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Autore: Kuruccha    28/01/2011    6 recensioni
Il destino dipende dalle decisioni prese.
[What if?][Long-fic]
Genere: Avventura, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti | Coppie: Katara/Aang
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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Capitolo 4 - In gabbia

Ty Lee sospirò, chiusa nella sua cella di ghiaccio.
 - Che noia - borbottò, guardando il soffitto. Lo stesso soffitto di ogni giorno. Non una singola differenza - e non che ci fosse molta speranza di vederne, dato che per una minima novità avrebbe forse dovuto aspettare il disgelo.
Abbassò lo sguardo e fissò le stalattiti che, scendendo verso terra, formavano le sbarre, ben consapevole del fatto che molto probabilmente nascondevano un cuore di duro acciaio. Così, per sicurezza.
 - Che noiaaa - ripetè, con un tono più alto. - Noiaaaaa - continuò, strascicando le vocali finali. - Nooooooiiiiiiiaaaaaaa - provò ancora, concentrandosi sull'eco generato dalle parole appena pronunciate. - Si muore di noiaaaa - gridò, rivolta all'esterno. Non ottenendo risposta, adagiò il mento sui palmi delle mani, i gomiti posati sulle ginocchia. Era seduta su un blocco di ghiaccio malamente ricoperto con una pelliccia, e non potè fare a meno di notare come il suo fondoschiena stesse perdendo sensibilità minuto dopo minuto.
 - Che nooooiii-
 - La vuoi smettere una buona volta? - urlò Mai da una delle celle vicine, già esasperata, interrompendola.
 - Ma sto morendo di noiaaaa - motivò l'altra, avvicinandosi alle sbarre e afferrandole, per poi cambiare idea nell'attimo immediatamente successivo. Ritrasse le mani e le portò vicino alla bocca, tentando di scaldarle con il fiato.
 - Trovati qualcosa da fare - tagliò corto Mai.
 - Ma stavo facendo qualcosa. Provavo gli effetti dell'eco!
 - Sono tre settimane che provi gli effetti dell'eco. Tre - intere - settimane! - sibilò.
Ty Lee si risentì per un secondo, e ammutolì.
 - Perchè non torni a fare le tue acrobazie? - la rimbeccò Mai.
 - Il pavimento è troppo freddo qui - motivò lei, un'espressione triste in viso. - Mi si gelano le mani - spiegò ancora, fissandosi le dita.
Ci fu un attimo di silenzio. Mai non era mai stata una persona di molte parole; quando non doveva parlare per forza, preferiva stare zitta.
 - Ho un'idea! Chiediamo di uscire! - ricominciò l'altra, un gran sorriso in volto.
 - La nostra ora d'aria è stata poco fa. Saranno passati sì e no venti minuti - la demotivò, rimanendo seduta, a braccia conserte e gambe accavallate.
 - Magari ci faranno uscire ancora!
Mai sospirò, ormai senza un briciolo di pazienza. - Prova a domandarlo alla guardia. Almeno per un po' non dovrò sentire le tue farneticazioni.
 - Eh? Tu non vieni? - domandò l'altra, appiattendosi all'unico muro che la sua cella e quella dell'amica avevano in comune. - Non è divertente se non vieni anche tu!
 - Sono irremovibile. - tagliò corto, seccata.
Ty Lee si imbronciò. Per fortuna non puoi vedermi, pensò, facendo una linguaccia in sua direzione.
 - Signora guardia! - chiamò infine. - Signora guardiaaaa....
Mai si tappò le orecchie con i palmi delle mani, alzando gli occhi al cielo.
 - Signor guardiaaaaanoooooooo - gridò ancora, e la solfa ricominciò.

