Anime & Manga > Katekyo Hitman Reborn
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Autore: Milli Milk    10/12/2010    5 recensioni
[...]continuava a tacere, continuava a starsene in quel suo piccolo angolo del suo mondo, senza la possibilità di potersi allontanare. Si sentiva soffocare ogni giorno di più[...]
Ho provato ad immaginarmi un'ipotetica adolescenza di Squalo e di come è entrato a far parte dei Varia. [?S - XS]
Genere: Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Dino Cavallone, Nuovo Personaggio, Superbi Squalo, Un po' tutti, Xanxus
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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My secret friend 2
My secret friend


Avvertimenti: la storia tratta argomenti come l'omosessualità, tratta oltretutto argomenti delicati ed è presente linguaggio scurrile, se non vi piace non leggete. La storia non è reale, non ho preso spunto da nessuna storia realmente accaduta. Ogni riferimento a fatti e/o persone è puramente casuale.


I personaggi di 'Katekyo hitman Reborn' non mi appartengono e la storia non è assolutamente a scopo di lucro.





Era già un mese che era iniziata la scuola e Squalo già si era stufato di tutto e di tutti: le professoresse, tutte vecchie megere, già avevano imparato a memoria il suo nome e lui aveva già fatto "amicizia" con quell'altra racchia della preside-talpa. I suoi compagni di classe poi erano forse anche peggiori delle professoresse: i ragazzi che facevano i bulli e poi piangevano se gli veniva data una piccola spinta. Le ragazze poi, quelle non le poteva proprio sopportare: tutte ochette pronte a sbattere le ciglia e fare gli occhioni dolci a tutti pur di ottenere ciò che volevano. Era qualcosa di veramente disgustoso e l'idea di entrare in quella classe di prima mattina era per Squalo un vero e proprio suicidio. Odiava sentire le voci dei finti bulli che urlavano epiteti a destra e a manca senza un reale motivo; odiava le risate sciocche delle ragazzine e i loro sguardi a raggi x. Puntavano i loro occhi verso qualsiasi tipo di persona passasse nel raggio di cinque metri, poi parlottavano e ridevano, peggio delle amiche pettegole della madre.
Dio, quanto odiava quei stupidi ragazzi! Purtroppo poi era stato costretto a mettersi vicino ad una ragazza, in prima fila, perché doveva essere controllato a vista; se fosse stato per le professoresse, l'albino avrebbe scritto in fronte "attenzione: soggetto pericoloso".
La compagna di banco di Squalo era la tipica ragazza timida, o almeno agli occhi di tutti lo era: di bassa statura, con dei riccioli castani disordinati, un visino tondo e pallido e dei grandi occhi azzurri come il mare. Era una ragazza che stava sempre sulle sue, per il nervosismo e il disagio si arrotolava una ciocca di capelli intorno all'indice, quando parlava balbettava leggermente e le sue guance si sfumavano di un leggero rosa. Per lei i ragazzi ci facevano la fila, la trattavano come una bambola di porcellana, se la litigavano ed erano disposti a tutto pur di affiancarla fino all'uscita di scuola: cosa alquanto squallida anche quella per il parere del futuro spadaccino. A lui, a differenza della maggior parte del popolo maschile della classe, dava fastidio il solo sentire quella sua vocina innocente e titubante, come se avesse paura del mondo intero, mentre invece poi si poteva dimostrare la peggiore delle stronze. Perché Squalo sapeva che in fondo si comportava così non per semplice timidezza, ma per un principio di egocentrismo. Per esempio non era gentile ed era sgraziata nel modo di essere. La timidezza andava man mano a sgretolarsi sotto gli occhi di Squalo e alla fine si mostrava per quello che era: una grandissima egoista.
«Scusa Squalo, potresti passarmi la matita, è caduta sotto il tuo banco» diceva la compagna di banco con voce tremula e bassa, mentre indicava con il piccolo indice pallido la matita vicino ai suoi piedi. Squalo buttava l'occhio distrattamente verso il basso, poi guardava la ragazza e mostrava un ghigno tra il divertito e lo scocciato, alzava un sopracciglio allo sguardo turbato della ragazza a cui tremavano leggermente le labbra.
