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Autore: Dita d_Inchiostro    20/01/2011    2 recensioni
Questa raccolta nasce dalla riproduzione casuale del mio iPod, da cui ho scelto dieci canzoni e in seguito dieci personaggi.
Potrà sembrare banale, ma credo che a tutti faccia piacere avventurarsi nell'animo dei propri personaggi preferiti, imparando a conoscerli meglio.
Spero quindi che questa raccolta di dieci storie possa soddisfarvi!
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Angolo autrice: Allora, innanzitutto ringrazio Idiopatica e CruellaDeVil per aver commentato e ancora Cruella per aver inserito la raccolta tra le seguite *.*   Vi avviso poi che questa volta la storia non è ispirata ad una vera e propria canzone, ma ad un brano di Giovanni Allevi. Spero che vi possa piacere lo stesso!

Link canzone: http://www.youtube.com/watch?v=W50RgNeHr-s


Ti scrivo


La stanza di Sirius Black a Grimmauld Place era avvolta nella penombra. L’unica fonte di luce proveniva da uno spiraglio tra i pesanti tendaggi.

Severus Piton era inginocchiato a terra, con un foglio in mano. Calde lacrime scivolavano lungo le guance scarne e lui non faceva il minimo tentativo per bloccarle.


possa mai essere stato amico di Gellert Grindelwald. Personalmente, sono convinta che stia perdendo il senno!

Con tantissimo affetto,
Lily


Il Mangiamorte soffocò un singhiozzo. Quella lettera era una prova che Lily Evans era davvero esistita e non era solo uno scherzo della sua mente affaticata. Continuando a piangere, strinse il foglio al petto, per poi raccogliere con le dita pallide una foto scivolata a terra. La fotografia rappresentava un bambino con i capelli neri su una scopa giocattolo inseguito da quelle che si presumeva fossero le gambe del padre. Accanto a loro, il viso allegro e luminoso, c’era Lily, divertita alla vista del bambino.

A Severus tremavano le mani. All’improvviso provò un impeto d’ira per James Potter. Non tanto per ciò che gli aveva fatto durante gli anni di scuola, ma per la ragazza che gli aveva portato via, per l’amicizia che aveva cancellato. Furente, strappò la foto a metà. Lasciò poi cadere la parte che rappresentava Harry e James Potter sul pavimento, mentre tenne stretta tra le mani la fotografia di Lily.
Erano anni che Severus non vedeva un’immagine della sua amata. Da sei anni, precisamente, da quando Albus Silente aveva distrutto lo Specchio delle Brame, unica sua compagnia nelle buie sere d’inverno. Negli ultimi anni aveva però provato ad immaginare diverse volte il viso di Lily, così tante che alla fine temeva di avere nella mente una visione completamente distorta di quella che era stata in realtà la bella strega. Con un moto di felicità, poté però constatare che Lily era proprio come la ricordava, con i suoi lucenti capelli rossi e la freschezza dipinta negli occhi verdi.

Con estrema cura ripiegò il foglio che portava la firma di Lily e la sua foto, per poi sistemarli in una tasca interna del mantello.

Asciugandosi l’ultima lacrima, si alzò. Era tempo di far ritorno a casa.


L’alba si affacciava nei vicoli di Londra. I palazzi erano tinti di una particolare sfumatura rosa e i più mattutini iniziavano ad avventurarsi in strada. Solo la casa in fondo a Spinner’s End pareva immersa nel buio. Quell’abitazione aveva sempre suscitato una certa inquietudine nei vicini; si conosceva ben poco dell’uomo che l’abitava, ma si sapeva per certo che non era un tipo socievole.

Severus Piton era seduto dietro alla sua antica scrivania. Sul tavolo erano posati il foglio e la fotografia recuperati la sera prima al numero 12 di Grimmauld Place.

Aveva passato tutta la notte ad osservarli, in silenzio, troppo impegnato ad evocare antichi ricordi.

Ma ora sapeva cosa fare.

Facendo spazio sulla scrivania, prese una pergamena e un pennino. Iniziò a scrivere di getto, senza pensare troppo.

Ti scrivo,

La penna graffia il foglio,

Lascia una sottile traccia blu


Cara Lily,

Questa notte sono entrato nella casa di Sirius Black. Ho trovato una tua vecchia lettera ed una tua foto.


All’improvviso si fermò. Perché gli risultava così difficile descrivere ciò che aveva provato? Era davvero diventato una macchina fredda insensibile? Non era possibile, le lacrime che aveva versato la sera prima non lo dimostravano.

Accartocciò il foglio che aveva appena scritto e ne prese un altro.


