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Autore: Akime_Under_the_Rain    28/12/2010    6 recensioni
«Ma... a proposito della...» Arthur ingoiò a vuoto «...della profezia?»
La giovane rossa sussultò, portando involontariamente la mano al ventre, mentre il suo sguardo riprendeva la cupezza di quando era entrata nella cucina, con Molly.
«Vanno divisi. Non si devono mai incontrare. Non voglio che il sangue del mio sangue finisca nelle mani di quel...» Lily si fermò. «… di quel mostro…»
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Il trio protagonista, Lily Evans, Voldemort
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Prologo

La rivelazione

 

Il fuoco del caminetto andava morendo, portandosi lentamente con sé luce già soffusa che da sola doveva illuminare la piccola umile stanza.

Tutto l’arredamento, senza contare l’angolo cucina, ben fornito di grandi pentole di rame, consisteva in un unico lungo tavolo, affiancato a delle sedie scompagnate, ognuna delle quali giaceva scompostamente, segno che quella sera nessuno si era dato la pena di riordinarle dopo il pasto. Una di queste sedie era occupata.

La figura della giovane donna era china. Si sarebbe potuta dire gobba se non fosse stato per i singhiozzi sommessi che, di tanto in tanto, si lasciava sfuggire. I lunghi ricci rossi cadevano a ciocche, coprendole gli occhi gonfi e rossi. Una mano, tremante, era premuta sulle labbra, nel disperato tentativo di sopprimere i singhiozzi.

Anche quella sera Arthur era in ritardo. Molly si alzò dalla seggiola, che scricchiolò sinistramente, libera dal suo peso, raggiunse il camino, così, per fare qualcosa e buttò altra legna sul fuoco agonizzante. Carezzò piano la pancia gonfia, e quel contatto, così caldo… così vivo… la fece rilassare. Il sesto dei Weasley. Arthur aveva espressamente desiderato che fosse una femmina, ma Molly lo sapeva. Sarebbe stato un altro maschio. Ronald. Le era sempre piaciuto quel nome. Apparteneva al suo bis bis bis trisnonno o giù di lì. Comunque, le dava sicurezza. Era un nome fiero. Sicuramente il suo Ronald avrebbe assistito ad eventi importanti. Un lieve sorriso riuscì a scalfire la maschera di apprensione che copriva il suo volto di sempre. Un tonfo, alla porta che andava verso le camere, la fece voltare. Un bambino, sui quattro anni, sostava assonnato sullo stipite della porta, in mano reggeva un orsacchiotto tutto toppe e cuciture.

«Mamma...» sussurrò, con voce impastata dal sonno «...mamma, piangi?»

Molly sorrise ancora, e corse ad abbracciare il bambino. «No, no Percy, piccolo mio. Non piango. È che un po’ di cenere mi è entrata negli occhi... tutto qua»

Percy sorrise piano alla madre, poggiando felice il capo sul suo seno. «Dov’è papà?»

La donna s’irrigidì, e gettò un’occhiata all’orologio. Tutto inutile. In quel periodo le lancette puntavano tutte su “Pericolo mortale”.

«Al lavoro, angioletto mio. Papà è al lavoro»

Percy annuì, convinto. «Il mio papà fa il lavoro più importante del mondo, vero mamma? Aiuta i buoni a prendere i cattivi»

Molly non riuscì a trattenere una risatina. «Hai ragione, piccolo. Ma perché non sei a letto?»

Il bambino si allontanò dalla stretta della madre, e mostrò con aria contrita il peluche. «Mr. Bear è rotto. Vedi?»

La donna non si dette la pena di guardare. Quell’orsetto era da buttare. Ma non si poteva permettere di comprarne un altro. Non ora. Sorrise benevola al figlio, abbassandogli la mano. «Domani lo aggiusterò, va bene Percy?»

«Grazie mamma. Ti voglio bene» mormorò Percy, barcollando verso la porta, mano nella mano con la madre. Molly accompagnò il figlio fino alla stanza che divideva con i due più grandi: Bill e Charlie.

«Buonanotte amore» frusciò Molly, rimboccando le coperte al piccolo Percy, che non riuscì a rispondere se non con un gemito.

Molly sorrise, di fronte al viso già assopito del piccolo, e si sedette sulla sponda del letto, per assicurarsi che fosse realmente addormentato.

