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Autore: Valaus    23/01/2011    25 recensioni
"La giovane era completamente ammutolita. Non riusciva a credere a quello che aveva appena sentito.
Malfoy odiava il Natale.
Malfoy odiava il Natale esattamente come lo odiava lei.

Di conseguenza, lei e Malfoy avevano qualcosa in comune.
Lei e Malfoy.
Assurdo.
Eppure, le parole pronunciate dal ragazzo erano esattamente le stesse che aveva pensato anche lei. Eccetto la faccenda del fare compagnia al suicida, quello non l’allettava particolarmente – ma nemmeno a Malfoy, ne era certa: tentava semplicemente di fare il melodrammatico, come suo solito."
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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"Three of a kind"












Capitolo Tre
“Family Portrait”





Quando, durante il settimo anno aggiuntivo, Miss Berry dedicò ben tre lezioni alla comparazione delle diverse tecniche di “allevamento dei fanciulli” nel mondo Magico e nel Mondo Babbano, Hermione non poté evitare di ritenerla una grossa, grossissima perdita di tempo – tempo prezioso, da dedicare piuttosto ad argomenti che presumibilmente sarebbero stati riproposti ai M.A.G.O.
A diciotto anni, l’ultima cosa che le interessava era documentarsi su come crescere un bambino, argomento che peraltro presupponeva di affrontare parecchi anni dopo, una volta trovato un uomo decente con cui metter su famiglia, un lavoro dignitoso e che ben impiegasse le sue capacità, e soprattutto dopo aver liberato tutti gli elfi domestici d’Inghilterra – il che lasciava ben supporre, già a quel tempo, quanta voglia e quanto desiderio Hermione avesse di diventare madre, soprattutto nell’immediato futuro.
Inoltre, non riteneva vi fossero chissà quali differenze tra la maniera Magica e quella “tradizionale”: d’accordo, i piccoli maghi e streghe potevano lasciarsi scappare qualche magia involontaria, ma sempre bambini erano.
Tuttavia, da buona So-tutto-io, non aveva potuto fare a meno di seguire con estrema attenzione le spiegazioni di Miss Berry, nonostante la tentazione di saltare quelle fatidiche tre lezioni di Babbanologia per immergersi piuttosto nel quarto ripasso di Trasfigurazione fosse pressante.
Quando poi Ron e Lavanda avevano comunicato alla famiglia Weasley – con l’aggiunta dei due figli adottivi, s’intende – la “lieta novella”, aveva ripensato con un sorriso alla foga maniacale con cui la sua ex-compagna aveva riempito pergamene su pergamene di appunti su “come crescere un piccolo mago”, dimostrandosi in quella circostanza persino più solerte di lei. Lavanda aveva sempre avuto una curiosa inclinazione per le materie e gli argomenti più superflui, ma almeno per una volta questa sua caratteristica si era dimostrata utile.
Qualche mese prima, era stata ben lieta di “regalare” anche i propri appunti alla futura signora Ron Weasley, alla quale simili nozioni facevano decisamente più comodo. E sebbene Hermione fosse il genere di persona che si separa da libri e quaderni con la stessa sofferenza con cui mamma aquila vede i propri aquilotti spiccare il volo lontano dal nido, in quella circostanza non le era affatto pesato disfarsi di quelle inutili pagine.
Certo, se allora avesse saputo che la notte del ventiquattro dicembre si sarebbe ritrovata improvvisamente a doversi prendere cura di un pupetto di pochi mesi, forse ci avrebbe pensato due volte prima di rinunciare a quelle preziose pagine.
E, se informato a sua volta di quell’assurdo futuro, anche Draco Malfoy avrebbe emulato Lavanda Brown, riempiendo pergamene su pergamene di vitali appunti. O, perlomeno, avrebbe evitato di impiegare le ore di Babbanologia, soprattutto quelle ore, a ronfare sonoramente sul proprio banco in ultima fila.
Disgraziatamente, piangere sul latte versato era tanto inutile quanto snervante, e soprattutto non avrebbe risolto il loro attuale problema. Anzi, il loro problema nel problema, partendo dal presupposto che, per quanto adorabile, quel bambino era decisamente una bella gatta da pelare sotto ogni punto di vista.
Tuttavia, sebbene per il resto fossero fiduciosi di riuscire a cavarsela, recuperare un giaciglio adatto ad un neonato nel cuore della notte – notte di Natale, per giunta – poteva effettivamente dimostrarsi piuttosto difficoltoso. Soprattutto tenendo conto che nessuno dei due aveva la benché minima nozione al riguardo, magica o meno.
Hermione si rigirava con sguardo spiritato per il salotto, nella vana speranza che un’improvvisa illuminazione divina la cogliesse e le suggerisse la formula magica per trasfigurare la poltrona in una culla a misura di bambino.
Il neonato dormiva ancora placidamente tra le sue braccia, mentre Draco scrutava con attenzione l’ambiente circostante, non per giungere a sua volta ad una soluzione al loro problema quanto per raccogliere silenziosamente informazioni sulla sua Mezzosangue attraverso il proprio “habitat naturale” – perché sua signoria aveva ripetutamente rifiutato la sua offerta di accogliere lei ed il pargolo a Malfoy Manor, ostinandosi a voler ripiegare per quella sottospecie di squallido tugurio che aveva l’ardire di chiamare “casa”. Non che fosse effettivamente così riprovevole – eccetto per l’assurdo giallo ocra delle pareti – , ma era indubbiamente molto al di sotto degli standard di lusso a cui un rampollo Malfoy era abituato.
Per un fugace istante, la sua mente considerò che quell’ambiente era sì piuttosto accogliente e persino gradevole sotto certi punti di vista, ma troppo rozzo e spartano per essere degno di ospitare una creatura sublime come la sua Granger. Poi si ricordò di esser stato smistato a Serpeverde e non a Tassorosso, e si rimangiò seduta stante quello stucchevole commento sostituendolo con un più appropriato “è troppo da Weasley per la futura signora Malfoy”.
Perché, del resto, non nutriva il minimo dubbio sulla buona riuscita del suo piano di conquista, soprattutto adesso che gli eventi sembravano aver piegato a suo favore, garantendogli un pretesto bello e buono per trascorrere quanto più tempo possibile con la fanciulla.
Già si vedeva in giacca e cravatta sull’altare, a guardarla avanzare verso di lui avvolta in un sontuoso abito da sposa bianco virginale – simbolo di una purezza smarrita già da qualche anno, e per quanto da un lato il pensiero che la sua Mezzosangue fosse stata deflorata da un altro uomo lo disturbasse, d’altra parte lo rassicurava sul fatto che la propria “castità forzata” non si sarebbe protratta sino al giorno delle nozze.
< Io continuo a ripeterti che se lo portassimo a casa mia le cose sarebbero più semplici.> borbottò.
La ragazza alzò gli occhi al soffitto.
< Per la dodicesima volta Malfoy, no, non ho alcuna intenzione di trasferirmi da te col bambino. Casa mia va benissimo, sono perfettamente in grado di trovargli un posto dove stare.>
< Lo vedo.> commentò lui sarcastico, inarcando un sopracciglio e beccandosi in risposta un’occhiata torva.
< In ogni caso, le cose sarebbero più semplici solo perché tu ti limiteresti a delegare il lavoro agli elfi, e sai bene come la penso al riguardo.>
Stavolta fu il turno di Draco di alzare gli occhi al soffitto.
Lo sapeva eccome, aveva più volte tentato di convincere anche lui a sposare quella sua sciocca causa pro elfi domestici. E, per quanto propenso ad assecondarla al solo scopo di accattivarsi la sua simpatia, non era disposto a scendere a patti per quello specifico argomento.
Il pensiero di dover gestire il Manor da solo, senza elfi che pulissero, riordinassero, cucinassero e quant’altro lo terrorizzava. Non sia mai che un Malfoy si abbassi a lavare la propria biancheria o a passare lo straccio sui pavimenti.
Dannazione, era un nobile Mago purosangue, non un’ignobile sguattera!
< Preferisci dunque trascorrere la notte col marmocchio in braccio in attesa che la tua Fata Madrina giunga in tuo soccorso e trasformi una zucca in una culla?>
Hermione si bloccò di colpo, annaspando sbigottita.
< Cos’hai detto?> mormorò, fissandolo ad occhi spalancati.
Era la seconda volta in poche ore che la impressionava con le sue risicate conoscenze Babbane. Quasi riusciva a scorgere l’agognato traguardo farsi sempre più vicino.
< Te l’ho già detto Granger, sono un uomo pieno di sorprese.>
< Già, è quasi inquietante.> commentò lei, accigliandosi.
Draco sospirò, passandosi una mano sul viso. Cominciava ad accusare la stanchezza, e l’atteggiamento affatto collaborativo della giovane non contribuiva a migliorare la situazione.
< Insomma, nessuno dei due si ricorda quella dannata formula, e questo dimostra che non bisognerebbe insegnare incantesimi di Trasfigurazione a Babbanologia. Ma al di là di simili considerazioni, il problema sussiste. Non possiamo nemmeno comprarne una, visto che sarebbe più probabile imbattersi in un Irlandese sobrio piuttosto che in un negozio aperto a quest’ora, soprattutto stanotte. Possibile che non ti venga in mente niente? Con tutti i libri che hai letto ad Hogwarts...>
Il volto di Hermione s’illuminò improvvisamente.
< Libri!> esclamò, interrompendolo < Libri!>
Il ragazzo aggrottò le sopracciglia.
< Eh, libri.>
La fanciulla colmò la distanza che li separava con un paio di rapide falcate. Sorridendo entusiasta, gli depositò il bambino tra le braccia.
< Sei un genio!> gli fece, prima di sparire di corsa su per le scale che portavano al secondo piano.
Draco, ancora sconcertato, abbassò lo sguardo, incontrando quello del neonato, probabilmente ridestatosi durante quel “passaggio di testimone”.
Gli sorrise, sorreggendolo con le mani e sollevandolo finché i loro visi non furono alla stessa altezza.
< Lo dice sempre con quel tono sorpreso.> commentò, ricevendo in risposta un sonoro vagito.




Hermione adorava incondizionatamente gli Weasley, nessuno escluso. Quell’adunata di teste rosse e lentiggini era stata sin dall’età di undici anni la sua famiglia nel Mondo Magico, il porto sicuro in cui approdare quando mamma e papà erano troppo lontani, troppo ignari o semplicemente troppo Babbani per comprendere. Molly Weasley era per lei come una madre – molto più ingombrante, apprensiva e per certi versi tradizionalista della propria, ma comunque altrettanto amorevole – , Ginny era la sorella che sfortunatamente la vita non le aveva realmente concesso, Fred e George i due protettivi e dissacranti fratelli maggiori e la Tana una vera e propria seconda casa.
Amava la famiglia Weasley nella sua interezza, nessuno escluso. Certo, aveva spesso provato l’impellente desiderio di stringere le mani attorno al collo di Ronald fino a soffocarlo – soprattutto nel breve ed inglorioso periodo della loro disastrosa pseudo relazione – , o di cucire insieme le labbra della piccola di casa per evitare che pronunciasse l’ennesima di un’infinita serie di balordaggini isteriche da adolescente con gli ormoni in subbuglio, ma simili momentanei “fastidi” fanno parte della vita di ogni normale nucleo familiare e non inficiano l’affetto che comunque regna sovrano tra i suoi membri.
Tuttavia, Hermione aveva sempre avuto una segreta predilezione per uno dei fratelli Weasley in particolare. Nulla di sentimentale o – miseriaccia – sessuale, ben inteso.
Non aveva mai nutrito verso costui alcuno spasmo amoroso, in nessun senso. Ciò nonostante, questa sua particolare “inclinazione” era rimasta inconfessata negli anni. Non perché indecorosa, conturbante o scandalosa; semplicemente, non riteneva educato e cortese sottolineare alla sua famiglia di maghi preferita che aveva tra loro un eletto. E, soprattutto, non era esattamente l’ideale evidenziare a Ron che non era lui il suddetto favorito.
In realtà, sin dal loro primissimo incontro, Hermione nutriva una profonda ammirazione ed una disinteressata simpatia nei confronti dello Weasley più sui generis. Non l’aveva mai rivelato ad anima viva, nemmeno ad Harry, ma era sempre stata oltremodo affascinata dal rigore, l’autodisciplina, l’acume, l’ambizione, la maturità, la compostezza e la magniloquenza di Percy.
Non faticava a riconoscere, così come Fred e George, che tutto sommato era un pomposo ed impostato pallone gonfiato con manie di grandezza epiche ed un ego eccessivamente sviluppato. Ma, a conti fatti, l’immagine del giovane non era poi così dissimile dalla propria, e forse per questo avvertiva una certa sintonia tra lei ed il terzogenito Weasley.
Dopo la conclusione della seconda guerra, Percy aveva leggermente abbassato la cresta, soprattutto nei confronti della propria famiglia, e si era in parte concesso una maggiore “rilassatezza”, che aveva contribuito a renderlo generalmente più affabile e piacevole. Ma, come il lupo che perde il pelo ma non il vizio, neanche lui aveva smesso del tutto le buone, vecchie abitudini.
Del resto, se uno nasce quadrato non può certo sperare di morire tondo. Può smussare gli angoli per evitare di cavare gli occhi alla gente, ma ciò non lo renderà mai neppure vagamente simile ad un cerchio.
Peraltro, Percy stesso non desiderava mutare più di tanto il proprio atteggiamento. Era meno perfetto, ma restava comunque Prefetto.
Dunque, la Granger lo aveva sempre ammirato ed apprezzato, ed evidentemente era stato lui il modello da cui trarre ispirazione e riferimento nel corso della sua carriera scolastica. I sentimenti di Hermione erano, oltretutto, ampiamente ricambiati da Percy, che non aveva mai fatto mistero dell’affetto che nutriva per la giovane e della stima e del favore che si era guadagnata presso di lui grazie al suo intelletto, l’ingegno, la sagacia, la loquacità e tutte le altre caratteristiche con cui era universalmente nota.
Tuttavia, quando il Natale precedente la fanciulla si era ritrovata a scartare il regalo del – perché ormai era praticamente certo – futuro Ministro della Magia, tutta la simpatia e l’amicizia che aveva sempre provato per lui si erano improvvisamente e drasticamente ridotte.
D’accordo, Percy non era mai stato un campione di tatto e di certo non era particolarmente affabile nei rapporti col gentil sesso – dopotutto, da qualcuno doveva pur aver preso Ron, timido ed imbranato orco in una famiglia di incalliti seduttori di natura – , ma non credeva che sarebbe arrivato al punto di regalarle “Incantesimi, pozioni e trucchi magici per una giovane Strega single”, il cui tacito ed evidentissimo messaggio sottinteso, persino per il più beota tra i beoti, era “Sei una povera zitella senza speranza, dunque ti regalo questo tomo per aiutarti a rendere meno miserabile la tua vita in solitaria”.
Inutile dire che Hermione aveva dovuto fare appello a tutte le sue consumate capacità da dissimulatrice per fingere di aver gradito quel “utilissimo regalo” – e per resistere alla tentazione di rispedirlo al mittente, magari tirandoglielo direttamente nei suoi bianchissimi e drittissimi denti – , e ciò non l’aveva comunque salvata dalle velate battutine pungenti di Fred e George, che per quanto le fossero affezionati non potevano davvero lasciarsi scappare l’occasione di schernire una così facile preda.
Ma quando qualche minuto prima, dopo aver frettolosamente raggiunto il proprio studio al piano superiore ed aver estratto suddetto libro dalla ricca – ma a suo parere fin troppo esigua, almeno per i propri gusti – libreria, scorgendo con palpitante gioia il titolo “Incantesimi basilari per una giovane madre single” nell’indice, aveva mentalmente benedetto Percy con molteplici e variopinte espressioni di gratitudine estrema, ripromettendosi di riferirgliele di persona quanto prima. Era talmente entusiasta al pensiero di aver finalmente trovato quella stramaledettissima formula che non si era neppure soffermata a riflettere, come invece le capitava ogni volta che si ritrovava quel tomo tra le mani, su come l’autore tentasse viscidamente d’indorare la pillola, sostituendo il più ingrato ma assai più consono “zitella” con “giovane single”: lungi da lui considerare che, magari, la sua opera avrebbe potuto occupare un posto nella libreria di una strega nubile di oltre cinquant’anni, per la quale “giovane” non era esattamente il primo aggettivo che sorgeva spontaneo utilizzare.
Decise di appuntarsi mentalmente la formula, evitando di scendere in salotto con il libro in bella vista. Ed anzi, si prodigò nel nasconderlo in un angolo particolarmente alto e riparato del mobile.
Un volume con un simile titolo era in assoluto una delle sue proprietà di cui più smaniava tenere all’oscuro Malfoy – secondo solo all’orripilante e vergognosissimo perizoma di paillettes regalatole qualche tempo prima da Ginny, nascosto al sicuro nel suo armadio ed ancora ben custodito ed incartato nella sua confezione.
Uscì dallo studio con un senso di leggerezza all’altezza del torace, lo stesso che avvertiva ogniqualvolta riusciva a trovare la brillante risoluzione ad un problema spinoso. Come sempre, i suoi amati libri le avevano fornito un appiglio a cui aggrapparsi per riemergere dal mare dell’ignoranza. Ebbe quasi la tentazione di mandare un gufo a Ron, che sminuiva costantemente l’assistenza che le preziose pagine di un tomo potevano fornire, ma il pensiero di dovergli spiegare perché aveva dovuto cercare la formula per trasfigurare una poltrona in una culla la fece desistere immediatamente.
Scese lentamente le scale, ripetendo tra sé e sé l’incantesimo per assicurarsi di non averlo dimenticato e di pronunciarlo con la corretta dizione – qualunque strega assennata era ben consapevole che un accento sbagliato vanifica gli sforzi di compiere una magia – , ma quando ebbe posato entrambi i piedi sul pavimento dell’ingresso si bloccò di colpo.
Lo spettacolo che le si presentò davanti, non appena rivolse lo sguardo verso il salotto, la paralizzò molto più efficacemente di quanto avrebbe potuto fare un buon Petrificus Totalus.
Draco Malfoy stava serenamente spaparanzato sul suo divano, evidentemente vittima di un violento attacco di sonno che non gli aveva lasciato scampo. Accoccolato a pancia in giù sul suo petto, il neonato dormiva a sua volta, con un braccio del ragazzo posato sulla sua piccola schiena per assicurarsi che non cadesse a terra.
Hermione rabbrividì, impressionata dalla disarmante tenerezza di quella scena. Ciò che maggiormente la sconvolse, tuttavia, fu rendersi conto che il suo cuore aveva preso a battere ad un ritmo più serrato, e che la sua mente le stava inspiegabilmente comunicando quanto quel siparietto familiare fosse, a suo dire, giusto.
Perché evidentemente, nonostante le sue iniziali titubanze, il suo inconscio non trovava nulla di sbagliato nel vedere Malfoy appisolato con un bambino tra le braccia.
Anzi, nel vedere Malfoy appisolato con un bambino tra le braccia in casa sua, sul suo divano.
Malfoy appisolato con il – momentaneamente – loro bambino tra le braccia, in casa sua, sul suo divano.
Scosse ripetutamente la testa, avanzando verso il salotto e scacciando quei pensieri con un sorrisetto amaro. Forse era “una giovane Strega single” da troppo tempo, o forse essere circondata perennemente da coppie di piccioncini tubanti e famigliole felici con prole in arrivo cominciava a nuocere gravemente alla sua salute mentale.
Altrimenti, non riusciva davvero a spiegarsi come, obnubilata da una fugace parentesi al sapore di miele, avesse potuto formulare simili considerazioni.
O come avesse potuto pensare che, mentre dormiva, Malfoy era davvero bello.
O come fosse stata quasi costretta a schiaffeggiarsi una mano, per non cedere all’impulso istintivo di scostargli un ciuffo ribelle che gli era scivolato sugli occhi.
O persino come, ancor più grave, avesse avvertito la pressante e fortunatamente passeggera tentazione di lasciare il bambino tra le braccia del ragazzo – anziché sollevarlo dal petto di Malfoy, facendo attenzione a non svegliare nessuno dei due, ed adagiarlo con delicatezza nella sua prontamente trasfigurata culla – e di stendersi a sua volta accanto a lui.
Quasi come in un vero e proprio quadretto familiare.