Bato della Tribù dell'Acqua del Sud sospirò divertito, e sorrise da dietro la porta aperta nel corridoio che dava alle celle. Era la terza volta che quella scenetta si ripeteva, quella mattina - o forse la quarta, non ne era sicuro. Era raro che i turni di guardia toccassero a lui, perchè con le sue competenze era di solito molto più utile altrove; però, per il quieto vivere della comunità, e per quanto le rotazioni nei compiti fossero abbastanza flessibili, certe volte anche un uomo della sua importanza doveva arrendersi a quelle incombenze. Non che fosse così spiacevole; era divertente poter staccare un po' la spina dall'organizzazione della roccaforte, soprattutto se il suo ruolo era quello di sorvegliare quelle due ragazzine. Mosse il piede sinistro, e si avviò.
 - Signor guardiaaaaaanooooooo - chiamò Ty Lee, a volume sempre più alto, le mani raccolte a coppa attorno alla bocca.
 - Sono qui! Sono io - rispose, camminando lentamente e spostando il peso da una gamba all'altra, per far risuonare di più i propri passi nel lungo corridoio.
 - Signor Bato! - esclamò la ragazza, saltellando di felicità, riconoscendo quella sua strana abitudine. - E' tornato a trovarci!
Bato rise.
 - Non è certo una visita di cortesia, Ty Lee, lo sai bene - disse, sorridendo, infilando le mani in tasca.
 - Non importa! Come sta? Com'è la situazione fuori? - domandò lei, sempre più entusiasta.
 - Sai bene che non dovrei parlare di politica con un prigioniero - la rimbeccò ancora.
 - Su, signor Bato, le abbiamo salvato la vita! Almeno un po' di riconoscenza dovrebbe dimostrarla, non pensa?
Bato sorrise ancora. Quello era uno dei punti dolenti su cui avrebbe sempre potuto far leva.
 - E sentiamo, perchè mi hai chiamato?
Ty Lee sorrise, con espressione furba.
 - Posso uscire, signor guardiano? - domandò, portandosi una mano alla guancia, uno sguardo seducente in viso, le labbra a cuore. - Qui fa così freddo...
Bato rise di nuovo, questa volta sguaiatamente.
 - Questa piccola scimmia in gabbia dimentica che sono sposato e con figli - si giustificò, puntandole il dito contro e avvicinando il viso alle sbarre.
 - Oh? Nelle tribù dell'acqua non esiste il divorzio? - continuò, innocente, la mano davanti alle labbra e le sopracciglia corrugate di dispiacere. Poi non potè più resistere, e scoppiò a ridere a sua volta.
Mai, dalla sua cella, sospirò. Quella scenetta si ripeteva ogni volta che quel Bato faceva il turno di guardia. E già sapeva come sarebbe andata a finire.
 - Solo cinque minuti, signor Bato - chiese ancora, sorridendo.
 - E sia - le concesse, afferrando il mazzo di chiavi. Quella ragazza gli stava simpatica; inoltre, conosceva bene il motivo per cui non aveva mai tentato di scappare da lì, ed era lo stesso per cui non avrebbe mai nemmeno provato a fuggire. Il clic della serratura, il tonfo del chiavistello che cadeva, e la porta era aperta. Per pura cortesia, come ogni volta, formulò quella domanda.
 - Vuole uscire anche lei, signorina Mai? - disse, cercando di essere rassicurante.
 - Se la porti pure via - rispose l'altra, secca, come ogni volta.
Ty Lee saltellò ancora, impaziente, dietro di lui.
 - Agli ordini, capo - concluse Bato, voltandosi e incamminandosi mentre l'acrobata, fremente, lo seguiva nel cortile, entusiasta.

Appena i due furono abbastanza lontani, Mai inspirò profondamente l'aria fredda della sua cella, ed espirò, lasciando finalmente riposare i muscoli della sua schiena, rimasta rigida fino ad allora per mantenere una posizione piena di contegno. Non che qualcuno la stesse guardando, ma era un'abitudine dura da abbandonare.
