Capitolo 2
People try to put us d-down!
-Shhh, fai silenzio, altrimenti ci sentono!-
-Oh, Mitch, sei una terribile rompiscatole!- borbottò
Little Jim.
Sorrisi. -Lo so. Problem?-
Little Jim, ragazzo-pulce sedicenne basso quanto me con una folta capigliatura
color carota, mi aveva parlato di tali The Who, un
gruppo a sua detta spettacolare, e lui ci aveva anche aggiunto un “Sono
imperdibili!” tutto eccitato.
Fino al nasone che distrugge la chitarra mi erano sembrati solo carini, e poi
mi aveva parlato del batterista. Una
bomba. È come se partisse un jet sul palcoscenico. Io avevo
alzato un pugno all'aria ed esclamato un solenne -Ci sto! Andiamo!-
Ed era così che ero finita in quello sterco di situazione.
Nascosti da qualche parte nel buio, avvinghiati a vicenda, temendo l'arrivo di
un piedipiatti, controllore della sicurezza, alieno, marziano... Credo di
essermi fatta capire.
Ad un certo punto, sentii qualcosa che prudeva nel mio naso.
Stavo per starnutire, ma non dovevo starnutire.
Stavo per starnutire e sentivo il dovere di starnutire, ma non dovevo
starnutire.
Stavo per starnutire e sentivo il dovere di starnutire e quindi dovevo
starnutire, ma non dovevo starnutire.
Insomma, cazzo, non dovevo starnutire!
-Eee... Et-ciùùùùùùùùùùù!-
-AAAAAAAAHHHH!-
Mi ritrovai improvvisamente per terra, col mento sprofondato sulla nuca di quel
babbione di un Little Jim e le braccia all'aria dallo
spavento.
Beh, almeno avevo avuto un atterraggio morbido. Ma ero uscita allo scoperto. Eravamo
usciti allo scoperto! Era un gran guaio, la faccia di Little Jim era talmente
brutta che anche il più macho tra questi The Who – il
biondo era il più macho, mi avevano detto – si sarebbe spaventato alla sua
vista! Eravamo nella mer... nello sterco più totale.
-Ma ti lavi i capelli, ogni tanto, coglione?! È tutta colpa dei tuoi capelli se ho starnutito!-
-Sei tu la cogliona che è rimasta attaccata al mio cranio per tutto il tempo,
quindi sta muta e levati dalla mia schiena!-
In segno affermativo, gli tirai lievemente una guancia con il pollice e
l'indice e feci per alzarmi, ma ebbi difficoltà a rimettere i piedi per terra.
E così dovevo subire una doppia umiliazione. Inoltre eravamo seriamente nei
guai. Sapevo che mancava poco all'arrivo di un uomo grande e grosso con una
faccia da gorilla che ci spedisse fuori da quel posto a calci nel sedere;
appena rialzati, avevamo solo il tempo di riprenderci completamente e attendere
che ci buttassero fuori. Perfetto!
-Ehm... Serve aiuto?-
Una mano comparve sopra la mia testa. La presi, rossa come un pomodoro,
lasciando che mi aiutasse ad alzarmi.
Due occhi tondi e cerulei mi osservavano dalla testa ai piedi tra l'interessato
e il divertito, e la mano continuava a stringere la mia. Le labbra del ragazzo
davanti a me si piegarono in un sorriso.
-Io mi chiamo John, e tu?-
Di solito piove, a Liverpool. Stavolta,
invece, Dio ha voluto fare in modo che io possa camminare sotto azzurri cieli
suburbani illuminati dai caldi raggi di un sole che, dopo tanto tempo di
attesa, si è deciso a uscire allo scoperto. Questo significa che posso
passeggiare quanto voglio senza temere un improvviso acquazzone, cosa molto
frequente nel territorio inglandese in cui
abito, e questo può solo giovare al mio umore – anche se, devo dirlo, non mi
sento affatto a terra, anzi.