Quando Draco riaprì pigramente gli occhi, disturbato nel suo sonno dall’improvvisa quanto inspiegabile sensazione che il suo petto si fosse alleggerito di un peso impercettibile ma importante, la sua mente impiegò qualche istante di confuso dormiveglia prima di realizzare che nello spettacolo che gli si presentava davanti c’era qualcosa che non andava.
Già preventivamente abituato al pensiero di ritrovarsi a fissare l’alto soffitto verde scuro ed i tendaggi grigi del proprio letto a baldacchino, rimase piuttosto sconcertato quando il suo sguardo mise a fuoco uno sconosciuto giallo ocra ed un’anonima plafoniera che nulla aveva a che spartire con i sontuosi lampadari di cristallo di Malfoy Manor.
Non riusciva a ricordare quando o come avesse infine ceduto al sonno. Aveva vissuto una giornata – ed una nottata, soprattutto – indiscutibilmente pesante e faticosa, ma non era da lui crollare sotto i colpi della stanchezza.
In particolare da dopo la fine della guerra, aveva sposato una nuova e più rigida linea di pensiero, stabilendo che per nessun motivo avrebbe permesso agli eventi o ad una volontà differente dalla propria di sopraffarlo. Una conclusione piuttosto ovvia per uno come lui, considerando quanto permettere agli altri di fare il bello ed il cattivo tempo con la propria esistenza l’avesse inguaiato: dopotutto, a conti fatti, tutte le varie magagne col Ministero non erano la conseguenza di una scelta che aveva preso spontaneamente, quanto piuttosto di uno stile di vita che era stato costretto quasi con la forza ad adottare.
Si era ripromesso di avere il controllo su ogni cosa, persino il minimo particolare. Persino il sonno, dunque. La stanchezza non avrebbe dovuto coglierlo impreparato, sarebbe stato piuttosto lui a decidere volontariamente di abbandonarvisi, come e quando l’avesse ritenuto conveniente.
Tuttavia, conservava memoria di una piacevole quanto insolita sensazione di pace, probabile fautrice di quel cedimento. Si era sentito stranamente bene, avvolto da un inaspettato calore che difficilmente avvertiva nella perenne semioscurità di Malfoy Manor.
Forse era stato quell’accecante e dozzinale giallo.
O forse quel peso sul petto.
Peso sul petto.
D’improvviso, la sua mente rivide la luce. Si risvegliò dal nebuloso torpore che l’aveva avvolto sino a pochi secondi prima, drizzandosi a sedere di scatto e guardandosi intorno convulsamente.
Si era addormentato col marmocchio sul petto. Ed ora il marmocchio non c’era più.
Il suo movimento repentino colse di sorpresa Hermione, facendola sobbalzare e voltare verso di lui. Quando Draco constatò che il neonato era tra le braccia della sua Mezzosangue, tirò mentalmente un sospiro di sollievo.
< Mi hai fatto prendere un colpo, Malfoy.> lo redarguì lei con un sorrisetto.
Anche tu.
Si limitò a scrollare le spalle, evitando di dar voce ad un pensiero che avrebbe implicato fin troppi scomodi sottintesi.
< Perché non mi hai svegliato?> le chiese, scompigliandosi i capelli con una mano.
Hermione si sedette sul bracciolo del divano, fissandolo con un ghigno divertito.
< Draco dormiens numquam titillandus, non lo sai?>
Il ragazzo sbuffò, alzando gli occhi al soffitto.
< Simili battute di bassa lega ti vengono spontanee o te le studi pure?> commentò, squadrandola con un sopracciglio inarcato.
Lei ridacchiò, concedendogli la propria ilarità come unica risposta.
Del resto, non avrebbe mai esplicitamente ammesso il vero motivo per cui non l’aveva svegliato. Confessare a Draco Malfoy di trovarlo adorabile e, , bello mentre dormiva era impensabile, ed allo stesso modo Hermione si rifiutava anche solo di considerare l’idea di rivelargli di averlo osservato a lungo mentre giaceva addormentato sul suo divano. Oltre al fatto che simili dichiarazioni le sarebbero valse anni ed anni di ripetute derisioni, spiare qualcuno durante il sonno era una pratica quanto mai inquietante e disturbata, e non ci teneva di certo a fare la figura della psicotica.
Peraltro, quel suo momentaneo “Malfoywatching” non era certo frutto di una qualche mania ossessivo-compulsiva, piuttosto si era ritrovata – o, per meglio dire, si era imbambolata – ad ammirare quanto, smessa la solita maschera di dissacrante e pungente bastardo, il ragazzo fosse effettivamente molto affascinante e – sebbene le facesse specie utilizzare un simile aggettivo per riferirsi a lui – persino angelico.
A ben pensarci, le aveva davvero le sembianze di un angelo, con quei serici capelli biondi, la pelle chiara ed i lineamenti armoniosi. Certo, un angelo con la lingua affilata di una serpe, il carattere di una faina ed il cervello di un demonio, ma pazienza.
Oltretutto, aveva avuto modo di verificare che non era poi così perfido come sembrava.
Abbassò lo sguardo sul bambino, che succhiava avidamente dal biberon che lei gli reggeva con la mano. Inaspettatamente, soprattutto alla luce della proverbiale mancanza di istinto materno di cui spesso e volentieri si era fregiata, dovette ammettere che il suo biondo collega non era l’unico “esemplare” interessante da osservare.
Il modo in cui quel frugoletto s’ingozzava di latte era affascinante e quasi ipnotico. Sembrava non respirasse nemmeno, come se il liquido bianco che ingeriva gli fornisse anche l’aria sufficiente per alimentare i suoi polmoni. Poppava con una foga che le ricordò vagamente la voracità con la quale Ron ed i suoi fratelli – esclusa ovviamente Ginevra alias “Miss-sono-sempre-a-dieta-perché-la-futura-moglie-del-Prescelto-non-può-certo-permettersi-chili-di-troppo” – spazzolavano i manicaretti con cui la loro madre imbandiva costantemente la tavola.
Quando si decise ad allontanare momentaneamente il biberon dalle sue labbra, per concedergli qualche istante di respiro, il neonato reagì sollevando le manine a mezz’aria verso la propria fonte di approvvigionamento, tentando di richiamarla a sé con qualche lamentoso vagito.
< Vacci piano giovanotto, non vorrai farti venire un’indigestione!>
Il gorgoglio secco e quasi indignato che ricevette in risposta le valse come un “non me ne frega un accidente dell’indigestione, restituiscimi il mio biberon”.
Scosse lentamente il capo, ridacchiando, ed accontentò le richieste del piccolo, permettendogli di riprendere il proprio “pasto” da dov’era stato interrotto.
Spostò lo sguardo su Malfoy, notando che la fissava con un’espressione indecifrabile. Una sorta di misto tra curiosità, perplessità, divertimento ed un qualcosa che non riuscì bene ad identificare.
Del resto, nemmeno nella sua più fervida immaginazione sarebbe arrivata a sospettare che, osservando in silenzio quella scena, Draco aveva segretamente desiderato che quel bambino fosse davvero loro.
A conti fatti, era una reazione inspiegabile ed incomprensibile persino per lui. Al di là della consapevolezza dei propri sentimenti per la ragazza, e della sua ferma volontà di prendersela in maniera definitiva – preferiva non definire il traguardo della sua lenta ed estenuante opera di conquista “farla sua”, per il semplice fatto che, dall’alto della propria Malfoyesca presunzione, già la considerava di sua proprietà – , i suoi molteplici voli di fantasia non l’avevano mai portato, almeno in precedenza, ad approdare sulle affollate coste di “Genitorilandia”.
Ovvero, sebbene avesse fantasticato spesso un futuro ben consolidato con la Granger, figurandosi con una soddisfazione tutta verde-argento le deliziose espressioni di rabbia, frustrazione e sgomento che Pinco Panco e Panco Pinco avrebbero esibito al loro matrimonio, non era mai arrivato ad idealizzare una vera e propria famiglia, con prole annessa e quant’altro.
Forse perché non era attualmente interessato a metter su un allegro nucleo familiare bensì ad assicurarsi che la donna che desiderava fosse sua e di nessun altro, forse perché era carente in materia di spirito paterno, forse perché si riteneva – a ragione – troppo giovane per pensare già a degli eredi.
Forse perché era un Malfoy, ed i suoi principali interessi erano gloria e grandezza, non pannolini sporchi e biberon ricolmi di latte.
Forse perché l’ultima cosa di cui aveva bisogno in quel momento era incasinarsi ulteriormente la vita con un moccioso tra i piedi – anche se, alla luce dei recenti sviluppi, il danno ormai era già stato fatto, sebbene fosse una parentesi temporanea.
O forse, più semplicemente, perché al momento reputava la prospettiva di avere dei figli ripugnante, esecrabile, fastidiosa e persino spaventosa.
Eppure, vedere la sua Mezzosangue in un atteggiamento così materno gli aveva fatto aumentare il cuore di tre taglie. Per una volta, non aveva desiderato essere al posto del marmocchio, per potersi beare delle coccole e delle attenzioni della fanciulla.
Per una volta, stava benissimo dove stava: seduto su quello stesso divano, a guardarla. Meditando tra sé e sé che vederla con un neonato in braccio la rendeva, se possibile, ancora più bella del solito. E che, evidentemente, la prospettiva di avere dei figli non era poi così malvagia come aveva creduto.
< Come te lo sei procurato?> le chiese, indicando il biberon con un cenno del capo.
< Un bel mistero.> commentò lei ironica, alzando gli occhi al soffitto ed esibendo un sorrisetto sardonico < Sono o non sono una strega?>
Draco ghignò.
< Indubbiamente, ed in molti sensi.> replicò, beccandosi un’occhiataccia in risposta < Ma sei anche una strega che meno di un’ora fa si aggirava per il salotto come una disperata perché non era in grado di trasfigurare una culla. Devo dedurne che mentre dormivo è disceso qualche spirito dal cielo e ti ha fatto dono della sapienza magica assoluta in materia di marmocchi?>
Hermione inarcò un sopracciglio, assottigliando le labbra in una smorfia.
< Quanto sei spiritoso, Malfoy. Evidentemente, come sono stata in grado di trovare la formula per la culla, ho fatto altrettanto per il biberon, no?>
< Giusto, giusto. Il potere dei libri.> chiosò lui sarcastico, con una malcelata espressione di disgusto. Era stato uno dei migliori studenti del proprio corso – ovviamente, sempre secondo a lei – e, sebbene non gli facesse piacere ammetterlo, non poteva negare di aver trascorso innumerevoli pomeriggi piegato su voluminosi tomi. Ma da lì ad essere così ossessivamente fissato con la lettura, ne passava.
Draco era quel genere di persona che si affida alle pagine di un libro solo se costretto, in entrambe le accezioni del termine. Di certo, non custodiva gelosamente volumi su volumi per proprio diletto, né si divertiva a trascorrere il proprio tempo libero ficcando il naso tra la carta stampata, come invece faceva lei.
Eppure, i suoi propositi di conquista l’avevano portato, suo malgrado, ad immergersi in svariate e spesso noiose letture allo scopo tanto di acquisire le giuste conoscenze da utilizzare come armi a proprio favore, quanto d’immedesimarsi nella stessa visuale del mondo della fanciulla. Aveva trovato nei libri la chiave d’accesso per buona parte dell’altrimenti imperscrutabile mente della Granger.
E per quanto alla fine quelle ore si stessero rivelando ben spese, soprattutto alla luce degli ultimi progressi fatti nei confronti della ragazza – infilare qua e là casuali riferimenti alla cultura Babbana, soprattutto, era una vera e propria mossa da maestro, per la quale continuava a complimentarsi con se stesso – , avevano anche contribuito a rendere la propria idiosincrasia per i libri ancora più acuta.
< Il tuo sarcasmo è fuori luogo, Malfoy.> replicò Hermione, posando il biberon ormai vuoto sul tavolino accanto al divano < Se non mi fosse venuto in mente di consultare i miei libri, a quest’ora non sapremmo dove farlo dormire.> concluse, sollevando il bambino ed appoggiandolo contro la propria spalla.
Dalle poche reminiscenze che aveva in fatto di neonati, soprattutto merito dei film e telefilm Babbani che spesso aveva seguito a casa dei propri genitori, sapeva che dopo ogni pasto bisognava aiutare il piccolo a digerire battendogli delicatamente sulla schiena. O almeno lo sperava, dal momento che stava eseguendo quel gesto senza la piena consapevolezza delle proprie azioni ed incerta su un eventuale risultato, positivo o meno.
Draco la osservò inclinando il capo verso destra. A differenza della giovane, la sua esperienza in fatto di pargoli si limitava all’aver intravisto un paio di volte gli elfi di casa Greengrass prendersi cura della piccola Astoria. Ma all’epoca, oltre ad essere assolutamente disinteressato tanto della pupetta quanto delle sudice creaturine che se ne prendevano cura, aveva a malapena quattro o cinque anni – infausta età in cui i suoi genitori si ostinavano a trascinarlo ogni domenica a casa di Daphne con la speranza di incoraggiare la loro amicizia e, di conseguenza, una futura e proficua liaison amorosa tra i due rampolli Malfoy e Greengrass, prima di arrendersi all’evidente ostilità che i due bambini nutrivano l’uno nei confronti dell’altra; il fatto che poi, crescendo, i rapporti tra loro fossero migliorati considerevolmente non aveva comunque giocato a favore dell’antico sogno di Lucius e Narcissa, dal momento che la fanciulla si era legata ancora prima dei M.A.G.O. a Theodore Nott – , e dunque conservava assai scarsa memoria di quelle fugaci ed involontarie testimonianze.
Ogni gesto di Hermione lo incuriosiva, ed al tempo stesso lo lasciava perplesso. In primis, non sempre era certo che ciò che la giovane faceva fosse davvero corretto o comunque frutto di una qualche pregressa conoscenza, dal momento che aveva avuto la prova poche ore prima della sua altrettanto scarsa cultura in fatto di marmocchi. Ma, al di là di tutto ciò, lo turbava il modo in cui lo affascinavano le impacciate ed insicure attenzioni che riservava al bambino.
Già vedere la Granger in difficoltà era un evento epocale – una come lei, sempre così sicura di sé e del proprio operato, quasi fosse la depositaria della verità assoluta e dispensatrice di scienza infusa, che non tentennava mai di fronte alle avversità, preda del panico a causa di un cosino di pochi mesi appena – , ma se a ciò si aggiungeva il fatto che quello spettacolo fosse per Draco ipnotico e persino adorabile, le dimensioni di quell’assurda circostanza aumentavano vertiginosamente.
< Tanto per cominciare, l’idea dei libri è venuta a me, precisiamo.> esordì, riservando alla giovane un’occhiata ammiccante.
Hermione sbuffò.
< Come ti pare.>
< Prenderti il merito di geniali trovate altrui non è esattamente un comportamento da brava Grifondoro, Granger. Certo, a meno che tu non risponda ai cognomi “Potter” e “Weasley”, ma in quel caso non mi prenderei neppure il disturbo di rivolgerti la parola in modo civile.>
La ragazza gli scoccò un’occhiata penetrante, arricciando le labbra in una smorfia.
< Perché, tu reputi civile il tuo atteggiamento? Insinuare ogni tre frasi un insulto ed offendere costantemente i miei migliori amici?> replicò aspramente.
Draco aggrottò le sopracciglia, facendosi improvvisamente serio.
< Non mi risulta di averti insultata, Granger. Se sei permalosa al punto che una misera battutina ironica la recepisci come un grave oltraggio alla tua persona, non è certo un problema mio. E per quanto riguarda i tuoi preziosi amichetti, li sfotto da quando avevo undici anni, peraltro a ragione, dal momento che evidenzio semplicemente la realtà dei fatti. E’ un po’ troppo tardi per cambiare adesso, ed in ogni caso non ha nulla a che vedere con te.>
Aveva finito con l’essere più duro di quanto avrebbe voluto, sia nei toni che nelle parole. Ma, a prescindere dal fastidio che gli provocava il fatto che lei reputasse le sue frecciate a Potter e Weasley un affronto personale – perché ciò lasciava ben intendere quanto tenesse in conto quei due patetici sfigati e come si ostinasse a preferire loro a lui – , cosa avrebbe potuto dirle altrimenti?
E’ una menzogna, non ti offenderei mai – più – perché sono pazzo di te, ti sogno notte e giorno, ti sto dietro da ben oltre due anni con la stessa metodica e folle devozione con cui Voldemort aspirava all’immortalità e ti desidero più ardentemente di qualunque altra cosa al mondo?
Per quanto ciò fosse innegabilmente vero, non avrebbe certo potuto ammetterlo. Non così presto, non in una simile circostanza, non ad una Granger non ancora perdutamente innamorata di lui – ed a ciò avrebbe ovviato quanto prima – e soprattutto non con simili colorite espressioni che lo facevano apparire irrimediabilmente penoso, miserabile, morboso ed inquietante.
Da un Malfoy non ci si aspetta certo che spasimi per una Nata Babbana fino quasi a perderci il senno, né tantomeno che lo confessi a chiare lettere.
Hermione, indignata, raddrizzò le spalle e sollevò il mento di qualche millimetro, dando sfoggio del classico contegno spocchioso ed altero con cui l’aveva fronteggiato nei corridoi di Hogwarts.
< E’ affar mio invece, non ho intenzione di lasciare che tu schernisca così gratuitamente Harry e Ron. Ed oltretutto, sfotti anche me da quando avevi undici anni. Non sono permalosa, semplicemente conosco te ed i tuoi modi irriverenti.>
< Evidentemente no.> commentò Draco, distogliendo lo sguardo e voltando il capo verso destra, nella vana speranza di nasconderle l’espressione amareggiata che si era dipinta sui suoi lineamenti < Non ti ho mai trattata come loro.>
Il tono eloquente con cui pronunciò quell’ultima frase colpì Hermione come un pugno nello stomaco. Sgranò gli occhi, fissandolo allibita.
A ben pensarci, era vero. Malfoy in passato l’aveva offesa, apostrofandola con termini razzisti e dispregiativi sul suo sangue Babbano, augurandole di finire tra le fauci del Basilisco, dandole della secchiona e quant’altro.
Ma non era mai stata la stessa cosa. Non si era mai deliberatamente ed immotivatamente accanito contro di lei come faceva con Ron ed Harry. Con loro si era sempre lasciato trascinare da un’evidentissima antipatia personale, che a conti fatti non aveva chissà quali reali basi e presupposti, almeno all’inizio.
Nel suo caso, paradossalmente, le ingiurie erano quasi giustificabili – sempre secondo l’ottica Malfoy, chiaro – , tenendo conto tanto dei propri natali Babbani quanto dell’ostilità e della repulsione a prescindere che le famiglie come la sua nutrivano nei confronti di quelli come lei, e che si assicuravano d’inculcare anche ai figli sin dall’infanzia.
In sostanza, se la prendeva con i due Grifondoro volontariamente ed intenzionalmente, mentre con lei lo faceva per costume e consuetudine: perché in qualità di Draco Malfoy, Serpeverde e Purosangue, ci si aspettava un simile atteggiamento da parte sua.
Evidentemente, non erano due situazioni paragonabili. Né sul piano della motivazione, né su quello dell’effettiva esecuzione.
Del resto, non l’aveva mai apostrofata con nomignoli sullo stile di “Sfregiato” e “Lenticchia”, non aveva approfittato di ogni occasione per farle perdere punti e cacciarla nei guai, non aveva creato spille magiche o canzoncine in rima per lei.
Si era comportato in maniera odiosa, questo era vero ed innegabile. Ma, rispetto al trattamento riservato ai suoi amici – e, riflettendoci, non solo a loro due – , era risultato piuttosto soft, almeno nella Malfoyesca accezione del termine.
Se Hermione avesse riflettuto più a lungo e più intensamente sulla questione, avrebbe potuto constatare, col favore dei propri ricordi, che il comportamento del ragazzo nei suoi confronti era sempre stato anche volutamente ambiguo. Avrebbe notato che, nell’insultarla, non manifestava la stessa evidente soddisfazione di quando le sue vittime designate erano Potter e Weasley; piuttosto, le rivolgeva delle offese stereotipate e standardizzate, nei suoi canoni di Purosangue, con l’atteggiamento di chi si limita ad agire automaticamente, e non per reale desiderio.
Forse avrebbe persino ricordato un paio di occasioni in cui, sempre alla sua maniera subdolamente Serpeverde, si era quasi mostrato vagamente “gentile” nei suoi confronti.
E chissà, forse il suo acuto ingegno l’avrebbe indirizzata sulla giusta strada, permettendole d’intuire che quegli sporadici attimi di defaillance ed il suo “blando” atteggiamento in generale costituivano le timide ed al tempo impercettibili avvisaglie di quello che, evolvendosi, era diventato il sentimento attuale del giovane nei suoi confronti.
Ma non ebbe modo di approfondire fino a quel punto le proprie riflessioni.
Stava ancora fissando Malfoy stupefatta, scossa tanto dal tono quanto dalla veridicità delle sue parole, quando l’efficacia delle proprie attenzioni nei confronti del neonato si palesò, molto più rumorosamente di quanto si sarebbe aspettata da un frugoletto come lui.
Draco sgranò ugualmente gli occhi, voltandosi per fissare la creaturina che la fanciulla teneva ancora accoccolata contro la propria spalla.
< Per le braghe di Merlino!> esclamò, incrociando lo sguardo di lei < Ma è un marmocchio o un cucciolo di Troll?>
Hermione afferrò delicatamente il piccolo, allontanandolo dal proprio petto per osservarlo esterrefatta. Questo, che nel frattempo si era infilato una manina chiusa a pugno in bocca e la stava ciucciando allegramente, rispose all’espressione della fanciulla con una risatina entusiasta ed un largo sorriso.
< E se ne compiace anche!> commentò lei, prima di rialzare lo sguardo su Malfoy.
Rimasero ad osservarsi in silenzio per un paio di secondi, poi entrambi scoppiarono a ridere, accantonando del tutto la discussione di poco prima.
Indubbiamente, il pittoresco intervento del neonato era stato tanto provvidenziale quanto involontario: ritenere che il bambino avesse intenzionalmente spezzato la tensione del momento con quell’effetto acustico sarebbe stato folle.
Eppure, mentre ancora lui e la sua Mezzosangue erano in balia dell’ilarità, Draco giurò di aver visto comparire sul volto del marmocchio un ghigno in puro stile verde-argento.




