Storie originali > Soprannaturale > Vampiri
Segui la storia  |       
Autore: dodux96    29/12/2010    0 recensioni
Caco è stata adottata e ora vive con suo padre Mason; Peter è l'amico di famiglia di sempre ma con un segreto nascosto: è un Vampiro... dal giorno in cui Peter rivela a Caco cosa il destino ha riservato anche per lei, ogni cosa cambia: lei è una Cacciatrice...
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Fermata del bus, cuffiette nelle orecchie, canzone a volume altissimo, zaino pesantissimo e un caldo insopportabile, benché sia ottobre. Questa sono io, vestita di jeans, maglietta bianca, converse rosse e giacca di pelle finta. E questa è la mia storia. Certo, potrà assomigliare a tante altre storielle da bestseller patetici ( o belli, come volete), o da grandi film del cinema, scegliete voi, ma è la mia storia. Siete liberi di leggerla o meno. Come stavo dicendo, fermata del bus: è una cosa insopportabile doverlo aspettare e poi ritrovarsi un mezzo di cinquant’anni fa che arranca per la collinetta, piccolo e per di più pieno di gente. Ah, eccolo: oggi è il mio primo giorno del terzo anno in un liceo che non ho mai visto prima, in una cittadina che ho sempre odiato ma che purtroppo è ormai diventata la mia casa. I miei genitori sono separati da tanti anni, troppi, e io sono stata oggetto di milioni di litigate, fino ad essere spedita da mio padre ogni estate, e incatenata a casa da mamma per ogni capodanno. O almeno fino ad ora. Mia madre stava per risposarsi quando ha avuto un incidente: ne è rimasta gravemente ferita, tanto da non ricordarsi quasi più di me. Il suo fidanzato è morto nell’incidente. Così sono dovuta andare a vivere da mio padre, che aveva di me un vago ricordo: da quando avevo quattro anni mia madre ha smesso sempre di più di farmelo vedere e quando sono giunti i quattordici ho deciso di non voler andare più tanto spesso da lui, vale a dire una telefonata ogni tanto. E’ comprensibile quindi che la sua mente si sia fermata alla visione di una bambina impacciata, paffutella e priva dei due incisivi superiori; ma quando sono arrivata all’aeroporto di questa piccola cittadina, me lo sono ritrovato di fronte con un grande sorriso sulle labbra che mi chiamava per nome. Dovete capire, in un certo senso, il mio sconforto: non sono cambiata per nulla da quando ero solo una bambina che attraversava la sua infanzia? Mah… Ah, ecco il bus: uno a zero per me, è stracolmo di gente. Salgo, senza alzare lo sguardo, mentre mi lascio sorpassare dai ragazzi dietro di me: devo decidere dove sedermi. Non sono mai stata il tipo di ragazza da “ultimo sedile in fondo” ma se mi siedo davanti sembrerò una bambina, allo stesso tempo se mi siedo in mezzo rischio di finire vicino a uno sconosciuto. Così opto per il terzo sedile davanti. E nessuno si è seduto vicino a me. Due a zero. C’è da dire un’ altra cosa riguardo alla mia vita prima di oggi: da sempre in famiglia c’è stato un tipo strano, bellissimo ogni oltre modo, gentile, biondissimo e con due occhi enormi e azzurri. Da quel che mi ricordo è sempre rimasto così come l’ho visto la prima volta: una cosa molto strana dato che i miei lo conoscevano ben prima della mia nascita. Mai invecchiato, ma i miei genitori non si sono mai posti il problema. Così non l’ho mai fatto nemmeno io: lui si chiama Peter e ha l’aspetto di un ventenne. A dodici anni ho però cominciato a fare le prime domande che, ovviamente, non trovarono mai risposte, allora presi tutto il mio coraggio e andai da lui. Non mi rispose, e continuò a fare lo zio acquisito in modo impeccabile: tutti i giorni prima e dopo scuola mi veniva a prendere, un sabato si e uno no si occupava di me e regolarmente veniva a cena da noi. Poi, appunto, i miei si separarono, e Peter diventò sempre più presente, tanto che lo allontanai. A quindici anni si ripresentò sotto casa mia e mi confidò il suo segreto; il giorno dopo mia madre ebbe l’incidente. Il cartello della scuola dice: Benvenuti al Watherly School, 400 alunni. Wow. Il bus termina la sua folle “corsa” e l’autista ci fa sbarcare velocemente: la mia perfetta goffaggine non può non tradirmi e decide quindi di farmi praticamente rozzolare giù per gli scalini. A prima vista la scuola mi sembrò bella: pulita, una scalinata all’entrata, zona parcheggio intorno e da una parte autostrada e dall’altra bosco. Perfetto per scappare inosservati. Dimenticavo, milioni di occhi che ti scrutano. In lontananza una campanella trillò e, come chiamati dal pastore, tutti i ragazzi corsero verso l’entrata: in pochissimo tempo mi ritrovai quasi da sola nel bel mezzo del parcheggio. Sbrigati Caco! Corsi anch’io. Il giorno prima mi avevano dato tutti i libri e la piantina dell’edificio: quel giorno ero in aula S4, fisica. -“ Avanti!”- mi urlò il professore da dietro la porta. -“ Buon giorno.”- timida, molto timida. -“ Buon giorno.”- mi guardò cadendo dalle nuvole. Corsi in suo aiuto. -“ Sono Carlotta Milo, la nuova studentessa.”- sul volto del professore comparve un sorriso cordiale, mentre mi presentava al resto della classe, continuando a ripetere a intermittenza il mio nome. Due a uno. Merda…
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale > Vampiri / Vai alla pagina dell'autore: dodux96