-Ehi, aspetta! Certo che hai le ali ai piedi, eh, piccoletta?-
Mi fermo e mi volto, offesa. Piccoletta? Come osa chiamarmi piccoletta? Non me
ne frega niente se è il batterista degli Who, potrebbe
benissimo essere anche il panettiere della casa accanto, ma non deve nemmeno osare
chiamarmi in quel modo!
-Kif, mi sei mancato un mondo, ma... Chiamami ancora
in quel modo e ti... Ti picchio, ok?!-
Keith scoppia a ridere.
-Va bene, piccolina. Ma ora andiamo.-
-Piccolina?! Ah, ma allora non hai capito! Guarda che io ti picchio sul serio!-
Ci sediamo nelle seggiole arancioni della fermata del bus, e tra risate,
gomitate e battutine di poco gusto e dallo scadente senso dell'umorismo,
finiamo per parlare su quel che ci è successo dopo quel concerto. Non avrei
niente da raccontargli, ma gli parlo velocemente di come ho passato quei miei
ultimi anni di scuola, di come sono migliorata in matematica (qui Keith si
mette a ridere), degli ultimi dischi che io e Sara abbiamo acquistato.
Di quel che mi racconta Keith, non c'è niente di nuovo: gli Who
hanno dato alle case discografiche i loro primi singoli per cui, beh, ok,
impazzivo pure io, per poi registrare quello che sarebbe diventato il loro
primo album, ossia My Generation,
uscito nel 1965 in America come The Who Sings My Generation con una tracklist e una copertina differente. Erano tutte cose che
sapevo.
A parlare così, ora che ci penso, mi sento come Sara. Gli Who
piacciono soprattutto a lei. Li seguiva su Ready
Steady Go! con un entusiasmo tale che ricordava le Beatle-fans.
Sorrido al pensiero, attirando l'attenzione di Keith.
-A cosa stai pensando?- mi chiede.
-Niente, niente... Pensavo!- una breve pausa, -Sai che gli uomini pensano per
tutto il tempo della loro vita? Anche nell'attimo prima di morire e anche nel
momento in cui nascono. Solo che, alla nascita, una persona non ha ancora
acquisito un preciso linguaggio parlato, quindi quasi nessuno ricorda il
momento della propria nascita...-
Mi accorgo solo in quel momento che Keith mi sta guardando con un sopracciglio
alzato, facendo una delle sue buffe espressioni.
-... ok, Mitchie, il bus è arrivato... Domani vieni
al posto che ti ho detto, alle otto, così ci vediamo tutti assieme!-
-Oh, ma certo! A domani, allora?-
-Certo, a domani, se verrai!-
Mi abbraccia calorosamente e corre verso la vettura, che sta per partire. Mi
urla un'ultima cosa prima che si chiudano le portiere.
-E porta anche la tua amica!-
Rido. -Ovvio!- e il bus parte.
Bene, e ora come lo dico a Sara senza che lei svenga di nuovo?
Sara ha un lavoro part-time in libreria
che la tiene occupata ogni giorno dal lunedì al venerdì, dalle due alle cinque
del pomeriggio.
Spesso mi piace infiltrarmi nella libreria per farle una visitina e scavare tra
i vari libri e fumetti che circolano in giro per gli scaffali, magari anche per
prendere qualche tomo a prezzo ridotto – quello riservato ai dipendenti,
un'inspiegabile figata.
Stavolta non arrivo ne troppo tardi ne troppo presto, sono già le cinque meno
cinque, ancora cinque minuti e la libreria chiude. Ok, ora devo trovare un modo
per dare la lieta nuova a Sara. Oh Buddha, aiutami tu! Dovrei cercare una
soluzione adatta ma ormai sono all'ingresso dell'edificio, la vedo già da fuori
la vetrina del negozio, incurvata verso il basso con una paletta e uno scopino
in mano, intenta a spolverare il pavimento.