< Non sei obbligato a restare.>
Draco stava ancora scrutando con attenzione la camera da letto della fanciulla, dopo avervi faticosamente trasportato la culla – senza l’uso della magia, ovviamente, perché la Mezzosangue temeva che usare troppi incantesimi sul giaciglio del pupo potesse agitargli il sonno – , ed impiegò dunque un paio di secondi prima di registrare il significato di quelle parole.
Lo stava forse invitando ad andarsene?
Si voltò verso di lei, che nel frattempo stava finendo di rimboccare le coperte al neonato. Se pensava di potersi liberare di lui così facilmente, era una povera illusa.
Da oltre due anni aspettava l’occasione giusta, non se la sarebbe lasciata scappare così a cuor leggero. Quel bambino era la sua gallina dalle uova d’oro, l’espediente giusto attraverso il quale avvicinarsi a lei e conquistare la sua approvazione – approvazione era ovviamente un eufemismo, in questo caso.
Non si sarebbe fatto fermare da niente e nessuno, non adesso che il traguardo del suo obiettivo amoroso a lungo termine si prospettava più vicino che mai.
< Come se mi fidassi a lasciarti il marmocchio. Se ti viene un altro attacco di panico, rischi di farlo crepare di fame o chessò io.>
Hermione sollevò lo sguardo dalla culla, rivolgendolo verso Malfoy e fulminandolo con un’occhiataccia.
< Non essere sciocco. Anche se, evidentemente, mi rendo conto che potrebbe risultare alquanto arduo per te.>
Draco sogghignò, infilandosi le mani nelle tasche dei pantaloni.
< Sto semplicemente tentando di tutelarmi, Granger. A conti fatti, sono responsabile del moccioso tanto quanto te, e se disgraziatamente gli capitasse qualcosa, c’andrei di mezzo anch’io.>
La giovane sbuffò, mordendosi la lingua per non ricoprirlo d’insulti. Come se già quella situazione non fosse abbastanza stressante, ci si metteva pure lui col suo sarcasmo da quattro soldi.
I suoi nervi avrebbero ceduto entro breve, soprattutto se farle perdere la pazienza era il palese obiettivo di quell’insopportabile e petulante biondino che, suo malgrado, si ritrovava per casa.
< Non gli capiterà niente Malfoy, non dire assurdità. Sono perfettamente in grado di prendermi cura di un bambino.>
Lui inclinò il capo verso sinistra, alzando lo sguardo al soffitto e fingendo di soppesare le sue parole.
< Sì, forse hai ragione.> le concesse < Considerando le tue credenziali, devo dartene atto.>
La fanciulla inarcò un sopracciglio, perplessa.
< Le mie credenziali?>
< Oltre un decennio al fianco di Sfregiato e Lenticchia: è evidente che sai badare ai poppanti.> commentò, con un’espressione maliziosa.
Hermione assottigliò le labbra in una smorfia contrariata, ma evitò di replicare a quell’ultima affermazione. Del resto, non poteva esattamente dargli torto, il più delle volte lei stessa si era ritrovata a comparare i suoi due migliori amici a dei bambini, soprattutto per i loro atteggiamenti infantili, per l’immaturità e per l’evidente inferiorità intellettuale – concetto che non aveva espresso in simili termini, optando per una soluzione più diplomatica e meno offensiva, ma che comunque era quanto mai veritiero.
< In ogni caso,> riprese lui, facendosi improvvisamente più serio < l’impegno che ho preso non è solo formale. Non ho intenzione di lasciare a te tutti gli oneri e le magagne, voglio occuparmi a mia volta del bambino.>
Vide lo sguardo della fanciulla addolcirsi, e comprese di essere sulla strada giusta.
Era consapevole che le donne impazziscono per gli uomini che sanno prendersi le proprie responsabilità, ed era ovvio che una simile caratteristica fosse ancora più apprezzata da una ragazza naturalmente assennata e coscienziosa come lei.
Ma, al di là di tutto ciò, doveva ammettere che il suo non era stato solo un discorso di circostanza. Innanzitutto, l’educazione di stampo Malfoyesco aveva fatto di lui un gentiluomo – anche se, in determinate situazioni, tendeva a dimenticarsene – , ed un gentiluomo che si rispetti si presta sempre a soccorrere una donzella in difficoltà, di qualunque entità quest’ultima sia. Certo, quando suo padre gli aveva trasmesso le regole base del comportamento di un nobile galantuomo si era anche premunito di specificargli che SangueSporco e traditrici del proprio sangue non rientravano nel loro ideale di “donzelle”, ma del resto i tempi – e non solo – erano considerevolmente cambiati e perciò lui doveva adattarvisi. Dopotutto, la tendenza all’autoconservazione era una pratica ereditaria della sua famiglia ed uno degli insegnamenti su cui Lucius aveva insistito maggiormente.
In secondo luogo, per qualche ignoto ed incomprensibile motivo, voleva davvero prendersi cura di quel frugoletto. Non riusciva a dare una chiara spiegazione a tutto ciò, dal momento che mai prima di allora si era dimostrato tanto incline nei confronti di qualcuno che non fosse la sua Mezzosangue e che aveva sempre manifestamente detestato gli infanti, rei di urtare i suoi sensibili nervi con i loro capricci, gli schiamazzi e le risate.
Con tutta probabilità, questa sua improvvisa propensione al ruolo di baby-sitter era da imputarsi al fatto che, in fin dei conti, era stato lui a trovare il neonato e dunque a sottrarlo al suo triste ed avverso destino. Presumibilmente, si stava comportando come quei bambini che s’imbattono in cuccioli abbandonati e, mossi a pietà, implorano i genitori per ottenere il permesso di tenerli con sé.
Lungi da lui ammettere che, magari, si era affezionato al piccolo.
Hermione, per quanto colpita dalle parole del ragazzo e dalla sua ammirevole coscienziosità, aveva vagamente intuito dove stesse cercando di andare a parare. La preoccupava il pensiero di restare da sola a badare al bambino, anche se non l’avrebbe ammesso esplicitamente neppure sotto tortura, ma al tempo stesso non l’allettava neppure l’idea di avere a che fare con Malfoy più di quanto non fosse strettamente necessario.
< Stai cercando di autoinvitarti?> gli chiese, aggrottando la fronte.
Lui scrollò le spalle con fare noncurante.
< Potresti avere bisogno d’aiuto.> replicò.
< In tal caso, potrei chiamarti.>
< E nel tempo che impiegherei a smaterializzarmi, qui la situazione potrebbe essersi aggravata ulteriormente.> commentò Draco, con un ghigno ironico.
La ragazza alzò gli occhi al soffitto, sospirando. Malfoy aveva l’invidiabile capacità di rigirare sempre tutto a proprio favore, era quasi impossibile spuntarla con lui.
< Non so quali catastrofi tu ti figuri, ma dubito che potrebbe accadere qualcosa di eccessivamente grave. E comunque, il “tempo che impiegheresti a smaterializzarti qui” sarebbero a malapena pochi secondi.>
< Ma ci metterei molto meno se fossi già qui.> rispose lui, ridacchiando di fronte all’espressione esasperata della giovane < Oppure potresti venire tu al Manor, e così risolveremmo la faccenda.>
< E con questa siamo a quota tredici.> mormorò Hermione, scrollando lentamente il capo < No Malfoy, dannazione, non passerò la notte a casa tua. E tu non la passerai a casa mia, oh!>
Draco incrociò le braccia al petto, fissandola con un’espressione divertita.
< Che c’è, hai paura a dormire sotto lo stesso tetto di un Mangiamorte?> la provocò, con tono insinuante.
La ragazza s’irrigidì, memore della brutta gaffe di poche ore prima. Chiuse gli occhi, espirando profondamente.
< Non dire assurdità, sai che non è così. Solo, mi sembra... sconveniente, ecco.>
Il giovane ridacchiò, inarcando le sopracciglia.
< Sconveniente? Diamine Granger, tranquillizzati! Non sto mica tentando d’infilarmi nel tuo letto.> commentò, sarcastico.
Bugia, sottolineò la sua coscienza. A torto, perché non stava mentendo in maniera poi così spudorata. Effettivamente, il suo obiettivo non era certo infilarsi a tradimento nel letto della giovane.
Affatto.
Al contrario, voleva fosse lei ad invitarcelo.
Le guance della fanciulla s’imporporarono leggermente. Riaprì gli occhi per rivolgergli un’occhiata severa.
< Santo cielo Malfoy, è Natale! Possibile che tu non abbia impegni, pranzi, feste o qualunque altra cosa? Devi per forza stare qui ad infastidire me?>
Un’ombra attraverso il viso di Draco, rendendo la sua espressione improvvisamente seria e malinconica. Abbassò lo sguardo, voltandosi verso la finestra e dandole così le spalle.
< Già, i miei genitori staranno sicuramente organizzando una sontuosa festa di Natale ad Azkaban, forse dovrei raggiungerli.> mormorò, greve < O magari potrei andare a pranzare al cimitero assieme al mio padrino e agli altri miei amici deceduti durante la guerra.>
Hermione sgranò gli occhi, mordendosi il labbro inferiore e dandosi mentalmente della stupida. Come aveva potuto essere così sciocca da dimenticare l’infelice situazione in cui versava al momento il ragazzo? Come aveva potuto essere così rude ed indelicata, quando in fin dei conti lui si stava solo offrendo di aiutarla?
I suoi genitori stavano scontando una lunga pena in prigione, durante il conflitto aveva perso molti amici e conoscenti e di certo nessuno faceva a gara per conquistarsi la presenza di un ex servitore del Signore Oscuro nella propria casa il giorno di Natale.
Probabilmente era per quello che aveva insistito così tanto per ospitare lei ed il neonato a Malfoy Manor. Non doveva essere piacevole, dopotutto, vivere da soli in un immenso palazzo vuoto.
Si era dimostrata, per la seconda volta nel giro di poche ore, crudele ed insensibile nei suoi confronti, e per quanto non lo adorasse particolarmente, lui non aveva fatto davvero nulla per meritarsi un simile trattamento.
Mortificata, prese a giocherellare con una ciocca di capelli, arrotolandola intorno all’indice.
< Non ho camere per gli ospiti.> esordì, spezzando il silenzio glaciale che era calato tra di loro.
Draco ruotò leggermente il capo, fissandola interrogativo.
< Pensi di poterti accontentare del divano?> proseguì lei, con un timido sorrisetto.
Lui accennò a sua volta un sorriso.
< Posso fare questo sforzo.> commentò.
Dentro di sé, avvertì un crescente moto di soddisfazione diffondersi per tutto il corpo, riscaldandolo e rinvigorendolo. Dovette reprimere con forza la pressante tentazione di ridacchiare festosamente, per non intaccare quell’aura sofferente e melodrammatica che si era abilmente cucito addosso.
Ormai aveva capito dove, come e quando colpire.
E che nessuno si azzardasse a mettere in dubbio le sue doti recitative! Per la seconda volta, quella sera, si era dimostrato un interprete geniale e dannatamente talentuoso.
Un vero e proprio re della farsa e della tragedia, un attore coi fiocchi.
Certo, sua zia Andromeda sarebbe stata dispiaciuta di non vederlo arrivare per pranzo come promesso, e di sicuro Daphne e gli altri si sarebbero letteralmente infuriati nello scoprire che aveva dato loro buca.
Ma, del resto, aveva una giustificazione più che valida per la sua assenza.




