Rivalità fraterna – 2
Madara
e Izuna
Uniti,
come parti inscindibili di un unico grande disegno.
Fratelli,
legati da una vischiosa rivalità di sangue.
Condividere,
un’esistenza in due, un destino comune.
Insieme,
l’orgoglio dell’intero clan Uchiha.
Un
legame che nessun potere, nessuna ambizione o brama di dominio avrebbe potuto
spezzare.
Madara
e Izuna, così simili e perfetti, così uniti da creare un nuovo e sublime equilibrio,
un nuovo concetto di squadra, oltre il limite del potere degli shinobi, oltre
il limite del consentito.
Un
nuovo potere, nato dal genio fraterno, portatore di distruzione, morte ed inestinguibili
sofferenze.
Un destino che allora nessuno poteva prevedere.
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Fin
dai primi passi si erano mostrati inseparabili, un invisibile filo rosso li
teneva saldamente uniti, impedendo loro di allontanarsi per troppo tempo o
grandi distanze.
Due
visi paffuti e sorridenti, incorniciati dagli stessi fili d’ebano lucente, le minuscole
manine unite già nella culla, gli occhi si cercavano con prepotente necessità:
quatto piccoli pozzi senza luna, profondi e magnetici nonostante la tenera età.
Gli occhi di due Uchiha, gli stessi che avrebbero mutato brutalmente il
tracciato del loro destino, squarciandone il corso, tingendosi col rosso sangue
del fratricidio.
Piccoli
prodigi, perdere tempo giocando con i compagni era impensabile per loro, poca
cosa erano gli stupidi intrattenimenti degli altri bambini, progetti più grandi
li attendevano.
Ogni
giorno, incessantemente, mettevano alla prova il loro valore; il susseguirsi delle stagioni, il sole
cocente, l’imperversare delle piogge, il gelo della neve, nulla poteva
trattenerli dal perseguire il loro obiettivo. Sul campo d’allenamento del clan
i due giovani costruivano il loro futuro, correvano incontro al loro destino di
grandezza.
Costantemente
in competizione, la loro rivalità era segno profondo di un’unione senza pari,
le perenni lotte vissute più come una tensione intrinseca al miglioramento,
come una lotta con il proprio io interiore. Non due entità in contrasto,
nessuna antitesi, ma una sola e potentissima anima guerriera. Un unico shinobi
dalla volontà incrollabile: volontà di ferro, volontà di fuoco.
Ciò
che si presentava innanzi all’intero clan Uchiha erano ormai due giovani uomini
nel pieno del loro vigore, ninja valorosi e fedeli sino all’estremo sacrificio.
Due
uomini d’onore.
Nel
cuore la stessa passione, negli occhi la stessa fiamma ardente.
Fu
così che vennero scelti all’unanimità quale nuova guida; nelle loro mani la
fiducia di un intero clan.
La
determinazione, l’orgoglio e l’onore di quei due fratelli avrebbe dato loro
nuova vita, riportando il nobile e temuto nome degli Uchiha alla sua antica
gloria. Gli immani sforzi compiuti in gioventù, le dolorose privazioni
dell’infanzia, le profonde ferite che spesso la notte avevano impedito loro il
sonno: tutto in quel momento fu pienamente compensato.
L’obiettivo
era stato raggiunto.
Tuttavia,
dopo un primo fugace attimo di esaltazione, ciò parve non bastare…la sete di
potere non si era estinta, l’ultimo traguardo raggiunto giaceva oramai alle
loro spalle privo di quel fascino che tanto l’aveva reso desiderabile in un
passato fin troppo prossimo. Ah, la bramosia…
…ci
si abitua troppo in fretta a guardare in alto, ed una volta raggiunta la vetta
si continua a cercare, volgendo gli occhi verso orizzonti sempre nuovi, più
lontani e sconosciuti, a volte pericolosi, a volte proibiti.
Insieme erano giunti sino alla cima, la stessa sete di potere li spinse ad andare oltre. Al di la del limite del consentito.
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Lo
sharingan ipnotico: potentissima evoluzione dalla capacità innata degli
appartenenti al clan Uchiha, lo sharingan. Una volta acquisito dona al suo
possessore poteri inimmaginabili, elevandolo al rango di shinobi
incontrastabile, dalle abilità formidabili ed invincibile. Innanzi ad una tale
potenza concetti come il tempo e lo spazio perdono di significato, persino l’inferno
può essere richiamato alla mente delle sue vittime, e fiamme nere inestinguibili
bruciano senza sosta.* Un passo decisivo verso la perfezione, il controllo
totale delle menti…è l’uomo che diventa divinità.
