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Autore: nevediluna    08/01/2011    2 recensioni
Basta un istante per profondare in un oblio senza fine. Margaret, una ragazza di 17 anni, vive in una grande villa senza avere ne amici ne parenti accanto a lei. Un giorno però tutto cambia, e lei si ritrova a convivere con tre strani e misteriosi ragazzi, che stravolgono il suo universo e la spingono a riflettere su se stessa e il suo passato.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buio, solo buio da quando aveva deciso di varcare la porta di quella casa , tanto sognata, ma che non aveva portato i molti cambiamenti desiderati.
Sdraiata su quel antico letto scuro come la notte le sembrava di galleggiare nel oblio totale.
Da tre anni Margaret viveva in quella antica abitazione dall'aspetto stravagante, e ancora non sapeva cosa ne sarebbe stato di lei.
Prima trascorreva immobili giornate vivendo con la noiosa zia, l'unica parente rimastagli da quando i genitori erano scomparsi in un tragico incidente mentre erano in viaggio.
A quel tempo viaggiava col pensiero immaginando un mondo, un luogo, un tempo diverso da quello passato con la anziana signora, ma non avrebbe mai pensato che quell'opportunità si sarebbe presentata un pomeriggio d'autunno, due giorni prima del suo compleanno.

 
Era seduta sui gradini della rampa di scale che portava al piccolo appartamento della zia in via dei pini, situato in una tranquilla periferia della città, quando zoppicando comparve nell'androne un distinto signore di mezz'età. Era alto, molto più di lei, la sua figura era esile ma non gracile fasciata in un raffinato abito blu. Il volto longilineo era abbronzato. Le sue guance erano incavate e facevano risaltare i rilucenti e acuti occhi del colore del ghiaccio più duro , costellati di minuscole rughe. Il mento era interamente coperto da una folta e spinosa barba grigia a differenza della canuta testa quasi completamente rada. Dava l'impressione di trovarsi in un luogo che non gli apparteneva, quassi fosse giunto da un altra era fatta da distinti signori e magnifiche dame.
Una persona singolare che non si vedeva spesso da quelle parti, dove gli abitanti erano noiosi e insignificanti sempre presi da mille impegni, come formichine laboriose.
Quando luomo si accorse della presenza di Margaret, spostò il brillante sguardo su di lei, fissandola con un cipiglio sorpreso per poi muovere la sua attenzione oltre la ragazza, dove si trovava la porta dell'appartamento, che nel frattempo si era aperta. La zia era in piedi sulla soglia e indossava uno dei vestiti più belli che possedeva, quello rosa con i fiori non ancora sbocciati. Era molto più elegante del solito e Margaret arrivò alla conclusione che l'uomo doveva essere un conoscente dell'anziana, su cui lei voleva fare colpo; ma qualcosa nel comportamento della donna le fece cambiare idea: Cingeva le braccia intorno al corpo così strette che il vestito era tutto arricciato e i suoi piccoli occhi porcini si muovevano irrequieti in tutte le direzioni.
Invitò il signore ad accomodarsi in casa, con un filo di voce, e mentre quest'ultimo entrava fece segno a Margaret di fare altrettanto.
Avanzando nel piccolo salotto, che odorava di detergente per i mobili e polvere insidiata nella moquette, la giovane capì che qualcosa decisamente non andava.
Il signore si sedette elegantemente sull'unica poltrona nella stanza e ,rivolgendole un tirato sorriso, si presentò:- Sono il signor Arbert è un piacere fare la tua conoscenza Margaret-.

Allora non poteva sapere che quell'uomo, dall'aristocratico e antico nome potesse cambiare la sua vita, ma lo avrebbe fatto, anche se forse non in meglio.
Durante il resto del pomeriggio il signor Albert le spiegò che i suoi genitori avevano affidato a lui la sua istruzione a partire da quando avesse compiuto i quattordici anni e che ormai erano giunti. Le spiegò che si sarebbe dovuta trasferire nella sua residenza e che lui avrebbe provveduto a tutto, in modo tale da renderla capace di compiere il suo futuro.
Quelle parole tanto incomprensibili  non le causarono timore e nemmeno curiosità. Accettò solamente il fatto che avrebbe dovuto lasciare l'anziana signora, ma ormai si era abituata a perdere i propri affetti. Così quel dì andò in camera sua e raccolse le poche cose che aveva portato dalla casa dove viveva con i genitori.