Ricordava distintamente di aver affrontato l’argomento “figli” con suo padre, qualche mese dopo il suo quindicesimo compleanno.
Lucius era stato spinto da Narcissa a discutere con lui, per illustrargli determinati aspetti della vita di un giovane uomo di cui, giunto a quell’età, era giusto venisse messo al corrente. Ovviamente, stando alle parole della donna, quello era un compito che spettava senza ombra di dubbio al padre.
I metodi educativi di Lucius Malfoy non erano mai stati definibili “convenzionali”, e lui di certo non era un uomo che amava andare per il sottile o trastullarsi con vuoti giri di parole. Non gli piaceva perdere tempo in frivolezze, né abbellire o ingentilire i propri insegnamenti con orpelli stilistici e retorica dozzinale, che a suo dire rischiavano solo di contaminare la ricezione del proprio messaggio da parte di Draco.
Anche in quella circostanza, non era stato da meno. Aveva fatto il suo ingresso nella stanza del figlio tuonando “Mi auguro, alla tua età, di non doverti delucidare sulla meccanica del sesso”.
Fortunatamente per Lucius, il ragazzo non aveva trascorso quindici anni sugli allori ed apparteneva ad una Casata i cui componenti imparavano determinati segreti della vita molto prima degli altri coetanei. Draco non era digiuno in materia di rapporti sessuali, né dal punto di vista della teoria né, ultimamente, da quello della pratica. Di certo non era – ancora – un gran tombeur de femme né poteva vantare l’esperienza e le conoscenze del padre, ma, complici una Pansy piuttosto disinibita ed i coniugi Parkinson assenti per lavoro in una calda giornata estiva trascorsa a casa della ragazza, era già avvezzo alle tecniche base.
Rincuorato dal non dover affrontare la classica chiacchierata “sulle api ed i fiori” – oltre che dalla comprovata eterosessualità del figlio, argomento che precedentemente l’aveva preoccupato non poco viste le discutibili inclinazioni di alcuni membri della famiglia di sua moglie – , Lucius aveva comunque ritenuto saggio informare il giovane sulle conseguenze di una vita sessuale eccessivamente dissoluta ed irresponsabile.
Draco si era mostrato non poco perplesso di fronte alle dichiarazioni del padre sul perché avesse imperturbato la propria camera da letto, durante i suoi primi mesi di vita. Sapeva già che il genitore aveva ordinato che fin da subito lui dormisse nella propria stanza, per non doversi preoccupare della presenza di un marmocchio nei pressi del proprio letto, e sapeva anche che Lucius aveva designato uno dei loro elfi domestici perché trascorresse la notte accanto alla culla, pronto ad intervenire per ogni occorrenza.
Tuttavia, non comprendeva perché fosse stato necessario incantare le pareti della camera padronale per evitare di udirlo piangere. Dubitava che un cosino di pochi giorni fosse in grado di provocare quello che suo padre aveva definito “un fracasso infernale”, e soprattutto non riteneva verosimile che il pianto di un neonato fosse così potente da rimbombare addirittura per tutto il corridoio e raggiungere la camera dei genitori.
Non aveva sollevato esplicite obiezioni a quanto dichiarato da Lucius, ma aveva convissuto sin da quel momento con tale perplessità.
Almeno fino a quella notte.
Perché quando fu bruscamente svegliato alle cinque da un fracasso infernale proveniente dal piano di sopra, talmente improvviso ed energico da farlo sobbalzare e rovinare a terra dal divano, dovette riconoscere che suo padre non era stato poi così esagerato come aveva creduto in precedenza.
Si lasciò sfuggire un’imprecazione particolarmente colorita, massaggiandosi il fondoschiena dolorante per la caduta e tentando di districarsi dal groviglio con cui la coperta gli aveva intrappolato le gambe.
Il pianto del neonato parve aumentare di qualche ottava, cosa che lo portò contemporaneamente a ringhiare per il disappunto ed a scattare in piedi per affrettarsi a raggiungere la camera di Hermione.
La sua totale mancanza di esperienza in fatto di bambini non gli permise di comprendere quanto fosse normale ed ordinario per un bimbo svegliarsi nel cuore della notte e dare fiato ai polmoni strepitando peggio di una Banshee. Al contrario, Draco avvertì una crescente preoccupazione, che lo spinse ad accelerare il passo.
Irruppe nella stanza della ragazza spalancando la porta e guardandosi intorno freneticamente, quasi stesse cercando con lo sguardo la creatura mostruosa che poteva aver causato tutto quel rumore.
Quando, finalmente, vide la giovane in piedi accanto alla culla, questa lo squadrò con un’espressione scettica.
< Dico, ma sei impazzito?> gli chiese, alzando la voce per sovrastare le urla del neonato.
Malfoy, ancora col fiatone, espirò profondamente, tentando di placare l’affanno.
< Credevo... fosse successo... qualcosa.> esalò, appoggiandosi con le mani alle ginocchia.
Hermione ridacchiò, scrollando lentamente il capo.
< Rilassati, Malfoy. E’ normale che pianga, anche se non ho ancora ben capito quale sia il motivo. Non c’è nessun pericolo da sventare.>
Draco risollevò lo sguardo su di lei, avvertendo i battiti del proprio cuore riprendere un ritmo contenuto.
Approfittò delle attenzioni che la ragazza stava rivolgendo al neonato strepitante nella culla per osservarla a fondo, indisturbato.
Quando era piombato come una furia nella sua camera, preso dall’ansia com’era non aveva considerato che quasi sicuramente avrebbe potuto cogliere la fanciulla in un semi deshabillé. I suoi precedenti rapporti con il gentil sesso l’avevano portato a maturare un’esperienza costellata di mise quanto più risicate e provocanti possibili, fino ad approdare a giovani che usavano coricarsi come mamma le aveva fatte – e tutte rigorosamente truccate in sua presenza, perché secondo loro farsi vedere in versione “acqua e sapone” era quanto di meno sexy potesse esserci.
Tuttavia, non nutriva il minimo dubbio sul fatto che, anche in quel caso, la sua Mezzosangue si sarebbe distinta dalle altre, fornendogli l’ennesima prova della sua classe e finezza.
Hermione non aveva disatteso le aspettative di Draco, mostrandosi con disinvoltura senza un filo di trucco, con i capelli ancor più spettinati del solito ed un sobrio pigiama blu a maniche lunghe, ampio quanto bastava per garantirle un riposo comodo e confortevole.
Normalissima, ordinaria, naturale.
Eppure, sempre bellissima ai suoi occhi. Forse persino più di quanto non fosse quotidianamente.
Sorrise al pensiero di essere stato, negli anni dell’adolescenza, tanto frivolo e superficiale da reputare attraenti ed eccitanti quelle fanciulle che, in camera da letto, esibivano baby-doll trasparenti e ridottissimi completino di pizzo. Col senno e la maturità di poi, poteva affermare con assoluta convinzione che non c’era nulla di più seducente ed ammaliante della sua Granger avvolta in un morbido pigiamino di cotone.
< Qual è il problema?> esordì, una volta ripreso fiato a sufficienza.
Il neonato non accennava a smettere di piangere, anzi pareva sgolarsi con sempre più veemenza. La ragazza lo fissava con un’espressione concentrata, le sopracciglia aggrottate e la punta del pollice tra i denti.
Draco ricollegò immediatamente quello sguardo allo stesso che la giovane esibiva ad Hogwarts di fronte ad un problema o un quesito di difficile risoluzione, e che ogni volta era preludio di un suo brillante intervento e delle lodi spropositate dei professori – eccetto Piton, che mostrava il proprio apprezzamento per l’arguzia della fanciulla gratificandola con un’occhiata impercettibilmente meno disgustata del solito.
Quando la vide voltarsi verso di lui e prendere fiato a bocca aperta, si aspettò di sentirla snocciolare una ricca ed elaborata risposta in puro stile Grangeresco.
< Non ne ho idea.> ammise lei, inclinando il capo verso sinistra.
Il ragazzo la fissò incredulo, ad occhi completamente sgranati. La sua Mezzosangue che ammetteva di non avere la soluzione ad un problema aveva un che di fantascientifico.
Hermione parve cogliere il motivo dello stupore del giovane, ed arrossì lievemente.
< Non ho esperienza in fatto di bambini.> si giustificò.
< Non avevi nemmeno esperienza in fatto di Ippogrifi e Schiopodi Sparacoda, eppure ciò non ti ha impedito di prendere il voto più alto della classe in Cura delle Creature Magiche.> commentò lui, inarcando un sopracciglio.
La fanciulla sbuffò, accigliandosi.
< In questo caso non c’entrano nulla i voti.>
Draco sogghignò, avanzando verso di lei.
< Vorresti farmi credere, dunque, che in mancanza di un professore che ti assegni una valutazione, sei disposta a non eccellere in qualcosa?> la provocò.
Quando la vide sussultare e trattenere il fiato, comprese di aver colpito nel segno.
In quei due anni, aveva imparato a conoscerla quasi a menadito – e spesso aveva notato, con suo sommo stupore, come fosse già consapevole di molte cose che la riguardavano, segno che sin dai tempi di Hogwarts il suo cervello aveva preso a registrare inconsciamente quante più informazioni possibili sulla Granger – , dunque era ben consapevole di quanto l’orgoglio, il perfezionismo quasi maniacale e la costante smania di primeggiare fossero per lei tanto dei pregi quanto degli innegabili difetti. Pungolarla in quel senso portava sempre ad una reazione da parte sua: il pensiero di poter risultare al di sotto dei suoi normali standard – che di “normale” a conti fatti non avevano davvero nulla – la sconcertava come nemmeno una foto di Albus Silente nudo come un verme avrebbe potuto fare.
Hermione tacque, non concedendogli la soddisfazione di rispondere e tenendo dunque fede alle aspettative di Draco, che dava per scontato un simile atteggiamento da parte sua. Del resto, sapeva che la fanciulla era troppo corretta per mentire, persino con lui, e perciò non avrebbe tentato di negare la veridicità di quella sua affermazione; ma, al tempo stesso, se riconoscere i propri difetti era un comportamento tipico dell’ex Grifondoro, non lo era ammetterli apertamente, soprattutto con lui.
La raggiunse, affiancandola nei pressi della culla e concentrando a sua volta lo sguardo sul neonato, che seguitava a strillare imperterrito.
< Magari ha solo bisogno di essere aiutato a riaddormentarsi?> avanzò titubante lei.
Il ragazzo scrollò le spalle.
< Proviamo.> fece, prima di chinarsi per afferrare il bambino.
Lo sguardo di Hermione cadde involontariamente sulle braccia del ragazzo, lasciate scoperte dalla maglietta a mezze maniche che indossava a mo di pigiama. Erano pallide, ricoperte da una rada peluria chiara e da qualche sporadico neo.
Esattamente come le ricordava dai tempi di Hogwarts, quando a Pozioni si tirava su le maniche della divisa per evitare di macchiarle o quando, nelle calde giornate di giugno, girava per i corridoi con i polsini della camicia rimboccati sino al gomito. Le stesse, eppure nel contempo tremendamente diverse.
Perché le braccia magre, sottili ed apparentemente delicate di allora si erano trasformate in maniera quasi radicale, divenendo più robuste, più scolpite, più toniche. Più forti.
Più seducenti, considerò osservando il guizzare ipnotico di vene e muscoli sotto la pelle chiara.
Si schiaffeggiò mentalmente, inorridita da simili torbidi pensieri. Poco importava che le sue fantasie ripiegassero solo su un paio di braccia, si trattava comunque delle braccia di Malfoy.
Lo stesso Malfoy che aveva detestato dalla tenera età di undici anni.
Lo stesso Malfoy che costituiva la sua spina nel fianco sin da quando aveva malauguratamente deciso di entrare a far parte del corpo degli Auror.
Lo stesso Malfoy di cui sopportava a fatica la presenza solo perché le veniva imposta con la forza dal suo capo.
Lo stesso Malfoy che, un paio di ore prima, aveva osservato dormire rapita, con un’espressione imbambolata ed il battito cardiaco accelerato.
Fu un odore nauseabondo a distoglierla dai meandri delle proprie riflessioni. Arricciò il naso, disgustata, e finalmente entrambi compresero il motivo di quel pianto disperato.
< Stramaledettissimo marmocchio!> berciò Draco, tenendo il bambino per le ascelle ma cercando di allontanarlo il più possibile da sé < Merlino Granger, ma che gli hai dato da mangiare, scimmie morte di vaiolo arabo?>
< Dobbiamo cambiarlo.> replicò lei, tappandosi il naso con il pollice e l’indice.
< Si, possibilmente con uno che puzzi di meno.>
Hermione roteò gli occhi, posando la mano libera sulla schiena di Draco per spingerlo verso la porta.
< Non essere sciocco, Malfoy.>