Si alzò in piedi, con tutta l'intenzione di stendersi nella sua brandina di pellicce e schiacciare un pisolino mentre c'era ancora silenzio. Non poteva dire di star male, chiusa lì dentro; a lei, al contrario di Ty Lee, non davano fastidio nè la mancanza d'aria nè l'impossibilità di muoversi. Per quanto fossero nemiche di quel popolo, e prigioniere a tutti gli effetti, la tribù dell'Acqua del Nord non le stava trattando affatto come tali. Le loro gabbie, nei limiti del possibile, erano spaziose e comode; senza finestre, come era ovvio fosse, ma questo particolare le rendeva molto simili a un qualsiasi palazzo della Nazione del fuoco, e ciò spiegava la familiarità con cui si era adeguata in fretta alla sua nuova condizione di reclusa. L'unica cosa a poterla infastidire era la massiccia presenza di pelli e pellicce tutt'intorno; tuttavia, si era presto resa conto della necessità di quel rivestimento, che avrebbe loro permesso di non morire assiderate, perlomeno; perciò, aveva finito per adeguarsi anche a quello. Le celle non erano nè buie nè luminose; pur non avendo nessuna dotazione a riguardo per la notte - mettere una torcia in un igloo con un membro della Nazione del Fuoco non sarebbe stata un'idea molto brillante - di giorno la debole luminescenza che filtrava dal ghiaccio era sufficiente a rischiararle. La quantità di luce desiderata era poi facilmente manovrabile posizionando delle pelli in punti strategici.
Sollevò uno degli strati di coperte malamente ammucchiate sul suo letto, e cercò di infilarsi sotto il peso di tutto quel pelo - la sua strana consistenza era qualcosa a cui forse non si sarebbe mai abituata, alla luce di tutti gli anni passati ad usare a malapena un lenzuolino. Posò la testa sul cuscino, e come sempre i pensieri la assalirono. Perchè mai aveva deciso di seguire Ty Lee in quella pazzia? Non sarebbe stato più semplice rimanere a palazzo?
No, non lo sarebbe stato, rimuginò. Saremmo entrambe già morte da un pezzo.

Quando aveva visto lampeggiare di furia gli occhi di Azula, mentre uccideva il proprio padre, Mai aveva capito che anche loro avrebbero presto fatto la stessa identica fine. Il lungo sguardo scambiato con Ty Lee, e passato inosservato dalla loro amica che si stava beando della perfetta riuscita del suo piano, era stato sufficiente a farle capire come entrambe stessero pensando la stessa cosa.
Per la prima volta nella loro vita, avevano capito che avrebbero dovuto lottare per sopravvivere.
Quella era stata l'ultima volta che avevano visto Azula; erano troppo turbate per incontrarla ancora una volta, e il loro timore sarebbe risultato evidente da ogni affannato respiro. Il macigno improvvisamente posatosi sullo stomaco di Mai le aveva fatto capire che l'unica soluzione possibile sarebbe stata la fuga. Sì, fuggire, ma dove? Non c'era nessun luogo sicuro, sulla faccia della terra. Tuttavia, il senso di sopravvivenza le suggeriva che questa era l'unica opzione possibile.
Fu Ty Lee ad elaborare l'unica soluzione che sembrasse attuabile in quel contesto. Pur avendo preparato il piano in fretta e furia, la piccola acrobata aveva ponderato ogni minima mossa con attenzione certosina, proprio come le era stato insegnato all'Accademia.
Poche ore dopo la sconfitta di Ozai, mentre Azula non si era ancora accorta della loro assenza, si erano dirette alla Roccia Bollente e avevano prelevato i prigionieri di guerra più importanti. Visto che la notizia del trionfo di Azula si era già diffusa di bocca in bocca, non fu difficile far credere ai guardiani - i quali, dopotutto, obbedivano allo zio di Mai, il quale, ricordando il rapporto tra la nipote e la neoeletta regnante, aveva garantito la loro buona fede - che la prima volontà del nuovo Signore del Fuoco fosse giustiziare in pubblico gli incarcerati più pericolosi. Avrebbero provveduto loro due a scortarli, dopo averli storditi a sufficienza; nessuno pensò quindi alla potenziale pericolosità dell'azione che stavano per facilitare.
