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Autore: Anna    04/01/2011    2 recensioni
Me ne sto seduta qui...
in una sala d'attesa di uno dei tanti ospedali di Londra e attendo...
in effetti non so cosa io stia realmente aspettando; non so nemmeno cosa č successo.
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Ricordo di averlo odiato fin da primo momento; lui che, fregandosene delle regole, era tutto quello che pių inconsciamente desideravo essere: libero...
L'ho affrontato come un nemico sin da quando mi ha trattata alla stregua di una serva, l'ho amato non appena ha fissato i suoi occhi nei miei...
Prima AU, buona lettura.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Draco/Hermione
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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My Invitation



Me ne sto seduta qui...

in una sala d'attesa di uno dei tanti ospedali di Londra e attendo...

in effetti non so cosa io stia realmente aspettando; non so nemmeno cosa è successo.

L'unica cosa che riesco a pensare ora è che un attimo prima la mia vita sembrava essere diventata finalmente perfetta ed ora... ora si sta sgretolando intorno a me senza che io possa fare niente per impedirlo; senza che io abbia anche solo la capacità di muovere un muscolo o di distogliere il mio sguardo dal pavimento.

Se ripenso alla vita che è stata mia fino a poco tempo fa, non riesco a capacitarmi di come si sia trasformata da desolata e confusa a meravigliosa in così poco tempo.

Non voglio nemmeno pensare alla persona che ero tanto fiera di essere prima di incontrarlo, con quella sua aria così insopportabilmente arrogante e altezzosa.

Così bello...

Diverso da chiunque altro io abbia mai visto in tutta la mia vita; diametralmente opposto a me, eppure così uguale.

Freddo e cinico con chiunque, bastardo a volte... eppure così dolce e premuroso...

Ricordo di averlo odiato fin da primo momento; lui che, fregandosene delle regole, era tutto quello che più inconsciamente desideravo essere: libero...

L'ho affrontato come un nemico sin da quando mi ha trattata alla stregua di una serva, l'ho amato non appena ha fissato i suoi occhi nei miei...

Quando con una battuta maliziosa mi sfidò ad uscire con lui, accettai coraggiosa, gongolando sicura di me.

Che sciocca!

Pensavo di deriderlo per tutta la serata e forse passarci la notte insieme prima di confessargli che non avevo intenzione di perdere tempo con lui; l'avrei ferito nella cosa che aveva più cara: l'orgoglio; l'avrei usato, l'avrei umiliato...

Ero salita nella sua macchina con l'intenzione di rovinare tutti i suoi piani su quell'uscita, decisa a lanciargli frecciate velenose ad ogni parola, rassegnata all'apatia che caratterizzavano le mie uscite con uomini del genere, interessati solo ad aumentare il loro ego parlando delle proprie ricchezze e rivelando di essere, alla fine, solo patetici; ma quando, seduti al tavolo più elegante della città, il sommelier si avvicinò per la scelta del vino, lui si rivolse a me con gentilezza chiedendomi un parere, spiegandomi addirittura le caratteristiche delle varie bevande quando gli dissi che non ne capivo molto.

Io, così bisognosa di dimostrare sempre la mia indipendenza a chiunque, ero abituata a non far intercedere nessuno per me e a non lasciare mai che qualcuno prendesse decisioni al mio posto, anche per le cose più banali e vedendo che lui non si azzardò mai a scegliere per me, rimasi piacevolmente colpita.

Iniziai a studiarlo con maggior attenzione, andando oltre le apparenze che urlavano sfacciatamente la sua arroganza.

La serata proseguì tranquilla con quella persona colta ed intelligente quale si rivelò, ed io riuscii perfino a divertirmi.

Mi affascinò tutto di lui: la sua eleganza, la padronanza di linguaggio, l'ironia nei suoi occhi, la sicurezza che a me tanto mancava, l'intensità del suo sguardo che sembrava volesse perforarmi l'anima...

Nessuno mi aveva mai fatto sentire in quel modo e il fastidioso svolazzare di farfalle nello stomaco, mi rendeva ansiosa e a disagio come un'adolescente inesperta, irritandomi.


Il tragitto in macchina, che mi ero aspettata imbarazzante e silenzioso, si rivelò piacevole e naturale; da parte sua non ci fu nessun tentativo imbarazzato o affrettato di farsi avanti, nonostante fossimo già arrivati sotto il portone di casa mia.