Hermione non si era mai particolarmente distinta per la propria abilità manuale, cosa che in passato l’aveva crucciata non poco. Con libri, piume, pergamene, bacchetta e l’ausilio della propria mente era in grado di fare meraviglie, ma bastava metterle in mano un attrezzo qualunque, che fosse un cacciavite, un ago o un comune ferro da stiro, per vederla fallire piuttosto miseramente. Aveva imputato a tale incapacità meccanica anche i suoi primi – ed ultimi – fiaschi nel tentare di volare con una scopa, e dall’alto della totale impossibilità di riconoscere che sì, la grande Hermione Granger non era perfetta in tutto ed esisteva effettivamente qualcosa che non fosse in grado di fare, precisava sempre che tale mancanza di abilità manuale era dovuta al fatto che, quasi istintivamente, il suo cervello tendeva a focalizzarsi del tutto sulle attività intellettuali e sullo sforzo cognitivo, non lasciando dunque spazio a futili questioni come ricucire un bottone, attaccare un chiodo alla parete o, appunto, librarsi in aria su un manico di scopa – passatempo peraltro pericolosissimo e dunque poco adatto a chi, come lei, veniva bloccata dalla propria ragionevolezza e dallo spirito di autoconservazione se in procinto di avventurarsi in qualcosa di tanto sconsiderato.
Data questa deficienza manuale, Hermione aveva negli anni compensato informandosi il più possibile sui piccoli trucchi magici in grado di facilitare la vita domestica, col risultato che allo stato attuale si serviva della bacchetta per rammendare i propri abiti, riparare gli oggetti in casa e simili. In cucina non era una brillante chef, ma i trascorsi a Pozioni le avevano perlomeno insegnato ad accendere il fuoco ed a cavarsela con i piatti meno complessi.
Ciò nonostante, aveva sempre saputo districarsi alla bell’e meglio in qualunque situazione di difficoltà, motivo per il quale aveva supposto di essere in grado, anche in quel caso, di risolvere la faccenda con relativa facilità.
Si sbagliava.
Oh, se si sbagliava!
Le ci vollero ben tre pannolini – due messi vergognosamente al contrario ed uno che il pupo, insensibile agli sforzi sovrumani appena compiuti, pensò bene di ridurre dopo pochi istanti nelle medesime condizioni del suo sudicio predecessore – per rendersi conto del proprio gravissimo errore di valutazione. Una volta portata a termine l’ardua impresa, si ripromise di cominciare ad avvalersi dell’ausilio della magia anche in quella circostanza.
In tutta questa memorabile vicissitudine, Malfoy diede prova innanzitutto di una capacità di molestia fuori dalla norma, urtando sensibilmente i già provati nervi della giovane con le proprie continue lamentele, che variavano da “marmocchio della malora” a “tu guarda se un Malfoy deve ritrovarsi con la cacca fino ai gomiti” per concludere con svariate imprecazioni, talmente grette e triviali da far arrossire persino Hagrid. Ma, al tempo stesso, si dimostrò inaspettatamente abile, cosa che se da un lato fu un sollievo per Hermione, contribuì anche ad inasprire maggiormente la sua irritazione.
Se per una come la ex-Grifondoro non riuscire in qualcosa costituiva un vero e proprio smacco, farcela solo grazie all’aiuto di un Malfoy evidentemente più capace di lei era un’umiliazione tragicamente ironica. O, per dirla alla raffinata maniera del giovane, “una sonora presa per il culo”.
Evitò di ringraziarlo – ci mancherebbe altro! – per l’assistenza, ma decise di ricompensarlo compiendo il faticoso sforzo di contare fino a dieci prima di rispondergli in malo modo, almeno per quella sera.
Tuttavia, Draco non sembrava incline a darle modo di trattenere la propria stizza. Si era lasciato andare pesantemente sul divano accanto a lei, che cullava tra le braccia il bambino per farlo riaddormentare, limitandosi ad esalare un sospiro che lasciava ben trasparire tutta la sua stanchezza.
Hermione si concesse di osservarlo di sottecchi. Aveva gettato il capo all’indietro, sollevando il volto verso il soffitto, e stava con entrambe le braccia distese lungo il poggiatesta, al punto che il suo avambraccio sinistro era adagiato dietro la nuca della fanciulla. Il petto si alzava ed abbassava al ritmo del suo respiro, concedendole d’intravedere parzialmente l’ombra del torace scolpito – e lei era assolutamente certa che ai tempi di Hogwarts Malfoy non sfoggiasse simili muscoli, risultato dunque delle ardue sessioni di addestramento fisico a cui era stato sottoposto da quando era diventato Auror.
Era la seconda volta quella sera che si perdeva ad osservarlo. E, per la seconda volta, non poté negare neppure nell’intimità dei propri pensieri quanto quel borioso ed indisponente biondino fosse oggettivamente bello. Bello di una bellezza rara, assoluta, evidente, quasi fastidiosa nella propria ovvietà. Almeno dal punto di vista fisico – solo dal punto di vista fisico – non riusciva davvero a trovargli un difetto, tutto in lui era armonico, giustificato, perfetto. E ciò la infastidiva non poco.
Ringraziò il cielo che avesse gli occhi chiusi, perché davvero non avrebbe potuto sopportare che la vedesse arrossire mentre vagava con lo sguardo sul suo corpo.
< Il controllo delle nascite è un’inutile stronzata.> proruppe improvvisamente lui, rimanendo statico nella propria posizione < Dovrebbero rifilare un marmocchio come questo per un paio di giorni a chiunque abbia intenzione di fare sesso, e poi vedi come passerebbe in fretta la voglia!>
< Come sei melodrammatico Malfoy!> esclamò lei, senza però riuscire a trattenere un sorrisetto.
Un ghigno si dipinse sul volto di Draco.
< Certo, io sono melodrammatico. E tu invece, che sei andata in iperventilazione di fronte ad un pannolino?> commentò, beffardo.
Hermione sbuffò, senza smettere di sorridere. Aveva supposto fin da subito che sarebbe stata questione di minuti prima che il ragazzo le rinfacciasse l’ennesimo attacco di “panico da neonato”, ma stranamente non ne era infastidita.
Forse perché era troppo stanca anche per arrabbiarsi, ormai.
< La mia era un’eccezione, nel tuo caso è un’abitudine. Anzi, un vizio.>
O forse perché aveva già la risposta pronta.
< Io posso permettermi di fare la primadonna, Granger, sono un egocentrico Serpeverde figlio di papà disgustosamente viziato.> replicò sarcastico, schiudendo le palpebre per rivolgerle un’occhiata.
Lei ridacchiò, scrollando lentamente il capo.
O forse perché quell’insopportabile sbruffone si stava rivelando un po’ più sopportabile di quanto credesse.
< Sapevamo che non sarebbe stato semplice.> disse poi, tornando seria.
Draco sospirò, ruotando leggermente il capo verso sinistra per fissarla.
< Non ho mai neanche minimamente sperato il contrario, ma mi accontenterei almeno di riuscire a dormire un paio di ore a fila a notte.>
Hermione inarcò il sopracciglio destro, fissandolo con la stessa espressione scettica ed incredula che avrebbe potuto esibire di fronte ad una dichiarazione d’amore della Cooman.
< Ok, tralasciando di sottolineare l’assurdità di questa tua aspettativa, stai per caso insinuando che la tua permanenza in casa mia si prolungherà?>
Lui roteò gli occhi, mostrandosi infastidito da quella che, evidentemente, era una domanda inutile e retorica.
< Non sono un vagabondo in cerca di un tetto, ce l’ho una casa, sai? E, concedimelo, è almeno quattro volte questa in quanto a dimensioni, ed indiscutibilmente più, come dire... adatta ad uno del mio calibro.>
La giovane non riuscì ad impedire alle sue sopracciglia di scattare verso l’alto. Rieccolo, il solito vecchio tracotante Malfoy.
< Ma, e mi pare che ne abbiamo già discusso a sufficienza, sono responsabile quanto te di questo marmocchio. E, sempre come te, lo sono a tempo pieno. Oltretutto, ho constatato di persona le tue evidenti carenze in fatto di bambini, non mi fido molto a lasciarti da sola con lui. Perciò credimi, per quanto l’idea non faccia impazzire di gioia nemmeno me,> bugia, grossa grossissima bugia < temo proprio che dovrai abituarti alla mia presenza qui.>
Ad Hermione sovvennero immediatamente numerose ed esplicite imprecazioni, che trattenne solo per rispetto del neonato che cominciava ad appisolarsi tra le sue braccia. Si limitò a digrignare i denti in silenzio, ingoiando innumerevoli quantità di bile.
Nel contempo, decise di rimangiarsi immediatamente anche le considerazioni fatte pochi istanti prima sul ragazzo. Non solo Malfoy non si stava dimostrando più sopportabile, ma al tempo stesso stava evidentemente cospirando per avvelenare la sua esistenza ed uccidere il suo umore.
Ne era certa, l’insoddisfazione dell’ex Serpeverde per quella circostanza era più finta dei deboli applausi forzati di Piton di fronte alla vittoria di Grifondoro nel torneo di Quidditch. In verità era assai persuasa che il giovane provasse un sadico piacere nel perpetuare quella loro “convivenza”.
Ed indubbiamente era nel giusto.
Peccato che Hermione non fosse in grado d’intuire la reale natura di quel piacere.
< Certo,> riprese lui < si potrebbe sempre ovviare a questo problema e...>
< Dì un’altra volta che potremmo trasferirci a Malfoy Manor e giuro che ti affatturo le corde vocali!> lo interruppe lei, con fare minaccioso < E, pensandoci, non mi sento di scartare questa possibilità indipendentemente da ciò che dirai.>
Draco ridacchiò, tamburellando con la mano sinistra sul poggiatesta del divano.
< Come sei suscettibile, Mezzosangue.> la canzonò.
< Sappilo, una volta conclusa questa faccenda, non voglio più vederti nemmeno in fotografia. Chiaro?>
Il ragazzo la squadrò in silenzio, con un’espressione maliziosa.
Ne riparleremo a tempo debito. E per allora non sarai più dello stesso avviso, mia cara.
Improvvisamente, dalle labbra di Hermione sfuggì un lamento. Incuriosito, Malfoy abbassò lo sguardo verso il suo grembo, osservando il neonato che, afferrato un ricciolo della ragazza, si divertiva a tirarlo verso di sé.
< Non ti ci mettere anche tu adesso.> mugugnò lei all’indirizzo del bambino, sfilandogli delicatamente la propria ciocca di capelli dalle manine.
Questo protestò debolmente, per poi spalancare la bocca in un silenzioso sbadiglio.
Draco ghignò in direzione della fanciulla.
< E’ linguaggio infantile, Granger. Sta cercando di farti capire che dovresti decisamente fare qualcosa per quei capelli.> la punzecchiò.
Sollevò l’avambraccio sinistro dal poggiatesta, vagando con la mano sulla chioma della giovane ed incatenando tra le proprie dita un paio di ciocche.
Nel sentire il tocco di Malfoy tra i propri capelli, Hermione s’irrigidì immediatamente. Un leggero brivido le risalì per tutta la lunghezza della schiena, ma lo imputò all’ovvia reazione del proprio corpo ad un’intrusione esterna ed indesiderata – per quanto, a conti fatti, non riuscisse a registrare alcuna sensazione sgradevole in tutto ciò.
< In effetti, sono anni che vai in giro con questo cespuglio in testa. Ancora non ti sei stufata di sembrare uno spaventapasseri?> proseguì, seppur con un tono considerevolmente meno pungente. Era quasi ipnotizzato dal movimento delle proprie dita tra i riccioli della fanciulla.
Persino per lui, i capelli di Hermione erano esteticamente discutibili. Folti, voluminosi, ispidi ed aggrovigliati, così diversi dai morbidi e definiti boccoli di Astoria Greengrass, tanto per fare un esempio.
Sembravano rispecchiare alla perfezione la sua personalità: indomabili, impetuosi ed indiscutibilmente intricati.
Da sempre nutriva una particolare propensione per i ricci, più “frizzanti” di una classica e composta acconciatura liscia, ma la chioma della Granger era decisamente eccessiva.
Aveva finito col trovarla a suo modo attraente, perché tutto sommato contribuiva a rendere la fanciulla quella che era – e per cui lui, dunque, spasimava – e perché, per l’appunto, erano una testimonianza visiva del suo carattere, ma considerati a sé risultavano davvero improponibili.
Spesso aveva fantasticato di accarezzarli, e non poche volte aveva sorriso al pensiero di restare invischiato in una coltre di nodi e grovigli. Dunque rimase non poco sorpreso nello scoprire che, contrariamente a quanto supposto sino ad allora, l’apparenza tradiva la reale morbidezza di quei ciuffi castani.
Le sue dita scivolavano indisturbate tra le ciocche, senza incontrare ostacoli che ne interrompessero bruscamente il percorso. Al tatto, erano quanto di più lontano dall’ingarbugliato cespuglio che sembravano essere.
Hermione avvertì il proprio stomaco contorcersi in maniera quasi dolorosa. Sebbene le parole del ragazzo fossero state intrise di evidente scherno, il modo in cui la sua mano affondava nei propri ricci era un’evidente dimostrazione d’ipocrisia. Malfoy aveva brutalmente criticato i suoi capelli, eppure li stava sfiorando con una dedizione che le parve quasi reverenziale.
Gli piaceva, era indubbio.
Ed era altrettanto indubbio che piacesse anche a lei.
In passato, nessun ragazzo aveva mai dedicato simili attenzioni ai suoi capelli. Persino Ron non aveva mai avvertito la necessità di accarezzarglieli, forse timoroso di restare “incastrato” con le dita.
Malfoy era la prima persona, oltre a lei stessa ed all’occasionale parrucchiere – a cui era ricorsa sì e no tre volte in tutta la sua giovane vita – , a toccarle i capelli.
Paradossalmente, era quasi un momento intimo. E paradossalmente, lo stava condividendo proprio con lui.
Era giunta alla conclusione che la piacevole sensazione di benessere che la permeava fosse imputabile al suggestionato entusiasmo della “prima volta”. Perché, del resto, pensare di apprezzare quel gesto da parte sua era inconcepibile.
Da un lato, avrebbe voluto che quell’istante non terminasse mai. Dall’altro, quello più razionale e logico, stava difficoltosamente studiando un modo per interromperlo. Soprattutto per il bene dell’innocente pargolo che giaceva tra le sue braccia, perché quel contatto l’aveva portata istintivamente a rafforzare la stretta, e se avesse continuato così rischiava seriamente di soffocarlo.
Il suo cervello, infine, riuscì a registrare quale fosse il braccio con cui il ragazzo l’accarezzava. E, a quel punto, la domanda le sorse quasi spontanea.
< Malfoy.>
< Mh?>
< Mi faresti vedere il tuo Marchio?>
Draco si bloccò con la mano sospesa a mezz’aria, mentre i riccioli della fanciulla scivolavano dalle sue dita per ricongiungersi al resto della chioma.
Spostò lo sguardo verso destra, incontrando quello dell’ex Grifondoro. Rimase a scrutarla in silenzio per qualche istante, con un’espressione a metà tra il sorpreso e l’irritato. Quando infine si decise a parlare, la sua voce suonò dura e glaciale, come poche altre volte lei l’aveva sentita.
< Perché?> le chiese.
Hermione scrollò le spalle.
< Curiosità, suppongo.>
Il volto del giovane s’incupì.
< Non sono più un Mangiamorte, Granger. A dire il vero, non sono mai stato neppure definibile tale. Non...>
< Lo so.> lo interruppe lei, pacatamente < Ma... ecco, a ben pensarci non ne ho mai osservato uno da vicino, ed insomma...>
Draco chiuse gli occhi, distendendo le labbra.
< Sindrome da prima della classe, non puoi esimerti dal verificare con i tuoi occhi.> scosse il capo, ridacchiando sommessamente < A volte mi dimentico con chi ho a che fare.>
Sollevò il braccio dal poggiatesta, distendendolo sul divano nello spazio che li separava, con il Marchio bene in vista.
Hermione lo fissò rapita, scivolando più vicina a lui per osservarlo meglio. Studiò il disegno, le linee scure, il modo in cui sembrava inciso su quella pelle cerea, l’ombra che i bordi neri ed il trasparire delle vene sembravano gettare sul teschio e sul volto del serpente.
E, contemporaneamente, Malfoy studiò lei. Aveva temuto di scorgere biasimo, terrore, persino disgusto sui suoi lineamenti. Eppure, l’espressione della fanciulla non mostrava nulla di tutto ciò.
Non sembrava intimorita dal Marchio, né da tutti i sottintesi che esso rappresentava. L’osservava con sincero interesse e con lo stesso sguardo affascinato che avrebbe potuto rivolgere ad uno dei suoi preziosi libri. Riusciva persino a leggere nei suoi occhi l’inarrestabile flusso di domande che stavano prendendo forma nella sua mente.
Sorrise, deliziato dalla genuina e quasi fanciullesca curiosità di cui stava dando sfoggio.
L’ultima persona a cui aveva mostrato quel terrificante segno, qualche anno prima, era stato il Medimago degli Auror, incaricato di verificare le sue effettive condizioni di salute prima di ritenerlo idoneo per iniziare l’addestramento. E l’uomo, per quanto avesse cercato di contenersi, era evidentemente inorridito di fronte al Marchio, tentando di fissarlo il meno possibile. A ben pensarci, tutti coloro che non avevano fatto parte della cricca di Voldemort reagivano allo stesso modo.
Ma, dopotutto, Hermione Granger non era tutti. E, come giustamente aveva sottolineato prima, a volte dimenticava con chi aveva a che fare.
< Sostanzialmente, è come un tatuaggio.> esordì lei dopo qualche istante di religioso silenzio.
Draco storse le labbra.
< Ne dubito. Farsi fare un tatuaggio non è di certo così doloroso.>
La ragazza scosse il capo.
< Intendevo dire che come effetto visivo può tranquillamente essere scambiato per un comune tatuaggio. E comunque anche in quel caso non è esattamente un processo piacevole.>
< Fidati Granger, non c’è il minimo paragone.>
La giovane lo scrutò curiosa.
< Che ne sai di com’è farsi un tatuaggio?> gli chiese, ironica < Devo dedurne che ne hai uno?>
Lui la squadrò intensamente.
< Già.>
Hermione sgranò gli occhi, sorpresa.
< Davvero?>
< Sì, un furetto sulla chiappa destra.> commentò, sarcastico < Ma secondo te?>
Rimase spiazzata per qualche secondo, poi scoppiò a ridere di gusto.
< Effettivamente, non ci sarebbe stato male.> fece.
Il ragazzo si unì alla sua ilarità, scrollando lentamente il capo. La parte più bassa di sé non mancò di considerare che la sua Mezzosangue aveva esternato una sottospecie di vago complimento – molto vago, ma dopo due anni di piccoli passi si era abituato ad attaccarsi ad ogni più minuscolo ed impercettibile segnale – al proprio fondoschiena, e se ne compiacque non poco.
< E’ stato così terribile?> riprese poi lei, una volta tornata seria.
Draco annuì, incapace di trattenere un lieve sospiro mentre i ricordi del passato gli sfilavano dinnanzi agli occhi.
< E’ come se... hai presente quando i Babbani marcano gli animali da macello?>
Hermione annuì a sua volta, talmente concentrata su quanto il ragazzo le stava rivelando da dimenticarsi di restare sorpresa di fronte all’ennesimo sfoggio di conoscenze Babbane di Malfoy.
< Ecco, è la stessa cosa. In ogni senso, perché a conti fatti il destino era più o meno lo stesso delle bestie. Era come se fosse stato impresso col fuoco. La pelle, i muscoli, la carne, tutto bruciava come se fosse avvolto dalle fiamme, il sangue nelle vene del braccio ribolliva, avevo perso del tutto la sensibilità a qualunque altra parte del corpo. E la cosa peggiore era l’odore.>
La ragazza sbatté ripetutamente le palpebre.
< L’odore?>
< Carne bruciata. La mia carne bruciata. Era nauseante di per sé, ma pensare a cosa lo stesse causando era persino peggio.>
< Credevo che... insomma, che Voldemort usasse un incantesimo.> commentò lei, orripilata.
< E così era.> replicò Draco, lugubre < Ma da che ricordi c’è mai andato per il sottile lui, anche con la Magia?>
Hermione aggrottò la fronte.
< In pratica, ha creato un incantesimo che riproducesse esattamente le medesime sensazioni di un vero e proprio ferro rovente? Merlino, ma perché sottoporre i propri alleati ad una simile tortura?>
Il ragazzo esibì un sorriso amaro.
< Perché non eravamo i suoi alleati, Granger. E lui ci teneva a sottolinearlo in ogni modo possibile.>
Lei si morse il labbro inferiore, colpita. Istintivamente, allungò la mano verso il suo braccio e sfiorò i contorni del Marchio con la punta delle dita.
Al tatto era come una cicatrice, una chiara incisione sulla pelle più che un mero disegno.
Il giovane sussultò, trattenendo il respiro. Lei si accorse di quella reazione, e sollevò immediatamente la mano.
< Ti fa male?> domandò, turbata.
Draco rilasciò il fiato, sospirando col naso. Le rivolse un sorriso accennato, per tranquillizzarla.
< No, mi hai solo... preso alla sprovvista, ecco.>
Hermione sorrise a sua volta, avvertendo un moto di tenerezza farsi spazio dentro di lei. Aveva reagito a quella sottospecie di carezza come un adolescente impacciato che viene sfiorato per la prima volta da una ragazza. Non credeva che Malfoy fosse in grado di mostrarsi anche così smaliziato.
Ma, del resto, lui stesso le aveva detto di essere un uomo pieno di sorprese. E non poteva di certo dargliene torto.
< Ti dispiace?> gli chiese dolcemente, facendo indugiare la propria mano a pochi centimetri dal suo braccio.
Lui le rivolse un’occhiata intensa.
< No.> le rispose.
Assolutamente, totalmente e completamente sincero.