Quando il suo respiro si regolarizzò, gli carezzò soavemente la guancia, e si alzò con attenzione, tentando di ridurre al minimo i cigolii.

Si avvicinò al letto dei due più grandi. Charlie russava. Una qualità acquisita direttamente dal padre. Nessuno della famiglia di Molly aveva mai russato. Represse un risolino, spostando una ciocca di capelli dal viso del bambino.

Scoccò uno sguardo dolce a Bill, ed uscì in corridoio, si avvicinò alla porta dei gemelli e la aprì. I due bozzi informi sotto il lenzuolo del letto matrimoniale la fecero sorridere ulteriormente. I suoi bambini. I cinque piccoli Weasley.

Entrò in punta di piedi, e li raggiunse, sospirando pesantemente quando vide un fuoco d’artificio tra le mani di uno dei due.

Un tonfo. Molly sembrò risvegliarsi da una trance. Da dove veniva? Allarmata raggiunse la bacchetta, e prese le scale.

«Arthur? Sei tu?»

Un altro tonfo. Proveniva dall’esterno. A Molly si gelò il sangue nelle vene. Arthur l’avrebbe avvisata. Aveva la chiave, e di certo l’avrebbe chiamata, appena entrato. Sapeva che lo aspettava alzata.

La donna rigirò la bacchetta tra le mani, sudate, iniziando a scendere gli scalini con circospezione, tentando di limitare a lievi scricchiolii i forti gemiti che solitamente quelle vecchie scale di legno emettevano, persino sotto il peso di Fred e George, i più piccoli. Raggiunse la finestra per controllare che rimanesse ben sigillata dalle pesanti lastre di legno, tentando di riportarsi alla memoria i dieci metodi consigliati dal Ministero per neutralizzare un Mangiamorte.

Imprecò mentalmente, scoprendo che nessuno di quelli era applicabile al suo caso.

Un altro tonfo. Era la porta. O bussavano o tentavano di entrare con un incantesimo. Molly si mise in posizione di guardia e tolse i vari lucchetti, senza far rumore, ma attese prima di aprire. Chiunque fosse al di là della porta continuava a bussare.

Con un potente strattone, Molly aprì la porta, facendo entrare parecchi fiocchi di neve. Gli occhi azzurri della donna rimasero stupiti nel constatare che pur essendo metà Novembre la neve non aveva cessato di cadere. La figura incappucciata, in piedi davanti alla porta, ritrasse la mano sottile.

Molly sgranò gli occhi, portandosi nuovamente la mano alle labbra. «Per Merlino...!»

«Molly...» sussurrò la figura, con voce flebile «Molly... posso entrare?»

La donna si fece da parte, ancora incredula.

La figura raggiunse il camino, in fretta, ed allungò le pallide mani sui tizzoni ardenti. «Molly. Grazie per non avermi mandata via. Siete rimasti in pochi ad accogliermi nelle vostre case»

«Ma... ma...» Molly si avvicinò alla figura, e la prese per le spalle, sfilandole il cappuccio. «Per la barba di Merlino! Cosa è successo?»

Una cascata di capelli rossi, più scuri di quelli di Molly, di un rosso sangue molto credibile, cadde dalla crocchia improvvisata che la giovane donna aveva fatto per contenere la chioma sotto il cappuccio, mentre questa si girava verso la Weasley. Due occhi smeraldini si fissarono su quelli azzurri della donna.

«Lily, ti prego. Rispondimi»

Lily Evans si sedette sulla sedia lasciata libera da Molly.

«È strano, no? È Novembre e fa così freddo...»

«Ti ho chiesto di rispondermi»

Il tono duro e freddo con cui la Signora Weasley aveva parlato fece voltare Lily, quasi incredula.

«Lily...»

«Prima dimmi come va da voi» sorrise la ragazza, indicando la pancia di Molly.

Molly carezzò piano il patchwork, raggiungendo la porta che dava alle camere, per imporvi un incantesimo isolante, per non svegliare i bambini. «Non bene, purtroppo. Arthur non è ancora tornato dal lavoro. Ho paura per lui. Ho paura per i nostri figli e per la nostra libertà»

Gli occhi di Lily divennero, se possibile, ancora più tristi. «Molly, per favore... ho bisogno di sentire qualcosa di felice»

La donna ammutolì. «Perdonami. Sai che questo è il sesto? Sono al quarto mese. Dovrebbe nascere in Marzo. Non vedo l’ora! Arthur mi ha quasi consumato i timpani a forza di pregare per una femmina!»