Così
Madara e Izuna pensavano di elevarsi al di sopra dell’intero universo ninja:
nulla li avrebbe fermati, sarebbero diventati unici e, finalmente, il clan
Uchiha si sarebbe distinto, temibile ed incontrastato, per il coraggio il
valore e la forza dei suoi uomini.
Tuttavia
ogni cosa in questo fragile universo è retta da un macabro e perverso
equilibrio, e nulla è concesso senza richiedere qualcosa in cambio. Come lo Yin
e lo Yang, luce e tenebra, acqua e terra,
vento e fuoco, non vi è privilegio che non richieda in seguito un cospicuo
pagamento, un tributo di sangue.°
E
così anche l’ottenimento di un così affascinante e divino potere affondava le
proprie radici nell’orrore, nel vermiglio colore del tradimento, nel vile
omicidio. Il desiderio di ottenere tale dono doveva essere tale da renderli
disposti a sacrificare qualcosa di estremamente caro, di prezioso: il proprio
migliore amico.
Cos’è una misera
vita paragonata al Potere? A cosa si riduce il valore del nostro obiettivo, se nel
suo lungo e faticoso cammino non richiede qualche doloroso sacrificio? L’importante
è rimanere uniti…
…e
su questo i due fratelli erano sempre stati d’accordo. Nulla avrebbe separato i
loro destini, nemmeno questa nuova macchia di sangue sulla coscienza.
Ora
erano gli unici, i primi ad aver ottenuto lo sharingan ipnotico, e questo li
rendeva gli shinobi più potenti non solo dell’intero clan Uchiha, ma di tutte
le terre ninja esistenti. Avrebbero sfruttato questa loro abilità per rendere
fulgido il nome della loro casata, innanzi ad un tale splendore gli altri clan
non avrebbero potuto far altro che inginocchiarsi e riconoscerne il valore,
pregandoli di far loro da guida. Sotto il loro comando l’universo avrebbe riscoperto
il significato della vera pace, senza tregue fittizie, patti mai rispettati o vere
e proprie imboscate fatte passare per incidenti diplomatici.
Questo
nuovo potere donò loro un rinnovato vigore ed una maggiore determinazione nel
perseguimento del loro ambizioso obiettivo. I nemici erano molti e le battaglie
sembravano non esaurirsi mai, ma nei loro cuori la volontà non vacillava
nemmeno innanzi al più insidioso degli ostacoli. Presto l’odore dolciastro e
ferroso di sangue putrescente non avrebbe più insidiato le loro narici, e
quella terra che tanto amavano non sarebbe mai più stata infestata da corpi in
decomposizione di uomini valorosi che, sacrificatisi inutilmente, tornavano per
ironia della sorte a far parte della terra, portando a compimento quell’inesorabile
spirale discendente che è il ciclo della vita.
Madara
combatteva con lo sharingan ipnotico costantemente attivato, sotto il suo
sguardo implacabile i nemici cadevano l’uno dopo l’altro come tante pedine sotto
il tocco esperto di un saggio giocatore di shogi. Izuna era più cauto, le sue
capacità oculari erano forse più acerbe, dovevano ancora raggiungere il pieno
sviluppo. Tuttavia non vi era tempo sufficiente per le sperimentazioni, i loro
migliori allenamenti avevano luogo sul campo di battaglia, ed ogni
miglioramento della tecnica comportava il sacrificio di una vita umana. Un
prezzo alto, si, ma una bene superiore muoveva i fili delle loro membra.
Talvolta,
la sera, il peso di quella vita opprimeva i loro cuori, rischiando di
offuscarne la lucidità e la nitidezza del loro obiettivo.
Forse troppe
persone avevano pagato con la vita al fine di raggiungere quella che loro
chiamavano pace. Ma infondo…la si poteva poi chiamare pace se raggiunta al
prezzo di tanto sangue? Quanti di loro sarebbero rimasti a goderne? La vera pace
non doveva forse essere un obiettivo condiviso da tutti, piuttosto che una
condizione imposta dall’alto e con la forza delle armi?
Questi
erano i pensieri che affollavano sempre più insistentemente la mente di Izuna.
“Fratello, dimmi
che non stiamo sbagliando, che la vera pace scaturirà dal nostro polso una
volta terminata questa guerra.”
“Certo otouto, non
devi aver alcun dubbio.”
Un
lieve sorriso andò ad ornare il bel viso del minore, distendendone i tratti e
liberandolo dalla preoccupazione. La parole rassicuranti di Madara, quel suo
atteggiamento sempre posato e sicuro di se, erano in grado ogni volta di liberarlo da qualunque
turbamento.