Non si erano mossi dal divano, rimanendo seduti l’uno accanto all’altra – forse fin troppo vicini rispetto ai loro trascorsi, ma nessuno dei due pareva curarsene minimamente – e conversando in modo inaspettatamente civile.
Hermione continuava a cullare il neonato, in attesa che finalmente si riaddormentasse per portarlo di sopra ed infilarsi a sua volta sotto le coperte. Ogni tanto le sfuggiva qualche sbadiglio, sintomo dell’evidente stanchezza che si stava impossessando tanto delle sue membra quanto della sua mente.
Abbassò lo sguardo sul suo grembo, osservando il bambino accoccolato tra le sue braccia. Era in un chiaro stato di apatia e dormiveglia, abbandonato pacificamente contro il suo petto e con il pollice stretto saldamente tra le labbra. Gli occhi chiari, di un azzurro che ad Hermione ricordava il colore del cielo nelle giornate estive, erano socchiusi, e di quando in quando le palpebre cedevano del tutto, per poi scattare immediatamente verso l’alto.
Sembrava quasi che il piccolo, per qualche inspiegabile motivo, si crogiolasse nell’indolenza ma, al tempo stesso, tentasse di combattere contro il sonno. La fanciulla era piuttosto infastidita, dal momento che fin quando il bambino non avesse preso sonno del tutto non sarebbe potuta andare a dormire, ma al tempo stesso non riusciva a non ridacchiare ogni volta che lo guardava.
Le ricordava Harry e Ron a Divinazione – quelle due o tre brevi lezioni a cui aveva assistito prima di stabilire che quella materia era solo una gran perdita di tempo e la professoressa una ciarlatana che aveva costruito la propria “fama” su un paio di casuali predizioni, peraltro indubbiamente tutto tranne che frutto di specifiche capacità o accurati studi – , quando faticavano per non cedere al torpore indotto dalla classe, dai cuscini su cui sedevano, dagli effluvi degli incensi e dal tono di voce soporifero della Cooman.
< Prima o poi si deciderà ad addormentarsi, questo stupido marmocchio.> commentò Draco fissandolo a sua volta.
Aveva nuovamente disteso le braccia lungo il poggiatesta, e la posizione del suo corpo era un evidente segnale di spossatezza. Anche lui, come la ragazza, aspettava che il bambino prendesse sonno per coricarsi a sua volta, ma evidentemente il neonato aveva stabilito che quella notte nessuno dormisse più.
Hermione lo squadrò con un’occhiata di biasimo.
< Sai, non è carino che tu continui a riferirti a lui chiamandolo marmocchio.> puntualizzò.
Il giovane fece schioccare la lingua contro i denti.
< E come dovrei chiamarlo allora? Poppante? Moccioso? Lattante? Sgorbio?>
Lei sbuffò, alzando gli occhi al soffitto.
< Idiota.> sentenziò, perentoria. Parve riflettere per qualche istante, infine proseguì < Però, effettivamente, hai sollevato una valida questione.>
Draco inarcò un sopracciglio, con un’espressione sarcastica.
< E’ la “maniera Granger” per dire che ho ragione?> la provocò.
< E’ la “maniera Granger” per dire che dovremmo trovargli un nome vero.> replicò lei, fulminandolo con lo sguardo < Non possiamo continuare a riferirci a lui come se fosse un oggetto indefinito.>
Il ragazzo sospirò, facendosi improvvisamente serio.
< Mezzosangue, non credo sia un bene compiere un gesto così personale nei suoi confronti.>
Perplessa, Hermione assunse un cipiglio interrogativo.
< Perché, scusa?>
Malfoy ruotò il capo verso di lei, fissandola direttamente negli occhi. Sollevò il braccio sinistro, sfiorando delicatamente una delle ciocche che le incorniciavano il viso, poi lo lasciò nuovamente cadere sul poggiatesta.
< Non è per sempre, Granger. Prima o poi qualcuno se lo riprenderà, i suoi genitori o chi per loro. E tu dovresti evitare di fare cose che potrebbero portarti ad affezionarti troppo a lui, perché finiresti solo per soffrirne.>
Lei rimase immobile, in silenzio, turbata tanto dalle parole del ragazzo quanto dal suo precedente gesto di tenerezza.
Alla fine, abbassò lo sguardo, esibendo un sorriso accennato.
< Lo so.> mormorò < Ne sono pienamente consapevole, non preoccuparti.>
Si voltò, concentrandosi sul neonato. Osservò la sua placida espressione, i suoi occhi azzurri che continuavano a socchiudersi, il nasino, le guance paffute, la boccuccia senza denti che succhiava imperterrita il pollice destro, gli sparuti capelli castano chiaro.
Sapeva di non doversi affezionare troppo a quel piccoletto, ed era stata assolutamente certa che la sua mancanza di senso materno l’avrebbe agevolata, in questo senso. Tuttavia, di fronte a quel faccino dolce ed indifeso, cominciava a temere che sarebbe stata un’impresa molto più ardua di quanto si era figurata.
< Non è questione di gesti personali.> riprese poi < Credo solo che sarebbe giusto trovare un modo più “umano” per riferirci a lui. Sarebbe più rispettoso per lui, e molto più semplice per noi. Non pensi?>
Tutto sommato, Draco si trovò costretto a concordare. Del resto, se voleva fare bella impressione sulla sua Mezzosangue, non poteva continuare ad apostrofare il neonato con appellativi che, da un certo punto di vista, potevano quasi apparire degli insulti.
< Hai già in mente qualcosa?> le chiese.
Hermione negò col capo.
< Sbaglio o la famiglia Black ha come tradizione...>
< Lascia perdere.> la interruppe bruscamente lui.
La ragazza tentennò, presa in contropiede. Poi, parve comprendere.
< Quale sarebbe il prossimo nome in linea di successione?> domandò eloquentemente.
< Scorpius.> affermò lui, con una smorfia di disgusto dipinta sulle labbra.
< Sì, lasciamo perdere.> sentenziò a sua volta la giovane, agghiacciata.
Avvertì il peso della stanchezza farsi improvvisamente più insopportabile. Si concesse uno sbadiglio e si adagiò in una posizione più comoda, poggiando distrattamente il capo sulla spalla di Draco.
Quando questo se ne avvide, pensò bene di non farglielo assolutamente notare, consapevole che il sonno incombente le impediva di rendersi pienamente conto dei propri gesti. Peraltro, non voleva rischiare che lei mal interpretasse le sue parole e decidesse dunque di spostarsi.
Aveva impiegato due anni, innumerevoli sforzi ed un’attesa logorante per giungere a quel primo approccio di confidenza ed intimità. Aveva persino dovuto assumersi la responsabilità di accudire un marmocchio sconosciuto, non avrebbe sprecato una simile occasione con leggerezza.
< Quando mia madre era incinta di me,> esordì lei dopo qualche istante < aveva stilato una lista di nomi con papà. Forse dovremmo fare anche noi qualcosa del genere.>
< E’ solo un nome temporaneo, Granger. Probabilmente, anzi, sicuramente i suoi genitori gliene hanno già messo uno. E’ semplicemente una cosa a nostro uso e consumo, quindi scervellarsi troppo è inutile.>
Hermione annuì stancamente contro la sua spalla, mentre avvertiva le palpebre farsi sempre più pesanti.
< Qual era il primo nome maschile della lista?> le chiese il ragazzo.
< Philip, se non ricordo male.> mormorò lei, reprimendo uno sbadiglio.
< Philip...> rifletté lui < Penso che possa andare. A te piace?>
La ragazza chiuse gli occhi, sospirando.
< Aha.> confermò in un sussurro.
Draco si portò la mano destra davanti alla bocca, sbadigliando a sua volta.
< E Philip sia.> dichiarò tra sé e sé.
Quando, pochi secondi dopo, si voltò alla propria sinistra, vide il neobattezzato placidamente assopito tra le braccia di Hermione, con le labbra socchiuse e la mano destra abbandonata sul petto.
Si rivolse alla ragazza per farglielo notare, ma constatò che anch’ella aveva infine ceduto al sonno e si era addormentata così, accoccolata sulla propria spalla.
Sorrise, consapevole del fatto che un occhio esterno avrebbe potuto scambiare quella scenetta intima per un vero e proprio quadretto familiare.
E, prima di addormentarsi a sua volta con la guancia posata contro il capo della sua Mezzosangue, si ritrovò a considerare che, almeno per quell’anno, Babbo Natale gli aveva fatto davvero un gran bel regalo.












