Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: _ninive_    13/01/2011    1 recensioni
Ray, occhi azzurri, sguardo serio. Sulle labbra ancora il ricordo di quella ragazza, Maya, che l'ha tradito e poi è partita... Eppure è passato un anno. Lui è sempre lo stesso, irriverente, sfrontato, ma sente la mancanza di qualcosa che è volata via nel vento. E poi, il bacio di quella ragazza misteriosa, coperta da una maschera, perfetto, unico, fascinoso, ma senza nome o volto. Solo due occhi lontani, grigi, e un braccialetto d'argento. Nuove amicizie, sensazioni, ma sempre lo stesso passato che ritorna. E allora cosa scegliere? IL SEGUITO DI "TRA MARE E CIELO" ma capibile anche per chi non ha seguito la storia. Gruppo su Facebook CON GLI OCCHI DI RAY. FATEMI SAPERE SE VI PIACE!
"Si può essere attratti da qualcuno in maniera così incondizionata da non preoccuparsi delle conseguenze?
Le sue labbra cercano quelle di Ray, le trovano, le stringono, le mordono, dolci. Le lingue lottano, indomabili, al tempo coi respiri, coi profumi, con la voglia…
Poi, veloce come era arrivata, si allontana da lui, corre via. Lui cerca di afferrarla per un polso, ma il suo braccio scivola via.
La vede sparire dietro le porte di un ascensore, rivolgergli un ultimo sguardo d’argento oltre i buchi della maschera.
Ray non ricorda di aver mai visto occhi così belli, eppure così tremendamente lontani. " leggete e commentate!
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Tra mare e cielo'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
notizie e incontriIl Chico visto di giorno non sembra così fantastico. Marty scende veloce e si dirige verso l’entrata. La porta è chiusa.
“Ehi, voi due, è chiuso adesso. Tornate tra due ore.”
Un vecchio signore, sicuramente il proprietario del locale. Si avvicina a noi a passo sbilenco, un sigaro tra le dita.
“Scusi, stiamo cercando una ragazza…”
“Sì, come tutti quelli che vengono qua ogni giorno… ehi, ma tu sei quella che canta?”
Indica Marty con un dito dall’unghia nera. “Sì, sono io.”
“Ah, ecco, si ti conosco… entrate dai, e spiegatemi… non siete della polizia, vero?”
“Le sembra che abbiamo l’età?”
Ci squadra, il viso pieno di rughe. “Mm…”
Apre la porta con un mazzo di chiavi legato alla cintura. “Muovetevi, avanti…”

La ragazza si guarda allo specchio illuminato. I capelli le ricadono sulle spalle, mentre ripensa a quegli occhi azzurri. Si guarda il polso così stranamente vuoto, sapendo che per riavere quel regalo dovrà rivelarsi. Lo considera perso. Sbuffa.
Katy, alle sue spalle, fuma una sigaretta appoggiata alla finestra aperta. Le altre ragazze arrivano più tardi, ognuna secondo i propri orari. La maggior parte sono sfortunate e hanno bisogno di soldi, come la ragazza che si specchia di fronte a lei. Katy lo fa perché sa di essere bella, perché le piace ballare e mettersi in mostra.  
La guarda truccarsi gli occhi, pesantemente. “Non esagerare, che poi non ti dico che sembri.”
La ragazza sospira e la guarda attraverso lo specchio. “Perché non lo sembriamo già anche senza trucco?”
Raccoglie i capelli e li infila sotto la parrucca rossa. Sembra un’altra persona, se non fosse per gli occhi. Si prova la maschera poggiandola al viso. Poi pensa che quando indossa quella maschera è un’altra persona.

“Cosa volete? Qualche vostra parente lavora qui?”
Si siede su un divanetto e ci invita ad accomodarci. “No, in realtà…”
“Beh, allora non posso aiutarvi.”
Marty non si rassegna. “Vede questo mio amico qui?” mi indica. “Ecco, è cotto di una delle sue ragazze, ma non sa neppure chi è. Vorrebbe almeno parlarci…”
Il vecchio ride e aspira dal sigaro. Una nuvola di fumo acre si sprigiona dalla sua bocca. “Caro mio… questo è lo scopo del mio locale! Belle ragazze, mistero… magari una di quelle che vedi ballare è tua sorella…”
Tossisce e si tocca il petto. Io penso che per fortuna mia sorella è addormentata nel suo letto in questo momento…
“E poi, detto tra noi, la maggior parte vogliono stare segrete.”
“Perché?”
“Beh…” Si appoggia più comodo sullo schienale del divano, e aspira di nuovo. “Molte hanno appena diciotto anni. Altre nemmeno. Capite, i genitori non lo sanno, e chi lo sa non è favorevole. Insomma, chi vorrebbe che propria figlia ballasse in un locale notturno? Va beh, mica sono nude…”
Poco ci manca che lo siano.

