1.
Il
Leopardi si Deprime
Non si poteva certo dire che
quelli fossero gli anni d'oro di Ethan Gold,
ironia sul nome a parte, visto quel che era accaduto.
Non aveva avuto il successo sperato neanche dopo essere stato chiamato da quel famoso
produttore canadese. A quanto sembrava, c'erano violinisti molto meno in gamba
di lui ma molto meno costosi, che gli avevano soffiato il posto, il sogno, il
tempo. E anche la vita sentimentale era stata uno schifo.
Dopo aver tradito
miseramente Justin, ed essersi comportato in modo così umiliante per essere
perdonato, aveva ripercorso i suoi passi, i mesi che erano trascorsi e le
esperienze che aveva vissuto gli avevano in un certo qual modo spiegato gli
errori che aveva fatto, si era comportato da meschino con Justin, forse uno dei
pochi che gli aveva voluto bene sul serio.
Ma ormai era andata, era
cresciuto, era acqua passata, anche se Ethan non aveva più trovato qualcuno con
cui valesse davvero la pena di fare sesso, né tantomeno di cui innamorarsi.
Certo, il piacere della carne andava assecondato, ma a lui non bastava solo
quello. Almeno un po’ di dialogo ci voleva, dannazione. Per questo si chiedeva
come diavolo avesse fatto a mettersi per tutto quel tempo con Justin, che di
argomenti di conversazione ne aveva veramente pochi.
Justin
era... Justin era Raggio di Sole. Era piombato nella sua vita illuminandola
all'improvviso, abbagliandolo senza chiedergli il permesso, e l'aveva
trascinato verso il sole, verso un fuoco bollente, e Ethan sapeva che prima o
poi ci si sarebbe scottato.
Ma lui era l'uomo delle sfide, chi era Justin per intimorirlo? Nessuno.
Assolutamente lo stesso nessuno che l'aveva preso, usato, gli aveva strappato
il cuore, lo aveva disegnato, storpiato, e poi l'aveva gettato come un metronomo
rotto.
Non
era certo bastato un ragazzino che gli correva dietro al culo, ed era
perennemente attaccato al pisello del gay più desiderato di Pittsburgh, a farlo
deprimere. Lui si era rialzato a si era ripreso, diventando ancora più forte e
tenace di prima.
- Non può darmi la sfratto! - sbottò alla padrona della bettola dove abitava -
Ho sempre pagato in anticipo e ... -
- Gli ultimi mesi no. Niente soldi, niente stanza. Se mi dai un anticipo posso
farti rimanere ancora un paio di notti. -
Ed eccolo di nuovo a suonare il violino al freddo, ma stavolta veramente per
sopravvivere,visto che i genitori l'avevano bellamente mandato a quel paese
visto l'insuccesso musicale, tagliando i fondi, ribattendo per l'ennesima volta
che idea assurda fosse quella di vivere suonando il violino.
Fottuto, fottuto,
fottutissimo freddo. Quanto odiava l'inverno.
Aveva le dita intorpidite, sbagliò anche qualche accordo, ma nessuno se ne
accorse, come avrebbero potuto in fondo, quei plebei infagottati e carichi di
regali che si fermavano a fissarlo come oche davanti ad uno specchio?
Gente che non avrebbe compreso la sua arte nemmeno se avesse spiegato loro
tutte le cose che non sapevano, erano attratti dalle note così come erano
attratti dal profumo di miele del forno. Nient'altro che un fenomeno per
raccogliere monetine.
Com'era caduto in basso.
Questa
volta non c'è nessun Brian Kinney a buttare cento
dollari nella custodia, eh?
Sebbene fosse orgoglioso, sentiva che in quel momento avrebbe potuto fregarsene
benissimo. La cosa più importante per lui in quel momento era tornare a casa e
tentare di scaldarsi per evitare un assideramento. Aveva le mani che tendevano
quasi al viola, ormai.
