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Autore: 365feelings    30/11/2010    4 recensioni
Quella donna moriva nella foresta in fioreQuella donna sapeva che altrove c'era una foresta molto più verde(C.Cros)
#01 SasuSaku: Sakura
#02 ItaIno: Murasaki -Prima classificata allo Yamanaka Contest indetto da Shark Attack-
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ino Yamanaka, Itachi, Yondaime | Coppie: Hinata/Naruto, Sasuke/Sakura
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
Capitoli:
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Nick: Amaranth93
Titolo: Hanazakari no mori, Capitolo secondo - Murasaki
Pairing scelto: ItaIno
Genere: Malinconico, Romantico
Contesto: Dopo la serie
Rating: Verde
Avvertimenti: One-Shot
Betareader: No
Introduzione:
-Ora cosa facciamo?-, gli chiese.

-Andiamo oltre.-, le rispose prendendola per mano.
Non si conoscevano nemmeno. Lui in vita era stato un traditore e un assassino. Lei una giovane ninja di Konoha. Lui non aveva avuto niente dalla vita. Lei tutto. Non potevano esserci persone più diverse.
Ma a nessuno dei due importava.
Note dell’autore: questo è il secondo capitolo di una mia storia, Hanazakari no mori; sebbene non ci sia alcuna continuità tra il primo capitolo della suddetta storia e questo, vorrei precisare una cosa. I capitoli trattano di racconti autoconclusivi accomunati da un unico fattore: si svolgono infatti in scenari post mortem. Ho preso le coppie che più mi piacciono e le ho fatte incontrare in queste immaginarie foreste (Hanazakari no mori vuol dire infatti La foresta in fiore): una dimensione in cui tutto è possibile, in cui finalmente i nostri stanchi e addolorati ninja possano riposarsi e ottenere ciò che vogliono: la pace. È quiche Itachi incontra Ino. All’inizio crede che sia venuta per perseguitarlo, teme che Konoha anche dopo la sua morte continui ad inseguirlo, poi però finisce con l’abituarsi alla sua presenza. Ino dal canto suo segue il suo istinto senza pensare, per cui non si preoccupa minimamente del fatto che lui in vita era un assassino e non lo giudica.
Ho volutamente ripetuto la parola morte parlando di Itachi o facendolo parlare, perché secondo me è quello a cui agognava da vivo.
Bene, credo di aver detto tutto.
Spero che i personaggi non siano OOC e che la storia non causi attacchi di panico o decessi indesiderati.
Ah sì, Murasaki vuol dire violetta.

 

 

 

Hanazakari no mori
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Capitolo secondo - Murasaki

 

Le avevano insegnato che la morte in battaglia era la miglior morte per un ninja.
Le avevano ripetuto che la morte al servizio di Konoha era una morte onorevole.
E ora che stava morendo di una morte gloriosa e assai onorevole, non solo per il villaggio ma anche per il suo stesso clan, non gliene importava un gran che.
Era giovane e bella, aveva ancora tante cose da fare e sogni da realizzare, eppure la vita le stava già sfuggendo via come sabbia dalle mani.
Aiutare Konoha, salvare i suoi cittadini, salire di grado…ma non solo, nei suoi diciotto anni appena compiuti aveva dato una mano in negozio e ancora voleva farlo, aveva a lungo curato il suo aspetto per renderlo ancora più bello e le sarebbe mancato non poter più pettinarsi la fluente chioma al chiaro luna prima di coricarsi. Inoltre, voleva stare ancora con i suoi amici, voleva divertirsi con loro e trovare un ragazzo con cui sposarsi. Sognava un matrimonio fastoso e dei figli tutti suoi da poter accudire amorevolmente e veder crescere brillantemente.
Voleva tutto dalla vita, da quella stessa vita che se ne stava andando recidendo alla radice la sua esistenza come lei recideva i fiori da esporre sul suo capo. Solo ora si rendeva conto come si erano sentite tutte quelle violette, quei lillà e quelle rose strappate all’amorevole abbraccio della terra solo per sfizio e vanità personale.
A fatica sospirò. Sospirare andava bene, non provocava ulteriori fitte, nonostante il sangue continuasse a scappare, imbrattando il terreno, dalla profonda ferita al fianco destro.
Era immobile, stesa a terra e circondata da kunai e shuriken, solo i biondi capelli ondeggiavano leggeri e scompigliati, sfuggiti al controllo dell’elastico, e restava in silenzio, osservando il cielo così grande e limpido per l’ultima volta.
Gli occhi cristallini sembravano voler toccare la volta celeste e fondervisi, poi all’improvviso, mentre sentiva quel struggente desiderio, si sentì stringere il cuore da un’ansia inquietante.
Capì subito di cosa si trattava.
Tutto sembrò fermarsi.
Lo percepì chiaramente. Il momento prima della fine, l’attimo estremo, il silenzio della fine di una vita, il silenzio di una trottola che si ferma, il silenzio simile alla morte, portato da un soffio di vento.