La ragazza rise soavemente, prima di rabbuiarsi.

«Vuoi un caffè? Un thé? Lily, mi sembri un po’ provata...»

«No, grazie... sono passata qui solo un secondo. Devo darti una cosa»

Molly si avvicinò, e recuperò una sedia, curiosa.

Lily chinò il capo, gravemente. «Ascolta, Molly» sussurrò, appoggiando le mani sulle ginocchia dell’amica. «Sai che... ho fatto un errore.»

Non era una domanda.

La donna annuì, senza parlare ed appoggiò le mani su quelle dell’altra, sentendole tremare, ed era certa che il freddo non c’entrasse niente.

«Prima di... parlarti... ho bisogno... devo sapere se mi hai perdonato»

Molly sospirò. «Lily, ne parli come se dovessi morire domani...»

«Non divagare!» esclamò Lily, alzando di scatto il capo. Molly sussultò, stava piangendo. Era evidente che quello che si apprestava a dire non era per niente facile. «Scusami» mormorarono all’unisono.

Molly strinse un po’ di più le mani della giovane donna. «Lily... vorrei dirti che tutti noi ti abbiamo perdonata. Non è così. E credo che nessuno potrà dimenticare del tutto. Io... non ti odio. No, per niente. Eravamo amiche allora, e siamo amiche ancora. Se mi assicuri che sei pentita io...»

Lily la zittì, poggiandole un dito sulle labbra. «Molly, smettila. Non andare avanti. Mi rendi le cose molto più difficili» percorse con gli occhi la stanza, poi sospirò. «Ma, sì, Molly. Una cioccolata non mi dispiacerebbe».

La signora Weasley si alzò, titubante. «Sei sicura di non voler...»

«Aspettiamo Arthur insieme» precisò Lily. «Deve sentire anche lui. Ho bisogno del vostro aiuto»

Molly sorrise incerta, e raggiunse i fornelli. Con un colpo di bacchetta richiamò a sé il latte ed il cacao.

«È un mucchio di tempo che non facciamo qualcosa insieme» disse la donna, sorridendo ora benevola.

Lily rise «Già. Ma non credo che Arthur ne sia scontento. L’ultima volta che abbiamo cucinato qualcosa l’abbiamo quasi avvelenato!»

«Credimi, se lo sogna ancora di notte!»

Un piacevole aroma di cacao pervase la stanza. «Mi ero scordata com’era bello stare qui...» mormorò, tristemente. «È passato molto tempo dall’ultima volta che siamo state un po’ insieme. Io...» chiuse gli occhi, inspirando a fondo. «Molly, mi sembra tu sia migliorata molto!»

La donna esitò, incerta sul se rispondere alla prima frase della giovane rossa. Poi sorrise, e decise di non appesantire quell’alone di tristezza che sembrava gravare su Lily. «Con cinque figli, un marito e gli animali da mandare avanti, bisogna inventarsi un modo per rendere quel poco che c’è almeno commestibile...»

Lily scoppiò a ridere, seguita dall’amica. Nel camino, il fuoco finalmente riuscì a prendere sulla legna bagnata, e le lingue dorate presero a danzare illuminando ritmicamente le due donne.

Al centro della stanza, esattamente davanti a Lily, un flash balenò nell’aria, lasciando poi posto alla piuma bianca di una colomba.

«È Arthur! Oh, Per la barba di Merlino! Ora mi sentirà!»

Molly liberò per la seconda volta la porta, che si aprì. Un uomo sulla trentina entrò infreddolito.

«Mollianne! Mi dispiace, tesoro. I Mangiamorte hanno attaccato la Londra babbana. Sono dovuto correre sul posto, gli Obliviatori diventano sempre meno»

Ma Molly non sembrò ascoltare le scuse del marito. «Arthur Weasley! È l’una passata! Potevi mandarmi un messaggio! Farmi avvisare da qualche collega! NO! IO ERO QUI COL CUORE IN GOLA!» prese fiato, brandendo minacciosamente il cucchiaio in legno sporco di cioccolata. «Persino I TUOI FIGLI mi hanno chiesto se eri morto! Ho dovuto tranquillizzare tutti e cinque i bambini che piangevano disperati! E poi ho penato per TRE ORE senza sapere dov’eri, se stavi bene...» Una lacrima solitaria solcò la guancia di Molly. «Oddio, Stai bene, vero?!»