Attraverso le striscie senza badare al semaforo;
sento dei clacson sgolarsi dalla mia sinistra, e questo mi fa pensare che devo
aver bloccato qualche buon'anima al volante, ma cerco di non farci caso – sono
ancora viva, questo basta! Spalanco la porta della libreria e esordisco con un
caloroso: -Saraaaaa! Ho una beeeella
notizia per te!-
Sara si volta a fissarmi in cagnesco, messa nella classica posa scocciata con
una mano sul fianco, mentre altri due o tre clienti alzano il loro naso ficcato
tra le pagine di un libro, tutti con la fronte corrugata. Da dietro una specie
di bancone, vedo Mr. Garrett ridersela.
-Buon giorno, signorina Mitchie. Noi stiamo per chiudere,
se non le dispiace...- dice lui.
-Scusi se la disturbo, sir, ma dovrei dire una cosa a Sara, se non le
dispiace!- rispondo, sorridendo raggiante.
Sara continua a guardarmi con una certa aria seccata nel viso; forse faccio
meglio a darle la notizia subito e in fretta.
-Allora? Fa' in modo che non sia un'altra E di cui ti sei dimenticata, ti
prego.-
-E se... E se ti dicessi che domani incontreremo tutti gli Who?-
Un attimo di silenzio. Tutta la libreria sembra immergersi in un gelido mare di
ghiaccio. Brr.
-... ripeti?-
-Domani incontreremo gli Who!-
Sbomf.
Azz.
Siamo all'ingresso di una di quelle semplici case di Liverpool, tra quelle con
l'ingresso doppio e il giardinetto interno, situate in quei cunicoli scuri mai
toccati dalla luce del sole e del giorno che i liverpooliani
chic spesso chiamano vie private.
Non sembra si sia vestita, truccata o decorata in modo particolare per questo
incontro: i suoi capelli castani sono raccolti nella solita coda di cavallo
(non l'ho mai vista con i capelli sciolti, è una cosa inquietante), i soliti
vestiti semplici e anche un po' spartani.
Nella mano sinistra stringo un foglietto sudicio e bagnaticcio
color celeste su cui Kif mi ha scritto gentilmente
l'indirizzo di quella che era “la nuova casa non tanto nuova di Pete”, per dirla con le sue parole. Nella mano destra,
invece, stringo la sinistra sudaticcia di Sara. Mi volto un secondo verso di
lei per scoprirla per l'ennesima volta con gli occhi scuri chini sulle sue
scarpe, ripetendosi parole strane e prive di alcun senso – almeno alle mie
orecchie – forse per calmarsi.
-Sara! Dai, calmati, non ha senso agitarsi in questo
modo! Ora prendi un bel respiro e...-
-E tu non ti comporteresti in questo modo se incontrassi uno dei tuoi amati
Beatles, eh?!- esclama lei, nervosa.
Un ghigno compare sul mio viso.
-Onestamente, no. Certo, li amo immensamente, George Harrison è meraviglioso e
John Lennon è un'adorabile canaglia, ma non mi ritengo simile a quelle
ragazzine strillanti che erano al loro concerto tenuto allo Shea
Stadium. Fossi stata io lì per una purissima botta di
culo, mi sarei limitata a sedermi al mio posto e ad ascoltare!-
-Certo, certo... Dicono tutti così, sai? Pure io pensavo che non avrei
delirato, oggi, ma... Guarda un po'!- mi risponde lei, per poi sciogliersi in
una smorfia di imbarazzo e stringere la mia mano con ulteriore forza. -Oww... Mitchie, ora che faccio?-
Sorrido, tirandole una sonora pacca sulla schiena.
-Calmati, ok? Ora suono!-
-MICHELLE PERCIVAL, NON TI AZZARDARE A TOCCARE QUEL CITOFONO O...-
-Ehi!- mi lamento, -Non chiamarmi Michelle!-
Poi tanto ormai ho suonato. E Sara mi fissa in cagnesco, in procinto a
stritolarmi con tanta rabbia.