Cara Lily,

Nella mia vita ho fatto molti sbagli. Il primo è stato quello di buttare all’aria la nostra amicizia.
Il secondo è stato quello di non provare a ricostruirla.

Nonostante tutto ciò che provavo, e che ancora provo per te, non sono riuscito a riportare le cose come prima. Ero troppo impegnato a pensare ad altre cose, al mio futuro da Mangiamorte, a Voldemort e alla conquista del potere.

Mi dispiace


Ti scrivo,


Forse tu non lo sai, ma è colpa mia se tu e tuo marito siete morti. Solo ed esclusivamente colpa mia. Colpa della mia ignoranza, della mia stupidità, della mia voglia di apparire prodigioso agli occhi di Voldemort.

Come avrai capito, questo è stato il mio terzo sbaglio.

Mi dispiace


Quante cose non dette


Ho cercato di convincerlo a non farti del male, ad uccidere solo James e il bambino (e questo naturalmente è stato un altro sbaglio, solo in seguito ho pensato a quanto avresti potuto soffrire dopo la morte della tua famiglia… Ma io pensavo solo a me stesso). Ma Voldemort non conosce promesse, non conosce limiti nella sua ascesa al potere.

Mi dispiace


Quante cose nascoste


E a quel punto Severus Piton dovette interrompersi: le lacrime avevano già sciolto quasi tutto l’inchiostro.


Ti scrivo,

Mi manchi


***


L’ex Mangiamorte era ancora scosso dagli avvenimenti di quella sera. L’ennesima riunione dell’Oscuro Signore, l’ennesima occasione per mentire, per recitare e allo stesso tempo per portare a termine il piano di Silente.

Quella sera aveva però visto morire una sua collega, una sua amica. Le parole di Charity Burbage erano ancora impresse nella sua mente: “Severus, per favore… Siamo amici…”

Si passò stancamente una mano sugli occhi. Eppure, anche se erano amici, non aveva potuto fare niente per salvarla. I lampeggianti occhi rossi di Voldemort erano fissi sul suo volto, nell’attesa di un minimo movimento, di uno spasmo, di un lampo di compassione negli occhi. Uno solo di questi gesti avrebbe decretato la sua condanna a morte e, con essa, la probabile vittoria dell’Oscuro Signore.

Massaggiandosi le tempie, notò il foglio, ancora abbandonato sulla scrivania, che aveva scritto qualche sera prima: la sua lettera a Lily Evans. Iniziò a leggerla e non poté fare a meno di sentirsi stupido per quella sua piccola debolezza. Allo stesso tempo però, gettando su carta tutti i sentimenti repressi in quei lunghi anni, si era sentito libero.

Afferrando il primo pennino che gli capitò sottomano, riprese quindi a scrivere.


Lily,

Oggi ho assistito alla morte di una mia amica. Per mano sua, ovviamente, per mano dell’Oscuro Signore. Un’altra persona che, contro la mia volontà, non sono riuscito a salvare. Spero solo che tutta questa morte, questa distruzione, porterà a qualcosa.

A volte vorrei rinunciare a tutto, sai? Consegnarmi definitivamente all’Oscuro Signore, perché ormai non vi è più alcuna speranza.

Il punto è che non posso. Ho giurato davanti a Silente di proteggere Harry, tuo figlio, e non posso assolutamente abbandonare questo compito. Te lo devo, dopo aver causato la tua morte, è il minimo che possa fare. Non posso negare di aver detestato il ragazzo dalla prima che l’ho visto. E’ il ritratto di suo padre, naturalmente, orgoglioso e tronfio come lui (e lo sai Lily, non osare darmi torto), ma gli occhi, gli occhi Lily! Sono i tuoi, i tuoi stessi occhi verdi!

E non posso fare a meno di odiarlo.


Una macchia d’inchiostro schizzò involontariamente, macchiando il foglio.


Ma non posso, non devo e soprattutto non voglio abbandonare tutto. Ormai non ho più nulla da perdere. Tutto ciò che c’era di bello al mondo, è morto con te.

Severus


Il pennino cadde a terra, lasciando una piccola chiazza scura sul pavimento.


***


Severus sprofondò nell’alta poltrona del suo ufficio. Per la prima volta da mesi sentiva che il suo ultimo gesto avrebbe portato a qualcosa.

“Gliel’hai portata, Severus?” domandò Silente dal suo ritratto.

Piton annuì, con un’espressione grave sul volto.
”Bene, molto bene,” commentò l’ex preside con un ampio sorriso “dovresti esserne felice, Severus. E’ un grande passo avanti per il ragazzo”.