Arthur sorrise. «Non ti preoccupare, sto bene. Mi dispiace per non averti avvisato, ma proprio non ho potuto. Se mi fermavo ero un uomo morto»

La donna abbracciò il marito. «Vuoi un po’ di cioccolata calda? È quasi pronta. Siediti. Abbiamo un’ospite»

L’uomo tolse il mantello e lo appese all’attaccapanni, guardando speranzoso al ripiano cucina, su cui un pentolino tremava, sbatacchiando sulla superficie del fornello, mentre la densa bevanda bolliva pigra. «Ah, sì? E chi? Remus?»

«No»

Arthur si girò verso la fonte della voce, ed il suo sorriso si tramutò in una smorfia. «Lily»

Lily chinò il capo, alzandosi. «Ciao, Arthur. È un bel po’ che non ci si vede, eh?»

Notando il profondo imbarazzo in cui i due erano caduti, Molly portò le tazze. «Avanti, via quei musi! Bevete un po’ di cioccolata, così vi scaldate!»

La giovane donna dai lisci capelli rossi prese la tazza con un sorriso timido, e la portò alle labbra, soffiando.

Con la mano libera, frugò un attimo nel mantello, e ne estrasse un involto di seta nera che appoggiò sul tavolo.

I due Weasley la guardarono, l’una curiosa, l’altro scettico.

«Per prima cosa... non merito certo il vostro perdono. Quello che saprete ora lo confermerà»

Molly fece per interromperla, ma Lily la zittì con un cenno della mano. Benché i suoi occhi tradissero una stanca disperazione, Molly vi intravide determinazione. Una piccola scintilla che lottava per trasformarsi in un fuoco. «Vi prego, non interrompetemi. Potrei cambiare idea.» Lasciò la sedia e raggiunse la finestra da cui Molly aveva guardato pochi minuti prima. Poggiò soavemente le dita pallide sulla superficie liscia del vetro e guardò fuori, tristemente.

Quest’immagine. Lily, i lunghi capelli sciolti sulle spalle, gli occhi verdi quasi velati di lacrime che osservavano il paesaggio, alla luce soffusa della luna, rimase impressa nella memoria di Molly come fosse stata marcata a fuoco.

«Sono...» la voce della ragazza era diventata improvvisamente roca e pesante. Lily inghiottì a vuoto, cercando il coraggio.

«Sono incinta»

L’informazione non colpì immediatamente i coniugi.

La ragazza dai capelli di sangue graffiò il vetro, chinando ancora il capo, attendendo la domanda fatale.

«Chi è il padre?»

Lily alzò lo sguardo verso Molly. Le lacrime le rigavano il viso. La voce le tremava, e la scintilla di determinazione si spense miseramente, annegando nella tristezza che inondava le sue giade con la stessa frequenza delle lacrime che le bagnavano le guance.

«Mi dispiace»

I due consorti chiusero gli occhi, con aria sconfitta.

«Ho bisogno del vostro aiuto»

Arthur si alzò, furioso. «E tu credi che te lo daremo?»

Lo sguardo di Lily cambiò ancora. Divenne sicuro. «Sì»

Marito e Moglie si guardarono, poi Molly sorrise. « … Faremo il possibile.»

La ragazza rivolse uno sguardo colmo di gratitudine alla donna. «Apri il pacchetto»

Arthur precedette la moglie, sollevando i lembi di seta nera. Un magnifico carillon, costruito interamente in quello che sembrava diamante, scivolò fuori dai drappi scuri.

«È... è... meraviglioso!» esclamò Molly, prendendolo in mano.

Lily sorrise. «E vale una fortuna. Ma non è per questo che ve lo affido. Ho un favore da chiedervi. Molly, apri il coperchio»

La donna eseguì. La melodia che impregnò la cucina di casa Weasley era meravigliosa, ultraterrena, l’interno del carillon era tappezzato di specchi, ed al suo centro, accanto al meccanismo vero e proprio, coperto anch’esso da scaglie ottagonali di specchio, una piccola fata volteggiava leggiadra, pattinando sulla superficie riflettente. I movimenti della creatura non erano meccanici come quelli dei carillon babbani, ma fluidi e sinuosi, quasi la bambolina fosse reale.