Dal ricevitore del citofono non arriva nessuna risposta finchè
non si sente un brusco tonfo, un leggero scatto e il cancelletto si apre.
Sorrido raggiante verso la mia compagna pur sapendo che lei non è in vena di
sorrisi, quindi ci avviamo entrambe in direzione dell'ingresso della casa.
Attraversato il piccolo sentierello che passa per il
giardino, bussiamo (anzi, busso).
-Arrivo!- sentiamo da dentro, e Sara sussulta.
La porta si apre e una faccia da schiaffi magrolina e pallidiccia,
con un naso un po' sproporzionato al centro del viso e due bellissimi occhi
celesti, s'affaccia da dentro e io gli salto immediatamente addosso, sotto lo
sguardo sorpreso di entrambi – lui e Sara, insomma.
-Peeeeeeeeeete!!! Da quanto tempo, come cazzo state
tu e il tuo naso?!- esclamo.
-Che cazz... Oddio, Mitch,
sei tu!- scoppia a ridere, -Pensavo ci fosse una zebra selvaggia... Sai, si
deve sempre far attenzione...-
-Ma smettila!- rido, tirandogli una gomitata sullo stomaco. Pete
scansa in tempo la gomitata e mi afferra in braccio, sollevandomi da terra di
circa un metro. Urlo dallo spavento, per poi continuare a ridere come
un'idiota. Lui mi fissa negli occhi, prima in modo truce, poi stendendo le
labbra in un sorrisone.
-Mi eri mancata, piccolina.-
-Oh, ora non ti ci mettere pure tu!-
Proprio in quel momento ci ricordiamo che... Ecco, Sara!
Ci voltiamo e la scopriamo a guardarci come se avesse appena visto un alieno
verde con le antenne viola (eh?); Pete alza un
sopracciglio, per poi dirle: -Ecco, ehm... Buongiorno, le va di entrare?-
Mmm, meglio se rispondo io al posto suo.
-Certo che vuole entrare! Tu entra per primo, noi ti seguiamo!-
-Dopo me la presenti, ver...-
-Certo, certo, ve la presento a tutti voi, ma ora entra!-
Mandato via Pete (awww, il
mio Pete, quanto mi era mancato!), trascino Sara
dentro la casa. Lei sembra essere caduta in trance, continua a ripetere parole
tra se e se e... Oddio, che abbia visto davvero un alieno verde con le
antenne viola? Un ufocicc! Fuck,
gli ufocicc no! Scuoto la testa per distogliere
la mia mente da questi pensieri inutili.
-Quello... Quello era Pete Townshend... Pete Townshend...- la sento dire, intanto.
Quando entro, vengo accolta da quell'atmosfera calda che da tempo non
avvertivo, e a cui con tanta fortuna avevo ottenuto un piccolo lasciapassare in
quel giorno di due anni fa. La prima cosa che vedo è un grande salotto dalle
pareti color crema, una lampadina striminzita che scende dal soffitto con un
filo dall'aria pericolosamente delicata e un divano, largo e lungo, posto
davanti ad una televisione accesa a tutto volume. E su quel divano ci sono
sedute due persone che io conosco molto bene.
Al rumore della porta che si chiude, quello con i capelli scuri alza la testa
verso di noi. Una profonda sensazione di calore mi avvolge non appena vedo
quegli occhi azzurri posarsi su di me, e corro subito verso di lui,
dimenticandomi Sara all'ingresso – ehm, ops.
-Oddio, oddio, oddio, ENTY!-
-Mitchie?- mormora.
Ci abbracciamo. Non lo sento da davvero molto tempo; certo, lo vedo sempre in
televisione e posso sempre vedere la sua facciona da rana sulla copertina del
vinile di My Generation nascosto tra le
lenzuola del letto della mia coinquilina, ma vederlo in televisione è diverso
dal vederlo dal vivo, potergli parlare... Lentamente mi rendo conto che mi era
mancato davvero tanto, in tutto quel tempo.