«Scordatelo, prenditela da sola» se in quel momento Squalo si fosse girato, avrebbe visto un suo compagno di classe con un sorriso soddisfatto in volto. Quello era un altro ragazzo che sembrava immune alla "dolcezza" di quella ragazza. Un ragazzo oltretutto degno di stima, perché nonostante fosse preso continuamente di mira per la sua nazionalità e per la sua particolare bruttezza e anche per la sua scarsa rendita, riusciva a rendersi immune da qualsiasi pregiudizio, scaricando ogni tipo di affronto con l'indifferenza; cosa che Squalo non riusciva a fare e che invidiava, sotto un certo punto di vista, ma ciò non l'avrebbe mai ammesso.
«Scusa...» A quella risposta eccessivamente balbettante, Squalo non poté fare a meno di irritarsi quasi all'inverosimile, perché quella sua balbuzia non era dovuta di certo alla timidezza, ma piuttosto sembrava richiedere un aiuto da chissà quale divinità per far smettere all'albino di guardarla in modo tanto sprezzante. Quell'affermazione falsamente timida aveva scaturito nel cervello di chi aveva udito, un senso di protezione.
«Stupida ragazzina» e da quel momento era scattato il conto alla rovescia. Squalo era più che sicuro che alla pausa si sarebbe ritrovato con quell'ammasso di imbecilli ad urlargli contro in difesa del loro piccolo angelo ferito. A dire il vero non vedeva l'ora di prendere a cazzotti qualcuno, quella giornata era iniziata peggio di tutte le altre. Non mancava poi di certo l'occhiataccia da parte della professoressa, ma si era limitata ad una breve occhiata fulminante giusto per essere buona, quindi aveva fatto finta di nulla e aveva ripreso a spiegare quella noiosissima materia qual'è il latino e il silenzio più assoluto era piombato sulla classe, rendendo quegli ultimi minuti infiniti.
A Squalo già prudevano le mani d'impazienza, avrebbe voluto lasciare l'impronta delle sue nocche in faccia a uno di quei stupidi ragazzini, magari anche a più di uno, magari lasciare un bel segno nero a tutti quanti.
La bocca di Squalo si allargò in un ghigno quando suonò la campanella. Le sedie stridettero sul pavimento mentre la professoressa usciva dalla classe senza che mancasse il suo solito sguardo da vecchiaccia che era verso l'albino, come a volerlo ammonire per il solo respirare la sua stessa aria. Ma di certo quel giorno Squalo non stette a pensare a quello sguardo, piuttosto girò lo sguardo verso un'ombra che gli si era affiancata.
«Ehi tu!» Ecco, lo sapeva. E qui veniva il divertimento, Squalo avrebbe potuto prenderlo a cazzotti solo per quelle due parole dette con troppo sprezzo e con volume troppo alto, poi quel "tu" avrebbe reso ancor più giusto quel gran livido nero che avrebbe voluto fargli comparire sull'occhio. Eppure si trattenne, almeno per il momento, voleva godersi ancor di più la scena di quelle facce da cazzo che gli si sarebbero appostate davanti con fare minaccioso, come se credessero davvero ti intimidire uno come lui. Era appunto questo il divertimento: il fatto che si credessero tutti quanti eroi invincibili scesi in terra per salvare una piccola damigella attaccata da un mostro bruto. Non potevano di certo capire che alla fine il vero mostro lì dentro era proprio la damigella che tanto difendevano. Ed era anche e sopratutto per quello che Squalo trovava quei tipi ancora più ridicoli di quanto già non erano con la loro semplice esistenza: avrebbe pagato oro pur di vederli cadere a terra in lacrime, come dei bamboccioni, a leccare le suole di quella viperaccia velenosa che faceva la doppia faccia.
«Non puoi trattare male Giulia» a quel punto Squalo non poté trattenersi dallo scoppiare a ridere in faccia a quel demente che con tanta convinzione aveva detto una cosa simile. 
«Siete delle fecce assurde» se la rideva della grossa e quasi si sentiva in dovere di tenersi la pancia. Però si costrinse a smettere mentre molti altri deficenti come quello si erano affiancati al loro...leader? Solo a pensare a quella parola gli veniva di nuovo da ridere, ma era una cosa talmente tanto infelice che avrebbe dovuto versare lacrime di disperazione. Abbassarsi ad un tale livello era una cosa molto triste, sottostare quasi al volere di quel ragazzino che aveva solo la statura a renderlo più in alto degli altri, era una cosa alquanto squallida. Squalo infatti dovette ammettere a se stesso che molte volte pensava a quell'aggettivo, nemmeno ricordava per cosa non l'aveva usato. Si accorse quindi che quasi inconsapevolmente aveva etichettato la sua vita come squallida. Non era del tutto errato, ma quella stessa etichetta era impregnata di squallore.