 

L’altura era ricoperta da giovani alberi le cui fronde si levavano al cielo bramose di luce proiettando una piacevole e fresca ombra.
Sotto un ramo carico di foglie verdi, la schiena appoggiata al ruvido tronco, se ne stava placidamente con gli occhi chiusi a godersi la pace che finalmente era riuscito a raggiungere.
In qualche modo sapeva che il luogo in cui si trovava era solo di transizione e che prima poi se ne sarebbe dovuto andare e passare oltre, ma fino a quel momento non voleva far altro che rimanere così.
Non aveva fretta, non aveva più nulla da fare, era finalmente libero da ogni incarico o dovere. I dolori e i mali della vita non lo toccavano più, morti con il suo corpo terreno.
Una risata argentina risalì il pendio portata da una fresca brezza che scivolò leggera sull’erba.
Lentamente dischiuse gli occhi e quando li ebbe finalmente aperti del tutto vide, poco distante da lui e in piedi, una figura femminile.
Una lunga chioma bionda ondeggiava sulle spalle e sulla schiena della giovane donna che lo fronteggiava, il capo adorno di una corona di violette. Gli occhi, azzurri come il cielo estivo erano intessuti con somma maestria sulla trama nivea e perfetta del volto gioioso, dove una bocca piccola e piena sorrideva graziosa mostrando i denti bianchi e regolari.
Una figura angelica e luminosa, simile a una visione.
Una fine bambola di porcellana i cui vestiti, sebbene fossero perfetti sul suo corpo snello e slanciato, stonavano, chiaramente adatti ad una battaglia, come dimostrava l’elastica maglia metallica.
Non era una civile.
-Sei Itachi? Itachi Uchiha?-, chiese questa improvvisamente con la sua voce melodiosa dopo averlo osservato in silenzio.
Lui annuì stancamente, non più sopportando il peso del suo nome che anche in morte era giunto a tormentarlo.
-Ino. Ino Yamanaka, piacere.-, disse sorridendo lei, porgendogli la mano.
Lui ignorò il gesto.
-Yamanaka la fioreria?-
-Si.-
Anche Konoha sembrava volerlo perseguitare in morte. Non c’era scampo per lui.
Con grazia lei gli si sedette accanto e si mise ad osservare il cielo.
-Quand’ero in vita ho conosciuto tuo fratello. Gran bel ragazzo, peccato fosse fin troppo taciturno, ma questo sembra questione di geni, e sgarbato, oltre che fissato con la vendetta. Per lui quand’ero piccola ho litigato con la mia migliore amica. Per molti anni ci siamo odiate e se ci parlavamo, ci parlavamo da rivali, troppo occupate a cercare di conquistare un amore impossibile per vivere serenamente. Ora, dopo tutto questo tempo, credo che tuo fratello fosse da internare.-, cinguettò senza peli sulla lingua giocando con una ciocca di capelli.
Non ottenendo alcuna reazione riprese a parlare.
-Non vuoi sapere com’è andata a finire? Chi tra noi due ha vinto?-
-Com’è andata a finire?-, ripeté con voce atona.
-Sakura è riuscita a fare breccia nella corazza di Sasuke, ma non è stata una vera vittoria. Nessuno ha vinto alla fine. Tuo fratello era troppo cieco.-
Mentre parlava aveva guardato il cielo tutto il tempo per cercare di nascondere una lacrima solitaria versata non tanto per sé, ma per Sakura.
-Perché mi racconti tutte queste cose?-, le chiese lui dopo qualche minuto di silenzio.
-Ci dev’essere per forza un perché?-
-Ero un ninja traditore. Ho sterminato la mia famiglia, il mio clan.-
-L’hai fatto in vita, ora sei morto.-
-Ma ciò che ho fatto rimane. Ho ucciso i miei genitori.-
-Stai cercando di convincermi? Oppure semplicemente vuoi che me ne vada?-
-La seconda.-, rispose nascondendo un sorriso: la credeva più superficiale, meno sveglia.
Ma ormai doveva essere destino che i ninja di Konoha lo sorprendessero.