Mi porse la mano, formale, ma non appena avvertì il calore di quelle dita su di me, un brivido mi scosse violento costringendomi a socchiudere gli occhi.

Quando lo guardai, capii che quella scossa l'aveva sentita anche lui...

Non ricordo come sia accaduto, ma mi ritrovai schiacciata al muro di casa con le sue labbra premute sulle mie mentre gli strappavo via i vestiti con più foga di quel che mi sarei mai immaginata; con più desiderio di quanto avessi mai provato in tutta la mia vita, abbandonandomi semplicemente all'oblio in cui mi spingeva il suo corpo, esigente...

Quando i nostri sguardi si incrociarono di nuovo, sconvolti dall'intensità appena condivisa, capimmo che non era bastato a nessuno dei due.

Infilai nella serratura le chiavi che gli avevo impresso sulla pelle delicata come un marchio nella bramosia del momento e, senza staccare gli occhi dai suoi, lo trascinai dentro con me.

Quando la porta alle sue spalle si chiuse, avvertì di nuovo il calore della sua bocca sulla mia, incapace di avvertire altro...


Non cercai il suo abbraccio nel sonno, né di avvicinarmi in un qualche modo a lui, ma all'improvviso durante la notte buia sentii il suo petto caldo dietro la schiena.

Così confortante per me che da sempre mi ero data conforto da sola...


Quando la mattina dopo aprii gli occhi, lui era ancora lì...



Le settimane trascorsero veloci senza che sentissimo il bisogno di cercare o vedere l'altro; per me quella era stata una delle esperienze più intense di tutta la mia vita. Era stato tutto così perfetto da non volerlo rovinare con i dubbi del dopo o con la furia distruttrice della realtà.

Così confinai quelle sensazioni nei meandri più profondi della mia mente, e lì rimasero indisturbati fino a quando non rividi i miei occhi riflessi nei suoi e sentì quel bisogno bruciare in me, implacabile a tal punto da agognare il suo corpo nella sua macchina di lusso in uno squallido parcheggio.


Non ci sono state parole inutili, nessuna eclatante dichiarazione da parte del principe azzurro come da piccola avevo sempre sognato, nessun chiarimento imbarazzante per quello che era successo; semplicemente iniziammo a recarci negli stessi posti sapendo che l'altro sarebbe stato lì ad aspettarci, come due amanti clandestini che dovevano nascondersi dalla propria paura di amare e di lasciarsi amare.

Non abbiamo mai parlato molto, non serviva se potevamo guardarci negli occhi; ci bastava solo quello...


Chiudendomi alle spalle il pesante portone in ferro, una delle tante sere che stavo per raggiungerlo, rimasi stupita di trovarlo lì, accanto alla sua auto ad aspettarmi; una sigaretta tra le labbra a mostrare un'audacia che non aveva...

sorrisi impercettibilmente, lui non fumava mai...

Quella notte, ansante dopo l'amplesso, incrociai quei suoi meravigliosi occhi grigio-cielo e le parole sfuggirono dal mio controllo come mai mi era capitato...

-Non ingannarmi...- avevo supplicato con un tono rigido ed autoritario per nascondere la mia debolezza.

Quando mi baciò con un bisogno disperato, avvertì nella sua stretta un nuovo calore...



Stringo le mani con forza...

immobile su questa sedia scomoda a cercare qualche indizio che mi faccia capire come sia potuta arrivare a questo.

Sono stata io quella cieca, o non c'è stato alcun segnale?

Tormento la mia mente con i ricordi che abbiamo condiviso, ma non riesco a trovare niente, niente che mi spieghi il perchè sia svenuto sul tavolo di quel ristorante poche ore fa, davanti ai miei occhi impietriti.

Avevo sentito qualcuno urlare e poi il rumore del bicchiere di vino che reggevo fino a poco fa, in frantumi sul pavimento.


-Hermione!- mi sento chiamare da una voce familiare; la mia migliore amica Ginny è venuta qui.

Come avrà fatto a scoprire dov'ero?

Vorrei chiederglielo, ma non trovo il fiato per parlare e rimango immobile a fissarla mentre sbarra gli occhi sconvolta per il vuoto che ha visto nei miei occhi.