Chissà quanti gradi sotto lo zero c'erano, e nella custodia ancora troppi pochi
soldi per andarsene.
Quella era forse la prima
volta che aveva davvero paura di non riuscire ad andare avanti solo con le
proprie forze.
La musica finì, aveva saltato un pezzo perché le mani non avrebbero retto
oltre, la folla applaudì, naturalmente non si era accorta di nulla, e nella
custodia del violino cascarono tante monetine, quarti di dollari, dollari,
intravide immediatamente una salvifica banconota da cinque.
Non si sforzò nemmeno di ringraziare il pubblico, quella mattina non si sentiva
affatto magnanimo.
Rabbrividì e decise che per un po' sarebbe andato a rintanarsi in un locale,
almeno per ritrovare il contatto con le proprie dita dei piedi.
Finché non si accorse che qualcuno era rimasto accanto a lui, a fissarlo come
un gufo impagliato.
No, doveva ignorare quella
figura molesta. Raccolse la custodia e si diresse verso il primo bar che trovò
aperto. Peccato che una lucina nella sua mente gli ricordò che quello era il
locale frequentato da tutti gli amici di Justin, e dove appunto il suo ex aveva
lavorato.
Anche se era sua libero diritto entrare lì, non credeva fosse il caso.
- Cazzo! - esclamò esasperato anche dal troppo freddo.
- Dubbi esistenziali? -
domandò una voce che conosceva. Che conosceva fin troppo bene.
Alzò gli occhi al cielo, ormai era fregato.
Si voltò lentissimamente ripetendosi in testa una nenia interminabile sperando
di farlo sparire con la forza del pensiero.
Col cavolo che funzionò.
Ma 'fanculo.
- Io non mi posso permettere giacche firmate come le tue. Quindi la mia fa
leggermente freddo. - dichiarò secco, sperando di risultare acido e velenoso.
Più che altro sembrava solo infreddolito.
Brian era bello come sempre, forse addirittura di più dell'ultima volta in cui
si erano incontrati.
Belle labbra, bella pelle, bei capelli, bel portamento. Cosa non aveva di
bello, quel mezzo busto?!
- Pensavo che a quest'ora
fossi ad ammaliare grandi folle col suono del tuo violino in famosi teatri, e
non per strada come un qualsiasi straccione. - rispose lui, evidentemente
divertito dalla cosa.
- E io pensavo che fossi a scopare Justin, ma ehi, ci si sbaglia, no?! -
- Stai tremando o è
Parkinson precoce? - lo apostrofò Brian, sempre simpaticissimo.
Ethan fece una smorfia, la lingua era intorpidita, altrimenti gliene avrebbe
dette di cotte e di crude. Ma la stagione era decisamente contro di lui.
- Freddo. - ammise senza guardarlo, e il secondo dopo stava praticamente
marciando lungo la pedonale alla ricerca del bar più vicino, o almeno di un
posto col riscaldamento.
- Credo che la tua
situazione attuale sia una delle più divertenti. Più di quanto avessi
immaginato, in effetti. -
Ethan si fermò, e si voltò verso Brian guardandolo alzando il viso.
- Senti... Credo di essere già stato punito abbastanza per qualsiasi cosa possa
aver fatto al tuo ragazzo. - pronunciò la parola con una smorfia - Le tue
battutine risparmiale, o fa qualcosa di buono una volta ogni tanto e butta
qualche soldo per la mia musica. In fin dei conti, tu sei un bastardo quanto
me. Ma tu sei Brian Kinney e ti si perdona tutto. Io
sono solo il violinista da quattro soldi che ti ha portato via Justin e l'ha
fatto soffrire. Beh,sai una cosa? Non l'ho minacciato con una pistola alla
tempia per farlo venire nel mio letto! -
Si stava animando e di conseguenza scaldando. In fin dei conti, incontrare Brian
qualcosa di buona l'aveva portato. Finalmente poteva buttare fuori quelle
parole che si teneva da troppo dentro.