-Da viva ero considerata una ragazza frivola, materialista, oca e superficiale. Qualcuno diceva anche di facili costumi. Ma la verità era un’altra. Essere una Yamanaka vuol essere una delle migliori spie sul mercato, con tanto di marchio di garanzia. Non potevo eseguire le mie tecniche sul nemico se non ne conoscevo i comportamenti e le abitudini. Per questo, anche se non si direbbe sono un’ottima osservatrice.-
Itachi annuì silenzioso.
-Mio fratello.-, iniziò con molta calma, come se stesse cercando le parole adatte, -Che fine ha fatto mio fratello? È tornato a Konoha?-
Che risposta si aspettava? Un sì forse?
-No, a casa non è più tornato. Ha addirittura cercato di distruggerla Konoha. Ora è morto.-, gli rispose senza sorridere e con voce fin troppo triste, tanto che lui si accorse subito che c’era dell’altro.
La morte di suo fratello non pareva essere l’unico evento sconvolgente.
-E anche Sakura è morta. Morta senza possibilità di rivederlo e di fargli capire quanto fosse diventata forte, per lui, per se stessa, per loro.-
-Forse si sono incontrati in un luogo simile a questo.-, le disse sembrandogli naturale confortarla nonostante non la conoscesse.
Quel soffocante senso di colpa evaporò nel notare la tristezza scivolare via, lavata dalla limpida e rassicurante acqua delle sue parole, dal volto della giovane.
-Voglio crederci, perché se lo meriterebbe davvero.-
-La senti anche tu questa pace che pervade ogni fibra del corpo?-, aggiunse subito dopo, cambiando discorso: non voleva che l’Uchiha rimuginasse troppo sulla morte del fratello, le dispiaceva, le faceva male, vedere quel bel volto adombrato dal senso di colpa a dal rimorso. In quel luogo, ovunque si trovassero, i dolori terreni dovevano svanire. Per cui non disse “Mi dispiace” o “Non è colpa tua”; era abbastanza grande, matura e sensibile per sapere che avrebbe solo rigirato il dito nella piaga. E quella piaga lei voleva chiuderla. Quel pensiero le attraversò la mente come una verità certa e indiscutibile.
-Sì. Si sta bene.-
Era la pace che aveva sempre cercato, ma non lo disse.
-Secondo te dove ci troviamo?-
-Non lo so.-
Ino si alzò e uscì dall’ombra, esponendosi alla luce del sole.
I biondi capelli ondeggiavano lievi animati da una leggera brezza.
-Sai, a volte mi pesa la maglia metallica che porto. Mi pesa sul cuore.-, disse all’improvviso, sementendo il bisogno di confidare quel pensiero.
-Sei troppo sentimentale. I ninja non devono esserlo.-
-È un male mostrare agli altri cosa si prova?-
La domanda lo colse alla sprovvista, soprattutto perché non si aspettava l’intensità con cui gliel’aveva posta.
-Non lo so.-, ammise poco dopo.
-Potendo rinascere mi piacerebbe cambiare alcune cose della mia vita. Se potessi non litigherei con Sakura per Sasuke. Tuo fratello ci ha rubato l’adolescenza. Abbiamo sprecato troppo tempo per lui, e di tempo i ninja non ne hanno.-
-Parlami di Sakura.-, la sorprese all’improvviso, accompagnando la richiesta a un raro sorriso.
Lo osservò per qualche istante soffermandosi sulle sue labbra: le sembrava di poter ammirare una divinità, non un essere umano, tanta era la bellezza.
-Mah…non era niente di che. Fronte spaziosa, occhi verdi, capelli rosa, piatta come una tavola. Da piccola era una frignona. Poi è cresciuta e ha dimostrato di avere davvero un caratteraccio e davvero tanta forza.-
-Forza?-
-Sì, forza. Non solo fisica, anche spirituale. Per amare uno come Sasuke bisogna essere forti. Per amare come amava lei bisogna essere forti. All’inizio lui neanche la considerava, poi sono capitati in squadra insieme. Allora ha iniziato a sgridarla. Da qui a proteggerla in missione il passo è breve. Infine l’ha ringraziata e se n’è andato.-