«Pezzo di merda!» Ed era quello che aspettava Squalo: il cedimento. L'albino si alzò con uno scatto, subito dopo che il suo compagno di classe aveva sbattuto le mani sul banco, come a voler dimostrare la sua superiorità. Ma la superiorità non era certo l'intimidazione, almeno per Squalo non lo era. Per questo, aveva preso come pretesto uno stupido insulto per potergli sferrare un destro dritto sulla mandibola. E da lì scattò automaticamente la rissa: gli altri piccoli idioti non potevano di certo restare a guardare, dovevano intervenire in soccorso del loro "leader". Scattarono in avanti, pronti a picchiare l'albino che aveva osato far uscire il sangue dalla bocca del ragazzo riverso a terra. Feccia, pensò Squalo guardando fugacemente il ragazzo che aveva appena colpito, per un pugnetto già era steso a terra, forse non ne era nemmeno valsa la pena allora colpirlo per primo. Magari avrebbe dovuto aspettare di prendere un pugno per poi ricambiare con gli interessi, ma almeno poteva consolarsi con quegli altri bambocci che urlavano epiteti come se al posto della bocca avessero lo scarico del cesso. Forse, pensò Squalo, poi l'avevano davvero lo scarico del cesso al posto della bocca, dei pezzi di merda come loro potevano giusto avere un buco di scarico al posto della bocca. Non che poi lui fosse migliore di loro in quanto parole, però di certo le sue imprecazioni e i suoi insulti erano molto più puliti dei loro, che seppure fossero gli stessi, quei ragazzini lo dicevano senza essere consapevoli di cosa volessero dire e come se dirli avrebbero potuto ferirlo di più nell'animo. 
Squalo si ritrovò a terra, con quei pezzi di merda che sferravano calci e pugni così, come capitava, e anche se ne sferrava abbastanza anche lui, ne riceveva il doppio di quelli che dava. Potevano essere dei bamboccioni però erano sempre in quattro, contando poi quel pezzo di merda che si era deciso a rialzarsi come se volesse dar mostra di sé con quel rivolo di sangue che gli usciva dalla bocca. Voleva sferrare il colpo di grazia al suo nemico dopo che i suoi scagnozzi avevano fatto il lavoro sporco. Veramente uno schifo, si ritrovò ancora a pensare mentre iniziava a vedere sfuocato, veramente uno schifo. Quel demente se ne era stato a terra per tutto quel tempo aspettando che Squalo ne prendesse di brutto e quando aveva visto che i colpi andavano ad indebolirsi, si era alzato per poter mostrare a tutti quanti la sua grandezza di gran pippone che era. Eppure, dopo che aveva preso la stecca di una cartina mezza rotta appesa al muro, tutti avevano esultato all'impresa del grande eroe della classe che dava il colpo di grazia ad uno Squalo che era stato abbattuto fisicamente. Con le ultime forze che si ritrovava, si era difeso dalle botte di quella maledettissima stecca che gli stava facendo vedere le stelle e poi aveva preso per la caviglia l'altro e lo aveva buttato giù. Nel momento in cui Squalo prese una botta in testa, tanto forte da fargli girare la testa, era arrivata la professoressa urlando come una disperata cercando di far smettere agli altri ragazzi di esultare e buttar benzina sul fuoco, poi aveva ammonito Squalo e il suo avversiario. Aveva cercato di rialzare i due ragazzi da terra in malo modo, prendendoli per i polsi, eppure Squalo aveva ceduto ed aveva visto il buio.
Quando Squalo si svegliò, fu invaso dalla fastidiosa luce del primo pomeriggio che filtrava dalle tende bianche dell'infermeria scolastica.
«Ti sei svegliato...» La voce di un ragazzo lo destò completamente dal suo sonno. In quel momento Squalo comprese che era svenuto: si sentiva un forte dolore in ogni parte del suo corpo, quei maledetti non si erano di certo risparmiati. Volevano fare i bulli e a costo di uccidere un ragazzo avrebbero dimostrato al mondo intero i gran coglioni che erano. Purtroppo per Squalo ci erano riusciti e senza nemmeno ucciderlo. Si accorse oltretutto che il solo respirare gli creava un problema: maledetti stronzi, li avrebbe presi uno ad uno e li avrebbe pestati a sangue.