- E se proprio non ti va a
genio quello che ho fatto, allora denunciami! O picchiami, tanto per la gente
coi soldi non fa alcuna differenza, tanto per loro non cambia mai niente, siete
tutti solo dei gran... -
- Ehi, frena! - lo interruppe Brian alzando le mani a mo' di arresa - Io ho
solo detto che sei divertente, nient'altro! -
Ethan chiuse la bocca diffidente, il sorriso di Brian non gli era mai piaciuto.
O meglio, l'aveva sempre trovato esageratamente eccitante, ma tanto quanto
stronzo. Quelli come lui con una mano accarezzavano e con l'altra pugnalavano,
e sempre con un bel sorriso smagliante.
- Effettivamente, stai davvero
gelando. Perché non entri a bere qualcosa di caldo? Almeno per oggi
potresti dire addio alla tua fonte di guadagno. - Fissò le mani di Ethan,
protette da guanti senza dita che potevano comodamente sciogliersi per poi
essere lasciate libere di suonare. Il ragazzo doveva essere proprio senza soldi
visto che erano gli stessi dell'altra volta. Parecchi mesi prima.
- Qui? No. - disse guardando, lievemente intimorito dalla figura di Debbie che serviva ai tavoli - Qua voi fate combriccola.
Sono abbastanza umiliato ultimamente per sopportane ancora solo un'altro po’! -
Brian sorrise grattandosi il
mento, lui invece indossava dei guanti di pelle che a occhio e croce dovevano
valere minimo cento dollari.
- Allora ti porto in un posto dove nessuno ti può conoscere. Un posto molto
etero. - E si avviò per il marciapiede con tutta la tranquillità del mondo.
Ethan non lo seguì - Che fai, vuoi morire assiderato? -
- Perché stai facendo finta di aiutarmi? Vuoi prendermi per i fondelli per
l'ennesima volta? -
Brian rise di nuovo. Stavolta un po' più caustico. Tornò sui propri passi, e si
fermò a qualche centimetro da Ethan.
- Senti, ragazzino, ti faccio notare che io e Justin ci siamo lasciati.
E non in buonissimi rapporti. Quindi se ti sto offrendo una mano non è
perché voglio farti chissà cosa, voglio solo cercare di essere gentile con quel
fottuto prossimo che ogni fottuto giorno mi perseguita. Ok? -
Molto eloquente.
Lasciati?
Quello era un argomento interessante. Prese la custodia col violino e si
avvicinò a Brian.
- Lasciati? Vi siete mollati
dopo tutte le storie che mi ha fatto su come tu fossi un dio, e su come vedesse
voi due che scopavate ovunque quando girava a casa tua a raccogliere le ultime
cose? Sai, non sono esattamente delle parole molto gentili per essere mollati
ma.. wow. - ridacchiò - Gli hai infranto il cuore oppure il grande Brian Kinney si è preso un due di picche? -
- Questi non sono cazzi
tuoi, strimpellatore. - replicò secco - Ma se vuoi, l'offerta per un pasto
caldo non in un centro d'accoglienza per barboni, è ancora valida. - E gli
voltò le spalle, stavolta a passo più spedito.
Ethan non era ancora del tutto sicuro, ma quella proposta lo allettava più di
qualunque altra cosa, inoltre era proprio curioso di sapere cos'era successo a
quei due.
Strinse la custodia e gli corse dietro.
- Ci sono delle condizioni,
ragazzino. Io ti offro il pranzo, e tu stai zitto. Per tutto il tempo. Ok?
Annuisci per farmi vedere se hai capito, o il freddo ti ha paralizzato il
cervello? -
Ethan annuì con una strano sorriso continuando a camminare in silenzio per
cinque minuti buoni.
- ... E’ stato lui, eh? -
- Quale significato sconosciuto ha la parola zitto per te? -
Ethan non demorse.