-Ehi, ciao...- sussurra nel mio orecchio, accarezzandomi la schiena, -Come va?
Non ci sentiamo da un po'.-
-Oh, benissimo, John, ma io voglio sapere come stai tu. Comprate nuove cose
all'Harrod's?- ridacchio.
Sorride. -Spiritosa. Dai, ora saluta anche gli altri...-
-Giusto! Devo ancora saltare addosso a Roger!-
-... no, grazie.- sento da dietro di me, dal divano. John ride.
Un momento. Era Roger, quello?
Uh-oh.
Saranotipregononsvenir...
Troppo tardi.
Mi stacco da John e mi alzo in piedi, con le mani sui fianchi, a fissare Roger
con fare accusatorio. Roger, biondo senza cervello privo di alcun buon senso,
mi fissa, sdraiato sul divano, con una bottiglia di birra in mano e l'altra
mano posta sotto la testa. Noto con disgusto che ha i piedi nudi. Tsk, la finezza degli uomini.
-La prossima volta, cerca di non fare la parte del sex symbol
in canottiera, ok?-
-Se se...-
-Pfff, mi sei mancato anche tu, Daltrey.-
Lo vedo sorridere da sotto i baffi.
Bene, ora... Meglio che vada a vedere come sta la mia povera coinquilina.
-Petey, se vuoi abbiamo del succo...-
-Smettila di dire idiozie, Roger.-
-SCORDATELO! È LA MIA COINQUILINA, OK?-
-Va bene, calmati!-
-Eh, ma ha ragione... Trattare così le ragazze, bah.-
Così dicendo, Pete alza leggermente quella manona gigante che si ritrova e si mette a picchiettare
lievemente la fronte di Sara, ancora accasciata per terra, a occhi chiusi e
priva di sensi.
Bene, ok. È IMPAZZITO? Pensa di svegliarla, così?
-Sveeeegliati, abbiamo bisooogno
di teee...- le dice, tamburellando le dita sul suo
viso, cercando di far suonare la sua voce come se stesse urlando dalla cima di
una montagna. No, seriamente, fa gli echi da solo. Dev'essere
sicuramente impazzito. Troppi concerti fanno male al cervello, dopo un po', Petey...
Proprio allora arriva Keith dalla cucina, tutto sorridente, sfregandosi le
mani.
-Se volete, posso provarci i...-
-NO!- urliamo tutti quanti, Enty compreso, che fino
ad ora non ha fiatato.
-Chissà cosa ti passa per quella testa, cazzone che
non sei altro...-
-Brandy, sicuramente.- sogghigna Pete.
Keith fa il suo faccino crucciato e si lascia cadere a braccia conserte sul
divano.
E nonostante siamo riusciti a impedire a Keith di fare qualche danno, Sara,
beh, non si è ancora svegliata. Argh!
-Ci provo io.- dice allora Roger, assumendo un'aria
che definirei squallida, ma che forse a lui sembrava elegante.
La scuote leggermente per le spalle, mettendosi sopra di lei. Un lieve
schiaffetto in testa, e ricomincia a scuoterla.
-Ehi... Svegliati...- le dice, senza preoccuparsi della scarsa delicatezza.
Sto per linciare pure lui quando mi accorgo che Sara sta lentamente aprendo gli
occhi. Mi viene automaticamente da fare un sospiro di sollievo, quando sento un
violento suono di qualcosa di ferro che sbatte in continuazione, poi la risata
di Enty. Mi volto e vedo Keith che colpisce in
continuazione un pentolino con un martelletto, entrambi spuntati da chissà dove
– PEM PEM PEM! – e Enty che continua a ridere, ancora seduto sul divano.