Portati i prigionieri fuori dalla Roccia Bollente, attesero il recupero della loro lucidità, osservandoli da lontano. I primi a riprendersi furono gli uomini più muscolosi, che si rivelarono poi essere i capi della forze ribelli delle Tribù dell'Acqua del Sud. Bato era tra loro, ed era uno dei pochi - ma non certo il solo - ad avere ricordi abbastanza chiari sul modo in cui quelle due ragazzine, ora ben nascoste tra i rami degli alberi, li avessero tirati fuori da quell'inferno. In fretta e furia organizzarono il gruppo, che contava almeno una ventina di persone; erano consci del fatto che presto, molto presto, qualcuno avrebbe notato come l'intera faccenda puzzasse di bruciato. Senza nemmeno riposare, pur essendo stremati, si misero in marcia verso il Polo Nord, sperando di ottenere assistenza da quello che notoriamente era l'ultimo baluardo della resistenza.
Ci volle un bel po' di tempo ad arrivare fin laggiù; quel lontano paese non era certo dietro l'angolo. In più, dovettero impadronirsi di provviste e mezzi di trasporto; per quanto fossero abituati a continue privazioni, non tutti loro erano in grado di sopportare un viaggio così lungo e, allo stesso tempo, così precipitoso.
Quelle due ragazzine continuavano a pedinarli. Dopo un po' di tempo, Bato ne parlò agli altri, e scoprì che quasi tutti avevano già notato la loro presenza. Alcuni erano addirittura certi che quell'inseguimento fosse finalizzato a scoprire se realmente il Polo Nord fosse l'ultima roccaforte rimasta, o se magari ci fossero altre basi segrete sparse per il mondo. Spie, insomma. Bato non era d'accordo; in quel caso, non sarebbe stata necessaria la liberazione di così tante persone; e poi, notava qualcosa di davvero disperato nel loro modo di rincorrerli. No, si ripeteva, scuotendo la testa: la loro sembrava più una fuga. Ma una fuga da cosa? Se nemmeno due ragazzine della Nazione del fuoco potevano più essere al sicuro, come potevano, loro, sperare di mettersi in salvo?
Dal canto loro, Mai e Ty Lee si erano presto rese conto che mai, prima di allora, avevano capito quale fosse il vero significato della parola scappare; per quanto Azula fosse presa dalle sue nuove incombenze, in un paio di giorni era riuscita a lanciare un intero manipolo di Dominatori del Fuoco all'inseguimento delle sue amiche, con tutta l'intenzione di riportarle a palazzo. E solo lei sapeva cosa avrebbe fatto dopo. In un lampo, fu chiaro ad entrambe che non avrebbero più potuto tornare indietro.
La verità sulle due misteriose inseguitrici si fece chiara solo all'arrivo al Polo Nord. L'intero gruppo era braccato su due lati: da una parte c'era un intero esercito della Nazione del fuoco occupato ad attaccare le massicce mura di ghiaccio; dall'altra, c'era il piccolo ma esperto gruppo di dominatori lanciati al loro inseguimento. Stretti in quella morsa, non c'era alternativa alla lotta; e quelle due ragazzine avevano combattutto come alleate dei ribelli, contro la loro stessa nazione.
Mentre le osservava lanciare pugnali e annientare domini, era riuscito, per la prima volta, ad intravedere un barlume di speranza. Improvvisamente, la possibilità di poter concludere quella guerra gli era sembrata meno lontana.
Alla fine di quel lunghissimo assedio, a cui la città era riuscita a resistere, era stata presa la decisione di farle entrare in città, ma come prigioniere. La loro morte sarebbe stata un sacrificio inutile; la loro vita, invece, poteva essere essenziale per le negoziazioni. Con le opportune misure di sicurezza, erano state chiuse in carcere.