- Sono un buon ascoltatore,
sai... Poi, oltre al pasto, se vuoi fare il buon samaritano questo racconto me
lo dovresti proprio. -
- Io non sono un buon
samaritano, io sono lo stronzo che fa cadere il povero storpio rubandogli il
bastone. -
- Non avevo dubbi su questo. - sibilò Ethan malizioso - Ma ormai il discorso
l'hai iniziato, non sta bene non finirlo. -
- Non sta bene nemmeno chiedere l'elemosina per strada, quello non lo fanno
nemmeno le battone. -
Colpito e affondato.
Ethan chiuse la bocca, non si poteva certo dire che Brian non avesse il dente
avvelenato. Di avvelenata lui aveva tutta la dentatura.
Brian
afferrò Ethan per il bavero e lo trascinò dentro un locale abbastanza piccolo,
ma pieno di gente in giacca e cravatta, compresi di ventiquattrore e telefoni
auricolari, tutti eleganti e dai completi firmati, mentre lui si sentì un
pezzente fuori dalle righe, col suo giaccone logoro, i jeans strappati, non perché
andava di moda, e una custodia sporca e sbeccata di violino.
Lo stronzo alla fine era riuscito ad umiliarlo comunque.
- Non ti preoccupare di cosa pensa questa gente, hanno camion di letame da
smaltire alle loro spalle, non badano ad un ragazzo povero. - gli disse Brian
mentre si avviava ad un tavolo a testa alta. Ethan lo seguì, a testa bassa.
‘Fanculo.
Brian si tolse il cappotto e lo porse al cameriere. Tutto del suo completo
gridava Armani.
Anche Ethan si tolse la giacca rimanendo nel suo ben semplice maglione nero e
fece per darla al cameriere, che lo superò portando il cappotto di Brian
all'attaccapanni.
- Ehi! -
- I più bastardi del mondo,
i camerieri. - chiosò Brian sedendosi tranquillamente.
Ethan sbuffò seccato, ammucchiando la sua roba accanto a sé, tenendo sempre
religiosamente da parte il violino.
- Lo sapevo che avresti trovato il modo di fregarmi. - sibilò irritato.
- Fregarti? Io frego i clienti danarosi e ingenui, non gli sfigati squattrinati.
- rispose con un sorriso altezzoso, che Ethan detestò - Cosa vuoi mangiare? -
- Non c'è un po' d'umiltà? -
- Non credo, ma si può sempre far arrivare. -
- Bene, allora ti consiglio di prenderne una doppia porzione! -
- I
ragazzini di oggi... - Brian scosse la testa, sempre con lo stesso sorriso -
Non hanno ricevuto abbastanza sculacciate da piccoli. - Prese il menù e lanciò
un’occhiata al ragazzo - Forse potrebbero piacerti. -
- Dio, quanto sei stronzo! Cosa ci trovava di così buono in te quel coglione di
Justin?! -
- Ah-ehm, signore... - Il cameriere bisbigliò a Brian
- Non potrebbe chiedere al suo, ehm... - Studiò Ethan con una squadrata
complessiva - ... amico di controllarsi? Così disturba i clienti... -
- Ehi, ci sento benissimo! Puoi anche dirlo in faccia a me,amico. -
-
Il mio amico è un tipo focoso. - sorrise Brian, che allungò al cameriere in
livrea una banconota - Faccia finta di niente, e i clienti non diranno una
parola. -
- Perfetto signore, quando siete pronti per fare le ordinazioni chiamate! -
esclamò quello con un rinnovato sorriso a trentadue denti più quelli del
giudizio, falso e ipocrita come un'attorucola di
serie B.
Ethan emise un verso di esasperazione.
- I soldi possono comprare persino la stima, bizzarro, vero? - commentò Brian
sfogliando il menù.
Ethan
prese il menù, corrucciato più che mai. Qualche volta poteva comportarsi
infantilmente, no? E allora avrebbe scelto i piatti più costosi, cosa che a
Brian non avrebbe cambiato nulla, ma almeno avrebbe avuto un po’ di soddisfazione.
