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Autore: _hurricane    20/01/2011    8 recensioni
Freckles, un fiore nel deserto sei per me.
Freckles, una stella a notte fonda sei per me.
Freckles, uno scoglio in mare aperto sei per me!

[spoiler del manga, cap.28]
La permanenza di Ciel e Sebastian al Noah's Ark Circus sarà più lunga del previsto, perchè Ciel si concederà un privilegio dal quale non potrà più tornare indietro: il privilegio di amare.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ciel Phantomhive, Doll
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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5. Cenere

 

“Smile… Che cosa hai fatto?! Smile… SMILE!!!”

Queste sono le parole che ogni notte animano i miei incubi. Il resto è soltanto un eco lontano. Ricordo di aver ucciso quel bastardo del barone, e di aver ordinato a Sebastian di dare alle fiamme la sua casa, con lui, Joker e tutti quei bambini dentro. Ricordo di essere stato totalmente accecato dall’odio e dalla follia, ma tutto questo non mi impedisce di dormire la notte. Non è questo, il rimorso che a volte mi soffoca sotto le coperte, impedendomi quasi di respirare.

Mentre la casa del barone era in preda alle fiamme, Sebastian mi portò via. Ero sconvolto, non riuscivo nemmeno a stare in piedi da solo. Ma il rivedermi dentro quella gabbia, umiliato, aveva annientato quel poco buon senso che Freckles era riuscita a tirar fuori dalla mia anima nei giorni passati insieme al circo. Con la poca forza rimasta, sussurrai: “Sebastian, portami a ca–“, ma non riuscii a finire la frase. Freckles era davanti a noi, con il respiro affannato e il suo unico occhio spiritato; non l’avevo mai vista così, e la cosa mi terrorizzò. “Io mi fidavo di te” esordì, guardandomi dritto negli occhi. Tentai inutilmente di farfugliare qualcosa, ma spiegare quanto odio e quanto rancore avevo in corpo in così poche parole era impossibile. E in ogni caso, lei non mi avrebbe mai perdonato. Le avevo mentito, e avevo appena ucciso l’unica vera famiglia che lei avesse mai avuto. Il fatto che l’omicidio avesse reso il mio dolore un po’ più sopportabile, era qualcosa di inconcepibile per una persona buona come lei. “IO MI FIDAVO DI TE!” continuò, alzando sempre di più il tono della voce, “E tu mi hai mentito su tutto! Smile… o forse dovrei chiamarti Ciel?! Che cosa hai fatto? Dov’è Joker? Dove sono tutti?” Vederla così infuriata e sapere che la colpa di tutto quel dolore era la mia, mi diede improvvisamente la forza di scendere dalle braccia di Sebastian e di camminare con le mie gambe verso di lei. “Freckles… ti prego, ascoltami. Quel barone… vostro “padre”… era una persona malata! Tu non sai… non sai quello che ho passato! Anche io ho sofferto, proprio come te! Lasciami spiegare!” Ad ogni frase facevo un passo in più, tendendole la mano, cercando di calmarla. “Non ti avvicinare! Non mi importa niente delle tue scuse, Smile! Anche a me hanno fatto del male, ma io sono andata avanti, ho trovato una famiglia, e ho perdonato! Dov’è Joker? Dov’è mio fratello? Rispondimi!!!” Mi bloccai di colpo. Il fuoco della casa che bruciava dietro di me era riflesso nel suo bellissimo occhio azzurro, ora irriconoscibile. Ero stato io a ridurla così; qualsiasi cosa avessi toccato nella mia vita, persino la più perfetta e pura, alla fine sarebbe diventata come me: marcia, sporca, consumata dall’odio. Ormai era venuto il momento di dire le parole che avrebbero definitivamente permesso a Freckles di volermi morto. Feci un respiro profondo: la cenere che impregnava