In quell'attimo, Sara spalanca definitivamente gli occhi e Pete
sposta Roger per mettersi sopra di lei e lei gli tira uno schiaffo e... Sì,
finisce che tutto questo succeda in due secondi, e mi ritrovo davanti a Pete che sta per terra con le gambe all'aria, in mezzo ai
ghigni insistenti di Roger e Enty. Poi, Sara si alza
con molta fatica, per poi fissarmi.
-... cosa cazzo sta succedendo, Mitch?!-
-Sono arrivaaaaaaate
le piiiiizze!!-
-Fuck yeah!-
Il primo a buttarsi addosso al povero Enty, che ha
avuto la sfortuna di dover andare ad aprire al fattorino, è proprio Keith.
Poi, l'oceano. L'oceano, sisi, che consiste in
un famelico Pete Townshend,
in un Roger Daltrey più impegnato a superare il
proprio chitarrista piuttosto che a preoccuparsi per delle stupide pizze e, in
primis, io. Perché ovunque ci sia qualcosa di commestibile, ci sono
anch'io, yeah!
Le pizze fanno il loro glorioso ingresso in casa Townshend,
seguite insistentemente dagli occhi deboli e affamati e anche altrettanto
inquietanti di Keith e Pete. Le apriamo e... Oh, ora
sì che inizia la serata! E infatti sono proprio le pizze ad animare l'intera
serata, assieme ad un paio di birrette, bevande
analcoliche che probabilmente erano destinate a me – se loro pensavano che io
non bevessi alcolici, si sbagliavano di grosso – un'enorme bottiglia di Coca
Cola e del whiskey.
A proposito di Coca Cola: io e Keith facciamo una scommessa su chi riesce a
finire per prima un'intera bottigliona da due litri
di Coca tra Rog e Petey.
Sotto i nostri occhi divertiti, quelli perplessi e ancora confusi di Sara e
quelli spensierati di Enty, i due iniziano a
tracannare la bevanda senza sosta – io che faccio il tifo per Pete e Keith che fa il tifo per Roger. In gioco, ci sono
cinque sterline. E ho come l'impressione che queste cinque sterline
diverranno abbastanza famose, in seguito... Comunque sia, coke after coke, after coke, after Coca Cola, entrambi stramazzano a terra con una
bottiglia mezza piena in mano.
Keith scoppia a ridere come un forsennato quando Roger getta la bottiglia –
aperta e ancora piena – contro il muro del salotto e si mette a correre per la
casa urlando, come un bimbo con problemi di incontinenza (anche se questi
problemi di incontinenza li aveva pure lui): -DEVO ANDARE IN BAGNO!-
Noto con la coda dell'occhio la faccia di Sara, seduta accanto a Enty, sempre più a disagio.
Pete borbotta, visibilmente stanco: -Non berrò mai
più Coca... Bleah.-
-Io ci voglio scrivere su una canzone!- esclama tutto d'un tratto Kif, smettendo di ridere.
-Allora io voglio sentirla!- intervengo, battendo le mani. -Anche tu lo vuoi,
vero Enty??-
Enty, seduto sul divano con il suo pacato sorriso sulle
labbra, annuisce, in silenzio.
-Certo.- dice, sfiorandomi la guancia con l'indice. Rido, scostando la sua mano
con una spallata, e lo stringo in un altro abbraccio.
-Aw, Johnnino!- poi mi
viene in mente una cosa: -Un bagno l'avete in questa casa... Vero?-
-Penso e spero di sì!-
Una mezz'ora più tardi, vedo Pete che fruga sotto il
materasso del divanetto accanto alla televisione. Oh, bene. Mi chiedo cos'abbia
in mente...
-Erm... Petey?-
Pete si volta, tirando fuori una sigaretta molto
particolare. Ha tutta l'aria di essere una sigaretta, ma qualcosa la rende
completamente differente da quelle sigarette che vendono nelle macchinette
delle tabaccherie. Inclino la testa di lato mentre Pete
se la ficca tra i denti e se l'accende. È
l'odore a farmi capire tutto, alla fine: ho davanti a me una di quelle belle
cannette ripiene di – indovina indovinello – marijuana!