- Uh . Carne Italiana. Fiorentina. Credo prenderò quella per secondo. E una
zuppa calda. Devo scaldarmi. O morirò. La numero cinque sembra deliziosa. -
E certo che lo era, visto che era quella col prezzo scandalosamente più alto.
- Non sei così stupido come
sembri. - rise Brian. Che simpatico.
- Tu invece sei stronzo quanto sembri, e anche di più. - ribadì velenoso.
- Non sei il primo che me lo dice, comunque grazie. -
Il cameriere voltagabbana tornò senza aver perso quel sorriso da maschera di
cera, prese le ordinazioni, e consigliò loro un vino rosso piuttosto costoso.
Vino? Erano appena le due di pomeriggio.
- Allora, Ethan... - Brian calcò su quel nome come per fargli capire di
essere fiero di averlo finalmente imparato, dopo tante storpiature - Cosa fai
di bello, oltre elemosinare e strimpellare? -
-
Continuo a scrivere melodie per il mio violino e cerco di sopravvivere senza
soldi, grazie. -
Si, il vino ora era sicuramente gradito.
- Cercare un lavoro non sarebbe una brutta cosa. -
- Il violino è il mio lavoro e la mia passione. -
Brian
sospirò imitando un fare sognante.
- I sogni... Quando hai in programma di crescere? -
- Solo perché tu sei più arido di un deserto africano non vuol dire che tutti
debbano essere come te. - replicò Ethan - Alcuni nascono con un potere che
nessun altro ha, alcuni hanno talento. E non mi stupisce che tu non
riesca a capirlo. -
Brian sorrise ma non disse nulla. Il cameriere arrivò lesto e gaudioso, posando
i piatti sul tavolo e stappando la bottiglia di vino rosso, servendola in
calici trasparenti. Ethan era decisamente fuori posto.
Iniziarono a mangiare in
silenzio, ma il ragazzo poteva continuare a sentire su di sé lo sguardo
divertito e compassionevole dell'altro.
Era finalmente arrivato alla bistecca e al suo terzo bicchiere di vino quando
Brian decise il momento peggiore per riprendere a parlare.
- Se al tempo avessi accettato il lavoro che ti avevo offerto, ora potresti
avere qualcosa da parte. -
- Al tempo non potevo accettare. Ma tanto so che lo facesti apposta. -
- Ormai sei come un morto di fame. L'unica possibilità per non morire congelato
sarebbe andare a battere per strada o vendere quel violino. -
Ethan alzò lo sguardo e trafisse Brian, o almeno cercò di farlo.
- Cosa c'è? Ti ho insultato per caso? -
- No. No. Mi sono insultato da solo ad essere venuto qui con te, incuriosito
dalla tua storia con Justin e attirato solo da un po’ di caldo. - Posò la
forchetta e recuperò la giacca, se la infilò malamente, riprendendo la custodia
del violino.
- Non è stato un piacere. - dichiarò alzandosi e allontanandosi - La zuppa era
una vera schifezza. - sbottò al cameriere, prima di lasciare la sala.
Uscì di nuovo al freddo
senza nemmeno essersi rimesso la cuffia, lo shock termico gli fece venire un
cerchio alla testa, ma che importava.
Aveva tutta l'intenzione di tornare al suo appartamento e mettersi a suonare
fino a farsi sanguinare le dita.
Era il suo unico modo di sfogarsi, non potendo distruggere cose, o prendere a
cazzotti persone.
Quanto odiava quel mondo, lo detestava.
Perché non era partito per l’Italia, come il suo professore gli aveva
consigliato? In Europa, la culla della civiltà, quelli come lui avevano diritto
a borse di studio, aiuti, sostentamenti, mentre lì in America era trattato alla
stregua di un qualsiasi collegiale sfigatello che
studiava matematica quantistica.
Avrebbe anche voluto versare
in faccia un bicchiere di vino a Brian, macchiandogli la sua costosa camicia.
