Non vi siete mai chiesti cosa nasconda Kakashi sotto la sua maschera? o cosa significhi il suo sguardo triste? Forse sono solo i ricordi che ci tace. (Tengo sottolineare che Tsubaki non è un riferimento ma un personaggio originale)
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kakashi Hatake
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Naruto prima serie
Nel bosco si sentivano dei colpi secchi, molto forti e dati contro il
tronco di un albero facendone cadere le foglie, accompagnati da grida
cadenzate per scandirne il ritmo. Le mani del bambino cominciavano a
risentire della durezza della corteccia, alcune schegge si conficcarono
nelle nocche ma i colpi non cessarono. Non poteva smettere, non ora,
doveva allenarsi al massimo se voleva farcela, se voleva essere il
migliore del suo gruppo e poi un ninja potentissimo. Si figurava
già, adulto e forte, nulla lo avrebbe fermato e sarebbe
stato l’orgoglio del Paese. Vedeva l’immagine del
futuro se stesso chiaramente e questo lo spronava a continuare.
“Smettila!” Una voce lo colse alla sprovvista, il
pugno scivolò sul tronco e Kakashi finì a terra,
imprecando e dandosi dell’incapace. Una bambina,
più o meno della sua età, sbucò da
dietro un albero e si mise a ridere mentre lui bruciava
dall’imbarazzo. “Cosa ridi?- ringhiò
scontroso- è colpa tua che mi hai spaventato! Che cosa
vuoi?” la bimba si intimorì vedendolo
così adirato, si portò una mano alla bocca ed
istintivamente fece qualche passo indietro, andando quasi a ritornare
nascosta nell’ombra. “Non volevo spaventarti, ma
vorrei la smettessi di picchiare quell’albero.” lui
volse lo sguardo alla pianta, i colpi avevano formato una piccola
incavatura e non poté fare a meno di sentirsene fiero.
“E’ solo un albero. Ora lasciami in pace, devo
continuare ad allenarmi.” lei però non se ne
andò, invece si avvicinò e passò il
palmo della mano sulla corteccia malconcia. “Anche le piante
hanno uno spirito, sai? Poi questa è speciale e non voglio
che tu le fai del male.” Kakashi la guardò
attonito, forse per la voce dolce con cui lo aveva detto o la
delicatezza con cui aveva carezzato il tronco non poté fare
a meno di sentirsi in colpa. “Ma che dici? È solo
un dannato albero ed io devo allenarmi!” gridò
stizzito. “Allenati su un altro albero, a questo qui ci
tengo.”
“Perché?”
“Tu non puoi capire.” Stinse i pugni e si
voltò mostrandogli il volto con le labbra increspate ed uno
sguardo duro. Lui rimase a guardarla: era minuta ed avvolta dalla
stoffa bianca e verde lo sembrava ancora di più, infatti
indossava un kimono tradizionale, se non fosse per le scarpe e la gonna
che era stata strappata ai lati per lasciar le gambe libere di
muoversi. I capelli erano neri e raccolti in due piccoli odango,
stretti da non lasciar sfuggire nemmeno un capello, eccezion fatta per
la ciocca che le ricadeva sull’occhio sinistro. Si
concentrò sugli occhi, neri e grandi, parevano soffocare
qualunque emozione, due bacche dall’oro che spiccavano sul
bianco quasi perlaceo della sua carnagione. Kakashi, che
ancora non capiva cosa spingesse il cuore ad aumentare il suo battito,
arrossì e, sentendosi spiata, anche le guance della bambina
si colorirono. “Poi fa male anche a te.” Disse
finalmente lei, guardando le nocche di lui arrossate e quasi
sanguinanti. Si avvicinò e con delicatezza gli prese la
mano, la osservò e poi con piccoli gesti veloci e precisi
riuscì a togliere tutte le schegge.
“Grazie.” mormorò in fine.
“Scusa se ho interrotto il tuo allenamento, ma vedi dentro
quell’albero c’è la mia mamma ed io non
voglio che tu le faccia del male.”
“Cosa? Tua madre è lì dentro?
Sciocca perché non lo hai detto subito? Dobbiamo liberarla,
presto!” Si avventò contro la pianta con foga
mentre lei rideva. “Ma cosa hai capito? Calmati e siediti,
riposati. Domani c’è l’esame finale
dell’accademia, ti alleni per quello?”
“Sì, ovvio. Ma tua madre? Non la
liberiamo?”
“Mia madre è già libera, il corpo non
lo ha più. Era un ninja, sai? Molto potente, per questo
è stata uccisa, proprio lì.” Un brivido
percorse la schiena del ragazzino, come era stato stupido.
Andò a sedersi vicino a lei ed insieme contemplarono il
bosco. “Anche io ho perso la mamma ed il papà,
sai?”
“Allora puoi capire perché tengo a
quell’albero.” Seguì un momento di
silenzio, si stava bene lì, con un leggero venticello fra i
capelli ed il profumo del bosco, vicino a quella ragazzina.
“Anche tu sarai all’esame?”
“No, sono troppo piccola, lo farò l’anno
prossimo ma non qui.”
“Perché?” Non si spiegava la ragione, ma
la notizia gli procurò un dolore alla bocca dello stomaco,
più simile ad un morso che ad un pugno, ma non come quando
aveva fame, era qualcosa di diverso e non riusciva a decifrarlo.
“Vado al Villaggio della Nebbia, voglio diventare
Oinin.” Era la prima volta che sentiva quella parola, forse
lo aveva studiato al corso ma non gli sovvenne nulla, era sempre stato
molto più bravo come oratore che come ascoltatore.
“Che cosa è?”
“Un ninja inseguitore. Voglio imparare l’anatomia e
le tecniche più veloci, il mio compito sarà
trovare i ninja traditori e distruggere i loro corpi perché
nessuno possa appropriarsi delle loro capacità.”
“Bleah.. tu vorresti davvero smembrare cadaveri?”
chiese lui, all’idea gli tremavano le ginocchia ma ovviamente
non lo dette a vedere. Lei sorrise.
“Sì. Se non fosse stato per un Oinin i ninja che
hanno fatto quello alla mia mamma le avrebbero rubato tecniche segrete
e sarebbero ancora in giro. Voglio diventare come loro e mi
impegnerò molto.”
“Ma senza picchiare gli alberi.”
“Già.” Si stava davvero bene seduti
lì, talmente bene che sembrava dimenticare
l’immagine dell’uomo che sarebbe stato, quella che
era la centro di ogni suo pensiero fino a qualche attimo prima.
“Comunque io mi chiamo Kakashi, tu?”
“Io sono Tsubaki, piacere.”