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Autore: Milli Milk    27/11/2010    6 recensioni
[...]continuava a tacere, continuava a starsene in quel suo piccolo angolo del suo mondo, senza la possibilità di potersi allontanare. Si sentiva soffocare ogni giorno di più[...]
Ho provato ad immaginarmi un'ipotetica adolescenza di Squalo e di come è entrato a far parte dei Varia. [?S - XS]
Genere: Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Dino Cavallone, Nuovo Personaggio, Superbi Squalo, Un po' tutti, Xanxus
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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My secret friend My secret friend



Avvertimenti:
la storia tratta argomenti come l'omosessualità, tratta oltretutto argomenti delicati ed è presente linguaggio scurrile, se non vi piace non leggete. La storia non è reale, non ho preso spunto da nessuna storia realmente accaduta. Ogni riferimento a fatti e/o persone è puramente casuale.


I personaggi di 'Katekyo hitman Reborn' non mi appartengono e la storia non è assolutamente a scopo di lucro.





"Squalo deve solo essere compreso"
Tante volte il ragazzo sopracitato aveva sentito uscire quelle parole dalla bocca dei suoi professori e dalla bocca di qualsiasi altra persona pretendesse di conoscerlo. Invece Squalo non aveva bisogno di essere compreso, lui era ciò che mostrava. Eppure nessuno aveva mai cercato di andare più a fondo della normale apparenza. 
Perché Squalo è un ragazzo ribelle.
Perché Squalo vorrebbe essere più libero.
Perché Squalo ha delle strane passioni.
Perché Squalo è solo un ragazzo.
"Passerà" dicevano "è solo un momento passeggero, capita a tutti i ragazzi della sua età"; cercavano di giustificare quei suoi comportamenti con delle parole semplici, ripetute fino allo stremo a tutti quei genitori stremati dai comportamenti un po' troppo attivi dei figli. Le persone volevano sfornare perle di saggezza, eppure Squalo sentiva trapelare dalle loro labbra solo squallore; lo squallore che si può intuire dalla voce bassa e timorosa, come se quelle stesse persone che facevano da psicologhe improvvisate, potessero essere sentite dal soggetto dei loro bisbigli sconclusionati. Squalo invece sapeva e sentiva tutto quanto, non andava di certo ad origliare le conversazioni tra la madre e le sue amiche pettegole, ma quei bisbigli erano tanto rumorosi da dargli ai nervi. Non voleva sapere, non voleva sentire, perché erano solo discorsi irrazionali, eppure sembrava proprio che la sua genitrice pesasse molto quelle parole. Le pesava secondo un criterio di falsa fiducia, perché credeva che quelle sue amiche pettegole conoscevano meglio di lei suo figlio.
Squalo non capiva perché la madre si comportasse con lui a quel modo, sembrava quasi avesse paura di lui, nemmeno fosse un pazzo psicopatico fuggito da una casa di cura minacciandola di non avvertire nessuno della sua presenza in quella casa. Sembrava perfino avesse paura di dire che Squalo fosse suo figlio. Quando Squalo tornava da scuola, se alzava lo sguardo verso la finestra della cucina, poteva intuire che dietro le tende ci fosse la donna ad osservarlo, ad attenderlo come se una minaccia stesse per entrare dalla porta di casa sua.
Squalo non era per niente felice di sapere che quella donna lo guardasse con quel cipiglio quasi terrorizzato, non gli piaceva quando aggrottava la fronte, mostrando le rughe più profonde dell'età dicendogli  "stai sempre rinchiuso in camera tua, perché non vai a farti un giro? Perché non chiami il tuo amico?" la sua voce melliflua, che celava l'incertezza, man mano gli stava riempendo la testa facendolo sentire ancora più fuori posto. 
Quando poi il padre tornava a casa era anche peggio: la donna diventava frenetica, preparava di fretta a furia la cena guardando verso l'orlogio a muro sopra la porta con fare morboso e con le dita che schizzavano verso uno sportello e l'altro, verso una pentola e l'altra, verso un fornello e l'altro; poi correva verso la sala, preparava la poltrona, sbatteva il cuscino, lo gonfiava e lo appoggiava con cura sullo schienale. Sul piccolo tavolo accanto alla poltrona metteva il giornale piegato con cura, doveva essere intatto. Infine, se era inverno accendeva il camino e sitemava il poggiapiedi che doveva essere messo ad un metro e dieci centimetri esatti davanti la poltrona; se era estate apriva la finestra, sistemava il ventilatore davanti il camino e lo accendeva al minimo, lasciando che ruotasse, in modo da ventilare l'aria pregna della calura estiva. Per ultima cosa poi accendeva la tv, sempre allo stesso canale, dove, quando l'uomo si sarebbe accomodato sulla poltrona, avrebbe potuto seguire il telegiornale e la donna poi avrebbe rizzato le orecchie in attesa della fine del tg per poter arrivare silenziosa a portare il bicchiere di grappa fatta in casa e poggiarlo con cautela sul tavolino.