NdA:


1) “Family portrait” significa letteralmente “ritratto di famiglia”, e di solito si usa per indicare le classiche foto del nucleo familiare al gran completo che sono soliti scattare in America, soprattutto sotto le festività Natalizie (tanto per restare in tema xD). In un’interpretazione più libera, quella peraltro che ho adottato io scegliendolo come titolo, simboleggia il cosiddetto “quadretto familiare”, espressione che può essere utilizzata anche in senso sarcastico.
Dulcis in fundo, “Family Portrait” è anche il titolo di una famosa canzone di Pink, sebbene il contesto sia assai differente rispetto a quello della fict.

2) Miss Berry è evidentemente farina del mio sacco. Come tutti saprete, la professoressa di Babbanologia di Hermione and company era Charity Burbage, rapita, torturata ed uccisa da Voldemort durante la seconda guerra (e data in pasto a Nagini, dulcis in fundo). Nel settimo libro viene sostituita da Alecto Carrow, ma non si sa chi poi subentri a quest’ultima una volta conclusosi il conflitto, dunque mi sono sentita libera di “inventare” un personaggio fittizio quale nuovo professore (anzi, professoressa) di Babbanologia.
Il nome Berry è un chiaro omaggio a Rachel Berry, una delle protagoniste di Glee e mio personaggio femminile preferito.
Per quanto riguarda invece la partecipazione di Hermione e Lavanda alle lezioni di Babbanologia, urge una chiarificazione. Mentre ammetto di non avere idea se Lavanda secondo Canon segua o meno il corso, Hermione ha effettivamente studiato Babbanologia al terzo anno, salvo poi ritirarsi una volta costretta a rinunciare alla Giratempo e dunque a fare una cernita delle materie facoltative.
Detto ciò, il fatto che Hermione assista alle lezioni durante il settimo anno aggiuntivo può – giustamente – apparire una forzatura. Confesso che avevo bisogno di uno stratagemma per introdurre le differenze tra Mondo Babbano e mondo Magico, e dato che trovo poco plausibile che la nostra Mezzosangue possa essersi informata spontaneamente sull’argomento, le lezioni di Babbanologia mi sembravano la scelta migliore.
Per contestualizzarla, adduco a mia giustificazione il fatto che, durante la presidenza Piton, Babbanologia diventa una materia obbligatoria per tutti gli studenti: paradossalmente, la nuova preside McGrannit avrebbe potuto decidere di proseguire con questa politica, col chiaro intento non di demonizzare e svilire i Babbani, bensì di rimarcare la necessità d’instaurare con loro un rapporto di pacifica convivenza, così da favorire l’integrazione dei Nati Babbani ed evitare che gli eventi appena conclusi potessero ripresentarsi in futuro (sì lo so, sono fenomenale nell’arrampicarmi sugli specchi u.u E’ una gran dote, e mi è sempre tornata molto utile).
Per quanto concerne poi le tanto decantate differenze tra le tecniche d’allevamento Babbane e quelle Magiche, sono una mia mera invenzione, con il preciso scopo di incasinare ulteriormente la vita di Hermione e Draco xD

3) Suppongo che tutti abbiate colto il riferimento alla Fata Madrina ed alla zucca trasformata. In ogni caso, giusto per onor di cronaca, in questo passaggio Draco fa l’ennesimo sfoggio di conoscenze Babbane (e spero abbiate notato che suddette conoscenze sono alquanto, ehm, infantili. Non me ne voglia il mio biondo, ma ho deliberatamente deciso di indirizzarlo verso una cultura più elementare. Del resto, bisogna sempre partire dalle basi, no? xD) citando la favola di Cenerentola.

4) La questione dell’incantesimo di Trasfigurazione potrebbe apparire controversa, ed effettivamente la è xD
Molti, soprattutto i puristi della Saga, potrebbero giudicarla forzata ed inverosimile, e sono già pronta a ricevere eventuali critiche al riguardo. Anzi, io stessa nei panni di lettrice probabilmente avrei storto il naso in questa circostanza, lo ammetto.
La mia decisione di impostare in questo modo la trama è innanzitutto da imputare allo svolgimento della scena in sé: mi sono immaginata sin da subito Hermione che studia il proprio salotto in cerca di una sistemazione per il pupo, Draco che propone per l’ennesima volta di andare a casa sua, lei che si ribella per la faccenda degli elfi (e non solo) e via dicendo. Mi mancava la motivazione, la ragione per cui Hermione si trovasse in difficoltà nel procurare al bimbo un giaciglio.
Da lì, mi è nata questa malsana idea delle lezioni di Babbanologia, cosa che peraltro servirà da spunto per altre scene. Potevo risolvere il tutto trasformando le lezioni di Babbanologia in lezioni di Trasfigurazione, è vero, ma A) trovo poco probabile che Hermione non ricordi un incantesimo insegnatole dalla McGrannit, B) non vedo per quale motivo la MC dovrebbe insegnare a trasfigurare una poltrona in una culla e C) Babbanologia mi sembrava l’unica materia “papabile” nella quale attuare questa sorta di lezioni di “economia domestica”.
Peraltro la faccenda dell’incantesimo mi ha dato lo spunto anche per la battuta di Cenerentola e per la chiusa di questa parte di capitolo, dunque alla fine ho deciso di mantenerla sebbene si possa considerare OOC (passatemi il termine, anche se non mi riferisco nello specifico a dei personaggi).

5) La battuta sulla “rarità” rappresentata da un Irlandese sobrio fa parte del mio bagaglio culturale Simpsoniano. Nello specifico, vi rimando all’episodio in cui Homer ed il Signor Burns si cimentano nella cattura del mostro di Loch Ness, allo scopo di rendere il vecchio miliardario amato dagli Springfieldiani. Il Signor Burns, in procinto d’imbarcarsi nell’impresa, annuncia ad Homer che “darà al mondo qualcosa che ha cercato sin dall’alba dei tempi”, al che Homer replica “un Irlandese sobrio?”.
La frase “lo dice sempre con quel tono sorpreso” è invece un mio personale adattamento della battuta pronunciata sia da Ron che da Hermione nel corso di DH. L’originale, nel caso non lo ricordaste, è “sempre questo tono sorpreso”: Ron lo dice ad Hermione quando questa si mostra meravigliata di fronte al racconto di Tonks sulle sue “eroiche gesta” durante lo scontro volante con i Mangiamorte (quello coi sette Potter, per intenderci), Hermione invece lo dice a Ron quando lui si complimenta con lei per la sua mise al matrimonio di Bill e Fleur.
La mia scelta di questa specifica frase, uno dei capisaldi dello schieramento Kickers (o Ronmione che dir si voglia), non è assolutissimamente casuale, ed ha un suo perché. Se conoscete un minimo me, la mia ferma convinzione che L&L sia il vero pairing e che dunque la Row abbia optato per una scelta scontata e “politically correct” (specialmente in nome del suo malcelato quanto incomprensibile odio per Draco), e soprattutto la mia infima natura di Slytherin, coglierete immediatamente tutti i vari sottintesi e la maliziosità insite in queste misere sette parole (sette, peraltro, il numero magico più potente, manco a farlo apposta xD) ^^

6) Sì, avete letto bene, “Fred e George”. Tra tutti i crimini di cui si è macchiata mamma Row in DH, la morte di Fred è a mio parere uno dei più tremendi ed ingiustificabili (nella mia personalissima ottica, però, meno grave del mancato accoppamento di Potty, il – buon Dio – matrimonio tra Ron ed Hermione e la stempiatura di Draco – tre eventi che detengono il primo posto in classifica a pari merito), di conseguenza ho deciso di fare la sovversiva e di ribellarmi a questa ingiustizia.
Motivo per il quale, almeno in “Toak”, Fred Weasley è vivo, vegeto e più irriverente che mai.

7) Sui generis è un’espressione latina di uso comune nel gergo quotidiano, e sta ad indicare un qualcosa o un qualcuno particolarmente atipico.
Invece, se non ricordo male, “chi nasce tondo non può morire quadrato” dovrebbe essere un proverbio siciliano (chiedo conferma a chi ne sa di più di me). In ogni caso, ho deciso di “rigirarlo” innanzitutto perché trovo che il quadrato sia una figura geometrica assai più adatta a Percy, e secondariamente per la successiva frase sullo “smussare gli angoli”. Peraltro, questa mia soluzione è a sua volta una citazione, dato che “Se uno nasce quadrato non muore tondo” è il titolo dell’autobiografia di Gennaro Gattuso (centrocampista del Milan ed uno dei campioni del Mondo del 2006, per chi fosse a digiuno di calcio).
Il giochino di parole “perfetto... Prefetto” è assai triste, me ne rendo conto, ma si rifà al nomignolo con cui Fred e George si rivolgono a Percy, oltre alla carica che effettivamente ha ricoperto ad Hogwarts.

8) “Incantesimi, pozioni e trucchi magici per una giovane Strega single” è un titolo di mia fantasia che, però, si ispira ad un altrettanto deprimente regalo di una conoscente molto inopportuna ad una mia amica, il cui significato sottinteso è peraltro il medesimo del libro di Hermione (“Sei una povera zitella senza speranza, dunque ti regalo questo tomo per aiutarti a rendere meno miserabile la tua vita in solitaria” è l’implicito messaggio da me medesima sviscerato dopo che la suddetta mia amica mi ha mostrato il libro in questione, per condividere con me il suo disappunto).
L’accento sbagliato che vanifica gli sforzi di compiere una magia, invece, è un palese riferimento ad Hermione stessa ed al suo “è leviosa, non leviosà”.

9) Qualche precisazione “ambientale”: il giallo ocra è un giallo scuro, più o meno come questo, e teoricamente sarebbe il colore delle pareti della mia taverna. A differenza di Draco, che evidentemente lo trova rivoltante, io lo adoro. Ritengo che le pareti gialle siano di gran lunga preferibili a quelle bianche, almeno in una casa. Danno una luminosità ed un calore di cui il bianco è privo, e sono molto più semplici da gestire (tenendo conto che un muro bianco basta che ti ci appoggi contro con una mano e già si sporca u.u). Le digressioni sui miei gusti non c’entrano un tubo, ma da questo punto di vista suppongo che io ed Hermione potremmo essere sulla stessa lunghezza d’onda. Ce la vedo a scegliere un colore così pacatamente vivace (è un ossimoro, lo so xD) per il proprio salotto. Peraltro, i tizi che mi hanno tinteggiato casa hanno detto che statisticamente il giallo è il colore prediletto dalle donne per le proprie pareti. D’altro canto il nostro Draco, cresciuto nella cupezza di Malfoy Manor e contornato dal verde e l’argento di Slytherin, presumibilmente lo troverebbe un colore tanto insolito quanto fastidioso, almeno per lui.
Per quanto riguarda il letto del mio biondo preferito, ammetto anche in questo caso di averci messo del mio. Al di là del fatto che il letto a baldacchino è il mio più grande desiderio sin dall’infanzia (e prima o poi riuscirò ad averlo, costi quel che costi u.u), ho sempre immaginato Draco che dormiva sotto una simile struttura. Sarà per l’aura aristocratica e quasi principesca di questi mobili, sarà perché tutto sommato nella mia mente vedo Malfoy Manor simile ad un vecchio palazzo ottocentesco, in ogni caso, per me il letto di Draco è sempre stato a grandi linee così, anche se un po’ meno “pomposo”, ecco. Peraltro, ho sempre supposto, come si evince dal testo, che la struttura fosse verde scuro ed i tendaggi grigio perla, in onore della nobile discendenza di Salazar.
Infine, la plafoniera. Per chi non lo sapesse, questo è ciò a cui mi riferisco. Un’illuminazione molto più semplice e spartana rispetto ai classici lampadari (che oltretutto io non amo particolarmente, ma dettagli), e dunque molto più vicina allo stile di Hermione. Ad onor del vero, esistono anche plafoniere finemente lavorate, con cristalli e pendenti vari, ma in questo caso io mi riferisco a qualcosa di molto simile alla foto, una struttura estremamente elementare e scevra di qualunque inutile e fastoso orpello.

10) Inutile che vi dica che “Draco dormiens numquam titillandus” è il motto di Hogwarts, oltre che l’ennesima mia tristissima battuta u.u
La parte sullo “spiare Draco mentre dorme” è una velatissima stoccata – come sempre – alla saga di Twilight, mentre per quanto riguarda il “Malfoywatching” è un termine da me coniato sulla falsariga del “birdwatching” (ovvero, l’osservazione degli uccelli – pennuti Zab, pennuti u.u)

11) Pinco Panco e Panco Pinco sono i due strampalati gemelli ciccioni di “Alice nel paese delle meraviglie”, che la bambina incontra qualche scena dopo essere approdata in quel fantastico mondo e che si dilettano nel raccontare pittoresche storielle sottoforma di canzone (nel caso di Alice, le narrano la storia delle ostrichette curiose). Paradossalmente, sono i miei personaggi preferiti, subito dopo Alice (che prediligo non per reale propensione quanto per personali questioni affettive <3) ed un pochino prima dello Stregatto, eppure nonostante ciò ho scelto di utilizzarli per deridere Ron e soprattutto l’odiatissimo Harry.
Diciamo che sto cominciando a sviluppare una sorta di sadico piacere nel ricercare nomignoli sempre più fantasiosi e variopinti con cui schernire la coppia in questione.
Peraltro, che Pinco Panco e Panco Pinco siamo due Gingers (ovvero hanno i capelli rossi) come Ron e che vestano di rosso e giallo è una curiosa coincidenza xD
Ovviamente, mi riferisco ai due personaggi del cartone Disney, non a quelli del recente film con Johnny Depp. Quelli, a mio parere, non rendono loro affatto giustizia u.u

12) Il cuore che aumenta di tre taglie è un’altra citazione Grinchesca, mentre il “sono o non sono una strega?” è una sorta di parafrasi Potteriana: si rifà alla scena di PS dove Hermione, di fronte al Tranello del Diavolo, si lascia cogliere dal panico per la mancanza di legna con cui ardere e dunque distruggere la pianta, e Ron la fa rinsavire sottolineandole bruscamente “Sei una strega sì o no?”.
Lo spirito che discende dal cielo è l’ennesima prova della mia blasfemia ed un riferimento talmente famoso che dubito di doverlo stare a spiegare a chiare lettere ^^
Infine, la questione lessicale della parola “costretto”. Ho scritto “in entrambe le accezioni del termine” perché, in questo caso, mi riferisco sia alla costrizione nel senso di assoluta necessità (della serie “non posso fare altrimenti, i libri sono la mia unica ancora di salvezza dunque li consulto seppur controvoglia”), sia nel senso di obbligo ed imposizione di terzi.