“Hai ragione.
Porteremo la pace su queste terre, e tutti dovranno rispettare e temete il nome
degli Uchiha. Uniti, sempre insieme. Vero aniki?”
“Si.” Sospirò, fissando con insistenza la parete innanzi a se “Potrebbe forse essere altrimenti?”
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L’obiettivo
era sempre più vicino, inaspettatamente ad un soffio. Finalmente potevano
smettere di pensare ad una possibile pace come ad una meravigliosa quanto
lontana ed irrealizzabile utopia; la vittoria era li, ad un passo, meravigliosamente
vicina.
“Dannatamente
vicina” si
lasciò sfuggire in un singulto esasperato Madara, mentre con un gesto brusco del
braccio cercava per l’ennesima volta di asciugare il sudore che, scendendo
copiosamente dalla fronte, non cessava di colargli sugli occhi, impedendogli ulteriormente
la messa a fuoco. Solo lui era in grado di comprendere appieno quale fosse
stato il reale prezzo per il raggiungimento di quell’obiettivo.
Da
settimane ormai la situazione non faceva che degenerare; in principio si era
trattato di semplici e fugaci annebbiamenti, roba di poco conto, facilmente
confondibili con banale stanchezza.
Poi,
lentamente ed insidiosamente, quei trascurabili flash erano andati
trasformandosi in veri e propri offuscamenti della durata di svariati secondi,
come se una densa cortina di nebbia si frapponesse tra lui ed i suoi nemici.
Infine erano giunti i black-out, inaspettati momenti di buio totale che a lui
apparivano interminabili, ed ogni volta lo lasciavano disarmato, completamente
indifeso.
In
questo stato combattere gli era quasi impossibile, e per non rischiare di
abbandonare tutto proprio ad un passo dalla vittoria, in quei non più così rari
momenti di tenebra, si era costretto a fare affidamento sugli altri sensi; dopo
tutto era pur sempre uno shinobi, lo spirito del guerriero albergava nel suo
sangue. Un rumore, il più flebile spostamento d’aria erano sufficienti per
orientarsi e per localizzare il nemico, evitarne i colpi e contrattaccare.
Presto tutto
sarebbe finito, ed allora avrebbe avuto tutto il tempo necessario per curare i
suoi occhi stanchi. Nessuno sospettava, nessuno doveva sospettare, o tutti i
suoi piani sarebbero andati in frantumi. Chi avrebbe consegnato il proprio
paese, la propria vita nella mani di un cieco? E Izuna, sarebbe rimasto al mio
fienco nonostante tutto? Si, di questo potevo essere certo, ma non sarebbe
stato più lo stesso. Non più i due imbattibili fratelli Uchiha, bensì il grande
Izuna Uchiha ed il suo fratello storpio. La cosa peggiore è che sono più che
certo che lui tenterebbe di consolarmi, di non farmi sentire un peso.
Ma io non voglio la
sua pietà! Non voglio fare pena, soprattutto a lui.
Io, il grande
Madara Uchiha, non sono secondo a nessuno!
…plick…plick…
Un
sottile rivolo di sangue prese a scendere lungo l’avambraccio, scorrendo fluido
sino al polso e la mano serrata con forza, per poi cadere, poche gocce
vermiglie, sul terreno sconnesso, formando presto una piccola pozza fra le
zolle umide. Per imporsi un po’ di autocontrollo, in quell’impeto di rabbia si
era volutamente trafitto con il kunai. Nonostante la sconsideratezza del gesto,
l’esito prefissato non tardò ad arrivare e, come se nulla fosse accaduto,
riacquistò tutta la sua proverbiale calma.
No. Decisamente suo fratello non doveva sapere, e non avrebbe mai sospettato nulla. Parola sua.
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Il
campo di battaglia era deserto, gelide raffiche di vento l’attraversavano scuotendo
senza sosta i rami dei pochi alberi sopravvissuti in quella zona a lungo
devastata dalla guerra. L’odore acre della morte saturava l’aria fino a
renderla soffocante ed irrespirabile. Nulla pareva ormai in grado di
sopravvivere in mezzo a tanta distruzione. Solo il cielo, limpido e stellato,
illuminato da una luna che pareva quasi piena, riusciva a donare un po’ di
speranza a coloro che, ormai privati di tutto, rivolgevano all’infinito il loro
sguardo.
