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Autore: Jordan Cullen    16/11/2010    3 recensioni
ciao ragazzi...
ecco a voi una nuova ed emozionante storia in stile Yaoi, tutta per i miei fans! Due ragazzi pieni di vita che si perderanno in mille avventure con sempre un'accenno di sottile erotismo e soprattutto comicità...
Genere: Avventura, Comico, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'inizio è sempre devastante...

cap. 1


Spinsi Daniel appena un po' per giocare un con lui. Ogni volta che lo guardavo mi sentivo le farfalle nello stomaco e cominciavo a ridere come uno stupido. Lo so... magari non è il massimo innamorarsi del proprio migliore amico, ma se anche lui in fin dei conti ci stava.

“finiscila scemo o una volta o l'altra mi farai investire da qualche macchina!” mi disse lui sorridendomi. I suoi splendidi denti bianchi mi fecero sciogliere come un ghiacciolo al sole.

“almeno no sarà una grande perdita!” gli dissi. Eravamo quasi arrivati al Cheesman Park di Denver.

La mia città è la capitale dello stato del Colorado, quindi potete immaginare la gente come si senta a vivere in una mini NY. Comunque ritornando a me, ho ventidue anni e mi chiamo Fabian. Ho origini greche e giapponesi. Mio papà è un medico molto famoso, lavora all'ospedale pediatrico, che gli porta via un sacco di tempo. Mia madre è una donna che ha deciso di non intraprendere nessun tipo di studi e di dedicarsi unicamente alla famiglia. I miei genitori si sono conosciuti in Giappone, quando mio padre, dalla Grecia, era volato fino a Yokohama per un convegno, dove mio nonno aveva organizzato il catering e mia madre era stata assunta come cameriera. Dal primo momento che si videro non si lasciarono mai più, o per lo meno così dicono i miei genitori.

Fui strappato dai miei pensieri da una pallonata deviata da Daniel, diretta proprio sulla mia faccia “hey fai un po' di attenzione...” urlai al ragazzo che ci stava venendo incontro per riprendersi il pallone da rugby.

“chiedo scusa... staremo più attenti! Se volete ci mancano due giocatori all'appello...” ci guardammo un attimo e poi Daniel si gettò nella mischia con loro, trascinandomi per un braccio giù per la piccola collina.

I ragazzi con un cenno di saluto si disposero in formazione: eravamo in dieci, io e Daniel eravamo finiti in squadre differenti, ma poco male... un po' di competizione non guastava mai. Presi il ruolo di Fullback, mentre Daniel era un Hooker perfetto. Dopo i comandi iniziali, iniziò la mischia e poco ci mancava che venissi travolto dai quattro culi che avevo davanti. Balzai indietro con la palla stretta in mano e iniziai a correre. Evitai il primo, il secondo e infine un terzo, fino a quando Daniel non mi si parò davanti e bloccò la mia corsa, mi guardai intorno e vidi il ragazzo che avevamo conosciuto poco prima sul fianco destro e gli lanciai la palla. Mentre Fabian mi placcò, il touchdown fu nostro.

“hai finito di schiacciarmi?” gli chiesi mentre continuava a tenermi stretto per terra

“ah si giusto scusami” si rialzò e mi porse una mano per aiutarmi a mettermi di nuovo in piedi

“sì... ma non vale il punto siamo in netta minoranza!” disse uno dei compagni di squadra di Fabian

“come no... vale e come! E se ti lamenti ancora pulce vale anche doppio” rispose uno dei miei

“ti ho detto di non chiamarmi così un milione di volte...” rispose il ragazzo mingherlino

“così come... pulc...?” non riuscì a finire la parola che gli si avventò alla gola e lo scaraventò per terra. Decidemmo di allontanarci di lì, prima che diventasse una rissa. Uscimmo dal parco e cercammo qualche posto dove poter riposare e goderci un po' di relax in pace. Svoltammo in un paio di stradine e subito dopo ci trovammo sulla 14th ave, era una delle strade più importanti nella città, ci infilammo in una tavola calda e ordinammo due fish and chips. I tavoli erano quasi tutti pieni, ma grazie alla fortuna spacciata di Daniel riuscimmo a trovare un tavolo, che si era appena liberato, vicino alle finestre proprio come piaceva a me.