“Il capo parla con due persone. Che palle, speriamo non siano parenti incazzati.”
Katy si affaccia piano dalla porta. “No, sono giovani. Magari la tipa vuole lavorare qui.”
La ragazza allo specchio si alza e si avvicina a Katy. “Ma chi sono?”
“Quella là è quella che canta in qualsiasi occasione qui a Maddalena. L’hanno messa sotto l’anno scorso, per poco non ci rimetteva la pelle. E l’altro, non so chi sia… gran bel fico però.”
“Fa’ vedere…”
Le basta un’occhiata per riconoscerlo. Il cuore comincia a batterle forte. Si appoggia alla parete, allontanandosi dalla porta, e si lascia scivolare giù, sul pavimento.  
“Ma che ti prende?”
“Nulla, Katy, tranquilla. Chiudi la porta, per favore.”
“Ok, ok… ma li conosci?”
“No. Per nulla.”
La consapevolezza di saperlo così vicino e irraggiungibile la squarcia dentro. Ripensa alle sue labbra, a tutte le parole che avrebbe dovuto dirgli… Ma perché l’aveva baciato?!
“Sei sicura di stare bene? Vuoi andare a casa? Glielo dico io al capo.”
“No, no. È tutto ok. Tutto ok.”
Il suo respiro torna regolare e Katy riapre la porta. “Stanno andando via. Quello là merita una medaglia per il bel sedere che si ritrova.”
La ragazza ride e finalmente si sente in salvo.
 
“Grazie comunque” dice Marty al proprietario del locale.
“Piccola, ma di che? Tra parentesi, se vuoi venire a lavorare qui… le porte per te sono aperte.”
Marty non risponde, leggermente schifata.
Tiro fuori dalla tasca il bracciale. Ultima spiaggia. “Sa a chi appartiene questo?”
Il vecchio lo prende tra le dita ingiallite dal tabacco. Lo fa splendere alla luce del sole. “Mai visto, ma sembra d’oro. Proverò a chiedere.”
Quando risaliamo in macchina Marty non dice nulla. Canticchia qualcosa di indefinibile, ma sembra pensierosa. Poi: “Non ti arrenderai, vero Ray?”
“Non so cosa fare.”
“Forse la soluzione verrà da te senza che tu la cerchi.”
Annuisco.
Lei alza il volume della radio e mi chiede: “Devi uscire con qualcuno stasera?”
“Una certa Alina. È di origini polacche. Una bomba.”
Marty ride e mi dice che non cambierò mai.



Rumori di risate e piatti infranti dalla cucina. Che palle, ma che ore sono?
Guardo la sveglia, ed è quasi mezzogiorno. Mi alzo, controvoglia. Proprio oggi che stavo sognando qualcosa di bello…
Mi vesto e do una rapida occhiata al mio riflesso nello specchio. Ho un brutto paio di occhiaie profonde, i capelli spettinati. Me ne frego e vado in cucina.
Sere raccoglie i cocci di un piatto dal tappeto, mentre Ste è dietro ai fornelli, e canticchia. Samu apparecchia la tavola.
“Il principino si è svegliato! Buongiorno!”
“Ciao Samu. Che ci fate qui?”
Sere si alza dal pavimento, i pezzi taglienti tra le mani. “Li ho invitati io, visto che erano mesi che non li vedevo.”
“Ma Sere, è il servizio buono!”
“Era il servizio buono, Ste.” Lo correggo. “E poi non è più tuo, posso pure buttarli tutti dalla finestra, assieme al resto del mobilio. Nulla qui ti appartiene più!”
“Allora pure le bollette!”
“No, quelle no, eh…”

