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Autore: Kuruccha    08/02/2011    8 recensioni
Il destino dipende dalle decisioni prese.
[What if?][Long-fic]
Genere: Avventura, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti | Coppie: Katara/Aang
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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Capitolo 6 - Quotidianità

Era una sera calda ed afosa, preludio di quella che si sarebbe rivelata un'altra notte eterna e terribile. Con tutta quell'umidità, riuscire ad addormentarsi sarebbe stato un miracolo; l'unica speranza di sollievo proveniva dalle nere nubi in lontananza, dentro cui borbottavano cupi tuoni. Speranza non troppo vana, forse; tutto sommato, però, un tempo che ispirava malumore. Nell'aria, un vago odore di pioggia che penetrava tra le tende, tirate per isolare il salone dalla rumorosa strada esterna; suoni di gente affaccendata, che si affrettava verso casa sperando in un buon piatto già pieno.
Pur senza sapere esattamente che ora fosse, Zuko poteva rendersi conto che il tempo di cenare era ormai vicino. Era il momento in cui il suo stomaco galleggiava in uno stato di incertezza, non ancora svuotato del tutto ma prossimo ad esserlo, e in cui iniziava perciò a reclamare delle cibarie consistenti, ben diverse dal tè sorseggiato durante il pomeriggio. Poteva sentire, nella stanza accanto, i suoni ben noti dello zio Iroh che armeggiava con mestoli e pentoloni, nel tentativo di preparare qualcosa che andasse oltre il semplice concetto di commestibilità. Quella sera ci sarebbero stati ospiti e, se l'esperienza non lo ingannava, era sicuro che si sarebbe impegnato al massimo per fare un figurone. Proprio per quel motivo, si trattenne dall'andare verso la cucina per cercare qualcosa da spiluccare: avrebbe finito solo per rovinarsi l'appetito, in prospettiva dell'ottima cena che lo attendeva.
Udì i passi veloci di qualcuno che si avvicinava alla veranda; lo sentì prendere fiato, e dopo un secondo l'inconfondibile trillo della campanella d'ingresso lo distrasse da ogni pensiero. Lo zio era ancora in cucina, e stava cantando. Sicuramente non l'aveva notato. Sospirando, si alzò, ed andò ad aprire la porta.
 - Avanti - si limitò a borbottare.
 - Oh, ciao, Li! - lo salutò Jin, gettandogli le braccia al collo e abbracciandolo come niente fosse.
Espansiva come al solito, pensò lui, sorridendo lievemente e poggiandole una mano sulla schiena.
 - Guarda! - esclamò lei, allontanandosi e porgendogli una scatola avvolta in un panno - Ho portato dei dolci!
 - Grazie mille. Lo zio ne sarà felice.
Iroh, sentendosi nominato, si affacciò dalla cucina con in mano un mestolo fumante e con addosso il solito grembiule. - Ben arrivata!
 - Buonasera, zio! I miei genitori arriveranno tra poco, sono stati trattenuti in negozio - spiegò, avvicinandosi a lui, - Perciò io sono venuta ad avvertirvi. Questi sono dei dolci - continuò, porgendogli l'incarto.
 - Molto gentile da parte vostra - rispose Iroh, afferrando la scatola ed esaminando la decorazione impressa sulla stoffa. - La zuppa è quasi pronta, ma aspettare non è un problema. E' il bello delle minestre, dopotutto - concluse, ridacchiando, forse per qualche ricordo noto solo a lui. - Perchè voi ragazzi intanto non bevete un tè, di là nel salone? Nel frattempo io posso finire di preparare la cena - disse, armeggiando con una teiera e una coppia di tazzine che sembravano già pronte all'uso.
Fin troppo bravo a premeditare, pensò Zuko.
Jin sembrava entusiasta, ma bere un tè era l'ultima cosa che lui avrebbe voluto fare.
 - Ti serve una mano, zio? - propose, evasivo.
 - Assolutamente no, ho quasi finito. Vai pure a divertirti - concluse, secco, sorridendo, porgendogli un vassoio e posandogli un'inequivocabile pacca sulla spalla.
Zuko sospirò, vagamente divertito. Lo zio non cambiava proprio mai; i suoi tentativi di spingerlo tra le braccia di quella ragazza erano sempre stati innumerevoli. Non poteva biasimarlo; dopotutto, tentare di costruire dei rapporti era nella natura di qualsiasi essere umano, che la sua identità fosse fasulla o meno, e proprio per questo Iroh continuava ad organizzare quelle cene.
Afferrò il vassoio dalla sua mano tesa, e decise di provare ad accontentarlo, per quella volta.



 - Avete preso tutto? Siete sicuri?
