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Autore: Tico_Sarah    15/12/2010    3 recensioni
Il villaggio di Taraah ha sempre vissuto chiuso nella foresta. L’equilibrio e le abitudini degli abitanti non sono mai state interrotte se non da esigui contatti con il mondo esterno. Tuttavia, l’arrivo dei pirati e una nuova malattia che incombe sul villaggio, portata da un animale misterioso, cambieranno le cose una volta per tutte. Una persona da salvare, un viaggio azzardato e un misterioso frutto, muteranno per sempre la vita della protagonista di questa storia. E non solo la sua… Anche Taarah non sarà più la stessa. [Spoiler negli ultimi capitoli; Leggere bene la nota in fondo al capitolo per informazioni.] Mi raccomando, leggete gli avvertimenti; per il resto... buon divertimento!
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Portuguese D. Ace, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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^ Parte 2: In Mare Aperto ^

 

Capitolo 1: Ace E La Ragazza Dell’Isola

 

 Pioveva e tuonava.

 La stanza oscura veniva illuminata un istante sì e l’altro no dai lampi, e non appena aperti gli occhi, tutto ciò che stava intorno alla ragazza stesa sul letto era appannato. Ogni tentativo di vedere più chiaramente sembrava fallire, ogni suono, compreso quello del temporale, appariva ovattato e confuso. Tutto, nella sua testa, era confuso; rimaneva soltanto uno strano odore di bruciato, un dolore lancinante al braccio destro e una spossatezza di cui non avrebbe saputo chiarire la provenienza.

Dov’era finita?

  Tentò di mettersi a sedere, ma sbattè contro qualcosa e ricadde sdraiata sul letto. Appoggiò la testa sul cuscino e cercò di capire cosa si fosse presa di petto.

-Il medico ha detto che devi stare sdraiata- l' apostrofò una voce.

Il qualcosa, pensò la ragazza, era un qualcuno.

Il braccio continuava a bruciare dolorosamente, così come la testa continuava ad essere completamente... Vuota.

-Pensavo che non l’avresti più finita di strillare- stava dicendo intanto la voce, chiaramente appartente ad un giovane.-Come hai detto che ti chiami...? Arissa, giusto?-

La ragazza aprì gli occhi e voltò la testa verso sinistra. Le tre figure sfocate che vedeva si fecero pian piano più nitide, fino a sovrapporsi. La voce apparteneva ad un ragazzo di vent’anni, che seduto a cavalcioni su una sedia di legno, parlava ignorando lo stato di semi incoscienza in cui si trovava Arissa.

-Arissa...?- borbottò la ragazza, passandosi una mano sulla fronte sudata.-Sono io?-

Lui scoppiò a ridere e si dondolò un po’ sulla sedia, ricevendo in risposta una smorfia di dolore.-Sei divertente- osservò, mentre la ragazza riusciva finalmente a mettersi seduta sul letto.

-Mi fa male il braccio- osservò Arissa, abbassando lo sguardo sulla fasciatura bianca che aveva al braccio sinistro.-Cos’ho?-

-Un’ustione- rispose il ragazzo.

-Ustione?- domandò Arissa, perplessa.-Grave? Mi brucia.-

-Abbastanza grave da lasciarti la cicatrice- rispose lui, posando una mano sul cappello per calarselo un po’ sugli occhi.

Arissa lo interruppe subito.-Cicatrice?-

Lui le sorrise amichevolemente, senza aggiungere nulla.

 -Tu chi sei?-

-Ma come, non te lo ricordi? Ci siamo già presentati prima!-

Prima? Prima quando? E prima di cosa?

-Qual è il tuo nome?- domandò Arissa, dubbiosa.

Il giovane alzò il pollice della mano come per dirle che andava tutto bene e le rispose:-Ace.-

Arissa lo guardò un pò, poi si girò a guardare il vetro della finestra che veniva colpito senza sosta dalla pioggia.-Dove siamo?-

-A dire il vero non lo so neanche io. Avevo bisogno di fermarmi all’isola più vicina che avrei trovato.- Disse Ace, ridendo.

-Non ricordo niente.- Affermò Arissa, passandosi una mano tra i capelli. Sentì che stranamente erano sudati e bagnati, e a dire il vero, anche il vestito che portava era bagnato. Addirittura puzzava di fumo!

-Non lo so neanche io cos’è successo quando sei entrata in quella casa in fiamme. Quando ti ho portata fuori eri priva di sensi.- Le riferì Ace.-... Ei, non guardarmi in quel modo.-

Arissa fece una smorfia.-Sono entrata in una casa in fiamme? E perché?-

-Ah, non chiederlo a me!- esclamò Ace, alzando gli occhi al soffitto.