Mangiamo tranquilli le pietanze preparate da Ste, che cucina benissimo.
Alla fine del secondo Samu non sembra stare più nella pelle, si alza in piedi e annuncia, con fare da prima della classe: “Io e Stefano ci sposiamo. Il 22 Luglio!”
Ci sorride compiaciuta, aspettando grida e strilli di felicità (comportamento tipico delle ragazze quando si ricevono notizie importanti), che non arrivano. “Che bello…!” dico io, alla fine. Vocetta per nulla convincente, ma Samu non se ne accorge. Va a prendere una torta fatta da lei in frigo, sorriso stampato sul volto.
“Ma Ste, come fate? Manca poco meno di un mese!”
“Sere, tranquilla, abbiamo tutto pronto tranne le partecipazioni. Siamo in perfetto orario.”
Sere fa le spallucce e rifiuta con gentilezza una fetta di torta per nulla invitante, simile ad un mattoncino.
“Ray, tu la vuoi? Ehi… tutto ok?”
Mi perdo un secondo. Samuela inviterà i suoi parenti… ed ecco che una fila di denti bianchi prendono forma in un meraviglioso sorriso, il suo, e gli occhi castani, ridenti, e leggeri, i capelli né ricci né lisci… in un baleno sento il suo profumo, quello che mi faceva perdere in lei, e le mie mani sulla pelle. Sbatto le palpebre e tutto scompare.
“Sì, scusa Ste.”
“Samu, ma verrà anche quella tua cugina, col nome strano…? Quella che l’anno scorso stava con Ray…”
Sere per poco non si strozza con l’acqua. Tossisce forte, e qualcosa mi colpisce la gamba.
“Ahia!!!”
“Scusa Ray…”
Sere arrossisce e squadra truce Stefano. “Ma che ho dett…?”
Un altro calcio, più forte del primo, sempre nello stesso punto. “Sere, cazzo!”
Mia sorella mi sibila: “Scusa…” con la faccia colpevole.
“No, non ci sarà” risponde Samu, che non si è accorta del piccolo sceneggiato alle sue spalle, intenta a caricare la lavastoviglie, seriamente delusa. “Ha trovato un lavoro che la tiene occupata per tutta l’estate, quindi… che peccato. È stata una bella estate l’anno scorso con lei…”
Sere ci guarda, io stralunato, Stefano rosso come un pomodoro. Forse pensa che la situazione non può essere peggiore di com’è. “Visto che siamo in vena di confidenze… mi sono licenziata e resto a vivere qui. Voi non lo sapevate, ma Ray si.”
Stefano, che non sembrava nemmeno abituato al cambiamento fisico, rimane sbalordito. “Lic…enziata?”
Sere si sbagliava.
“Sì! Ma ho già trovato lavoro come modella qui! Contenti?”
Samu fa un sorriso tirato, per niente felice. Non le era mai andata a genio Serena, forse per il suo carattere spensierato. O perché hanno la stessa età e Samu sta per sposarsi, mentre Sere è ancora liberissima.
Sere sembra compiaciuta del mio sorriso, incurante delle facce a bocca aperta degli altri due. La torta non le sembra più così male: ci ficca dentro il cucchiaino a fatica, ma quando non riesce più a tirarlo fuori ci rinuncia, leggermente delusa.      



