore» risposi io in un soffio. Sembrava maleducato parlare ad un livello di voce normale.

«Molto bene. Alzi il braccio, per favore.» Un metro a nastro cominciò a prendermi varie misure che una penna d’oca annotava su un foglio di pergamena sospeso per aria. Intanto lui si aggirava attorno a me come per vedermi da diverse angolazioni, e al contempo diceva: «Ogni bacchetta da me costruita, signorina Evans» non seppi mai come faceva a sapere il mio nome, visto che io non glielo avevo detto, «ha per nucleo una potente sostanza magica. Io uso solamente peli di unicorno, penne di coda di fenice e fibre di cuore di drago. Non esistono due bacchette da me costruite che siano perfettamente uguali, signorina Evans, come non esistono due maghi che abbiano un potere magico perfettamente uguale, e quindi naturalmente non si hanno mai risultati altrettanto buoni con la bacchetta di un altro mago.» Dopo avermi osservata con attenzione cominciò a muoversi fra gli scaffali mentre mi spiegava: «È la bacchetta a scegliere il mago, signorina Evans, non lo dimentichi mai. Loro ci sentono, si adattano a noi ed eleggono uno solo di noi come loro padrone. È una grande onore essere accettati da una bacchetta, ed è per questo che loro rimangono fedeli al loro padrone, se non dopo la sua sconfitta. Una bacchetta sconfitta può accettare come padrone il vincitore, ma è un caso raro. Può bastare così» disse senza interrompersi, ed il metro a nastro si afflosciò a terra immobile. Lui si girò verso di me così in fretta che io sobbalzai. «Bene, cominciamo allora, signorina Evans. Sequoia e cuore di drago, otto pollici e tre quarti, flessibile. La prenda e la agiti.»

Ero talmente emozionata che per poco non mi tremava la mano. La mia prima bacchetta!

La presi e la stavo sollevando per agitarla quando il signor Olivander me la strappò di mano e la sostituì con un’altra. «Cedro e piume di fenice, nove pollici, elastica.»

Provai ad agitare anche quella, ma non avevo neppure completato il movimento che Olivander me la tolse per sostituirla con un’altra. «Assolutamente no. Tasso e peli di unicorno, sette pollici e mezzo, rigida. Su, la provi.»

Ma non era quella, né quella successiva. Fu solo al settimo tentativo che trovammo quella adatta a me: dieci pollici e un quarto, legno di salice, con il cuore di peli di unicorno, “sibilante”.

«Bene!» esclamò Olivander riprendendo la bacchetta e mettendola nella sua scatola. «Un’ottima bacchetta per il lavoro d’incanto, potente, e molto fedele. Può ritenersi soddisfatta, signorina Evans, è una delle prime che abbia mai costruito, ha rifiutato decine di mani prima di lei.»

«Sì» sussurrai io. Ero ancora su di giri per l’emozione. Avevo una bacchetta. Avevo una bacchetta con cui avrei potuto fare magie, che aveva sprizzato scintille dorate al mio tocco, che mi aveva riconosciuta come padrona! Mio padre mi strinse forte le spalle con un gran sorriso mentre io ricevevo il pacchetto ancora sotto shock. Mi riscossi abbastanza per ringraziare il signor Olivander, che rispose con un leggero inchino prima di tornare nei meandri del negozio.

«Su, andiamo» ci incitò la professoressa McGranitt, anche se sorrideva. «Ormai dovrebbe mancare poco, ci mancano le pergamene e le penne d’oca e poi dovremmo aver finito.»

Io annuii, anche se ero ancora in uno stato di trance. Riuscii a riprendermi solo quel tanto che bastava per chiederle: «Come faceva il signor Olivander a sapere il mio nome? Io non gliel’ho detto!»

La sua risposta fu un sorriso enigmatico e l’altrettanto enigmatica frase: «Olivander non è un mago come molti. Come faccia a ricordarsi tante cose, o a indovinarne altrettante, è un mistero ancora irrisolto per i più.»

Mi dovetti accontentare, ma accantonai presto quei pensieri. Non vedevo l’ora di far vedere i miei acquisti alla mamma ed a Severus!

Ma non ebbi modo di parlarne con mia madre se non il giorno dopo. Approfittando della nostra assenza, aveva deciso di portare Tunia in centro e di farla divertire lì, per distrarla, col risultato che quando tornarono – aveva lasciato un biglietto a mio padre per dirgli che cenavano lì – io stavo già dormendo con la mia nuova bacchetta sul comodino e un ricordo indimenticabile nel cuore.