Per fortuna dei duo l’uomo maturo era rimasto lui.
Si guardò nel riflesso di una vetrina e quasi si compatì. Come si era ridotto?
Ormai neanche riusciva più a mascherare la tristezza.
C'era solo un modo per tirarsi un pò su. Suonare.
Se qualcuno lo chiamava Paganini Jr, anche se in modo dispregiativo,
c'era un motivo.
Paganini fu.
Riposò la custodia sul marciapiede e si posizionò, iniziando a suonare La
Campanella. Anche se nessuno avesse messo soldi, non gli sarebbe importato.
Quello era il suo piccolo momento per riprendersi.
Quante cose aveva perso
ormai... Justin, gli studi, la fiducia in se stesso... Gli rimaneva solo il suo
talento, il suo cuore che batteva all'unisono col muscolo cardiaco, era il
sangue che gli scorreva nelle vene, il fluido vitale che lo metteva in piedi la
mattina e gli ricordava di essere il genio, lui, nessuno era come lui, tutti
potevano permettersi di dire su di lui qualunque cosa, ma sapeva di essere il
migliore, sempre e comunque, e prima o poi anche il mondo se ne sarebbe
accorto.
Ogni individuo sulla terra l'avrebbe adorato, o odiato.
Odiato, perché odiare equivaleva ad amare, ci voleva furore e passione per
farlo, e non importava in che senso, importava il sentimento.
E la sua arte era in grado di suscitarne in chiunque.
Quando
terminò il brano e riaprì gli occhi si ritrovò nel mondo freddo e grigio che
non aveva niente a che fare con quello splendido in cui entrava quando suonava.
Era stufo. Voleva un'altra possibilità Per lui. Per la sua musica. Sentiva di
meritarla. Sapeva di meritarla.
Abbassò lo sguardo e vide nella custodia del violino aperta a terra, oltre che
a spiccioli e banconote da un dollaro, una da cento.
E’ diventata la sua firma, per caso?
Si
guardò intorno per cercare Brian con lo sguardo, ma non vide da nessuna parte
il suo bel giaccone griffato.
Alzò le spalle, in fondo era meglio così, l'unico snob che Ethan sopportava era
la sua immagine riflessa nello specchio, e quella bastava per tutta una vita.
Raccolse i soldi, il violino e s'incamminò verso casa, internamente soddisfatto
per quella giornata.
Aveva pranzato a sazietà e probabilmente gli sarebbe bastato anche per il
giorno dopo, aveva racimolato qualche denaro per pagarsi una parte
dell'affitto, e gli piaceva suonare.
Ottime cose.
***
-
Ti sto dicendo che dovresti uscire un po’ di più. Ma con noi! - reiterò Liz per la decima volta quella mattina, mentre seduta a
tavola guardava Gus tra le braccia del padre - Puoi tranquillamente continuare
col tuo stile di vita e tutti i tuoi uomini, ma questa cosa di Justin non è
passata, e lo sai. Siamo tutti preoccupati. Micheal
in primis. -
-
Preoccupati? Dite pure che siete tutti dei ficcanaso. -
Melanie sbuffò mentre passava per il soggiorno infilandosi un orecchino, Brian
la ignorò bellamente, sussurrando paroline a Gus sul fatto che nella vita era
sempre meglio farsi i fatti propri.
- BRIAN! -
- Eh?! -
- Da quando tu e Justin vi siete lasciati non fai altro che lavorare e scopare
con degli sconosciuti, credi che sia normale?! -
- Per lui lo è sempre stato. - rispose Mel al suo posto.
- Melanie... non ora! - la
riprese Liz - Sul serio, Brian. Non vogliamo che
ritorni allo stato in cui ti eri ritrovato quando vi eravate allontanati la
prima volta! Ricordi come sei piombato alla festa del compleanno di Gus? Del
pugno che hai dato a Micheal? -
Brian alzò gli occhi al
cielo.