In
lontananza, nascosti in un piccolo capanno fatto di legno e fango, avevano
trovato rifugio per la notte i due Uchiha, in attesa che una nuova alba
inaugurasse ancora un giorno di battaglie e di vittorie, un ulteriore passo
avanti verso i loro sogni.
Un
silenzio irreale aleggiava nella stanza. Non che solitamente parlassero molto,
non avevano mai avuto bisogno di parlare per capirsi al volo; tuttavia quella
notte la tensione era palpabile, la consapevolezza di un terribile segreto li
separava ogni giorno di più. Izuna non era stupido…
Madara
era in piedi accanto alla finestra, scrutava pensieroso il campo di battaglia
poco distante. O almeno era ciò che appariva agli occhi di uno spettatore.
“Aniki…”
Fu
un attimo.
Il
maggiore non fece in tempo a voltare lo sguardo che un forte sibilo gli
trafisse orecchio destro. Cos’era stato? Con un rumore sordo un grosso kunai si
conficcò prepotentemente nella parere lignea accanto la finestra. A pochi
millimetri dalla sua testa. Spalancò gli occhi in preda allo spavento. Non l’aveva
visto arrivare. Un leggero strato di sudore cominciò ad imperlargli la fronte.
In un battito d’ali realizzò cos’era appena accaduto: suo fratello lo aveva
appena messo alla prova lanciandogli un kunai, mancandolo di proposito poiché ormai
lo aveva scoperto. Sapeva il suo segreto. Un lungo brivido freddo lo scosse
salendo dalla base della schiena sino alla nuca, i peli ritti come un gatto in
agguato. Temeva la sua reazione.
“Non l’hai visto
arrivare…” Izuna
pareva sconvolto, non avrebbe mai voluto una conferma positiva ai sospetti che
ormai da giorni nutriva sulle reali condizioni di salute del suo amato
fratello. Dall’altra parte della stanza, addossato al muro, tremava come una
foglia al vento. “Tu…tu sei…cieco?” la
voce spezzata, minacciata dal pianto. Gli occhi umidi, sembravano implorarlo
per una smentita, che però sapevano non sarebbe mai arrivata.
“No! Non sono
cieco! Sono solo questi maledetti occhi ad essere ormai stanchi, soprattutto la
sera. Ma vedrai… ormai manca poco…a breve sarà tutto finito e mi riprenderò del
tutto. Bisogna solo avere un po’ di pazienza e…”
“Non dire
stronzate!! Non sono stupido! È già da tempo che ti osservo. Potrai anche
ingannare quegli stolti dei nostri nemici, ma di certo non pensare di poter
fregare tuo fratello.”
Senza
nemmeno rendersene conto Izuna si era trovato a pochi passi dal fratello, gli
occhi serrati, pieni di lacrime disperate e la gola in fiamme per il troppo
urlare. Stava gridando in faccia a suo fratello. Il suo aniki che si
era sacrificato a tal punto per la loro causa da perdere addirittura la vista.
Com’era possibile? Ma la cosa peggiore era che dopo una tale rivelazione lui
non aveva saputo fare niente di meglio che urlargli in faccia.
D’impeto
protese le braccia e si lanciò sul fratello in un abbraccio senza respiro. Si
strinse al lui senza ritegno, come quando erano piccoli e uno dei due si feriva
in allenamento. Da quanto tempo non erano così vicini? Troppo…decisamente, non
ricordava nemmeno. Avvertì lentamente le spalle di Madara sciogliersi e la sue
mani salire lentamente lungo la propria schiena; le braccia lo avvolsero quasi
delicatamente, quasi trattenute dagli ultimi brandelli del suo spropositato
orgoglio. Avvertì il suo capo poggiare sulla spalla destra, la stoffa dell’uniforme
inumidirsi appena. Sorrise in quell’abbraccio, dopotutto anche suo fratello
ogni tanto mostrava il suo lato umano e debole.
“Non temere. Tutto
andrà per il meglio. Ricordi? Non devi aver alcun dubbio.”
Izuna
allontanò da se il corpo del fratello di
quel poco necessario per poterlo fissare in volto. Gli occhi di entrambi erano
velati dalle lacrime, liquidi pozzi di petrolio più neri della disperazione.
Sguardi di comprensione ed affetto per un momento difficile d’umana debolezza.
Ma
la verità sta negli occhi di chi la legge. Ed agli occhi annebbiati di Madara
quell’affetto e quella comprensione parevano quanto di più simile alla compassione
ci fosse al mondo. Commiserazione. Pena. Disonore. Fallimento. Un baratro di
vergogna.
In
lontananza gli giungevano le parole del fratello, futili discorsi privi di
senso, incapaci di scalfire anche solo in minima parte la sua disperazione.