Squalo era ormai abituato a quella routine e si era anche abituato a guardare tutta la scena dalla cucina. Aveva preso il vizio di mangiare con lentezza esasperante appunto per godersi tutta la scena: guardava fugacemente il padre che metteva il peperoncino nella pasta, l'aceto nell'insalata e mangiava con voracità, ma senza mai sporcarsi. Poi Squalo guardava la madre che mangiava piccoli bocconi come se avesse paura che da un momento all'altro l'uomo avrebbe potuto urlare che la cena faceva schifo. E ancora poi ruotava lo sguardo verso suo fratello minore, che lo guardava a sua volta con un sorriso divertito in volto. Perché secondo il ragazzo più piccolo tutto ciò che accadeva in quella casa dal ritorno di suo padre fino a quando andavano a coricarsi, era alquanto comico. 
Il fratello di Squalo, Federico, era nato con un cromosoma 21 in più: era affetto dalla sindrome di down. Federico era un ragazzo solare, Squalo lo amava con tutto se stesso, lo proteggeva, lo curava e gli stava accanto quando ne aveva bisogno. La madre però non sembrava accettare le attenzioni di Squalo verso il fratello, perché Squalo era un ragazzo irresponsabile e volgare, a scuola si comportava male e faceva quasi esaurire i suoi professori, sembrava quasi ci avesse preso gusto ad andare a fare visita alla preside, che ormai aveva perso le speranze con lui: "Squalo, cosa devo fare con te?" lo guardava da dietro gli occhiali che gli facevano sembrare gli occhi piccoli come quelli di una talpa.
Squalo aveva la strana passione per la spada e la madre aveva paura sopratutto per quello, perché gli occhi di Squalo si illuminavano appena vedevano una spada. La donna cercava di allontanare Squalo dal fratello con qualche stupida scusa "Squalo, potresti portare questo alla signora Cassio?" oppure "Squalo, aiutami a spostare il mobile, mi è caduta una cosa" e il ragazzo sapeva che si inventava tutto sul momento. Era dispiaciuto ed abbattuto, perché poteva vedere il fratello solo il fine settimana, quando tornava da quella maledettissima clinica dove l'avevano rinchiuso insieme "ai suoi simili". Non poteva accettare questa cosa, non era giusto, era un ragazzo come gli altri si ripeteva sempre, anche se alla fine non poteva fare null'altro che guardare la macchina che si allontanava da casa sua, mentre Federico dai posti dietro guardava verso la finestra della sua camera sorridendo e salutandolo affettuosamente con la mano.
Squalo per un certo periodo di tempo aveva creduto che fosse stato colpito da una maledizione, un altro periodo invece aveva creduto che quelli non erano i suoi veri genitori e poi alla fine si era convinto che comunque andassero le cose lui era solo se stesso e non doveva giustificare con nessuno i suoi comportamenti.
Probabilmente, anzi quasi sicuramente, la madre credulona e fragile, aveva attribuito parte del comportamento di Squalo al fatto che avesse Federico come fratello. In verità però non era affatto quello il motivo. "Squalo, so che è difficile per te, ma ti prego, cerca di comportarti bene a scuola", Squalo non credeva possibile che la madre non capisse che una parte del suo comportamento non era dovuto al fratello ma proprio a lei: una donna fragile, che lo allontanava il più possibile se ne avesse avuto la possibilità. Il futuro spadaccino non si faceva problemi ad ammettere che il problema reale era lei e quando una volta glielo disse con quanta più asprità e freddezza aveva in corpo, lei lo guardò spavenatata e poi uscì di casa dicendo che si era dimenticata di aver promesso a Mara che sarebbe andata a prendere il tè a casa sua. Eppure Squalo, nonostante si fosse tolto, almeno apparentemente, un peso dalla mente, si sentiva sempre più oppresso dal disagio e dal rimorso. Il ragazzo sentiva di aver sbagliato, ma avendo eretto una corazza d'orgoglio, che in futuro si sarebbe trasformato in superbia, non voleva ammettere, o rifiutava proprio di pensare che si stesse corrodendo da un senso di rimorso provocato addirittura dalla solitudine.