Due giorni dopo oltrepassava il cancello della stravagante villa del signor Albert. Nel cuore portava un bagaglio di tristezza che profondamente sperava di poter abbandonare oltre quella soglia. Li visse per i seguenti tre anni senza variare di molto la sua vita. Si trasferì in una nuova scuola, dove passava interminabili giorni senza ne cercare ne volere amici. Tornava nell'antica residenza, molto spesso vuota, e trascorreva il suo tempo libero e leggere libri e volumi di ogni genere trovati nella fornita biblioteca della casa o che le portava il signor Albert nelle poche volte che tornava dai suoi spostamenti per lavoro...

 
Dei rumori al piano di sotto distrassero Margaret dai suoi ricordi e la riportarono alla realtà.
Si alzò dal caldo letto e si diresse verso la finestra, tirandone le tende. La stanza venne inondata da una calda luce autunnale, rivelando le molte sfumature di viola che coloravano le pareti e i mobili dell'arredamento. Socchiudendo gli occhi per riuscire a guardare oltre il luminoso riflesso formatosi sui vetri riusci a scorgere una macchina nera parcheggiata nel ciottoloso viale che portava all'ingresso. Frettolosamente afferrò la vestaglia blu, e incalzò la porta diretta alle scale per scendere al piano sottostante. Subito però notò che il corridoio era stato abbellito con elaborati mazzi di fiori dai mille colori. Si chiese a cosa fosse dovuto quel cambiamento nello stile rigido dell'edificio, quando le tornò alla mente che era il venticinque ottobre! Il suo compleanno! Non avrebbe mai immaginato che il signor Albert se ne sarebbe ricordato. Gli anni addietro si era solo limitato a portarle in dono qualche raro manoscritto, ma mai le aveva fatto una sorpresa così bella. Era indecisa se tornare in camera a cambiarsi quando dalle scale comparve una domestica che la invitò a scendere per la colazione. Senza avere il tempo per rientrare nella sua stanza si arrese all'idea di mostrarsi ancora in pigiama nella sala da pranzo, sperando che l'uomo non notasse il suo ben poco elegante aspetto.
Col cuore in gola arrivò fino alla sala che fungeva da ingresso, e prima di aprire la porta ,che dava sulla sala da pranzo, si specchiò per alcuni secondi nella grande specchiera che padroneggiava nell'androne. Quello che vide la fece irritane: Aveva la pelle chiara, quasi diafana e sul viso lasciava comparire delle piccole lentiggini nella prossimità del naso. Le labbra erano fini e rosa, arricciate in una smorfia di sonno. I suoi occhi dello stesso colore nocciola di sua madre la fissavano dallo specchio con cipiglio concentrato facendo incurvare appena le sottili sopracciglia. Era un disastro! I lunghi capelli corvini erano scompigliati e annodati e la vestaglia le ricadeva scompostamente addosso, dandole nel complessivo un aspetto stravolto. Non poteva credere di stare per incontrare il signor Albert sciupata e in quello stato. Prese coraggio, si appiattì i capelli, lisciò le pieghe della vestaglia e spalancò l'entrata della sala.
Un abbagliante fascio di luce la sorprese costringendola a chiudere gli occhi per alcuni secondi. Quando li riaprì si accorse che nella ampia sala, seduti all'esteso tavolo che padroneggiava nel centro, non vi era solo il signor Albert ma anche altre tre persone. Erano tutti giovani dal aspetto vigile e curioso. Si sentì affondare nel pavimento. Quattro indiscreti sguardi si erano posati su Margaret senza lasciarle alcuna via di fuga. L'uomo di mezz'età le fece segno di accomodarsi con loro.
Prese un profondo respiro e con movimenti rigidi e nervosi si sedette dalla parte opposta rispetto a quella dove erano seduti gli altri, tranne Albert che sedeva a capotavola.
-E' passato un bel po' da quando ci siamo visti l'ultima volta, non è vero signorina Margaret?- Iniziò quest'ultimo:- Oggi se non sbaglio dovrebbe essere il tuo compleanno- è con un aggraziato movimento le versò una tazza di the fumante che la ragazza non aveva nemmeno notato essere sul tavolo. Ora che se ne accorgeva la tavolata era imbandita di piatti e vassoi ricolmi di biscotti , dolci e diverse caraffe traboccanti di colorati e profumati liquidi. Accettò la bevanda calda con timidezza, ma appena appoggiò le fredde mani sulla tazza il calore da essa emanato le riscaldò e le  risollevò l'animo.