-Vuoi provare?- mi chiede, dopo un tiro, -Sai, i materassi la tengono al
fresco, quindi è più saporita!-
-... ok, Petey.- dico, annuendo. -Magari quando avrò
raggiunto la maggiore età, ok?-
-Uff, ok.- borbotta Pete, per poi tornare all'attacco, ma stavolta verso
un'altra vittima.
La vittima prescelta è, ahimè, Sara, la mia povera amichetta bistrattata, ora
seduta su una poltroncina a parte, intenta a sorseggiare un bicchiere di Fanta, immersa in un agonizzante silenzio. Pete si apposta dinnanzi a lei e lei alza gli occhi verso
di lui con un certo timore, senza staccare le labbra dal bordo del bicchierino
che stringe tra le mani.
-Vuoi una cannetta?- chiede Pete, dopo qualche
secondo di silenzio.
Ahi ahi ahi. Schiaffo in
arrivo, schiaffo in arrivo! (E il secondo, aggiungerei.)
-Altolaaaaà!-
Ci voltiamo tutti in direzione della voce, e mi pare di vedere un Roger mezzo
ubriaco all'ingresso del salotto con una bottiglia in mano.
Almeno quel deficiente, per una volta, è stato utile. Anche se non capisco se
sia Sara o Pete a essere in salvo.
-Lasciamela sobria, Pete! Mi serve lucida!-
Pete alza un sopracciglio. -E per cosa, scusa?-
-Infatti. Parla, su!- aggiungo io, incrociando le braccia. Voglio proprio
sentire quale altra cazzata ha da dire.
-Deve andare alla festa con me, domani, eh!-
Strabuzzo gli occhi.
-Festa? E quale festa, scusa?- chiede (giustamente) Pete.
Roger si avvicina tutto felice alla poltroncina su cui è seduta Sara. Lei lo
guarda con un'aria che a me appare come terrorizzata, ma anche orrendamente
imbarazzata. Oddio, spero proprio che Roger non faccia un'altra cazzata
– non due di seguito; ti prego, no! Sara mi serve viva! Come a lui serve
sobria, ma sono dettagli.
-Hey, baby,- dice allora alla mia povera coinquilina,
assumendo un tono per lui (e sottolineo per lui) ammaliante: -Ti
va di andare ad una festa con me, domani sera?-
NO! STRONZO! APPENA SIAMO SOLI, OH, IO TI STACCO TUTTE LE BUDELLA E...
Un attimo, Mitch. Tua madre ti ha sempre insegnato a
non rispondere con la violenza agli altri. Bene, quindi mantieni il controllo.
E intanto che tu mantieni il controllo, Sara è svenuta di nuovo.
Vaffanculo, Daltrey!
-Scusalo. Lo conosci, a volte fa
l'idiota.-
Questo è quel che mi dice Enty all'uscita dalla casa
di Pete, con il corpo inerme di Sara – manco fosse
una salma, ugh – sulle spalle e un'espressione
imbarazzata stampata sul volto.
-Solo a volte?- rispondo, tirando fuori il labbro inferiore.
Enty sospira. -Eddai. In
fondo è una brava persona...-
-Lo spero proprio...-
Attorno a noi, solo le luci dentro le case e dei lampadari lungo le strade
illuminano la via. Sopra le nostre teste, la luna argentata regna sul cielo
notturno, punteggiato da piccole stelle bianche. Trovo incredibile il fascino
che esercita su di me questo vicolo di Liverpool, nascosto dalle ombre della
notte. Questo vicolo sbocca su un marciapiede, e poco distante dal punto in cui
ci troviamo noi sta la macchina di Enty ad aspettarci.