La casa in cui viveva era troppo silenziosa, si poteva solo sentire il parlottare delle pattegole in cucina di tanto in tanto. Il tintinnare delle posate irritava sempre di più Squalo, lo rendevano irrequieto e quando vedeva il volto burbero, freddo e distante del padre, quasi si sentiva distruggere dentro. Non provava sentimento per quell'uomo, non lo poteva definire padre. Gli unici contatti che poteva avere con lui erano quando di tanto in tanto lo chiamava per farsi portare un altro bicchiere di grappa e gli chiedeva se andava a bene a scuola. Non era per vero interesse che lo chiedeva, sembrava più un dovere e ciò disturbava ancora di più il ragazzo, che dopo aver detto il solito "bene" spariva dallo sguardo serio del padre per tornarsene in camera, come lui tacitamente gli obbligava. La donna poi, quelle volte, se ne stava sul lavello a pulire i piatti, facendo finta di non ascoltare e con tutti i muscoli irrigiditi. Squalo quasi poteva sentire la tensione che gli pungeva la schiena ogni volta che la donna apriva il rubinetto quasi a costringersi a non ascoltare quelle bugie che fuscivano dalla bocca del figlio. Posava i piatti accanto al lavello con un suono secco, quasi avesse paura che il ragazzo gli raccontasse la verità; ogni minimo rumore proveniente dalla cucina quando stava davanti suo padre, sembravano messaggi, i soliti messaggi: "dì che va tutto bene" e quelle volte Squalo le dava ascolto.
Di tanto in tanto poi suonava il campanello e si sentiva la voce squillante della donna che civettava emozionata: Squalo sapeva che Dino era venuto a fargli visita. Ogni volta la donna arrivava in camera sua e gli diceva "c'è il tuo amico". Quegli occhi lucidi di felicità lo colpivano duramente al petto.
«Squalo!» Urlava Dino entrando come un ciclone dentro la sua camera, inciampando su tappeti invisibili.
«Che cazzo vuoi?» Quello era il suo modo di salutare il suo migliore amico e Dino sorrideva, sempre e comunque, anche quando gli diceva che le sue visite non erano per nulla gradite e che aveva di meglio da fare che dare ascolto ad un idiota come lui. Squalo però gli voleva bene, gli voleva veramente bene, perché Dino era capace di fargli dimenticare la vita che viveva, lo faceva sentire un ragazzo normale che parlava assieme al suo amico. Però a distruggere quei momenti sospesi, era sempre l'arrivo della madre, con quel suo sorriso da buona genitrice, che chiedeva se volevano qualcosa da mangiare o da bere, come se fosse una normale madre che vuole bene a suo figlio e che gli da attenzioni. Squalo si sentiva travolgere dalla falsità di quella donna e se non fosse stato per Dino che con un sorriso l'accontentava dicendole che sì, magari avrebbe gradito un succo di frutta, allora Squalo si sarebbe alzato dal letto e sarebbe andato a strozzare la donna.
Dino sapeva che il suo migliore amico non era affatto felice, ma non chiedeva nulla, piuttosto era speranzoso che un giorno Squalo si sarebbe confidato con lui. Il Cavallone aveva una strana tendenza verso il futuro spadaccino, eppure sembrava che nemmeno lui capisse cosa realmente fosse tutto quell'affetto che si sentiva di donargli.
«Oggi quella megera della Fasto mi ha messo una nota perché sono inciampato ed ho disturbato la lezione» si grattava la nuca in modo tanto innocente e sbadato da far venire voglia a Squalo di ridergli in faccia e di strigerselo forte. Però Squalo non era di certo il tipo da fare certe cose e si limitava a scuotere la testa.
«Tu e la legge di gravità non siete compatibili» Diceva a volte in modo distratto, guardando a terra per distogliere lo sguardo da quei grandi occhi castani e felici. 
E quelle volte in cui Dino andava a trovarlo nel fine settimana, allora era anche più felice, perché solo in quei momenti sua madre non sarebbe andata da lui per allontanarlo da suo fratello. Federico e Dino se ne stavano delle ore a parlare di tutto e di più e Squalo osservava e ascoltava, ogni tanto rideva della sbadataggine di Dino e delle battute di Federico, rispondeva alle loro domande e lucidava la sua spada.
