2.
Doveva solo fermare le lacrime che le scorrevano sulle guance e farlo.
Avrebbe voluto che ci fosse stata una parola da dire per poter cambiare le cose, un’alternativa a quello che si accingeva a fare; ma sapeva benissimo che non era così. Sapeva che era imperativo che lo facesse: per loro, per metterli in salvo, per non rischiare. Non poteva mettere se stessa davanti alla loro salvezza.
Stavolta, però, essere la solita Hermione, diligente e pragmatica, le riusciva più difficile di ogni altro momento della sua vita. Quello era uno dei compiti più difficili della sua vita e nessuno le avrebbe dato un voto, se non lei stessa.
Sarebbe stato come cancellarsi, come dire addio alla se stessa che era stata, ai ricordi, a tutti gli anni felici ed ingenui della sua infanzia… a loro. Soprattutto a loro.
Avrebbe voluto che ci fosse stata una parola per evitarlo, ma c’era solo quella.
“Oblivius”.
153 parole. Il contesto è l’inizio del settimo libro, in cui Hermione deve cancellare la memoria dei suoi genitori e convincerli di non avere una figlia e di voler andare a vivere in Australia per far sì che Voldemort non possa trovarli e quindi fare loro del male. Nonostante nel libro non sia molto approfondito questo momento (dato che la storia è vista dal punto di vista di Harry, noi possiamo solo vedere Hermione che glielo racconta), ho sempre pensato che lei dovesse avere avuto una grande forza per farlo… anche perché non era sicura di sopravvivere alla guerra.