- Dovete scusarmi ma non sapevo avessimo ospiti- disse con un filo di voce.
- Mi dispiace dovevo avvertiti, ma l'arrivo di Robin, Willi e Sem è stato improvviso- l'uomo indicava i ragazzi man mano che ne nominava i nomi:- Resteranno a vivere alla residenza per qualche mese, intanto frequenteranno la tua stessa scuola all'ultimo anno-.
Era scioccata! Da quando era li non aveva mai parlato molto con Albert , ma non avrebbe mai immaginato che lui avrebbe preso una decisione simile senza dirle niente. Comunque non poteva opporsi a una tale decisione così si limitò a fare un cenno affermativo con la testa, fissando la sua concentrazione sulla tazza di bevanda calda che ancora stringeva tra le mani.
Passò il resto della colazione a mangiucchiare un grande biscotto caramellato, mentre ascoltava i discorsi dell'uomo sul come i ragazzi si sarebbero trovati bene li, e piccoli dettagli sulla loro vita a cui non prestò particolarmente caso. Quando finalmente anche l'ultimo pasticcino venne divorato dal giovane che la ragazza riconobbe col nome Willi, i commensali si ritirarono ognuno nella propria stanza e Margaret venne lasciata libera di andare a cambiarsi.
Una volta vestitasi per andare a scuola si recò come era sua consuetudine nella biblioteca a recuperare un vecchio tomo lasciato letto a metà la sera prima. Amava molto quella piccola stanza ottagonale, che all'occorrenza fungeva anche da studio, dello stesso colore del cioccolato. Era arredata con lavorati scaffali di ebano, pesanti e consunti tappetti orientali e purpurei tendaggi che filtravano la luce proveniente da lucide vetrate ad arco. Al centro del locale troneggiava una sfarzosa scrivania ricoperta di vecchi e logori tomi. Adorava tutto in quel luogo ma la cosa che le piaceva di più era il piccolo caminetto nascosto che rendeva l'aria calda e profumata di legna arsa.
Mentre si dirigeva in biblioteca si concentrò per ascoltare i rumori della casa: piccoli passi al piano soprastante, il rumore di una radio accesa dal soggiorno, il cantare armonioso degli uccellini fuori dalle finestre e poi.... rumori, strascichi di piedi dall'altra parte della porta che dava sulla biblioteca, lo smuovere della carta e il suo fruscio. Qualcuno si era introdotto in quella stanza! Nessuno entrava mai li, era l'unica a cui interessavano quei vecchi libri.
Con prudenza si avvicino alla soglia fino a sfiorarla con le mani e delicatamente e senza fare alcun suono la spinse. Era pronta a sorprendere un ladro ma quello che si trovò davanti la lasciò di sasso.
Era uno dei ragazzi, in piedi, le dava le spalle e leggeva assorto il libro che lei aveva lasciato in sospeso il giorno addietro.
- Quel libro è mio!- pronunciò le parole con più stizza di quello che avrebbe voluto.
Il giovane preso di soprassalto si volto di scatto ad osservarla poi con un sorriso di scherno disse:- Non avevo idea che qualcuno venisse in questo posto è tutto così..........come dire polveroso- e dicendo ciò fece finta di passare un dito sulla scrivania per saggiarne la polvere.
Aveva un sarcastico sorriso stampato sul viso, e gli occhi del colore dell'oro vecchio erano ridenti e lucidi. Margaret non aveva notato in sala da pranzo quanto il ragazzo che doveva chiamarsi Robin fosse alto e magro. I suoi lunghi capelli, notò lei, brillavano alla luce mattutina come fili finissimi tessuti da un ragno laborioso, talmente chiari da sembrare d'argento.
-Appunto non viene nessuno quaggiù tranne me... chi ti ha dato il permesso di entrare?-
-Calmati, il signor Albert mi ha detto che potrò venire qui ogni volta che vorrò, ma ora me ne vado visto che non gradisci molto la mia presenza- e così dicendo Robin le rivolse un grande sorriso, raccolse il suo zaino appoggiato su una piccola seggiola, e si dileguò dietro la soglia d'entrata.
La ragazza ancora sorpresa per l'incontro si avvicinò alla scrivania per recuperare il suo libro e... non c'era! Robin doveva averlo preso prima di andarsene. Lei sentì la rabbia montarle dentro, già non sopportava più quell'individuo e la convivenza forzata.  
  
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