«Sei rimasto svenuto per un bel po'...» A quel punto l'albino girò la testa per dare un volto a quella voce che lo stava disturbando dai suoi progetti omicidi: era anche lui su un letto, se ne stava semi sdraiato a guardarlo con un lieve sorriso in volto, un cerotto sullo zigomo e sul sopracciglio da cui si poteva intravedere il sangue; sul polso aveva una borsa con del ghiaccio dentro.
«Ti hanno ridotto male sai» continuò con la sua voce calma mentre lo scrutava. Squalo anche si mise a scrutarlo, non aveva mai visto quel ragazzo prima d'ora: capelli biondi, che rilucevano con il riflesso del sole, gli occhi marroni come cioccolato fuso che sembravano tanto dolci. Eppure uno come lui non poteva passare inosservato: chissà quante ragazze stravedevano per lui, era molto bello e quel sorriso e quegli occhi erano tanto dolci e solari che se qualcuno si fosse voltato anche solo per un attimo ed avesse incontrato il suo sguardo, sarebbe rimasto a fissare quel ragazzo come per cercare il motivo per cui quegli occhi erano pregni di tanta allegria.
«Tu non sei messo meglio» cercò di alzarsi leggermente dalla sua posizione accorgendosi che il ragazzo sull'altro letto aveva una borsa di ghiaccio anche sul ginocchio.
«Meglio di te sicuramente, io sono solo caduto dalle scale» Squalo combatté con la voglia di scoppiargli a ridere in faccia. Il biondo aveva alzato il braccio sano per andarsi a grattare le nuca quasi ad accentuare quella sua sbadataggine. Quel "solo" poi era molto curioso, ma non si fece una domanda del genere, piuttosto era concentrato ad osservare i gesti del ragazzo. Nonostante fosse palese che provasse dolore, continuava a sorridere come se loro due non stessero nell'infermeria scolastica ma fossero seduti sul prato a parlare di quello che avevano fatto in quella giornata. Squalo quasi si stupì di tanta spontaneità e sincerità.
«Solo.» Rifletté, sembrava più un pensiero ad alta voce. In quel momento era l'unica cosa che gli era balenata nella mente e infatti poi ripensò a quella semplice parola e l'attribuì forse al fatto che il biondo ritenesse la sua caduta nulla in confronto a ciò che era successo a Squalo. Ed era così in effetti, ma non solo.
«Comunque credo che i tuoi genitori non possano venire, ho sentito Gerani che borbottava sul fatto che i genitori d'oggi sono tutti degli irresponsabili...» Squalo sapeva che ovviamente sua madre non sarebbe di certo venuta a prendere suo figlio che era stato pestato a sangue. Forse era anche contenta, chissà, sicuramente aveva trovato una stupida scusa per non venire e lui sarebbe stato costretto a rimanere lì fino a quando non sarebbe riuscito ad alzarsi sulle sue gambe e tornarsene a casa come se non fosse accaduto nulla. Non si lamentava di certo per questo Squalo, però il fatto che la madre era stata avvertita lo irritava, non aveva pensato in effetti alle vere conseguenze. Non voleva tornare a casa per vedere sua madre che gli dava le spalle come al solito, con la tensione a riempire ogni angolo della casa, con la consapevolezza che in quel momento la donna avrebbe avuto timore di guardarlo per non cedere alla debolezza di potergli donare delle attenzioni, magari di guarire le sue ferite. 
«Quella donna è insopportabile» Squalo, quasi l'avessero risvegliato da un incubo, sobbalzò leggermente.
«Cosa?!» il biondo lo guardò per un attimo spiazzato per poi tornare ad incurvare leggermente le labbra verso l'alto.
«Gerani, borbotta tutto il giorno sulla rigida disciplina dei suoi tempi che dovrebbero attuare per dei ragazzi irresponsabili come noi» la sua risata lo investì come quei raggi di luce che gli infastidivano gli occhi. Squalo non sapeva se quel ragazzo gli urtasse il sistema nervoso, oppure se quel sorriso lo stesse facendo sentire, come, forse meglio? Non sapeva cosa pensare, tirò le labbra in un sorriso sforzato.