«Molly» chiamò Lily, riportando i due alla realtà. «Lo specchio all’interno del coperchio, quello grande. C’è una fessura. Infilaci le unghie e tira, Non ti preoccupare, non si romperà»

Molly annuì, e cercò con le unghie la fessura di cui aveva parlato Lily. Quando la trovò, staccò con attenzione la lastra di vetro. Ciò che vi trovò dietro la fece sussultare.

«Quello è il mio portagioie» spiegò Lily, senza voltarsi. «Quelli ve li regalo. Potete venderli. Prendi la foto»

Arthur allungò la mano e sfilò la foto da sotto i gioielli.

I due coniugi la osservarono a lungo. «Quella nascondetela. Non distruggetela. So che servirà.»

Molly annuì. «Non ti preoccupare, Lily, sarà fatto»

La giovane donna sorrise, riprendendo il suo posto, sulla sedia. Recuperò la tazza di cioccolata e bevve un sorso. Arthur sospirò, «Immagino che tu ne abbia parlato con Silente»

«Albus? Sì. Ma alla fine ho dovuto decidere da sola»

«E...?»

Lily sorrise «Vado a vivere con...» chiuse piano gli occhi «...con James»

Molly le scoccò uno sguardo di profondo rimprovero, richiudendo il carillon con mano tremante.

«Ma... a proposito della...» Arthur ingoiò a vuoto «...della profezia?»

La giovane rossa sussultò, portando involontariamente la mano al ventre, mentre il suo sguardo riprendeva la cupezza di quando era entrata nella cucina, con Molly.

«Vanno divisi. Non si devono mai incontrare. Non voglio che il sangue del mio sangue finisca nelle mani di quel...» Lily si fermò. «… di quel mostro…»

Prese fiato.

«Ci nasconderemo. Io e James. Così non avremo niente a che vedere con... Lui. La profezia non si deve avverare.»

Molly impallidì, mentre Arthur imprecava. «Lily, mi hanno momentaneamente trasferito tra gli Auror. Ormai è un mese. E da allora, i nostri infiltrati parlano dell’imminente creazione di una nuova cerchia di fedeli... può essere...»

«No» Il tono di Lily mutò improvvisamente. «Ho detto che non deve avverarsi. Morirei piuttosto che vedere...» la voce le morì in gola. «… che vedere mio figlio… diventare un… un assassino» evitò lo sguardo di Molly «Ci trasferiremo dopodomani. È una bella casa, in un paesino verso sud»

«Avete pensato al Fidelius, vero?» chiese Molly, allarmata.

Lily rise. «Ovvio. Ci siamo messi d’accordo con Albus, Sirius e Peter»

«Peter?» Arthur era allibito. «Quel ragazzo grassoccio, l’amico di Remus e Sirius?»

«Proprio lui. James si fida molto. E Sirius era d’accordo»

«Non sarà mica lui il custode segreto!»

«La cerimonia la facciamo domani, sì»

«Ma... ma...»

«Non c’è da discutere. James vuole che si faccia così»

Molly si alzò, e portò le tazze vuote al lavabo. «Lily, cara, dove andrai a dormire questa notte?»

«A casa mia non torno. Metterei in pericolo mia sorella e mia madre. Per la nuova casa, non se ne parla fino al giuramento. Quindi, credo che affitterò una stanza alla testa di porco o al Paiolo»

La donna sorrise, benevola. «No, Lily. Resta qui. Ti preparo un letto in salotto. È pericoloso restare nelle locande. Soprattutto in questo periodo»

Lily sorrise. «Grazie, Molly. Te ne sono grata. Ma... così metti in pericolo la tua famiglia»

«Chi sa che sei qui?»

La giovane donna sembrò pensarci su. «James e Silente»

«E Peter?»

«No. Ho detto che venivo solo a loro due. Nessun altro sa che sono qui»

Molly annuì. «Vieni. Aiutami a mettere a posto il salotto» Si avvicinò alla porta e, con vari colpi di bacchetta annullò gli incantesimi. Aprendo con attenzione la porta fece segno ai due di far silenzio.

Arthur rimase solo, con i suoi pensieri. La mano mollemente appoggiata accanto al carillon, gli occhi fissavano un punto imprecisato del ripiano cucina.

