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Autore: Nuage9    31/01/2011    0 recensioni
L'amicizia tra loro non era mai stata normale, ma era più di qualunque cosa si fossero mai aspettate.
Una giovane e solare ragazza tedesca, un'introversa bambola di porcellana inglese e... Un dolce, doloroso ricordo chiamato Maria.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Se won't come back, will she?

« Stavo tornando a casa, e... Ricka, ne sono sicuro: davanti all’ingresso della stazione, c’era Maria »

Il bello di dividere l’appartamento con una persona è che, stando a contatto in un ambiente così intimo, prima o poi finisce per rivelarti qualcosa di sé mai emerso prima.
Con Melanie successe proprio così: la sua forza d’animo, lo splendore della sua aura, mi si rivelarono soltanto in quel momento - quando José mi comunicò ciò che aveva visto, e quando io per poco non caddi a terra.
In realtà, a raccontarlo, potrebbe non sembrare affatto un evento degno di nota. In fondo prese la cornetta dalle mie mani, salutò cortesemente il ragazzo, riagganciò e mi fece sedere sul letto.
Niente di che; ma sin da bambina ero sempre stata convinta che non fossero le azioni, a contare. Le parole sviliscono i sentimenti, le azioni, per quanto dettate dalla buona fede, spesso li travisano e li rendono pari alle cose meramente materiali. Ciò che segna un vero legame, è quell’emozione che passa sotto pelle, quell’atmosfera che arriva al tuo cuore e, forse attraverso gli occhi - chi lo sa -, porta il tuo messaggio all’altro.
Forse è una visione irreale, eccessivamente fiabesca, tuttavia mi piace pensare sia così. Non voglio contare le mie amicizie sulla base di effimeri suoni che, una volta pronunciati, si perdono nell’aria perché privi di significato effettivo.
Probabilmente, questo era il motivo per cui avevo chiesto proprio a Melanie di venire a stare da me - perché come con Maria, a pelle, avevo sentito qualcosa. Non la stessa cosa, o almeno non credo, ma meglio di niente. Nella vita, tutti abbiamo bisogno dei nostri “legami speciali”.

Persa nei miei pensieri, notai solo dopo un bel po’ che Melanie mi stava fissando, porgendomi una tazza di the. Nonostante tutto, i suoi occhi mi sembravano come sempre - eppure, qualcosa era cambiato, ne ero certa.
Non si mosse, né aprì bocca. Aspettava. Non saprei dire cosa - che iniziassi a parlare, che mi mettessi a piangere, ad urlare, a strapparmi i capelli, che lanciassi via la tazza che tenevo con entrambe le mani. Seduta sul bordo del mio letto, le mani in grembo, rimase ad osservarmi.
In quel momento, nel turbinio di pensieri che si accavallavano nella mia mente, pensai che sarebbe diventata una psicologa perfetta. Avrebbe potuto aprire una libreria con un piccolo caffè in un angolo, dove i clienti si sarebbero potuti sedere a chiacchierare, a discutere dei loro problemi, a mostrare il proprio mondo oltre le pagine dei libri.

« Hai mai... » esordii, ma poi, dopo un momento di incertezza, scossi la testa, come a voler cancellare le mie precedenti due parole. « Non capisco nemmeno perché ci sto così male. Non è la prima volta che José dice di vedere Maria, in fondo... » mormorai, passando distrattamente un dito tutto intorno al bordo della tazza ormai vuota e fredda - quanto tempo avevo passato persa nei miei pensieri, nei miei ricordi? Non saprei dirlo; minuti, forse ore, chissà.
Non ricevetti alcuna risposta, solo il suono delle molle del mio letto si diffuse nella stanza, segno che Melanie stava cercando una posizione più comoda, forse.
« Se non sbaglio, mi ha chiamato meno di un mese fa per la stessa ragione » e ridacchiai a voce bassa, senza motivo e senza allegria.
« Ma lei... Non tornerà più, vero? »
« Non lo so, questo, Ricka. Tu credi che possa tornare? Che un giorno, tornata a casa, troverai lei sulla soglia ad attenderti? »
Prima lezione di psicologia: rispondi al paziente con un’altra domanda. Sempre. Così che esso possa da solo giungere ad elaborare la risposta al proprio problema. Sapevo che poteva essere considerato un comportamento distaccato, il suo - voglio dire: chi non ha mai visto un telefilm sugli psicologi? E’ la prima cosa che capisci; poi vengono le urla, le crisi di nervi che ti portano a spogliarti nella hall o le illuminazioni divine dovute all’eccesso di farmaci assunti; ma quello non c’entra. Quella sai che è finzione -, tuttavia in quel momento ne avevo bisogno: seduta nella casa con cui avevo vissuto con la persona che più contava nella mia vita, di fronte ad una strana ragazza che, in più occasioni, aveva mostrato a me soltanto parti della sua anima talmente pure e brillanti da mozzare il fiato, non attendevo altro che l’occasione di liberarmi da un peso che mi opprimeva da ormai troppo tempo.
« Sì... », mormorai, rispondendo dopo una lunghissima pausa ad una delle sue domande. Non importava quale, tanto la risposta era sempre la stessa.
« A volte, mi sveglio e credo che tutto possa tornare come prima. Come un anno fa ».
Le mie lacrime, trattenute per così tanto tempo, cominciarono a scorrere copiose sulle mie guance.
  
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