Parlo al telefono con Marty, che vuole sapere di ieri notte.
“Come è andata con la tizia polacca?”
“Bene. Siamo andati a casa sua.”
“Solita storia quindi. Una botta e via.”
“Minchia come sei volgare!”
Rido, e mi friziono i capelli con l’asciugamano. Guardo il mio corpo allo specchio e mi dico che devo assolutamente riprendere a fare movimento.
“Macché volgare! Sono genuina e spontanea. Lo sai che quell’idiota di mio fratello ha lasciato Vale? È venuta a casa mia in lacrime. Sai che palle.”
“Sul serio?”
Cerco di vestirmi con una mano sola, ma è piuttosto difficile. Metto Marty in vivavoce e cerco una maglietta nell’armadio.
“No, per finta! Ma mi stai ascoltando? Comunque sì, è vero! E tra Fede e Fabio c’è gelo… ma questo dovresti saperlo più tu di me, visto che Fabio è il tuo migliore amico. Ahia, mi sono bruciata nel forno…”
Abbandona il cellulare e si lascia andare in una serie di imprecazioni non proprio da principessa.
“Marty? Sei viva?”
“Si, cazzo. Stavo tirando fuori la torta e…”
“Torta? Un’altra???”
“L’altra, come dici tu, risale a una settimana fa.”
Mi metto i jeans e riprendo il telefono all’orecchio. “Con Fabio non parliamo più tanto. È… diverso, ora.”
“In inverno andava tutto bene!”
“Mia sorella ha ragione, l’estate mi fa male.”
Marty non dice nulla per un po’, sicuramente assaggia la torta. Infatti mi dice, con la bocca piena: “Hai già il vestito per il matrimonio di tuo fratello?”
“Jeans e maglietta? Ma aspetta, tu come lo sai?”
Mi metto apposto i capelli allo specchio.
“Lo so e basta! E non provare a presentarti vestito così! Domani vieni assolutamente con me in un negozio decente e ti compri un abito!”
“Da pinguino?”
“Sì! Sono così sexy gli uomini in smoking…”
Rido. Frase tipica di Marty.
“Ogni volta che sono con te spendo soldi!”
“E io ogni volta che sono con te mi devo sorbire gli sguardi d’odio delle ragazze, perciò taci e mano al portafoglio!!!”