13) Per quanto riguarda la questione Draco/Daphne (e Nott), è tutto frutto della mia testolina bacata. Vi confesso che l’unica volta in cui ho letto il nefasto “19 anni dopo” (per poi non ripetere l’errore e fingere allegramente che non esistesse), constatando che Draco PERLOMENO non era stato tristemente accoppiato con Pansy, ho subito pensato a Daphne come sua probabile sposa. In seguito, ho scoperto con amarezza che invece si trattava della (chi?!) sorella (O.O) di questa, Astoria (o Asteria, ma tra le due preferisco la prima versione u.u).
Ora, tralasciando i commenti sull’epilogo e sul matrimonio di Draco (ed è meglio, o potrei spendere pagine su pagine fitte di lamentele ed insulti), io rientro nella categoria di fanwriter che, tendenzialmente, non ama la “leggenda metropolitana” dei matrimoni combinati tra Purosangue. Ritengo più probabile che i genitori incoraggino certe unioni, ma non che stipulino contratti vincolanti. Da tutto ciò, la mia idea di Lucius e Narcissa che tentano invano di spingere Draco e Daphne l’uno verso l’altra (l’avversione infantile tra i due è un pretesto fantasioso ed anche piuttosto semplicistico, ma che mi garba non poco xD).
Altra questione delicata, il “non ti ho mai trattata come loro”. Liberissimi di giudicare quella parte troppo forzata o visionaria o inverosimile, ma ci tengo a specificare che mi sono semplicemente limitata a riportare la realtà dei fatti, consultabile da chiunque possegga i libri di HP. Che io veda l’L&L dovunque è assodato, ma in questo caso non si tratta di fantasie o invenzioni quanto di passaggi reperibili su carta, anche se in molti casi bisogna leggere tra le righe – ma nemmeno più di tanto. Per inciso, gli atteggiamenti vagamente quasi “gentili” di Draco sono, in particolare, la sua mancata reazione allo schiaffo di Hermione in PoA (avrebbe fatto il diavolo a quattro contro chiunque altro, sia sul momento che vendicandosi successivamente) e l’incontro tra il Trio dei Miracoli e Malfoy alla Coppa del Mondo di Quidditch (dove Draco, velatamente, invita Hermione a darsela a gambe per non farsi catturare dai Mangiamorte). C’è anche dell’altro ovviamente, ma nello specifico ho pensato subito a questi due momenti.
“Le spille magiche e le canzoncine in rima” si riferiscono, ovviamente, alla spilla con slogan anti-Potter che Draco crea e diffonde per la scuola durante il Torneo Tremaghi ed a “Perché Weasley è il nostro Re”.

14) Defaillance è un termine francese importato anche nel linguaggio comune italiano, e sta ad indicare un momento di debolezza, un cedimento tanto fisico quanto mentale.
La Gallina dalle uova d’oro è invece un modo di dire traslato da una vecchia fiaba. Letteralmente si usa riferirlo ad un metodo con cui arricchirsi facilmente e velocemente, ma in senso più esteso si applica anche a situazioni particolarmente favorevoli, che garantiscono un rapido e consistente successo non necessariamente solo monetario.
Per quanto riguarda Andromeda, infine, la sua presenza nella vita di Draco è una mia libera “interpretazione”, diciamo.
Lucius e Narcissa, come ho già specificato, sono in carcere per scontare la propria pena, ed ho presupposto che, una volta rimasto solo, Draco avesse voluto riallacciare i rapporti con la sua ultima parente rimasta in vita, fosse solo per una questione di comodità. D’altro canto, anche Andromeda stessa è rimasta sola col piccolo Teddy, presumibilmente non le sarà dispiaciuta l’idea di trascorrere del tempo col figlio di sua sorella.
Spero sia risultato evidente che Draco in realtà aveva impegni per il giorno di Natale, nello specifico con sua zia, Daphne Greengrass e gli altri suoi amici (perché no, non sono tutti morti, che diamine u.u). Ma si sa, in guerra ed in amore tutto è lecito, anche calcare la mano sulle proprie sventure e fingersi completamente soli al mondo per ottenere compassione dalla fanciulla del proprio cuore. Peraltro, Draco si è già dimostrato melodrammatico in precedenza, e continuerà a farlo finché ciò contribuirà alla sua missione di conquista ^^

15) “Le api ed i fiori” sono la metafora base con cui la maggior parte dei genitori tenta di spiegare ai figli il processo riproduttivo – e questo credo che lo sappiate in molti xD
Per quanto riguarda i metodi educativi di Lucius Malfoy, ho scelto di mettergli in bocca le parole che trovo più adatte ad un personaggio come lui. Onestamente, ce lo vedete Luc ad intavolare una conversazione con Draco su come nascono i bambini? O.O
La “precocità” dei Serpeverde è un topos letterario delle fanfiction del Potterverse, ma in fin dei conti non la trovo una considerazione così inverosimile. Caratteristica degli Slyth è l’essere molto più smaliziati dei propri compagni, è una cosa che fa parte della loro indole naturale. Trovo plausibile che già in tenera età si confrontino su argomenti più adulti, mentre i Grifoni (tanto per fare un esempio xD) stanno ancora a lucidare i loro manici di scope e ad arrossire per un bacio su una guancia. Che poi questa tendenza sia attualmente la triste realtà della gioventù odierna è un argomento che eviterei di affrontare in questa sede, ma che ad onor di cronaca mi lascia sempre più basita e sconcertata.
Dulcis in fundo, una puntualizzazione sull’ipotetica “prima volta” di Draco. Che la sua partner sia Pansy è a sua volta un topos letterario molto diffuso, ma io lo ritengo piuttosto probabile, considerando il “legame” che si evince anche dai libri. La Row non ha perso tempo a chiarirci se Draco e Pansy stessero effettivamente insieme o se semplicemente lui le concedesse di ronzargli attorno – per quale motivo avrebbe dovuto, del resto? A chi potrebbe interessare la vita sentimental-sessuale di un personaggio della Saga che NON SIA Harry Potter? u___u – , ma dal momento che vanno anche al Ballo del Ceppo insieme, non ci vedrei nulla di strano.
Detto ciò, ho deliberatamente scelto di far “sbocciare” Draco in estate proprio per far sì che l’evento non si verifichi tra le mura di Hogwarts, dove secondo alcune fiction esistono veri e propri circoli di libertinaggio, club del sesso ed associazioni di scambisti O.O
E’ evidente, considerando che Draco è nato a giugno, che la chiacchierata tra lui e Luc avviene anche qualche mese dopo la sua prima volta.
Sulle inclinazioni di alcuni membri della famiglia Black non mi esprimo, ma se mi conoscete anche solo un minimo avete già intuito dove voglio andare a parare xD

16) Le Banshee sono spiriti della tradizione fantasy, diffuse tanto nella saga di HP quanto in altre opere del genere. Vengono spesso definite “demoni urlanti” per il grido agghiacciante che le contraddistingue, che in alcuni casi ha il potere di uccidere chi lo ascolta o in altri scatenare onde d’urto. In ogni caso, si tratta di un urlo sovrumano potente e molto stridente, e chi come me ama le metafore colorite usa spesso questo riferimento per indicare strepiti e toni di voce eccessivi (io stessa sono stata spesso additata come Banshee u.u)
Lasciatemi poi spendere qualche parolina sul pigiama di Hermione. Ho notato che nelle fict vi sono due correnti di pensiero al riguardo: o una Granger fedele in maniera piuttosto esagerata alla sua anima da secchiona rigida e casta che si veste di pigiamoni di flanella, magari pure a quadri, inguardabili ed inavvicinabili; o un’insospettabile femme fatale che rivela in camera da letto (e soprattutto in presenza di monsieur Malfoy) un’inattesa indole pornografica, sfoggiando succinti completini, pizzi e trasparenze.
Ora, alla qui presente Val non piace né l’una né l’altra tendenza, sarò sincera. Non mi piace il tentativo di estremizzare Hermione per un verso o per l’altro, il voler rendere palese e quasi stereotipata la sua assoluta discordanza con le sue compagne più discinte e disinibite o al contrario il volerla uniformare ad esse attraverso gli indumenti da notte.
Hermione, Dio sia lodato, è un personaggio femminile con le contropalle. E’ quanto di più lontano ci sia da una Mary Sue, una Babi, una Bella Swan, un’Alice Cesaroni, una Patty, una Ugly Betty e chi più ne ha più ne metta. E’ una ragazza assolutamente normale, come me e tante altre di voi (nel mio caso, anche la chioma è la stessa, più o meno), che si distingue per un carattere particolarmente spiccato ed una florida intelligenza.
Non sopporto gli stereotipi ed i topos letterari pretestuosi in nessun caso, ma men che meno se vengono usati su Hermione, che io adoro, venero, ammiro e che è una dei miei idoli dell’infanzia – e non solo. Motivo per il quale la mia Hermie, in qualità di ordinaria fanciulla normotipo, dorme con un comunissimo, sobrio e soprattutto decente pigiama. Niente di comicamente castigato ed ingeneroso, niente di eccessivamente provocante e volgare.

17) Le scimmie morte di vaiolo arabo sono una peculiarità del mio gergo casalingo, vi basti solo sapere che è un’espressione che serve ad indicare l’ipotetica causa dell’odore nauseabondo di.... beh, certi prodotti corporali xD
I capelli boccolosi di Astoria sono una mia interpretazione personale. Nel mio immaginario, ho sempre idealizzato le due sorelle Greengrass entrambe bionde, Daphne molto chiara ed Astoria con un colore più tendente al biondo cenere. Ma mentre la primogenita per me è contraddistinta da lunghi e setosi capelli lisci, per la seconda ho immaginato un’acconciatura mossa, sebbene comunque ordinata e definita – ovvero esattamente l’opposto del cespuglio di Hermione (che è poi anche il mio cespuglio u.u)
Un doveroso chiarimento, infine, sulla questione Hermione-Marchio. Non fraintendetemi, il fatto che Hermione non si mostri impaurita o disgustata non significa né che abbia cancellato qualunque memoria di Voldemort e di tutto ciò che ha causato – ci mancherebbe, chi ne sarebbe in grado? – né che il suo “amore” – ed in questo caso sono evidentemente ironica, è ovvio che lei ancora non nutre simili sentimenti – per Draco le consenta di adorare anche quell’abominio che si ritrova sul braccio.
O meglio, da un certo punto di vista è anche così. Al momento, come ho detto, Hermione non nutre simili sentimenti per lui, ed anzi non è ancora neppure consapevole che sotto sotto non le dispiace, ma a tempo debito il suo rapporto col Marchio prenderà la forma di quello tra Draco ed i capelli della giovane. Ovvero, una cosa che presa a sé non piace, ma che considerata nell’insieme dell’altra persona, dal momento che è comunque sua parte integrante e contribuisce a renderla ciò che è, finisce col venir inglobata nel turbine affettivo.
Attualmente, Hermione si comporta da perfetta Hermione, nel senso che il suo amore per la conoscenza e per l’onestà intellettuale vince sugli spaventosi ricordi di guerra. Sa di non aver nulla da temere, né da Draco né dal Marchio, e l’osserva dunque con l’interesse tipico dei collezionisti di cultura. E’ un po’ come chi va a visitare un campo di concentramento, tanto per fare un esempio drastico: non è una gita di piacere e di certo non amano il luogo, ma restano affascinati dall’aria “storica”, da quanto quel posto abbia da raccontare e dall’importanza che ha avuto a livello culturale. Hermione è la prima – e presumibilmente unica – persona che riesce ad andare al di là della paura, per accogliere quel simbolo come ciò che realmente è, ovvero una testimonianza del passato.
Che poi intimamente lei nutra anche il desiderio di non cadere più in una di quelle gaffe già compiute nei confronti del ragazzo e dei suoi trascorsi oscuri è un altro paio di maniche :)

18) Per quanto riguarda la breve descrizione di Draco sulla Marchiatura da parte di Voldemort, anche in questo caso è una mia libera interpretazione, dato che, se non ricordo male, la Row non si è mai soffermata a descriverla più dettagliatamente (come, del resto, ogni cosa che diverga leggermente dalla sua visione Pottercentrica u.u). Ho sempre istintivamente associato la cosa alla marchiatura degli animali, dunque mi sono limitata a rendere quelle che potrebbero essere le sensazioni di un essere umano sottoposto ad un simile trattamento (non che gli animali siano da meno, è evidente che non è piacevole nemmeno per loro, ma non possono testimoniare a parole la loro esperienza, ovviamente).
La descrizione delle reazioni corporali, e soprattutto della puzza di bruciato, è già stata affrontata da me medesima in una mia vecchia One-shot (“Dove c’è molta luce, l’ombra è più nera”), con la differenza che in quel caso il soggetto in questione non era Draco.
La mia opinione sul nome Scorpius è piuttosto risaputa (ma in generale su tutta la nuova generazione, e non solo per una questione di nomi), dunque nelle mie storie non leggerete MAI di un Malfoy chiamato a quel modo u.u A prescindere dal fatto che qui non si tratta di un vero e proprio Malfoy, dettagli.
Il nome Philip non ha alcuna precisa motivazione. E’ un nome semplice, senza grandi pretese, facilmente ricordabile e comunque, a mio avviso, bello. Il fatto che fosse l’opzione “maschile” dei Granger è un’altra supposizione di fantasia della sottoscritta, un mero modo con cui giustificare il perché Hermione lo abbia preso in considerazione.






Mie care, sono estremamente dispiaciuta per tutto il tempo che vi ho fatto aspettare per questo aggiornamento, e mi auguro che il capitolo sia sufficientemente all'altezza di una simile attesa.
Devo ringraziare profondamente tutti voi, chi recensisce innanzitutto, ma anche chi si limita a leggere in silenzio.
Un grazie gigantesco ai 22 che hanno inserito "Toak" tra i preferiti, i 4 che la ricordano ed i 53 che la seguono. Infine, è giusto dirlo, grazie a chi ha inserito me tra gli autori preferiti (cosa che, lo confesso, mi lusinga e confonde non poco <3).

Ora, purtroppo, una nota dolente.
Sono in un periodo piuttosto complesso della mia vita, sia per questioni meramente personali che per faccende universitarie. Settimana prossima avrò gli esami scritti, ma a prescindere da ciò ho iniziato in modo effettivo a lavorare alla tesi (che discuterò a luglio, evviva evviva *_*).
Per questo motivo, purtroppo, il tempo da dedicare alla scrittura delle fict si è drasticamente ridotto, e di conseguenza temo che i tempi di aggiornamento al contrario si allungheranno notevolmente u.u
Da parte mia, vi prometto che farò il possibile per tentare di essere rapida, per quanto le circostanze me lo concederanno.
Mi auguro solo che i miei ritardi non vi portino ad allontanarvi da me xD

Come sempre, vi rimando alla mia pagina di Facebook per spoiler, commenti, offese, insulti, pernacchie e quant'altro xD
E con ciò, vi saluto calorosissimamente *__________*

Alla prossima!!
(Che mi auguro sia il prima possibile ._.)


   
 
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