Severus abbozzò un lieve sorriso. “Si…” commentò amorfo “Con la spada di Grifondoro riuscirà a distruggere l’Horcrux, giusto?”

Conosceva benissimo la risposta, ma gli piaceva parlare con Silente, o meglio, con il suo ritratto; sentire le sue conferme lo rassicurava.

“Esattamente, con quella riuscirà a distruggere il medaglione”.

Severus annuì, nuovamente perso nei suoi pensieri. Nel giro di pochi istanti, Albus Silente si era riaddormentato.

Controllando che nessuno dei ritratti appesi alle pareti lo stesse osservando, Severus sollevò alcuni libri posati sulla scrivania per scoprire un foglio fittamente scritto. La sua lettera a Lily. La osservò compiaciuto. Quel sottile foglio di carta costituiva l’unico legame ancora esistente tra lui e la ragazza tanto amata.


Cara Lilian,

A Hogwarts ogni giorno l’atmosfera sembra farsi più cupa. Con due Mangiamorte come insegnanti, gli studenti rischiano in ogni ora, in ogni minuto di essere puniti con una Maledizione Cruciatus. Pur essendo il preside, io non posso fare nulla per fermare tutto ciò, a meno che non voglia far saltare il piano di Silente.

Poco fa ho rivisto Harry… Sembra impossibile che tra qualche tempo, forse mesi, forse anni, dovrà sacrificare la sua stessa vita per salvare quella di migliaia e migliaia di maghi. Ogni mio sforzo per proteggerlo in questi sette anni saranno stati vani. Ho chiesto più volte a Silente se non vi fossero altri modi per annientare l’Oscuro Signore, ma la risposta è stata sempre la stessa: Harry Potter deve morire.

Mi dispiace Lily, per l’ennesimo torto che dovrai subire. Non sono riuscito a salvare te, non riuscirò a salvare tuo figlio... A volte mi chiedo quale sia stato il mio scopo in questo mondo. Mi chiedo se non ho sprecato la mia vita…


Vorrei che tu fossi qui. Vorrei che non avessimo mai litigato e che non ti fossi sposata con Potter. Vorrei un altro milione di cose, che so di non aver mai meritato e che non si avvereranno mai.


Severus


***


Il momento era giunto. La notte in cui si sarebbe deciso il destino dell’intero mondo magico, era arrivata. Severus Piton, mentre passeggiava nel suo studio, era animato da questa convinzione. Quella sera sarebbe successo qualcosa, n’era certo. C’era qualcosa di diverso nell’aria, un vago odore di… Morte.

Barcollando, si sedette alla scrivania.

“Sta arrivando?” domandò Silente dall’alto del suo ritratto.

“Temo di sì”.

Albus annuì gravemente, lisciandosi la lunga barba bianca. “Sei pronto a quello che potrebbe accadere?”

“Albus, è da sedici anni che sono pronto”.

L’ex-preside sorrise. “Lo so, Severus. Lo so”.

Dopo qualche istante di silenzio, Piton capì che si era riaddormentato. Non aveva idea di quale sarebbe stata la sua sorte dopo la morte dell’Oscuro Signore. Se Harry Potter avesse finalmente trionfato, il suo compito a Hogwarts sarebbe finito, non avrebbe più avuto ragione di rimanere della scuola. A pensarci bene, l’intero scopo della sua vita sarebbe terminato. Ricordava bene le parole di Silente appena dopo la morte di Lily: “La tua strada è già tracciata”. E ora che la strada era arrivata alla fine e la meta era stata raggiunta? Cosa vi era ancora sulla Terra per lui?

Con un sospiro sfiorò i fogli posati sul tavolo: in quei mesi aveva scritto più e più volte lunghe lettere a Lily. Ma nessuna gli era mai sembrata adatta a descrivere i sentimenti che provava per la bella ragazza. Un semplice “Ti amo” era troppo banale e insensato da scrivere.


Cara Lily,

E così siamo giunti alla fine. Questa notte terminerà tutto. Sento già lo schianto degli incantesimi, le urla dei moribondi e i gridi di trionfo dei vincitori. Questa notte tuo figlio Harry affronterà lo scontro decisivo con l’Oscuro Signore; solo uno dei due potrà vincere.
Ma non avere paura, veglierò io su lui. L’ho fatto per sette anni e ora che siamo giunti al momento decisivo, mi chiedo cosa ne sarà di me dopo. Vorrei poter dire che desidero solo la morte, ma in realtà ho paura. Ho paura di vivere quei pochi attimi che separano gli ultimi respiri dalla fine di tutto. Dirai che sono un codardo, naturalmente. Lo so, lo sono sempre stato. Vorrei poter dire di non esserlo più, di essere cambiato dopo la tua scomparsa, ma non sono io a poterlo affermare.