Esco di casa per andare da Fabio, con una canzone in testa. Niente più di me, di Marco Carta. Ma perchè, visto che non mi piace???  Con Fabio voglio recuperare il rapporto. E poi, se ha problemi con la ragazza vorrà qualcuno con cui parlarne. Vado a piedi, perché tanto non c’è parcheggio sotto casa sua. Ma penso di aver fatto una cazzata perché comincia a piovere a dirotto, e io sono senza ombrello. Coglione.  
Cerco riparo il più velocemente possibile sotto la vetrina di un negozio, quando mi scontro con qualcuno violentemente.
“Cazzo!”
Un paio di occhi chiari, tra il grigio e l’azzurro, proprio di fronte ai miei, in orizzontale. Le sono caduto addosso, e blocco il suo corpo col mio.
“Sei comodo?” una frase sprezzante, in contrasto con il suo viso pulito e l’espressione angelica.
“Beh, si.” Sfodero il mio migliore sorriso. È troppo carina.
“Io no. Scrostati.”
Carina almeno quanto è pungente.
Mi sposto e si rialza veloce.  Mi guarda, incazzatissima. La guardo pure io, e mi accorgo che è la stessa ragazza che ho quasi ucciso l’altra notte. Anche lei mi riconosce.
“Oh, di nuovo tu!” mi dice, furente. “Ti sto così sulle palle?”
Io rido, mi strizzo la maglietta bagnata. Inutilmente, perché continua a piovere. “Sei tu che mi sei venuta addosso!”
“Certo, adesso è colpa mia. Ma và, stronzo…”
Si guarda i vestiti zuppi, e si preme il cappello, che si era spostato, di nuovo sulla testa.
“Ma mica è colpa mia, scusa!”
La sua maglietta bianca è diventata trasparente. Mi sento in colpa. “Forse è il caso che ti metti vestiti asciutti.”
“Forse è il caso, ma io abito lontanissimo da qui, perciò…”
“Io no, però.”
Mi rivolge uno sguardo sprezzante, ma dice: “Muoviti.”
Camminiamo veloci verso casa mia, di nuovo. Fabio aspetterà. Lei mi cammina affianco e io non riesco quasi a vederle il viso, per colpa di quello stupido cappello. Oggi sembra un po’ più femmina, sarà che non indossa la felpa enorme che aveva quando stavo per ucciderla.
“Siamo arrivati.”
Guarda la zona. “Sei ricco, quindi.”
Saliamo le scale e entriamo in casa. “Benestante, diciamo.”
Lei osserva il mio salotto, la Tv al plasma, lo stereo, i divani bianchi come i muri, i quadri appesi alle pareti. Fa finta di crederci, ma dice: “Sei ricco.”
“Non so quale sia il tuo concetto di ricchezza. Comunque questo è il mio salotto, di là la cucina, il bagno, e dall’altra parte le camere da letto.”
Lei si dirige in cucina e poggia il cappello sul tavolo. Libera i capelli bagnati. “Una signora cucina.”
“Una cucina” dico io, anche se so che è piuttosto bella. Dopotutto era il vanto più grande di mio fratello. Apro le persiane e il sole inonda la stanza, benché continui a piovere. “Così è molto meglio. Adoro la luce.”
Sorrido pensando alla sua frase sincera. “Si, in effetti. Comunque vieni, ti do la roba per cambiarti.”
“Dov’è il resto della famiglia? Mamma, papà, fratelli… cose del genere.”
“Genitori all’estero per lavoro. Fratello grande in procinto di sposarsi, a casa sua. Sorella grande in giro, probabilmente a svuotare carte di credito.”
Mi volto per la prima volta per guardarla bene. Ha gli occhi grandi, molto espressivi. Hanno una forma particolare, quasi asiatica, ma con le ciglia lunghe e arcuate. Le labbra grandi e scure, sensuali, la pelle dorata. Ha un viso bellissimo. Mi sembra di averla già vista da qualche parte tempo prima… ma chissà dove. Ha uno sguardo attento per tutto ciò che la circonda, è seria. Mi guarda, perplessa, chiedendosi forse perché la sto fissando.
La porto in camera di Serena, la più disordinata della casa. Se fossi stato in me, probabilmente ci avrei provato all’istante, visto che ho l’occasione… invece mi limito a dirle: “Scegli qualcosa dall’armadio. Tanto è piena di vestiti.”
Lei apre le ante e controlla ogni indumento brevemente. È vestita molto semplice, ma non si può dire che sia femminile. Difatti non le piace nulla di quello che trova.
“Tua sorella si veste troppo da…”
“Da?”
Mi avvicino a lei e controllo. Nell’armadio tutto regolare. Per un secondo ho pensato che avesse trovato qualche completino sconcio…
“Da donna!”
Rido. “Ma è una donna! Cosa pretendevi?”
Lei sbuffa e cerca qualcosa di indefinito. Mi fa ridere, mai conosciuta una così. Però… mi sento strano. Forse è perché non ci ho provato dal primo secondo che l’ho vista. Cioè, è carina, molto. Ma non è il mio tipo. Troppo maschiaccio. E a me la donna piace donna.
“Ma tua sorella non ne ha jeans lunghi?”
“Solo gonne e pantaloncini. Mi dispiace. Provati questo.”
Le passo il vestito a fiori che aveva Sere quando è arrivata. Lei mi guarda, arricciando il naso. “Sei fuori? È trasparente!”
“Macché, è solo l’impressione!”
“Allora tengo i jeans anche se sono bagnati… e prendo solo una maglietta. Possibilmente non scollata o attillata in nessun punto, grazie.”
“Guarda che è l’armadio di mia sorella, mica un negozio!”
“Scusa, ma io mi vesto così.”
Fa le spallucce e ricomincia a cercare. Non trovo nulla che corrisponda alla descrizione. Certo che Sere è cambiata proprio di gusti!