-Mi sarebbe piaciuto conoscerla. Sembra davvero una ragazza forte.-
-Lo è.-, confermò ancora Ino.
-E tu?-
-Io cosa?-
-Tu e mio fratello.-
-Non ci siamo mai parlati. Io semplicemente cercavo il principe azzurro e ingenuamente credevo di poterlo trovare in lui.-
-E ora?-
-E ora niente. È tutto finito no? Siamo morti.-, nel dirlo un brivido le attraversò la spina dorsale, -Siamo qui. Da quanto ti trovi in questo luogo?-
-Non lo so. Però si sta bene. Mi sento finalmente libero.-
-Non hai paura di incontrare tutti quelli che hai ucciso, soprattutto i tuoi genitori?-
-Non so neanche questo. Ora non voglio più dover pensare, sono morto. Se li dovessi incontrare innanzitutto mi scuserei, poi abbraccerei mia madre e infine anche mio padre.-
-Devi aver davvero penato molto in vita.-
-A qualcuno doveva pur toccare questa sorte.-
-Sei troppo ligio al dovere, sei troppo responsabile.-
-È ciò che si chiede a un fratello maggiore, a un ninja, a un bambino prodigio.-
Sorrise ancora Itachi, un sorriso amaro.
Ino distolse lo sguardo e lo posò sull’azzurro del cielo, mentre sentiva sul cuore il peso di quelle parole.
-Perché lo guardi sempre?-
-Perché mi piace.-, rispose capendo subito a cosa si riferiva, -Perché vorrei essere là su, perché vorrei farne parte. Perché credo che Shikamaru Nara mi abbia un po’ contagiata.-, poi tornò a guardare l’Uchiha attorcigliando le dita delle mani dietro la schiena,- Quanti perché.-
La Yamanaka tornò a sedersi accanto a Itachi.
-È così terribile la mia compagnia?-, chiese con un beffardo sorriso sulle labbra.
-Penso di potermici abituare.-, scherzò lui.
-Sai, credo che non ci debba essere per forza un motivo per fare una cosa, la si fa e basta.-, disse poco dopo, rompendo il silenzio.
L’Uchiha lasciò vagare lo sguardo sull’erba e poi sugli alberi fino a quando non giunse a lei, alla sua figura snella e sinuosa, ai suoi capelli biondi e gli occhi come frammenti di cielo.
Assecondò la parte più irrazionale di sé.
In vita non l’avrebbe mai fatto, ma ora era morto ed era pronto a fare tutto ciò che non aveva potuto fare.
Sì chinò su lei e la baciò a fior di labbra.
-Perché l’hai fatto?-
-Sentivo di doverlo fare.-, le rispose regalandole un seducente sorriso. Il fascino degli Uchiha, quello no che non moriva mai.
Rise allegra e congiunse le braccia attorno al suo collo immergendo le mani nella nera seta dei suoi capelli.
-Bravo.-
Si baciarono ancora, questa volta però la passione dominò i loro istinti.
Quando si separarono Ino sorrise.
-Sai, essere morti non è poi così male.-, commentò regalandogli un altro bacio.
-Ora cosa facciamo?-, gli chiese.
-Andiamo oltre.-, le rispose prendendola per mano.
Non si conoscevano nemmeno. Lui in vita era stato un traditore e un assassino. Lei una giovane ninja di Konoha. Lui non aveva avuto niente dalla vita. Lei tutto. Non potevano esserci persone più diverse.
Ma a nessuno dei due importava.
I raggi del sole si allungarono e si posarono sulle loro figure, rendendolo traslucide e infine dissolvendole nell’aria.
Sul prato rimase la corona di violette. A Ino ormai non serviva più.







N/A
Avevo detto che non avresi più scritto nulla sul Fandom di Naruto. Ma ci tenevo a pubblicare questa storia, scritta ancora tempo fa.
Non riesco ancora a crederci: io, io prima. Sogno o son desta?
Ringrazio la giudice, Shark Attack, il cui giudizio mi ha riempito di gioia e la cui rapidità è stata ammirevole.
Mi complimento con DREEM e Killuale94 che hanno condiviso con me il podio: brave ragazze!

N/A 
   
 
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