-Per questo sono bruciata?- domandò Arissa, accennando alla fasciatura che le avvolgeva l’avambraccio.-E perché non ricordo niente?-

-Senti. Facciamo così: adesso riposati. Al resto ci penseremo dopo.- Propose Ace.-Una bella dormita è quello che ci vuole, dai retta a me...- Si alzò dalla sedia senza smettere di sorridere.

-Tu sai il mio nome.-

-Ci siamo presentati prima.-

-Prima quando?-

-Riposati- ordinò lui, ridendo.-Vedrai che dopo andrà meglio... Io intanto vado a fare uno spuntino...-

Arissa tentò di trattenerlo, ma prima che potesse inventarsi qualcosa da dire, Ace era già uscito dalla stanza, allegro. Lei rimase sul letto a pensare a quale avrebbe potuto essere il passo successivo per riuscire a ricordare qualcosa.

Decise che era ora di alzarsi dal letto e dare un’occhiata alla stanza.

Appoggiò i piedi a terra e si alzò lentamente. Il vestito di cotone bianco le scivolò sulle gambe, e lei lo guardò pigramente. Era sporco e anche bagnato.

Non seppe dire se la condizione pietosa in cui versava il proprio vestito fosse un segno buono o cattivo, ma tutto ciò che doveva fare era stare calma e pensare con lucidità. Forse avrebbe potuto ricordare qulcosa di quel passato che ora proprio non riusciva a capire.

S’inginocchiò e guardò sotto il letto.

Una tracolla verde scuro.

Allungò una mano e la afferrò rapidamente, la trascinò a sé e la aprì senza esitare. C’era qualcosa: una carta geografica arrotolata. Nient’altro.

La stese sul pavimento e la esaminò rapidamente. C’era un’isoletta cerchiata con un pennarello rosso: un puntino quasi invisibile su cui era stato scritto con una grafia chiara e precisa “Tharaa”.

Arissa fu contenta. Quella era la sua grafia, ne era sicura. Questo voleva dire che quell’isolotto poteva essere legato al suo passato, in qualche modo. Forse Ace le avrebbe saputo rispondere.

Tuttavia un altro problema era proprio Ace. Chi fosse, da dove arrivasse e da quanto tempo si conoscessero era un mistero, e ancor più lo era scoprire dove l’avesse portata.

La ragazza ripose la carta nella borsa e lancià quest’ultima sotto il letto. Ed ecco un’altra cosa di cui era certa: quella borsa le apparteneva.

Si alzò e si sgrullò il vestito dalla polvere, sebbene quello rimanesse infangato e bruciato.

La stanza era quadrata, dalle pareti tappezzate di carta da parati verde muschio. Nessun quadro, nessun ornamento: solo un comodino di legno su cui erano poggiate alcune bende e altre cianfrusaglie, il letto disfatto e la sedia su cui prima era stato seduto Ace. La finestra era piccola e quadrata, e la luce era davvero scarsa perché era solo quella delle due lanterne appese ai lati della porta.

Arissa avrebbe gradito specchiarsi, ma la cosa non sembrava essere possibile. Riusciva a vedere un accenno alla sua figura, attraverso il vetro della finestra. Soltanto la sagoma.

Uscì dalla stanza senza fare rumore.

Il corridoio esterno terminava alla sinistra di Arissa con un imponente armadio di ferro chiuso a chiave, mentre alla destra della ragazza le pareti correvano fino a terminare in una rampa di scale che portava al piano di sotto. Si susseguivano altre porte come quella che Arissa si era appena chiusa alle spalle, fino alla fine del corridoio.

La ragazza si spostò alla sua sinistra e guardò l’armadio, lo toccò, lo esaminò, provò a forzare la serratura, poi si mise le mani sui fianchi e sospirò. Rimase in ascolto: si sentivano delle voci provenire dal piano di sotto. Diede le spalle all’armadio e decise di raggiungere la fonte di quel parapiglia. Mano a mano che si avvicinava alle scale la baraonda aumentava di volume, fino a che Arissa potè distinguere delle voci in coro che cantavano, rumore di vetro e in più le note stonate di un pianoforte.

Si fermò quando arrivò in fondo alle scale.

È un’osteria...

La gente che cantava e brindava, annoverava per lo più pirati, alcuni più raccomandabili di altri, impegnati a perdere tempo con risate, barzellette di pessimo umorismo e liquori. I tavoli erano tutti disposti in modo confusionario, alcuni erano troppo affollati, altri completamente vuoti: uno in particolare era pieno di gente che mangiava, beveva e intanto tirava i dadi.

Le porte dell’osteria erano chiuse, ma un tipo mezzo ubriaco stava per essere accompagnato fuori da un giovane.

Arissa si guardò intorno, intimorita. Si scansò immediatamente non appena un pirata le passò accanto per salire al piano di sopra. Le rivolse uno sguardo che lei si accurò di evitare, poi sparì per le scale.