ANGOLO AUTRICE

Speravate di esservi liberati delle mie noiosissime e puntigliose note di fine capitolo, vero? Ebbene, non è così, è l’unico modo in cui posso esprimere la mia voce e non intendo rinunciarvi solo per farvi piacere u.u

Quindi, chi ha voglia e modo di darmi retta legga qui e chi non ce l’ha passi direttamente ai ringraziamenti che mia sorella così generosamente ha accettato di scrivere in mia vece.


Dunque, Diagon Alley. Una miniera di cose da dire e appuntare.

Allora, tanto per cominciare ho mantenuto alcune vecchie conoscenze, come Tom il barista e Olivander, perché Diagon Alley non sarebbe Diagon Alley senza di loro. Per entrambi sappiamo già dal Canon che si trovavano già lì ai tempi di Lily, Tom per quanto detto da Silente a Tom Riddle in Harry Potter e il Principe Mezzosangue, per Olivander in base alla sua insegna (Fabbrica di bacchette di qualità superiore dal 382 a.C.).

Per madama McClan, devo dire che ho finto che il negozio fosse di gestione familiare: la signora in questione sarebbe quindi la madre della madama McClan di Harry Potter, e ho inserito anche una breve visione della futura madama McClan – ovviamente la figlia che presto dovrà subentrarle, il nome Rosie è dovuto puramente alla mia fantasia. Lo so che in base al titolo si potrebbe pensare che McClan fosse il nome del presunto marito della signora, ma siccome anche nella versione inglese non si parla di Mrs (il titolo, appunto, delle donne sposate) ma di Madame (che può essere l’equivalente francese di Mrs o un modo onorifico di chiamare una signora straniera), ho finto che ci fosse ambiguità nella forma e mi sono arrangiata di conseguenza.

In quanto al fatto che il padre di Lily, un Babbano, vi possa avere accesso malgrado tutto, dal secondo libro noi sappiamo che anche i genitori di Hermione erano potuti entrare a Diagon Alley. Qui in più sono accompagnati dalla McGranitt.


Bene, credo anche questa volta di aver finito.

Lascio spazio alle più gradevoli risposte di mia sorella, e ovviamente accludo anche i miei più vivi ringraziamenti a tutti coloro che si sono presi la briga di recensire, leggere, aggiungere a preferiti/seguite/da ricordare questa storia (sempre se ce ne sono, cosa che io dal passato non so).


ANGOLO PUBBLICANTE


Non mi guardate così! Non è colpa mia! Non me lo sono dimenticato... o forse sì...

D'ACCORDO E' VERO! ME LO SONO SCORDATO! Ma non è stata tuttatutta colpa mia! Siate clementi! Ero piena di compiti e... dovevo fare tante cose e... andiamo mi poteta anche perdonare per una volta! Prometto che non succederà mai più!!


Bene! Dopo essermi prostrata ai vostri piedi e essere stata perdonata (spero...), passo a rispondere alle recensioni di Voi, nostro amatissimo pubblico!


  • A purepura: LadyMorgan ringrazia per l'apprezzamento del suo ragionamento! Non sei l'unica a volere la prematura dipartita di Petunia (ma tu guarda che paroloni!), ma purtroppo muore prima Lily :( che disperazione... credo che i genitori abbiamo avuto una reazione un po' fredda perché erano in stato di shock! Pensa se ad un certo punto della tua vita, ti compare davanti una tizia strana che ti dice che i maghi esistono e che tua figlia piccola è parte di loro! Come reagiresti?

    P.S. Complimenti per il/la nuovo/a arrivato!

  • A malandrina4ever: se in questo capitolo ti sta più antipatica voglio proprio vedere come sarà nei prossimi... la situazione peggiora! Condoglianze per il bastonicidio mancato, c'est la vie! Non tutto è possibile, sigh! Sono andata su Youtube e la mia faccia è diventata più o meno così O.o ------> XD è una cosa assurda quella canzoncina! È completamente priva di significato! La SSP ringrazia violettamente la sua adorata vice.

  • A googletta: non c'è problema! Il Club è sempre aperto a nuovi vogliosi (non prendetela male, pervertiti!) adepti! La tessera socio ti sarà inviata al più presto xD

    Ovviamente più avanti i Malandrini avranno la loro parte nello show, ma per ora lasciamoli nel loro bel cassetto a progettare idiozie! In effetti è una cosa nuova e prima che Lily e James possano solo pensare di mettersi insieme...

    Fa sempre piacere vedere nuove persone leggere la nostra FF! Allora benvenuta di nuovo! Grazie per l'immagine! *_* Sei la prima persona che la nota!

Mi scuso ancora per il ritardo e mi accerterò che questo non accada mai più! Croce sul cuore!

  
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