“senti non è che potresti prestarmi un po' della tua fortuna?” chiesi in modo scherzoso, appena mi fui messo a sedere

“ma a che ti serve? Sei già abbastanza fortunato!” mi rispose lui con un sorrisino

“a sì? E da dove l'hai capito... dall'ultima volta che ho dato fuoco al letto o da quando mi è volato l'ipod, appena comprato, fuori dal finestrino della tua macchina?” chiesi chiaramente ironico

“ma dai... quelle sono solo stupidaggini... e poi sei fortunato perché hai me!” appena finii divenni color viola, misto blu, con qualche tonalità di rosso. Era come se mi avesse travolto un treno in pieno. Lo so che quella frase poteva significare tutto e anche niente, soprattutto detta da lui che era una delle persone che di più etero non se ne trovano.

“e già...” per fortuna ci fu la cameriera che ci tolse da quell'imbarazzante silenzio.

Mangiammo velocemente, senza quasi parlare per la mezz'ora che seguì. Quando uscimmo era ormai sera e avevo voglia solo di andare a casa, dopo tutto il giorno che avevo passato con lui. Davanti casa mia ci salutammo, Daniel abitava a due isolati da lì e non ci avrebbe messo tanto ad arrivare. Salii i gradini e entrai in casa, richiudendomi la porta alle spalle e tirando un sospiro di sollievo, mentre scivolavo fino al pavimento.

“sei tu Fabian?” chiese mia madre dalla cima delle scale

“sì mamma...” le risposi. Mi alzai e centrai con le chiavi lo svuota tasche di ceramica appoggiato sul tavolino dell'ingresso

“Aiko tesoro... riusciresti a farmi il nodo a questa cravatta?” la voce di mio padre era inconfondibile

“ciao papà!” gli urlai dal piano inferiore “che fate stasera? Uscite?” chiesi

“no amore e solo tuo padre che ha un'importante riunione di lavoro...” senza dare troppa importanza alle parole di mia madre portai il mio corpo sul divano e lo lasciai lì a poltrire per un po' davanti al televisore. Quando sentii la porta d'ingresso sbattere, mi ridestai da quel sonnambulismo indotto, e mi alzai per andare a far un po' di compagnia a mia madre che intanto preparava la cena.

“allora come è andata oggi la giornata?” chiesi per primo appoggiandomi al frigorifero

tutto bene tesoro mio... oggi al club del libro abbiamo discusso su un libro stupendo di Jamila Hassoune” come al solito quando mia madre incominciava a parlare, non c'era verso di fermarla e tra nomi, luoghi e date non si accorgeva che stava facendo bruciare quella che sarebbe stata la nostra cena.

“mamma la cena...”

“sì già e poi abbiamo anche mangiato al circolo, ma non si poteva definire una vera e propria cena... più che altro uno spuntino di metà pomeriggio!” mi rispose lei ancora immersa nelle sue fantasie

“no mamma la cena...sta bruciando!” le dissi cercando di ridestarla

“oh si...” finalmente capì. Con un urlo, cercò di rimediare all'irreparabile, ma ormai era impossibile. Abbassò la fiamma sotto la pentola e aprì la finestra per far uscire il fumo che stava invadendo tutta la cucina. Andai a prendere il telefono e tornai in cucina dove l'odore di bruciato era insopportabile.

“pizza?!” proposi con il telefono già in mano.


Il dopo cena, si svolgeva come di routine: mia madre sparecchiava e io intanto con il cellulare messaggiavo con gli amici per organizzare la serata.