Katara osservò Aang, intento a stringere una cinghia della sella del povero Appa, carico come un mulo degli oggetti più disparati; il suo sguardo si posò poi su Toph che, dal canto suo, era già comodamente seduta a bordo, le braccia incrociate dietro la nuca, intenta a muovere le dita del piede destro, poggiato sull'altro ginocchio. Non roviniamoci la giornata, fino ad ora è andato tutto bene, vietato innervosirsi, pensò. Prese una consistente boccata d'aria, chiuse gli occhi e contò fino a dieci.
Aang notò quello strano atteggiamento - di cui aveva già ricevuto una spiegazione, e che sembrava ripetersi più spesso, ultimamente - e sorrise sotto i baffi.
 - E' tutto a posto. Non manca niente - la rassicurò, appena la sentì espirare rumorosamente. - Possiamo partire quando vogliamo.
Lei alzò lo sguardo, e gli sorrise. Poi si voltò, e osservò quello che era stato il loro campo base nelle scorse quattro settimane. Erano abituati - o meglio costretti - a cambiare spesso postazione per non essere individuati dalla Nazione del Fuoco; era pur vero, però, che quella radura si era rivelata inaspettatamente comoda e isolata, ragion per cui avevano potuto restarci più a lungo del solito. Le sarebbe mancata, in qualche modo; da troppo tempo sentiva il bisogno di avere una base fissa, e per troppo tempo era stata invece obbligata dalle circostanze a vagabondare più di quanto avrebbe desiderato. La tristezza per questo distacco, tuttavia, era molto mitigata dalla felicità che si faceva sempre più spazio in fondo al suo stomaco. Dopo un anno e mezzo, praticamente un'eternità, avrebbe potuto rivedere Sokka. Non aveva mai passato così tanto tempo lontana da suo fratello - e mai avrebbe pensato di poterlo passare, dopotutto - e, per quanto non volesse ammetterlo, le mancava terribilmente - e non era l'unica. Non solamente per le sue battute e i suoi improbabili soprannomi; in generale, per l'aria più spensierata che una volta si poteva respirare all'interno del gruppo, e per la sua capacità di amalgamare ogni componente e renderlo più tollerabile agli altri. Rimpiangeva i bei tempi in cui riusciva ancora ad andare quasi d'accordo con Toph. Benchè Sokka si facesse sentire periodicamente mediante un falco messaggero - chissà dove l'aveva trovato, poi, - tra una missiva e l'altra passava sempre troppo tempo; senza contare, poi, che probabilmente anche il povero animale passava i suoi brutti quarti d'ora a cercare di rintracciarli.
Ora avevano deciso di andare da lui, certo; nell'ultima lettera aveva scritto, tra le altre cose, di trovarsi al Polo Nord, ma c'era da sperare che nel frattempo non si fosse mosso da lì. In ogni caso, piano piano, avrebbero provato a raggiungerlo, pur costretti a tappe forzate per non farsi notare troppo, e per riposare.
 - Sarà un viaggio difficile - intervenì Aang, atterrandole vicino e intuendo i suoi pensieri.
Aveva ragione. L'unico modo per far passare inosservato un enorme bisonte volante come Appa, tra l'altro carico di persone e cose, sarebbe stato quello di mantenere costantemente una cortina di vapore acqueo sospesa tutt'intorno a lui. Ciò, però, oltre a richiedere uno sforzo notevole e continuativo da parte sia di Aang che di Katara, vista la necessità dei domini sia dell'Aria che dell'Acqua, non era particolarmente piacevole per nessuno di loro. Era infatti inevitabile ritrovarsi fradici nel giro di una decina di minuti; in più, la combinazione di vestiti bagnati e aria fredda causata dalla velocità non era per niente salutare.
 - Andiamo - affermò lei, riscuotendosi. - Temporeggiare è inutile, e questa è l'ora perfetta per viaggiare, no?
Era vero. Dopo il tramonto, quasi nessuno guardava più le nuvole in cielo; era meglio sfruttare quei residui di luminosità per fare più strada possibile.
 - Verso Nord, allora - le disse, sorridendo.
 - Verso Nord - confermò, decisa, sorridendo a sua volta.
 - Yahoo, e Nord sia! Si parte! - gridò Toph, agitandosi da sopra alla sella, seguita da un verso esultante di Appa.



 - Zio, era tutto buonissimo! - affermò convinta Jin, le mani congiunte davanti al viso.
Iroh sorrise. Probabilmente non era vero - non si era mai reputato un grande cuoco, a dir la verità, - ma pur non potendo apprezzare la sincerità di quel commento, sicuramente elogiava la buona volontà di fargli piacere che ne stava alla base.
 - E' proprio vero, era delizioso - confermò la madre di Jin, il tovagliolo ancora davanti alle labbra. - Specialmente quel contorno di funghi... Davvero meraviglioso. Deve assolutamente passarmi la ricetta!