«Io sono Dino» era strano, eppure all'albino non diede fastidio quella presentazione non richiesta. Era come se stesse aspettando di sapere il suo nome fin dall'inizio e quel ragazzo avesse capito ciò che lui invece non era riuscito a decifrare al volo. Sicuramente poi il suo presentarsi era stato solo un gesto educato, quasi fosse doveroso il dover dire il proprio nome, ma al contempo in quella presentazione ci aveva colto tanta di quella genuinità che si sentì spiazzato.
«Squalo...» Di certo poi la sua non era stata una presentazione entusiastica come quella del biondo. Il suo orgoglio gli impediva di mostrare altre facce se non quella burbera e distante che mostrava sempre. Non di certo una semplice maschera, no, quella era solo la faccia che prevaleva nella sua vita. Il resto delle sue emozioni l'aveva mostrate solo a suo fratello ed era sicuro che mai avrebbe mostrato a qualcuno qualcosa che non fosse scontrosità. E invece quel giorno aveva conosciuto Dino e quel giorno stesso, insieme al dolore, andò a mischiarsi una nuova sensazione, una sensazione che inizialmente aveva ritenuto ingombrante, ma che poi con il tempo avrebbe appreso essere un profondo sentimento, diverso da quello che provava per suo fratello. 
«Oh, grazie a Dio ti sei svegliato! Ma guarda come ti sei fatto conciare! Che ragazzi irresponsabili...» Non poté trattenersi dal ridere, seppure poi gli facesse male tutto il corpo, Squalo rise e insieme a Dino.
A Squalo non passò nemmeno per l'anticamera del cervello che il giorno dopo e quello dopo ancora, si sarebbe di nuovo ritrovato a parlare con Dino. Non immaginava che un giorno avrebbe scoperto cosa volesse realmente dire quel "sono solo caduto dalle scale" e non avrebbe mai immaginato che sarebbe stato al suo fianco a sorreggerlo ogni volta che inciampava sui suoi stessi passi. Allo stesso tempo poi non avrebbe mai immaginato che Dino sarebbe entrato nella sua vita così, quando si era risvegliato da una scazzottata che l'aveva visto cadere a terra privo di sensi. Dino forse avrebbe anche messo in ballo il destino, ma nemmeno lui credeva molto in quelle cose e avrebbe attribuito il loro incontro ad un normale evento che sarebbe dovuto accadere prima o poi dato che frequentavano lo stesso liceo.
Quando Squalo quel giorno, dopo che essere riuscito ad alzarsi da quel letto, tornò a casa, non fece caso alla tensione della madre e non fece nemmeno caso al fatto che lo stesse guardando con gli occhi strabuzzati dallo stupore. Non la degnò di uno sguardo o di una parola e si diresse subito in camera sua, buttandosi sul letto e crollando in un sonno meno tormentato degli altri.



Ecco a voi il secondo capitolo!
È passato un bel po' di tempo perdonatemi, ma tra una cosa e l'altra non riesco a scrivere se non la notte e siccome non voglio trovarmi a rincorrere il tempo ogni volta, vorrei trovarmi con almeno due capitoli già scritti. In questo caso ho il terzo già ad un buon punto e non so quando riuscirò ad aggiornare. Comunque ripeto che vorrei almeno riuscire a postare un capitolo ogni due settimane.

Bene, questo secondo capitolo è un flash back di Squalo, da come avete potuto leggere, la scuola è iniziata solo da un mese e ho voluto provare ad immaginare un incontro tra Dino e Squalo. Non è niente di ché, ho voluto farli incontrare in un modo normalissimo per non cadere troppo nella banalità. Essendo Dino un pasticcione, questo lo sappiamo tutti, ho pensato che a scuola si sarebbe ritrovato molto spesso in infermeria. Oltretutto Squalo ce le prende di brutto, sì sono stata cattiva, ma non è di certo imbattibile e non si porterebbe nemmeno la spada a scuola, sarebbe abbastanza strano se fosse il contrario.

Vi anticipo un po' il prossimo capitolo: si farà un salto temporale di tre mesi e vedremo un po' come si è evoluto il rapporto tra Squalo e Dino, entreranno in scena un po' di personaggi che già conosciamo e altri che ho dovuto inventare per forza di causa.

Ringrazio ancora per i commenti e per i seguiti. Alla prossima **


  
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