“niente stasera come al solito tutti hanno da fare tranne me...” dissi a voce un po troppo alta, dato che mia madre incominciò a sorridere in modo abbastanza appariscente, simile alle streghe dei cartoni animati Disney.

“che c'è da ridere tanto?” le chiesi. E lei con un gesto estremamente esasperato e teatrale, si posò al tavolo e mi disse “stasera sarai tutto per me!” e poi sorrise con la sua solita risata malvagia che da un paio di anni non mi impauriva più ormai. Le abitudini sono dure a morire... mentre cambiamo stanza, lasciandola al suo sfogo malvagio in cucina.

quando hai finito io sono in camera mia!” le urlai dalle scale.

Casa mia era una sorta di miscuglio di razze e quindi di stili di arredamento, inoltre era stata progettata per lasciarmi tutta la privacy necessaria. Dovetti cercare di non inciampare nel mio skate appena entrai nella stanza. La mia stanza non differiva molto da quelle di tutti i miei coetanei, a parte che avevo il doppio dello spazio per muovermi, un letto matrimoniale in puro stile giapponese e un armadio a muro a dir poco gigantesco; che neanche una ragazza avrebbe potuto riempire. Inoltre mio padre che amava la tecnologia aveva fatto installare dei sensori termici e di movimento, che rilevavano se una persona era nella stanza e facevano accendere le luci, e infine ma non meno importanti aveva fatto mettere un altro tipo di sensori che facevano chiudere ed aprire le persiane on il movimento del sole. Insomma vivevo in una specie di base N.A.S.A. Mi gettai sul mio bel letto doppia C, era così che lo chiamavo perché era sia caldo che comodo, e in men che non si dica mi appisolai. Quella notte fu una delle più lunghe: verso l'una di mattina sentii un fruscio, vicino la mia porta, pensavo di star ancora sognando e richiusi gli occhi. Nulla e nessuno poteva intrufolarsi nella mia stanza senza che me ne accorgessi, quindi mi rimisi a dormire. Ma dopo neanche mezzo minuto risentii lo stesso rumore questa volta seguito da un tonfo sordo (la mamma che sbatte su un mobiletto in corridoio) e subito dopo un ombra si infilò nella mia stanza. Mella mia mente continuavo a ripetermi: sto sognando, sto sognando, sto sognando... ma tutto ciò sembrava tutto all'infuori di un sogno. Perchè le luci non si accendevano dannazione...incominciai ad urlare quando la figura incappucciata incominciò ad avanzare verso il letto, ma ad un certo punto si fermò e iniziò a ridere a crepapelle, una risata che conoscevo... MAMMA!!! Le luci si accesero e vidi mia madre distesa per terra avvolta da un vecchio costume di halloween, da Gandalf mi pare.

“mamma mi hai spaventato a morte... che ci fai vestita in quel modo in camera mia?!?” le chiesi rasentando l'isteria. In quel momento la odiavo, l'avrei potuta incenerire con gli occhi in un istante

“non ho resistito... sei andato via senza dirmi niente e appena ho visto che dormivi ho preso questo costume di tuo padre e me lo sono messo mentre venivo in camera tua, solo che sfortunatamente sono andato a sbattere contro quel maledetto mobiletto nel corridoio, se no sarebbe venuto un bello scherzo...” mi spiegò lei ancora stesa sul pavimento della stanza

“ma sei totalmente fuori di testa?” la domanda era puramente retorica “potevi farmi prendere un infarto da rimanerci secco!! e adesso sei pregata di USCIRE DA CAMERA MIA E DI NON RIENTRARCI PIù ALMENO PER STANOTTE...” finii la mia frase urlando, mentre mia madre correva ancora sghignazzando fuori, chiudendosi la porta alle spalle. Non appena appoggiai la testa sul cuscino, sentii la porta riaprirsi e sollevai lo sguardo: ancora lei!!!

“... buonanotte amore...” mi disse e ricevette una scarpa sul naso come risposta.

  
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