E se invece sopravvivrò? Cosa ci sarà per me quando Harry Potter avrà portato a termine il suo compito? Il destino ha ancora in serbo qualcosa per me? Io temo di no, so che il mio futuro è morto con la nostra amicizia, il giorno stesso in cui ti ho rinnegato.

E’ finita, lo sento. L’unica cosa che mi rimane a cui appigliarmi è la speranza, la speranza che Harry riesca a porre fine al dominio dell’Oscuro Signore e che ci porti in un futuro migliore.

Di cui so che non ne farò parte.


Ciao Lily, spero ci rincontreremo presto.


Severus


***


“Mio Signore…” la voce di Piton tremava, nell’atmosfera buia e soffocante della Stamberga.

“La Bacchetta di Sambuco,” diceva intanto un voce fredda e tagliente “non può servirmi in modo adeguato Severus, perché non sono io il suo vero padrone. La bacchetta appartiene al mago che ha ucciso il suo ultimo proprietario. Tu hai ucciso Albus Silente. Finché tu vivi Severus, la Bacchetta di Sambuco non può essere davvero mia”.

I rossi occhi di Lord Voldemort parevano trafiggere il silenzioso professore. Severus non poteva credere alle proprie orecchie. Se lo aspettava, naturalmente. Non poteva sperare di vivere a lungo dopo che il suo “padrone” l’aveva chiamato nella Stamberga Strillante.

Ma prima aveva ancora una cosa da fare… Doveva ancora andare a chiamare Potter e…

“Mio Signore!” provò di nuovo. Ma lo sguardo di Voldemort era rigido e inflessibile.

“Non può essere altrimenti. Devo dominare la Bacchetta, Severus. Se domino la Bacchetta, finalmente dominerò Potter”.

Severus voleva provare a spiegare, chiarire che anche se l’avesse ucciso la Bacchetta non sarebbe stata sua, ma il forte sentimento d’odio che provava verso di lui gli impedì di parlare. Guardando dritto negli occhi Lord Voldemort ebbe sola la visione di Lily illuminato da un raggio di luce verde… Il suo ultimo urlo…

Non se ne accorse nemmeno. In una frazione di secondo, Nagini gli era addosso e gli circondava le spalle. Voldemort sussurrò qualcosa in Serventese e le zanne del rettile gli perforarono il collo.

Urlò, e il suo grido e quello immaginario di Lily si fusero insieme.

Non provò dolore, all’inizio credette di non essere stato morso veramente, che l’Oscuro Signore l’avesse risparmiato. Il solito codardo.

Ma il dolore arrivò, accompagnato dal sangue che iniziò a colare copiosamente sulle vesti. Cadde a terra.


Non era stato tanto male, in fondo. Severus Piton aveva sempre immaginato quei momenti molto più dolorosi.

Ma in realtà soffriva, soffriva eccome. C’era un solo pensiero che lo rendeva felice: entro pochi secondi sarebbe finita. Tutto ciò che conosceva sarebbe finito. E sebbene il sangue continuasse a sgorgare dal collo e le sue dita facessero il possibile per fermarlo, si sentiva tranquillo. Lily aveva affrontato tutto ciò, perché non poteva farlo anche lui?

Solo in quel momento si accorse dei profondi occhi verdi che lo osservavano. La sua vista iniziava ad appannarsi, ma notò lo stesso che Lord Voldemort si era allontanato e che ora Harry Potter era chino su di lui.
Era rimasto poco tempo, doveva agire in fretta.

“Prendi… Prendi…”
Riconobbe a stento la sua voce, ma ormai anche i suoni erano diversi per lui.
Lily, Lily…

Harry continuava a guardarlo stupito, mentre la Granger imbottigliava i suoi ricordi. E in uno degli ultimi istanti della sua vita, Severus Piton non poté fare a meno di provare un po’ d’affetto per quel ragazzo tanto detestato, che solo poche ore dopo sarebbe andato incontro alla morte proprio come lui.

Ora, sulla soglia della fine, gli rimaneva solo una cosa da fare. “Guar…da…mi” mormorò, attirando il ragazzo a sé.

Gli occhi verdi incontrarono i suoi. Verde, verde smeraldo… Lily. Lily, ti amo. Perdonami.


Il suo corpo andava alla deriva, ma l’anima aveva finalmente trovato la sua dimora.

Eppure non se n'era mai accorto prima. Lily era sempre stata lì.


  
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