l’aria mi penetrò nei polmoni, ma era l’ultimo dei miei problemi. “E’ morto. Voleva difendere vostro padre, e io ho lasciato che Sebastian lo uccidesse.” Per un attimo lungo un’eternità Freckles rimase immobile a guardarmi. Forse avrei dovuto mentire, dire che l’incendio era nato naturalmente e che avevo fatto di tutto per salvare Joker; ma le bugie che le avevo raccontato, a cominciare dal mio nome, erano già abbastanza. Nonostante il calore che ormai inondava l’aria, e che mi faceva quasi bruciare gli occhi, Freckles cominciò a tremare come se fosse in preda a tremendi brividi di freddo. Non riuscii più a starle lontano, a quel punto. Mi precipitai da lei, ora raggomitolata su sé stessa come la bambina che era stata, quando in un vicolo guardava il disprezzo, l’indifferenza e la compassione passarle continuamente davanti. Quel fragile fiore che era sempre stata, e che adesso meritava di sentire soltanto la verità. Le presi il viso e ad un centimetro da lei le sussurrai, in modo che Sebastian potesse sentire il meno possibile: “Mi chiamo Ciel Phantomhive. I miei genitori sono stati assassinati, e per poco anch’io. Quello che vedi dietro di me è il mio maggiordomo, Sebastian, il demone che mi ha salvato e al quale io darò la mia anima un giorno, quando mi sarò vendicato. Lavoro per la Regina Vittoria, ed è per questo che sono stato mandato ad indagare nel tuo circo. Questa, questa è la verità che non ti ho mai detto. Ma Freckles, mi avresti forse amato se te l’avessi detta? E adesso, anche se mi odi con tutta te stessa, so che in fondo mi ami ancora. E anch’io ti amo. Freckles, questa è l’unica verità che conta davvero, e su questo io non ho mai, MAI mentito. Ti prego, devi credermi. Mi chiamo Ciel Phantomhive, ma tu potrai chiamarmi Smile o in qualunque altro modo vorrai. Adesso prendimi a schiaffi, gridami contro tutte le oscenità di cui sei capace, ma ti prego, ti supplico, vieni a casa con me. Ti amo, Freckles.” Ed era la verità: per lei avrei mandato all’aria la mia reputazione, il fidanzamento con Elizabeth, tutto. Per un attimo ebbi l’illusione che le mie parole avessero davvero convinto Freckles a perdonarmi, perché prese le mie mani con le sue e le allontanò dal suo viso con dolcezza. Ma subito dopo mi lanciò uno sguardo che non saprei nemmeno definire, e che tuttavia non potrò mai dimenticare: un misto di senso di colpa, disprezzo, rabbia, frustrazione. Con tutte e due le mani mi colpì in pieno petto per spingermi via, facendomi cadere a terra, a pancia in su. Il fuoco che vidi ancora una volta nei suoi occhi, adesso dal basso verso l’alto, mi spaventò molto di più di quello dell’Inferno. “Tu… tu… tu hai ucciso mio fratello. Come puoi dire di amarmi? Non ne hai abbastanza di mentire, non è ancora abbastanza questo?! Io non potrò mai perdonarti. Mai. Mai. MAI!” Con uno scatto impercettibile, uscì qualcosa da dietro la schiena; un secondo dopo, quando si stava già avventando contro di me, capii che era un coltello. Chiusi gli occhi, sperando che la mia fine avvenisse per mano sua, per alleviare almeno un po’ del suo dolore con la mia morte: glielo dovevo. Trattenni il respiro, aspettando il colpo mortale, e ripensai velocemente al nostro primo bacio sulla brandina, e alla notte sotto le stelle. Preferivo ricordarla in quel modo, e non in preda alla follia e alla disperazione a causa mia. “Ti amo” dissi ancora una volta, a bassa voce. Ma quel colpo non arrivò mai. Avevo dimenticato che Sebastian era sempre stato a pochi passi da noi, ad osservare attentamente ogni mossa. Riaprii gli occhi, chiedendomi