“Niente…”
“Dai allora resto così.”
Chiude l’armadio e si guarda nello specchio. Si tocca i lunchi capelli biondi, miracolosamente asciutti. “Caspita, sembra mi sia passato addosso un tir.”
“Non sei l’unica. Vieni, mi cambio la maglietta.”
Mi segue in camera mia. “Carina come stanza. Mi piace il blu.”
“Pure a me.”
Le sorrido, per la prima volta. Mi tolgo la maglietta bagnata e la butto in terra. Poi mi rendo conto che ho di fronte una ragazza, e noto che i suoi occhi si fermano sulle linee del mio corpo, ma prende a guardare fuori, per nulla in imbarazzo. Cerco un’altra maglietta nell’armadio.
“Ehi, quella mi piace!”
Indica la maglia che ho tra le mani, una canottiera nera. Gliela lancio. “Se vuoi usala tu. Che gusti strani hai, però…”
Lei va in camera di Sere a cambiarsi, e ne ritorna poco dopo. La maglietta le sta un po’ aderente, le mette in mostra le forme. E io che pensavo fosse piatta come una tavola da surf! Invece ha tutto al posto giusto.
“Hai tutto di marca. L’avevo detto che sei ricco.”
“Ma ti ho detto di no. Una mia amica, lei si che è ricca…”
Ma lei non ha sentito. Guarda le foto appese alle pareti. Ritratti di Marty, mia sorella, paesaggi. “Caspita, che belle. Le hai fatte tu?”
“Sì. Ma è un po’ che non ne faccio più.”
“Perché?”
Aspetto un po’ prima di rispondere, perché non c’è un motivo preciso per cui ho smesso.
“Beh… non lo so. Non ci trovo soddisfazione.”
Cerco nell’armadio una scatola, e ne rovescio il contenuto sul letto. Migliaia di foto cadono come coriandoli. Non so perché gliele faccio vedere, visto che di solito non le vede nessuno. Lei si siede sul letto, raggiante. Le prende e le guarda, una per una, ride, e le spiego il significato di ogni foto, anche la più banale.
“Preferisco fotografare persone, che paesaggi. Mi danno più emozioni.”
Lei ha in mano una foto di Marty, quando aveva 16 anni. Era strana, si vestiva sempre di nero, in quel periodo. Ne ho milioni sue, è il mio soggetto preferito. “Ma è Marty!”
“La conosci?”
“Certo, eravamo insieme alle elementari e alle medie. Poi però lei ha scelto il classico, e io il linguistico. Peccato… però siamo sempre amiche. Questa è tua sorella? Ti assomiglia parecchio. E questo scommetto che è tuo fratello, anche lui è uguale a te. Ma sembra molto più serio. Ehi, ma hai la terrazza panoramica!”
Si alza e esce in balcone. Io prendo la mia reflex tra le mani, regalo dei diciotto anni di mio fratello. Non la ricordavo così pesante. Mi sento quasi di nuovo me stesso, non mi ricordo nemmeno più perché ho smesso. Ci voleva una sconosciuta per farmi ricredere sulle mie scelte. Giusto, una sconosciuta…
La seguo. Guarda il mare, assorta. “Cosa farei per avere una vista così… è fantastico.”
“Bello, vero?” Poi mi ricordo le sue parole, chiare e limpide come se fosse stato ieri.
"Non ridere, però”
“D’accordo”
“Me lo prometti?”
“Te lo giuro”
Ci crede. Guarda il cielo. “Quando ero piccola, i miei hanno comprato una casa. Era di fronte al mare, proprio come ora. E io rimanevo ore, attaccata alla finestra. E mia madre mi chiamava e mi chiedeva dove fossi. Io le rispondevo che ero tra… mare e cielo. Come ora. Io sono tra mare e cielo. Puoi perderti nell’immensità del cielo, o nelle profondità del mare.”
“Io sono tra mare e cielo.”
“Che hai detto?” chiede lei.
“Nulla. Una frase così…”
“Lo diceva sempre anche mio padre. Che strano che anche tu lo dica, ora.”
Non so niente di te lo sento quando mi rispondi così…
Non so niente di te né tu di me…
 Riprende a guardare davanti a sé. “Sei sempre così seria?”
“Io non sono seria.”
“Si che lo sei. Sorridi poco. Sei malinconica più che altro.”
“Ma come fai a dirlo? Manco mi conosci.”
“Giusto. Pensandoci, non so nemmeno come ti chiami.”
“Morena.”
Perseguitato da nomi strani. Mi tende la mano e gliela stringo. “Io Ray.”
Finalmente mi sorride, e ne approfitto per farle una foto.
Lasciami una fotografia che mi racconti un po' di te…
Lei da un’occhiata all’orologio al mio polso. “Porca puttana! Sono le sei! Devo andare a lavoro!”
“Ti porto io.”
Morena rimane immobile. “Non so se mi fido.”
Rido. “Non posso investirti se vieni in macchina con me.”


Non so niente di te lo sento quando mi rispondi così
Non so niente di te né tu di me
È una continua agonia lasciarsi vivere e non crederci più
Questa distanza non è possibile
Lasciami una fotografia che mi racconti un po' di te
Fammi sentire come a casa mia al tuo silenzio dico no
Prova a gridarmi come stai manda un segnale che non si sa mai
Come se non ci fosse al mondo niente più di me…



Note: in molti miei capitoli successivi ci saranno delle canzoni. Non è la musica che ascolto spesso, ma quella che mi ha ispirato nello scrivere il capitolo…


Bene… =) questo è il terzo capitolo, un po’ lungo… spero che qualcuno stia leggendo, e che vi piaccia! XD Fatemi sapere… bacioni <3 _ninive_









  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: _ninive_