Iroh rise, non credendo davvero possibile un tale dispiegamento di lodi.
 - E' l'ora del dolce - disse, evasivo. - O meglio, dei vostri biscotti - continuò, afferrando il piatto in cui li aveva disposti.
 - Io sono piena! Noi andiamo a passeggiare! - gridò Jin, esultante, alzandosi di scatto dalla sedia e lanciando il tovagliolo sul tavolo. - Vero, Li? Vero che sei pieno anche tu? Andiamo a passeggiare! - continuò, afferrandogli il braccio e tentando di sollevarlo. Zuko era davvero spiazzato da tutto quell'entusiasmo. Lanciò un'occhiata interrogativa allo zio, che si limitò a sorridere.
 - Ah, la gioventù - fu l'unica cosa che gli sentì dire, rivolto ai genitori della ragazza, prima di essere definitivamente trascinato fuori dalla sala da pranzo.

L'aria si era fatta leggermente più fresca - non se n'era accorto, stando chiuso in casa, ma lo notò subito appena uscito - e il temporale sembrava sempre più vicino. C'erano ancora alcune persone che camminavano verso casa, ma erano perlopiù veloci e silenziose; l'unico rumore era ora il tintinnìo dei piatti che venivano svuotati o lavati, nelle abitazioni così come nei tanti locali di Ba Sing Se. Perfino i soldati della Nazione del Fuoco erano impegnati a mangiare, e le pattuglie sembravano essersi dileguate.
Jin continuava a camminare tenendolo stretto per un braccio, silenziosa come l'ambiente tutt'intorno, ma apparentemente felice. Era quasi contento anche lui, a vederla così - e gli sarebbe piaciuto restare in quello stato di grazia, ma la verità tornava sempre a galla in pochi secondi, e gli ricordava chi fosse in realtà, impedendogli di godere appieno di quella spensieratezza.
 - Dove andiamo? - domandò, tanto per dire qualcosa.
 - Dove vuoi tu - rispose subito lei, stringendosi più forte al suo braccio.
Avrebbe dovuto allontanarla, ma proprio non ci riusciva - e si riscoprì a pensare che il calore che si irradiava dalla sua mano, aggrappata a lui, opposta all'aria fresca, fosse incredibilmente piacevole.
Non aveva in mente nessun luogo in particolare - non c'era un posto che gli piacesse più degli altri, in quella città - e così finì per percorrere a memoria la strada che portava al Jasmine Dragon. Una volta lì, però, non seppe più cosa fare.
 - Ehm... - fu l'unica cosa che riuscì a dire, vagamente imbarazzato.
 - Sediamoci, ti va? - gli domandò, indicando con un cenno del mento gli scalini che conducevano alla sala da tè.
Come al solito, si fece trascinare. Jin gli si sedette un po' troppo vicino, come faceva sempre, e inizio a parlare del più e del meno, apparentemente senza nemmeno curarsi di essere ascoltata, e Zuko lasciò navigare i pensieri. Non che non le stesse badando - solo, partendo da un pensiero, arrivava ad analizzarne un secondo che non c'entrava assolutamente niente.
Poi, improvvisamente, la ragazza si bloccò e lo fissò.
Per un attimo, Zuko temette di essersi perso una domanda. Si maledì mentalmente per la distrazione.
 - Li - comiciò, - E' da un po' che volevo chiederti una cosa, ma non so se posso.
Lui la guardò, interrogativo. - Dimmi.
 - Puoi anche non rispondere, se non ti va - continuò, guardandolo negli occhi.
 - Dimmi pure.
Avrebbe voluto sentirlo parlare ancora della sua vita passata; avrebbe voluto sapere cosa aveva fatto tutto il tempo prima del suo arrivo in quella città. Avrebbe voluto chiedergli dello zio, e del perchè non vivesse con i suoi genitori. Aveva paura, però, che fosse una ferita ancora aperta, E poi, non sono cose che si chiedono così, chiacchierando, si disse. Cambiò domanda all'ultimo momento.
 - Quanti... Quanti anni hai?
Ok, potevo sforzarmi di trovarne una migliore, si sgridò mentalmente.
Zuko la fissò, perplesso per l'ennesima volta quella sera, sollevando un sopracciglio.
 - Non sai se puoi chiedermi quanti anni ho? - domandò.
 - Beh, non me l'hai mai detto, in fondo - cercò di arrabattarsi lei, distogliendo lo sguardo.
Gli venne da ridere, ed era tanto tempo che non succedeva. Era riuscito a farla imbarazzare, e non credeva ne sarebbe mai stato capace.
 - Diciannove - rispose, divertito. - Diciannove, ormai.