Apro la portiera e aiuto Enty a far sdraiare Sara sui
sedili posteriori, poi vado a sedermi, e lui mette subito in moto la macchina.
Passano dieci minuti e, senza troppe peripezie, riusciamo ad arrivare davanti a
casa. Enty si volta verso di me, slacciando la
cintura di sicurezza. Noto i suoi occhi azzurri guizzare per un attimo alle
nostre spalle, in direzione di Sara, per poi tornare su di me.
Riesco a vedere il rossore delle sue guance anche sotto il lieve strato di buio
che ci circonda.
-Avrei... Avrei una piccola cosa da chiederti.- dice, piano.
-Uh, cosa?- chiedo immediatamente, mentre un sorriso affiora automatico sulle
mie labbra.
-Ecco, ehm...- si schiarisce la gola, -Ti andrebbe di andare da qualche parte
con me, domani? Sai, è la nostra giornata libera, e poi... Mi piacerebbe
scambiare qualche chiacchiera con te, ecco tutto!- e torna in silenzio.
Ma, ma... Awwwww! Mi verrebbe tanta voglia di
tirargli affettuosamente le guancia, ma non ora, Mitch!
-Certo che mi va, Enty Whistle!
Basta che non andiamo al McDonald e io ci sto!-
Enty scoppia a ridere e annuisce.
Un'altra giornata è passata e un'altra
giornata è destinata a iniziare. Devo solo attendere.
Errata coccige corrige.
Fufu, qui è quella svitata di Sara, appena ripresasi
dall’attentato di quello stronzo di Daltrey, fjkr.
Che dire? L’altra volta avevo detto che
Pet Sounds era
appena uscito ma, sebbene non abbia specificato in che mese fosse ambientata la
vicenda, si capiva comunque che era un mese freddo, autunnale o invernale: è
quindi impossibile che il capolavoro dei Beach Boys
fosse appena stato lanciato sul mercato, perché uscì il 16 maggio, fufu.
Uh, per la cronaca, la nostra Jules le
ha azzeccate tutte (a parte Route 66, eh-eh-eh! *modalità “omino
sentenzioso” ON* e ne ha addirittura beccata una che
ho inserito inconsapevolmente: Hot Dog
dei Led Zeppelin. LOL)
Applausi per lei! : D *inchino*
Indi per cui mi scuso con tutti per l’errorazzo e con Thief per la mia intromissione : D
Adiosss (;
Who are you?
Oh yeah, ecco il secondo capitolo!
Qua dovrei scrivere le mie note ma – fuck – le
ho completamente scordate. Hehe. Ma mi sforzerò, I
PROMISE.
Quindi, coff coff. Good morning (wtf.),
people, io sono Thief e sono l'altra scrittrice di questa fic
che io e la mia collega/socia/coinquilina/amichetta bistrattata Sara stiamo
scrivendo a quattro mani! :D Spero che quest'ultimo capitolo vi sia piaciuto!
Dal prossimo ripasseremo sul POV di Sara e... Vedremo. ;3
Su questo capitolo, abbiamo finalmente incontrato tutti i membri degli Who. E dal prossimo capitolo, non mancheranno i vari
sviluppi che si possono diramare da quest'ultimo. Inoltre, sempre su
quest'ultimo capitolo, anch'io ho voluto inserire degli oscuri riferimenti a
varie canzoni di alcuni artisti. Non sono tanti, e uno è ben evidente fin da
subito. ;)
Che altro posso dire se non avvertire che la targhetta lassopra
è stata realizzata sempre dalla sottoscritta e che mi sono divertita molto a
scrivere quest'ultima schifezzina che avete avuto
l'onore (LOL. Vado a sotterrarmi.) di leggere, anche se ci ho impiegato non
poco. ^^'
Spero vi sia piaciuto, allora! Quindi spero di rivedervi al prossimo capitolo,
in cui passerò di nuovo le redini a Sara! ;D
Peace & Love, everybody.
<3
Thief.