-Ah! La ragazza si è svegliata!- esclamò una voce rauca.

Il braccio di un uomo sulla trentina alto e smilzo, calvo, e dall’aria abbastanza languida, le circondò le spalle.-Come va il braccio?-

Lei si liberò immediatamente della presa e si allontanò di almeno un paio di metri da lui, poi rimase a squadrarlo con aria diffidente.-Chi sei?-

-Sono il dottor Hakabane!- esclamò lui, indicandosi.-Bel modo di ringraziare qualcuno che ti ha salvato la vita!-

-Io non so chi sei- replicò Arissa, in tono asciutto.-Dov’è Ace?-

Il medico sospirò e indicò il bancone.-Laggiù. Potresti esprimere un po’ più di gratitudine, però...-

Arissa scosse la testa freneticamente e si allontanò a passo svelto, cercando di non urtare nessuno dei pirati, né di dare fastidio ad alcuno che avrebbe potuto procurarle guai. Arrivò al bancone inciampando sugli sgabelli che una donna ingombrante e goffa le aveva rovesciato addosso, e si sedette accanto a Ace.

-Ace...-

Lui se ne stava con la testa appoggiata sul bancone, davanti a una decina di piatti vuoti.

-Ace!- esclamò Arissa, battendogli la mano sulla spalla.

-Guarda che è inutile- intervenne il medico, che intanto l’aveva raggiunta.-Quel tipo soffre di narcolessia, non si sveglia neanche con le cannonate-

Arissa gli lanciò un’occhiata sospettosa e continuò a scuotere Ace per la spalla.-Svegliati! Ho bisogno del tuo aiuto!-

-Senti ragazzina, perché non andiamo di sopra e mi fai vedere la ferita?- domandò il medico, insistente, mentre allungava una mano per afferrarle il polso.

-Lasciami stare- rispose Arissa, nervosa.-Non ti conosco.-

-Ma potremmo conoscerci meglio-

-No!- esclamò lei, sostenuta.-Devo svegliare Ace.-

In quel momento, Ace si tirò su e sbadigliò sonoramente. Sembrava ancora nel mondo dei sogni, ma per lo meno era sveglio.

-Ace!- esclamò Arissa, sollevata.

Lui si guardò intorno, individuò l’uomo alle spalle di Arissa, poi sbadigliò di nuovo e commentò:-Alla fine non mi ha dato retta.-

-Non avevo voglia di riposare- rispose Arissa.-Chi è quest’uomo?- domandò, indicando il medico che sorrideva sfregandosi le mani.

-Ah, quello è il tuo medico- fece Ace, sorridendo.-Avevo una fame...-

-Non ho bisogno di un medico- replicò Arissa, alzandosi dallo sgabello per nascondersi dietro a Ace.

-Che ti prende?- domandò il giovane, voltandosi verso di lei.

-Non mi fido di quel tizio!- esclamò Arissa.

Il medico sospirò.-Ma io non volevo fare niente di male...-

-Ace, andiamo via...-

-Dobbiamo proprio? Io ho ancora fame!- protestò Ace.-E poi non posso mica scarrozzarti a destra e a sinistra... Non sono una nave da crociera...-

Lei lo ignorò.-Vado a prendere la mia borsa e andiamo!-

 

(...)

 

-Insomma non mi stavi prendendo in giro quando dicevi di non ricordare nulla.- Disse Ace, mentre uscivano dall’osteria.

Arissa si sistemò la borsa a tracolla.-Ovvio. Non ricordo niente. Mi chiedevo se potevi darmi una mano a ricordare qualcosa...-

-Non credo di poter fare molto- disse Ace,-Io sono arrivato sulla tua isola tre giorni prima che ci incontrassero. Mi sono fermato un po’ all’osteria, ho fatto un paio di ricerche e poi ho deciso che dovevo andarmene. Soprattutto perché avevo notato che c’era qualcosa che non andava.-

Lei lo fissò.-Del tipo?-

-C’era molta gente malata, in giro.- Rispose Ace, stringendo i pugni.-Stavo per andarmene, quando una ragazzina è venuta a cercarmi. Non ricordo il suo nome, ma ha detto che una sua amica, cioè tu, era scomparsa nel bosco qualche giorno prima.-

-Sei venuto a cercarmi?-

-E fortuna che l’ho fatto. Altrimenti non ti avrei trovata stesa dentro una specie di grotta in riva al mare. C’era un mostro a fare la guardia all’entrata, ma l’ho sconfitto subito!- esclamò con orgoglio.-Poi sono venuto da te.-

Arissa chiuse gli occhi. Il mostro. Il frutto. Il libro.