Cosa ne è stato di me?

Dove sono finita?




La porta al mio fianco si apre, ma non mi muovo.

Avverto una presenza avvicinasi a me, ma rimanere immobile, come in attesa di una mia reazione e, quando questa non arriva, la sento sedersi accanto a me su quelle sedie scomode.

-Signorina Granger?- mi chiede in un sussurro

sposto appena gli occhi nella sua direzione, incapace di fare altro, ma basta a farlo continuare.

La sua voce è incolore e monotona, probabilmente annoiata mentre dice parole per me incomprensibili


tac...


tumore...


cervello...


Ginny che trattiene il respiro


operazione...


rischioso...


sguardi ansiosi su di me...


-Signorina Granger?- mi chiama di nuovo l'uomo

mi giro inanimata verso di lui, la sua figura mi appare frammentata per qualche istante, poi ogni pezzo del suo viso torna al suo posto e vedo i suoi occhi scuri scrutarmi come una folle che sta per compiere qualche gesto sconsiderato.

Ma non ne ho la forza...

-Non potremmo riferirle queste informazioni dato che non è una parente,- continua lui -ma il signor Malfoy ha insistito perchè lei fosse messa al corrente di ogni cosa. E' stabile adesso se vuole vederlo.- aggiunge sorridendo leggermente.

Aspetta inutilmente la mia reazione che non arriverà, prima di scambiarsi un'occhiata con la mia amica e poi congedarsi.

Ginny si siede accanto a me e mi prende una mano; il contatto mi infastidisce, ma non mi scanso.

Sento il suo sguardo su di me, così simile a quello del medico tuttavia scettico.

-Mi dispiace.- borbotta sconsolata come se fosse qualcosa semplicemente spiacevole, senza rendersi conto che sento il mio mondo finalmente perfetto crollarmi addosso.

Le palpebre iniziano a tremarmi mentre sento un fastidioso pizzicore agli occhi; da quanto tempo è che non piango?

-E' così giovane!- continua lei -avevate anche appena iniziato ad uscire...-

Non voglio più sentirla, voglio solo stare sola, penso mentre il respiro inizia a farsi pesante.

-Ti porto qualcosa?- la sento dire poi e, con un enorme sforzo, annuisco.

Quando finalmente la mia mano è libera dalla sua stretta e sento il silenzio intorno a me, poggio la testa al muro alle mie spalle, scomoda nel mio abito che avevo indossato per piacergli, e mi lascio investire da tutto quello che è successo.

Chiudo gli occhi cercando di calmare la disperazione che ho sentito crescere da quando ho visto il suo viso inanimato sul tavolo e che ora mi sta lacerando il petto.

Non voglio piangere, non so più come si fa...


Sento una mano fredda sfiorarmi il mento e quando alzo il mio sguardo mi ritrovo riflessa nel suo, come la sera che l'ho rivisto e ho capito che non era servito a niente evitare di pensarlo.

Lui ormai era parte di me, era me...


-Hermione...- sussurra ed io sento tutte le mie difese crollare mentre calde lacrime mi rigano le guance.

-va tutto bene.- dice poi con un piccolo sorriso ed io vorrei credergli,

lo vorrei più di qualsiasi altra cosa, ma non riesco a fare altro che fissarlo... ancora...



Non so per quanto tempo io sia stata ferma nella stessa posizione, né come lui sia rimasto al mio fianco stringendomi forte la mano e senza staccare gli occhi dai miei; so solo che avrei voluto durasse in eterno...




Spazio Autrice:


E va bene oggi mi sto dando alla pazza gioia con queste fanfiction.

Questo è il terzo capitolo che aggiorno nell'arco di neanche un'ora.

Questa storia, iniziata parecchio tempo fa, presenta questo capitolo finito e forse altri due ancora incompleti, ma mi andava di sapere voi lettori cosa ne pensate.

Non badate al titolo, preso dalla canzone depressiva che mi ha dato l'ispirazione (che è quella del ballo di Pacey e Joy in Dawson's Creek – telefilm della mia infanzia).

Spero di riuscire ad aggiornare presto, voi intanto godetevi questa prima parte.

Buon anno nuovo e a presto!

Anna

   
 
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