“Ti aiuterò,
troveremo una soluzione, insieme come sempre.” Izuna non riusciva ad arrestare
quel fiume di parole che sgorgava incessante dalla sua bocca, avvertiva
prepotente il bisogno di raddicurare il suo aniki, di fargli sentire la sua
vicinanza. Era li per lui, non l’avrebbe mai abbandonato. “…e se il destino avverso non ti permetterà di tornare a vedere, io
sarò la tua guida, sarò la tua luce…”
Una
pioggia di sillabe senza un senso compiuto continuavano a vorticare nella mente
di Madara, contribuendo ad aggravare il crescente nervosismo che si stava
lentamente accumulando, accrescendosi in modo esponenziale ad ogni frase del
suo stupido otouto.
Perché? Perché non
capisci che non ho bisogno della tua pena, della tua commiserazione, della tua
pietà? Noi siamo sempre stati sullo stesso livello, non trattarmi come un
menomato, io non sono secondo a nessuno!
“…sarò i tuoi
occhi!”
In
quel turbinare di rabbiosi pensieri, poche parole, un frammento di frase,
riuscirono a catturare la sua attenzione, stagliandosi nitide nella sua mente. Sarò i tuoi occhi.
Un’idea,
un folle pensiero, fiorì malato all’interno di quella psiche che ormai stava
già gradualmente perdendo il lume della ragione.
Si
avvicinò lentamente al viso del suo fratellino e posò delicatamente il palmo
della mano sulla sua gota fresca, sfiorò quella pelle tanto chiara e pura in
una leggera carezza, una silenziosa dichiarazione d’affetto. Izuna sorrise
raggiante, tale potere evevano le rare e prezione dimostrazioni d’amore del suo
aniki.
“Si, hai ragione…sarai i miei occhi.”
Poi
la mano salì sino all’occhio, due dita spinsero risolute sulla palpebra, il
pollice premuto sotto il bulbo oculare affondò nell’orbita. Fu un attimo. Poi
il buio, il nulla.
Il
baratro della disperazione per l’uno.
Una
nuova rinascita per l’altro.
Per la prima volta non più insieme, ma per un perverso gioco del destino per sempre uniti.
Et voilà!! Ecco a voi questo magnifico
secondo assaggio di polpettone Uchiha…ehm…volevo dire, questo magnifico secondo
anello della catena degli Uchiha!
Dunque dunque, capitolo più lungo del
precedente, direi che salta all’occhio. Credo derivi più che altro dal fatto
che più si va avanti e più i personaggi sono presentati da Kishimoto stesso in
modo più particolareggiato; di conseguenza ho più dati sui quali basarmi e
quindi posso dilungarmi un po’ di più! ^_^
Ma procediamo con ordine.
Innanzi tutto ringrazio di cuore Dubious3 per la recensione e per i complimenti, un toccasana per la mia (un pò atrofizzata) vena creativa! Non mi aspettavo potesse riscuotere un tale successo, troppo gentile! Più che altro spero che anche questo capitolo sia all'altezza!! Mi raccomando, attendo un tuo parere. ;D
Nel capitolo
sono presenti due asterischi differenti:
* Qui mi riferisco ai tre poteri dello
sharingan ipnotico fin ora conosciuti, ovvero Amaterasu, Susanoo e Tsukyomi.
° Questo concetto fa riferimento al
principio alchimista secondo il quale per ogni “magia” o favore domandato vi è
sempre un prezzo da pagare in termini di sacrificio. Più grande è il pridigio e
maggiore è la relativa “contropartita”.
Sono presenti alcuni termini
giapponesi:
Aniki _ fratello maggiore.
Otouto_ fratello minore.
Shogi_ scacchi giapponesi (per
intenderci, quelli con i quali giocavano sempre Shika ed Asuma).
Tornando alla trama. Ho lasciato in
sospeso il finale principalmente per due motivi: il primo è che ovviamente la
stragrande maggioranza di voi sa già cos’è successo alla fine (Madara ha
strappato gli occhi al fratello); ed il secondo è che a mio parere si intuisce
comunque anche in questo modo, non credete? Mi sembrava anche più suggestivo…
(Potete anche stroncarmi comunque).
Spero di non aver reso Madara OOC,
tuttavia nella mia mente si era formata questa ipotesi secondo la quale in
principio erano veramente molto uniti, e solo successivamente alla perdita
della vista abbia, per così dire, perso completamente il senno! Voi che
pensate? Recensite numerosi…
Un bacio e arrivederci alla prossima
settimana!! ;D