 - Come sarebbe a dire ormai? Mi stai indirettamente dando della vecchia - protestò.
Zuko rise per il tono furioso che traspariva dalla voce dell'amica.
 - Non intendevo dire questo - la rassicurò, posando le mani sullo scalino e alzando lo sguardo al cielo. - E' solo che questi ultimi anni mi sembrano passati in un lampo, e improvvisamente mi sono ritrovato adulto. Ma senza capire realmente come sono arrivato fin qui.
Jin lo guardò, felice. Poche volte, prima d'allora, lui aveva intrapreso un discorso che andasse oltre la mera quotidianità; proprio per questo motivo, anche un pensiero quasi banale come quello - addirittura un luogo comune, come l'avrebbero considerato in molti; in fondo, chi non aveva provato la sensazione di trovarsi grande da un giorno all'altro? - era per lei un passo in avanti. Forse le domande di prima non sarebbero state così fuori luogo. Ma è troppo presto, ancora, si ripetè, trattenendosi. Si limitò ad annuire all'affermazione del ragazzo.
 - E' lo stesso per me. Siamo in due a non saper cosa ci riserverà il destino, temo - disse poi.
Zuko si voltò verso di lei. - Hai detto bene, siamo in due.
 - Oh, beh, però alcune cose le so per certo. Ad esempio, vorrei aprire una sala da tè come quella dello zio. E poi vorrei sposarmi con te ed avere tanti bambini - concluse, punzecchiandogli una spalla col dito teso. Zuko fece finta di non aver sentito l'ultima parte.
 - Allora tu sai già come sarà la tua vita - rispose, evasivo.
 - Ti sbagli. Questo non è come sarà, ma come vorrei che fosse. E' diverso. Le mie sono solo speranze. Fantasie - motivò. - Il mio destino è un altro. So bene che probabilmente dovrò lavorare nel negozio dei miei genitori, ed ereditarlo quando avrò l'età giusta.
 - Ma tu non lo vuoi - le disse. - Non devi farlo, se non lo desideri. Dovresti lottare per avverare i tuoi desideri - continuò, infervorandosi. Tu meriti di essere felice, pensò.
 - Io lo sto facendo - rispose, decisa. - Sto lottando. Ma a volte mi sembra di non arrivare da nessuna parte. Dubito che da un momento all'altro ti inginocchierai e chiederai la mia mano, ad esempio - spiegò, tra l'innervosito e l'imbarazzato, ben conscia che non avrebbe dovuto lasciarsi scappare una lamentela del genere.
Zuko si morse un labbro, punto sul vivo del suo senso di colpa.
 - Scusa - fu l'unica cosa che fu capace di dire, voltandole le spalle. Si alzò e si incamminò verso casa, conscio che lei l'avrebbe seguito a pochi passi di distanza, pur senza dire nulla nè pretendere nessuna spiegazione. Maledizione, imprecò tra sè e sè.




*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*
8/2/2011
Aggiornamento dopo più di una settimana G_G ARGH! Scusate ;_; Ci ho messo davvero una vita, e per tanti motivi differenti. Prima di tutto, sono stata ammalata - e lo sono tuttora, per quanto io mi ostini a negarlo e ad andare a lavorare lo stesso; - in secondo luogo, la genesi di questo insieme di parole è stata lunghissima, e ciò a cui volevo arrivare in realtà è quello che andrà a costituire il prossimo capitolo (il problema è, appunto, che ci ho messo più del previsto ad arrivare alla sostanza - anche se devo dire di essermela goduta XD). Avrei voluto farne solo uno, ma avrebbe finito per allungarsi all'inverosimile, visto che solo per arrivare fin qui mi ci sono volute più di duemila parole; personalmente, da lettrice, trovo che i capitoli troppo lunghi siano troppo noiosi, e così si è sdoppiato. è_é
Questo capitolo ha finito quindi per essere forse un po' vuoto di contenuti, ma ha tanti pezzi che mi piacciono davvero. Soprattutto la fine, perchè sono sempre più convinta che la persistenza di Jin sia una sua grande dote, e non finirò mai di apprezzarla *_* Mi piace come si stanno delineando i personaggi secondari - tipo Jin appunto, e Bato - anche se immagino sia una goduria comprensibile solo dall'autore, e che per i lettori sia solo una noia XD
Mi ero ripromessa di trattare più di un'ambientazione all'interno di ogni capitolo, ma alla fine ho come l'impressione che il pezzo dedicato a Katara-Aang-Toph-Appa sembri solo una parentesi. Non era mia intenzione; semplicemente, la questione di Zuko è molto più centrale per la storia, in questo momento - senza nascondere poi che le paranoie di questo ragazzo sono pane per i miei denti XD. Cercherò di trattenermi, giuro, ma non garantisco nulla XD
   
 
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