-Il libro!- esclamò improvvisamente.-Non hai trovato nessun libro?-

-No. Solo quella borsa-

-Certo, il libro era nella borsa- disse Arissa. Corse a frugare nella tracolla,  ma c’era soltanto la carta geografica che le aveva dato Shanks.

Improvvisamente le accorsero alla mente vaghi ricordi ammassati alla rinfusa, piccoli scorci del passato che aveva appena vissuto. Suo padre e la sua diperata ricerca di una cura per la malattia, la partenza per cercare il frutto Tam-Tam, che aveva trovato in una grotta in riva al mare. Ricordò un mostro che l’aveva attaccata e morsa, poi la malattia che era sopraggiunta.

Si fermò e si guardò le mani.

Fisicamente non sembrava esserci stato alcun cambiamento. Forse il frutto Tam-Tam non era poi così efficace. Era soltanto un bel frutto rotondo di colore rosso cremisi che le era sembrata l’unica fonte di salvezza.

-Ti sei imbambolata per caso?- gridò Ace. Era già lontano, e lei gli corse dietro immediatamente.

-Adesso mi ricordo quasi tutto. Almeno tutto quello che c’è stato prima del mio risveglio...-

-Dopo siamo tornati al villaggio- raccontò Ace, in tono meno spensierato rispetto a poco prima.-Alcuni avevano appiccato il fuoco ad una casa, e tu sei entrata immediatamente.-

Arissa si portò una mano dietro il collo.-Ho come l’impressione che qualcuno mi abbia stordita.-  Emise un gemito.-Non riuscirò a ricordare niente se non do un’occhiata a quella casa... Avrebbe potuto essere casa mia, o casa di Cammy! Cammy era con te quando sono entrata nella casa in fiamme?- domandò preoccupata.

Ace sorrise e scosse la testa.

 

(...)

 

-Riesci a camminare?- chiede Cammy, con voce flebile, togliendo dal sentiero boscoso i rami e le foglie che erano stati rotti dalla recente tempesta.

Arissa fa una smorfia e alza gli occhi al cielo coperto da nuvole nere. Le fronde degli alberi si muovono, scosse dalla tramontana, mentre gli uccelli scappano e trovano rifugio nei posti più sicuri che può offrire il bosco.

-Sì- risponde Arissa dopo aver valutato la situazione.-Dobbiamo sbrigarci- aggiunge.

Ace la segue e si guarda intorno.-Conoscete la strada?-

-Abitiamo qui da sempre- afferma Cammy, arrossendo.-Conosciamo l’isola a memoria!-

Arissa mette a tacere tutti con un gesto rapido della mano, e a grandi falcate si mette a capo del gruppo, procedendo svelta e sicura per il sentiero. Dietro, Ace avverte l’atmosfera farsi pesante.

Arrivano così al limitare del bosco, e Arissa indica le case del villaggio.

C’è qualcosa che non va. In lontananza si vede del fumo che sale verso il cielo e viene spazzato via dal vento, senza contare le urla e gli schiamazzi che provengono dalle strade. Alcune ombre scure vengono proiettate sul muro di una casa. Sono ombre alte di uomini che in mano tengono qualcosa di fino e allungato, che termina in un forcone appuntito.

Le due ombre rimangono fisse nello stesso punto per un po’, poi si rimpiccioliscono sempre di più e scompaiono, e al loro posto spuntano i loro proprietari che corrono verso una direzione precisa.

Arissa vede i due uomini e capisce. Lancia uno sguardo a Cammy e li segue a capofitto senza dare spiegazioni.

Nella sua borsa sente rimbalzare il diario e la mappa. Corre a perdifiato per le strade, urtando la gente che corre con dei secchi d’acqua in mano. La sua mente è poco lucida, sa solo che deve arrivare in minor tempo possibile alla fonte di quel fumo. Il villaggio è piccolo, non avrebbe dovuto metterci molto tempo. Sente Ace e Cammy la stanno seguendo, intimandole di fermarsi.

Arrivata vanti una casa in fiamme, Arissa si guarda intorno: la gente che è sotto la finestra grida e alza pale e picconi al vento.

Poi il ricordo diventa più confuso, fino a svanire in una nube bianchiccia.

 

 

 

Note dell’autrice:

 

Mi scuso per l’enorme ritardo, ma non ho avuto neanche un briciolo di tempo ç_ç… Tantopiù che ho dovuto modificare l’intreccio della storia *_*… Spero di continuare durante le vacanze di natale *guarda il cielo speranzosa*. Per adesso non posso rispondere alle recensioni, ma nel prossimo capitolo tenterò di farlo... Intanto ringrazio i preferiti: milla96, the one winged angel, tre88, yunix07

E i seguiti: ayumi_L, Elly11, Killy, kirej, Miki michaelis, Sofi_Chan,  tre88, yunix07

  
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