- Da quanto io e Justin ci siamo mollati? Da sei mesi e anche di più. Ho fatto
qualcosa di strano? No. -
- E' stato Justin a mollarti. - precisò Mel.
- Melanie! - la rimbeccò Liz, poi riportando
l'attenzione su di lui - Non m'importa da quanto non state insieme, è con noi
che non stai più. -
-
Credo di essere abbastanza adulto per uscire con gli amichetti tutti i giorni,
sapete? -
- Dio, quanto sei stronzo. - sibilò Mel alzando gli occhi al cielo, sistemando
la ventiquattrore.
- Mel! - Liz guardò la compagna indicando il bambino
- Non dire queste parole davanti a Gus! -
La donna sbuffò e poi tornò a rivolgersi a Brian.
-
Sai Brian, fosse per me ti lascerei libero di fare quello che vuoi. Ma il tuo
atteggiamento di menefreghismo fa soffrire tutti. In particolare Liz e Micheal. Non ti chiedono poi
molto. Solo di stare con loro. Vuoi Debbie ogni santo
giorno a casa tua? -
L'interessato alzò sia gli
occhi che le orecchie, teso.
- Debbie? -
- Sì, Debbie. - ribadì Mel - Mikey
è preoccupatissimo per te, quindi è ovvio che Debbie
abbia deciso di prendere i dovuti provvedimenti. -
Quella era una promessa di incarcerazione. Se Debbie
iniziava a frequentare il suo loft, era rovinato.
- Io sto bene... - mormorò alzandosi dal divano e riconsegnando nelle braccia
di Liz il suo primogenito, nonché unico figlio - Mi
riprendo in fretta. Ciao Gus, adesso te la devi cavare tu con queste arpie. -
lo salutò con la manina, e il piccolo sembrò persino capire l'antifona.
- Promettimi che verrai
almeno a pranzo domani! - Liz guardò dolcemente
Brian. Amava quell'uomo e non voleva vederlo soffrire per nessun motivo al
mondo - Sappiamo quanto Justin fosse importante per te, ma devi riprenderti. E
noi ti aiuteremmo se... -
- Io. Sto. Benissimo. -
scandì Brian - Smettetela tutti di preoccuparvi, mi fate cariare i denti. - La
salutò con un bacio sulla guancia e poi si avviò per il vialetto.
Quando Liz tornò in soggiorno, si mise a fissare Mel,
che le rispose con un sorrisino.
- Debbie ha deciso di fare cosa? -
- Ho dovuto condire un po' la realtà. - rispose l'avvocatessa in tono candido.
Liz sorrise e si mise vicino
alla moglie.
- Da quando Justin lo ha
lasciato sembra regredito al Brian di un tempo... Sono preoccupata. Ero così
felice quando aveva trovato Justin. - sospirò - Spero che prima o poi riesca a
trovare qualcuno che lo meriti davvero. -
-
Solo un certo tizio che si chiama Lucifero si merita un uomo come Brian. -
sorrise Mel abbracciandola e dandole un languido bacio sulle labbra - Ma credo
ci vorrà ancora un poco di tempo. -
- Mel! -
.Continua.
#######
(Non
cercate di capire il sottotitolo, perdete tempo!XD)
Angolo
delle autrici!!!
Eccoci qui, bene,
speriamo di non avervi sconvolte!:D
Dunque, noi siamo Livin Derevel e
Alty, due autrici su EFP già da un po’ (tra alti e
bassi) che hanno deciso di scrivere questa storia perché odiamo il Britin. *Si nascondono al lancio di pomodori marci*
XD
Non vogliamo
vendere il nostro credo a nessuno, ci siamo limitate a scrivere questa
storiellina senza pretese di sorta, solo per divertirci (ci divertiamo con
poco), farci quattro risate e via dicendo!:D
Saremmo felici di
sapere che ne pensate, purché non veniate a venderci Justin... Che noi non
vogliamo!XD
Beh,
grazie comunque per la vostra attenzione, speriamo sia stata una buona
lettura!X3