Così, il piano di Ty Lee si era avverato nella sua completezza: la ragazza aveva capito fin da principio che l'unico posto in cui Azula non sarebbe arrivata in tempi brevi era il Polo Nord, e che avrebbero potuto entrarci solo come prigioniere. Era risaputo che i dominatori dell'acqua non amavano fare vittime, se non era strettamente necessario - tutte le nazioni avevano questo credo, a dire il vero, prima dell'ascesa al potere di Sozin. Una volta lì, avrebbero avuto almeno un po' di tempo per pensare al da farsi.

Mei si sforzò di inalare l'aria a grosse boccate, bloccando quei pochi e affannati respiri che si era ritrovata a fare durante tutta la durata di quei ricordi . Non era mai riuscita a dormire bene, da quando era lì dentro. Il pensiero di Azula era onnipresente; la paura che lei le trovasse la paralizzava. Non sarebbe riuscita ad addormentarsi nemmeno allora.
Su una sola previsione Ty Lee si era sbagliata: la presenza dell'Avatar in quel palazzo. In quei due anni di prigionia, nessuna delle due ne aveva mai avuto notizia. E, se non c'era l'Avatar, non c'era nemmeno una traccia di speranza rimanente, per quanto quella gente si affannasse a combattere.
Azula era troppo potente. Nessuno era alla sua altezza.
Rabbrividì, stringendosi più forte nella pelliccia.

Udì Ty Lee rientrare e correre nel corridoio, seguita dal singolare passo di quell'uomo. Percepì la sua presenza davanti alla porta della propria cella. Riusciva quasi ad immaginarsela, mentre si sporgeva verso le sbarre per controllare se lei stesse dormendo sul serio. Si sforzò di fare dei respiri regolari, finchè non la sentì allontanarsi, tornando al proprio posto dopo aver ringraziato Bato per la passeggiata.



*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*
28-1-2011
Ok, questo capitolo mi sembra francamente ETERNO o_o
So bene di aver detto, giusto nel capitolo precedente, che il quarto sarebbe stato l'ultimo dell'introduzione; alla fine, però, sono giunta alla conclusione che fosse meglio farne cinque. Avevo altre due scene da descrivere - e sì, in una c'è Sokka, lo so che lo state aspettando XD - ma, essendo questo capitolo già di 2500 parole ed essendo abbastanza pesante come contenuti, ho preferito bloccarlo qui e continuare nel prossimo. La famosa quinta parte non tarderà quindi ad arrivare, perchè devo solo metterla per iscritto :D, ma vi avviso che ho la febbre e questo potrebbe ritardare un po' la pubblicazione - anche se spero di no :)
Che dite? Ci sono stati errori di continuity troppo evidenti?
So bene che Bato non era intrappolato nella Roccia Bollente, nel cartone animato; tuttavia, essendo uno dei capi della ribellione, ho trovato più giusto che stesse lì insieme ad Hakoda e agli altri. Cioè, se mi vengono a dire che il dominatore del fuoco che ha tentato di scappare con un frigo era più pericoloso di Bato, potrei non crederci :°D Questo motiva la mia scelta. è_é
Domande? Si è capito abbastanza bene il piano di Ty Lee? Dubbi?
Sono convinta del fatto che Mei, se non fosse stata Ty Lee ad insistere e ad elaborare una strategia, non sarebbe fuggita così in fretta, perchè mi sembra più in linea col suo modo di fare che, pur cogliendo il pericolo, starebbe a vedere come si evolveva la situazione. Proprio per questo motivo, però, finisce per trovare insopportabile la situazione in cui si è cacciata - e devo ammettere che chiunque avrebbe problemi a stare nello stesso blocco di celle di una tipa rumorosa come Ty Lee, e ciò spiega anche il suo esaurimento nervoso :°D
Sono di nuovo diventata prolissa in un capitolo pieno di gente della Nazione del fuoco. T_T Vi prometto che non lo faccio più ;_;
Commenti? Vi prego? :D Commenti? :D
Buona serata a tutti :D
Kuruccha
   
 
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