La spada di Squalo era ben nascosta dentro un cassetto dell'armadio, sotto i libri di scuola e quant'altro avesse potuto metterci per nascondere il panno in cui era avvolta come se fosse un prezioso gioiello. Dino ogni tanto si perdeva ad osservare il movimento delicato delle mani del suo migliore amico, che lucidavano e si prendevano cura dell'oggetto. Poi Federico diceva "Ehy" ed era in quei momenti che si spezzava la magia di quel rituale: di fretta a furia, Squalo avvolgeva la spada nel panno e la nascondeva sotto il letto. Dopo pochi secondi sarebbe entrata la madre a chiedere se avevano bisogno di qualcosa.
La donna guardava Dino come una sottospecie di angelo salvatore, lui era sempre stato il prototipo di figlio ideale, almeno secondo i suoi gusti: Squalo trovava ciò alquanto disgustoso, perché avere dei gusti in quanto a figli sembra una cosa tanto squallida da diventare quasi oscena. Eppure l'albino continuava a tacere, continuava a starsene in quel suo piccolo angolo del suo mondo, senza la possibilità di potersi allontanare. Si sentiva soffocare ogni giorno di più: se una volta gli bastava sapere che suo fratello era nell'altra stanza, ora gli sembrava quasi che gli si stringesse il cuore a non poter andare da lui, abbracciarlo e dirgli che gli voleva bene, gli voleva tanto bene che avrebbe ucciso pur di renderlo il ragazzo più felice del mondo. Perché Federico era buono, Federico era il suo piccolo angelo, la sua speranza, la sua voglia di vivere. Si sentiva male quando veniva strappato via da lui in modi subdoli che violentavano la sua anima; gli strappavano via un pezzo della sua vita e del suo cuore e venivano portati via assieme a quella macchina diretta in campagna, in clinica.
Squalo aveva smesso di piangere anni addietro, dopo che suo fratello se l'era cullato fra le braccia per ore e dopodiché se l'era guardato con un sorriso tanto dolce da fargli perdere la voglia di stare male: quel suo sorriso dolce e velato di tristezza, era tanto bello e genuino da avergli fatto sciogliere il cuore. Squalo da quel giorno non riuscì più a piangere perché portava nella memoria la fotografia di quel sorriso, il sorriso più bello del mondo.
Poi era entrato nel suo mondo anche Dino, con i suoi sorrisi ingenui, con la sua stupida intelligenza, con allegria ed energia tali da travolgere completamente ogni emozione di Squalo. Aveva cercato di allontanarlo, eppure sembrava che avessero delle calamite che li facevano avvicinare sempre di più. Ogni occasione, per quanto casuale, sembrava dettata dal destino, ma sia Dino che Squalo non avrebbero mai pensato ad un segno del destino o roba del genere, entrambi erano, chi più chi meno, razionalisti. Dino però coltivava speranza ed ottimismo, Squalo era inflessibile a qualsiasi altra cosa che non fosse stata la razionalità: credeva solo in quello che vedeva e non voleva farsi illusioni di alcun tipo, non voleva quell'ottimismo allegro di Dino, figurarsi poi la speranza. Però il giorno in cui i due ragazzi si erano incontrati, un segno era stato inciso nelle loro vite, un segno che avrebbe cambiato completamente la vita di Squalo e che avrebbe fatto perdere le speranze a Dino. 





Questo è solo il prologo. Ho cercato di mantenere i personaggi più IC possibile, l'avvertimento OOC l'ho messo ugalmente nel caso il carattere dei personaggi non corrisponda.
Ovviamente è la mia visione di un ipotetico passato di Squalo, non è assolutamente prevista l'happy ending. Cercherò essere quanto più possibile fedele alla storia originale.
Sono ben accette le critiche costruttive, se non vi piace la storia, ovviamente potete anche non continuare a leggerla, anche perché questo, essendo solo un prologo, avvia alla storia, ma non la racconta del tutto.
Avverto fin da subito che non sarà una storia leggera e appunto per riuscire ad essere fedele alla storia sarò costretta (non è proprio costrizione, in fondo l'ho voluta scrivere io) a far accadere fatti spiacevoli.

Ho già scritto il secondo capitolo, parlarà del primo incontro tra Dino e Squalo. 
Il terzo capitolo è 'under construction' e non posso garantire la puntualità nell'aggiornamento, purtroppo ho solo la notte da dedicare alla scrittura.
Spero comunque di riuscire a postare un capitolo ogni due settimane.

Detto questo, se volete potete lasciare una recensione, ripeto che le critiche costruttive sono ben accette.
Alla prossima **





  
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