perché non fossi ancora morto; la risposta era lì, davanti a me. Freckles era caduta in ginocchio, il coltello ancora in mano, ma senza più la forza di usarlo; al centro del suo stomaco tre ferite profonde, quelle del servizio di coltelli che Sebastian portava sempre con sé, da usare come armi improprie. La vidi accasciarsi al suolo, un’espressione indecifrabile sul suo volto. Sebastian era già tornato dietro di me, come uno spettatore pronto a godersi l’atto finale di una tragedia di teatro. Senza sapere neanche come, visto che sentivo le mie forze abbandonarmi sempre di più, mi misi in ginocchio, lo sguardo fisso sul corpo di Freckles. Avrei voluto prendere Sebastian per il collo e gridare “Perché l’hai fatto?”, ma sapevo già la risposta: poteva forse lasciare che qualcun altro strappasse l’anima che gli spetta dal mio inutile corpo? E poi, io stesso gli avevo sempre ordinato di proteggermi, a qualsiasi costo. Forse avrei dovuto essere più specifico, perché la vita di Freckles un costo per me non l’aveva. “Sebastian, questo è un ordine. Vattene, lasciami solo.” Pregai che lo facesse in fretta, e che non tornasse mai più; ma sapevamo entrambi che questo non sarebbe mai potuto accadere. Sentii un fruscio, e capii che il mio maggiordomo mi aveva obbedito, come sempre. La casa ormai stava smettendo di bruciare: il calore era diminuito, e così anche la cenere nell’aria. Nonostante ciò, il viso di Freckles si stava a poco a poco riempiendo di piccoli granellini neri, come se il fuoco volesse prendersi gioco delle sue lentiggini, imitandole. Istintivamente, ricordai di quando mi aveva raccontato che da piccola credeva che fossero stelle cadute dal cielo. Mi avvicinai al suo piccolo corpo, e vedendo ciò che le mie azioni avevano involontariamente provocato, mi resi conto che l’Inferno era la giusta punizione, e sperai che la terra si potesse aprire sotto i miei piedi per trascinarmi giù, giù nelle sue profondità. Pensare che di lì a poco sarei tornato a stupide cerimonie e balli di gala, mentre la vita di un fiore così prezioso si era interrotta per colpa mia, era tragicamente ironico. Mi distesi accanto a lei, per abbracciarla e infondere al suo corpo un po’ del calore che non avrebbe mai più avuto. Accarezzai per l’ultima volta i suoi capelli e le sue guance, immaginandole fresche e rosee, col suo bellissimo sorriso stampato sopra. Con le mie dannatissime lacrime, lavai via la cenere dal suo viso, e tra i singhiozzi la implorai di perdonarmi, consapevole del fatto che neanche io mi sarei mai potuto perdonare. Come due fiori ormai appassiti, rimanemmo lì per un tempo che non saprei definire, a lasciare che la polvere ci ricoprisse del tutto. E magari, magari l’avesse fatto davvero.

Non ricordo dopo quanto tempo Sebastian tornò, né come facemmo a tornare a casa. Le mie notti hanno smesso di essere serene, anche se non lo sono mai state del tutto. Quelle poche volte in cui gli incubi mi danno tregua per almeno due ore, mi maledico, perché non me lo merito. Meriterei di non riuscire a dormire mai più. Ma forse sarebbe una pena troppo leggera, perché non dormendo non potrei vedere gli occhi infuocati di Freckles che mi fissano, e non potrei sentire le sue urla risuonare fin dentro le mie viscere.

 

“Smile… Che cosa hai fatto?! Smile… SMILE!!!”

 

Ad ogni nuovo incubo e ad ogni nuovo urlo, sento il mio cuore sgretolarsi, pezzo a pezzo, per poi svanire come cenere nel vento.

Come quell’amore che non abbiamo mai vissuto.

 

~ The End ~

   
 
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