Con uno scatto, l’uomo colpì il prezioso oggetto che si schiantò a terra, senza riportare nemmeno un graffio, ma aprendosi.

La musica riempì nuovamente le orecchie di Arthur, mentre le gioie che il carillon conteneva rotolavano accanto ai suoi piedi.

Le raccolse.

Osservò con malcelata curiosità i preziosi oggetti che sostavano nella sua mano, come in attesa.

Erano affascinanti, ed allo stesso tempo terrorizzanti.

Le sue riflessioni furono interrotte dall’entrata di Molly. «Arthur, Lily dorme già. Era stravolta. Andiamo a letto?»

Arthur annuì, raccogliendo il carillon; all’occhiata interrogativa della moglie, rispose con un’alzata di spalle. «Va avanti. Io ti raggiungo»

Molly annuì, poco convinta, mentre il marito adagiava le gioie nel contenitore, e lo nascondeva dentro un punto vuoto del muro, dove da sempre venivano chiuse le poche cose di valore della famiglia.

«Stiamo facendo la cosa giusta?» chiese grave, più a sé stesso che non a sua moglie. Molly si bloccò sullo stipite, impallidendo. Con uno sforzo immane tentò di sorridere, ma tutto ciò che ottenne fu una smorfia di scetticismo. «Sai, Arthur, Lily in fondo è una brava ragazza. Credo che aiutarla sia la cosa migliore. Ed in fondo, è una buona azione. Vedrai che prima o poi le cose miglioreranno, se continuiamo ad aiutarci a vicenda»

L’uomo annuì, poco convinto, e seguì la moglie per le scale. Passando davanti alla porta del salotto, scoccò una rapida occhiata all’interno della stanza. Tra le coperte dalle tinte fredde fatte a maglia dalla moglie, una macchia sanguigna riluceva alla pallida luce della luna.

 

Lily era ancora sveglia.

Pensava.

A cosa?

Nemmeno lei lo sapeva.

Carezzò piano il basso ventre e sorrise, mentre un calore già provato la avvolgeva. No. Non se ne era pentita. Se avesse potuto tornare indietro si sarebbe innamorata ancora. E ancora. E ancora...

Passò le dita nella chioma rossa, ed immaginò di carezzare i suoi capelli corvini. Li sentì, perennemente mossi sotto i polpastrelli, quasi fosse stata realmente accanto a Lui. Si sfiorò le labbra, desiderando di premerle ancora sulle sue, e sorrise ancora.

Chiuse gli occhi, e rilassò la mente. Doveva dormire.

Ma quell’illusione era troppo dolce.

Un illusione. E come tale, effimera e volubile allo stesso tempo.

Imprecò, sottovoce. Cosa stava facendo?

Oh, per saperlo lo sapeva. Fuggiva.

Ma da chi? Da cosa?

Da una profezia? Dalle parole di una veggente, che difficilmente poteva dirsi tale? Dalla paura che quelle parole potessero tramutarsi in realtà?

«...All’estinguersi del settimo mese...» mormorò, stringendosi alla coperta. «...Luglio...»

A Lily non era mai piaciuta l’estate. Troppo caldo, troppa afa. Lei amava l’inverno. E la notte. Entrambi momenti in cui sembra che una magia sospenda ogni cosa. Persino i rumori sono diversi. Lily si alzò, rabbrividendo. Raggiunse la finestra, in punta di piedi, ed aprì le imposte. Un rivolo d’aria e neve le solleticò il viso, facendo svolazzare ciocche sanguigne. Lily tese una mano, e raccolse una manciata di neve dal davanzale. Era farinosa. La sua preferita. Portò quella fredda novità alle labbra, per assaggiarne un po’.

È limpida, pensò. Poi soffiò sui fiocchi rimanenti, che svolazzarono come impazziti nell’aria della notte, in mezzo a tutti gli altri cristalli che scendevano soavi dalle nuvole, nel silenzio ovattato che Lily tanto amava.

Richiuse piano la finestra, tentando di fare meno rumore possibile. Carezzò per l’ennesima volta il basso ventre.

«...Ti amo...» sussurrò sommessamente, prima di tornare sotto le pesanti coperte.

Sospirò, e chiuse gli occhi, subito accolta tra le braccia di Morfeo.

   
 
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