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Autore: Diana924    10/02/2011    2 recensioni
Nizza. Irene si trova a Nizza per fare ordine nella sua vita. Tra le meraviglie della cittą e il suo amore per il cioccolato
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Storia classificata 8° al contest " All Around The World  ", di Fe85

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Quando scesi dall’aereo a Cannes, sapevo che avrei dovuto aspettare ancora un po' prima di andare a riposarmi al mio albergo. Il mio agente mi aveva prenotato una suite al Negresco, l’hotel pił in di tutta Nizza. Armandomi di santa pazienza attesi che il nastro mi portasse le mie due valige, ma chissą per quale motivo ne arrivņ solo una. Andai a chiedere spiegazioni, e risultņ che la mia valigia, dove c’erano tutti i miei vestiti, al momento si trovava a L’Avana. << Almeno lei si vedrą un po’ di sole >> commentai, prima di lasciare l’aeroporto e dirigermi verso la stazione.

Fu un tragitto breve, ma io cominciavo ad assopirmi. Quando uscii dalla stazione, controllai brevemente la cartina, e fermai un taxi. << le Negresco, s’il vous plait >> dissi, con il mio stentato accento francese.

Nizza, l’ultima volta che vi ero stata avevo dieci anni, e ricordo solo il vento di marzo che sferzava sul mio cappotto lilla, e il sapore del Mediterraneo che mi pervadeva i polmoni, nient’altro.

Poi l’auto si fermņ e scesi, dopo aver pagato all’autista i trenta euro che mi aveva chiesto. Entrai nella hall e mi diressi verso il bancone per registrarmi.

<< Irene Maier >> dissi. << benvenuta al Negresco >> disse il consiergé, dandomi distrattamente la chiave. Presi l’ascensore e andai nella mia stanza.

Era proprio come avevo chiesto che fosse, ossia grande, luminosa e con vista sul mare e sulla rinomata Promenade des Anglais.

Siccome era sera decisi di cambiarmi velocemente con gli unici vestiti che avevo messo nella valigia che ero riuscita a prendere, in altre parole una camicetta bianca e una minigonna rosa, a cui aggiunsi delle scarpe rosse con il tacco basso, che mi sembravano quelle di Dorothy. Ogni tanto dicevo fra me e me, “ se le batto tre volte torno a casa “, ricordando quel film che avevo adorato da bambina, lo vedevo ogni Natale e ormai lo sapevo a memoria.

Uscģ, e a piedi questa volta, arrivai fino a Place Messena, dove vi era un edificio, che identificai come una scuola, e poi mi diressi verso Avenue Jean Medecin, alla ricerca di un fast food o di un bistrņ, dove poter mangiare una rapida cena a base di sushi.

Dopo un po’ mi fermai in un ristorante giapponese e mangiai qualcosa lą, prima di rientrare in albergo, immersa nei miei pensieri.

Sulla via del ritorno mi parve di risentire l’odore della cioccolata calda che mia madre mi preparava quando ero triste.

Triste perché un mio giocattolo si era rotto, triste perché avevo litigato con i miei compagni di classe, triste perché avevo preso un brutto voto, triste perché avevo paura a parlare con il ragazzo che mi piaceva; in quelle circostanze lei me la preparava sempre, ed io associavo a quell’aroma caldo e sensuale la mia tristezza.

<< Sokolata, Irene, sokolata >> mi diceva, nella sua lingua natia, il greco, ed io sorridendo l’accettavo, e sentivo la tristezza svanire con essa. Quanto mi mancava quel sapore. Decisi di seguirlo e mi ritrovai in una cioccolateria.

<< Une chocolate, sehr warm, bitte >> dissi al cameriere, che per un secondo mi fissņ. Mi ricordai che ero a Nizza, Francia, e non a Monaco di Baviera. <> mi corressi, mentre lui prendeva nota. Lo osservai, era un bel giovane, sui vent’anni circa, con i capelli castani, e l’aspetto che chiunque si aspetta da un mediterraneo. Come i miei cugini greci, Kostantinos e Lukas.

Tornņ dopo cinque minuti, con la cioccolata calda, che bevvi in religioso silenzio, quei momenti per me erano sacri.

<< Le piace il cioccolato >> disse lo stesso cameriere, non era una domanda ma una certezza da parte sua. << Molto, il cioccolato mi accompagna da sempre >> risposi, lasciando sul tavolo € 3.70 e uscendo.

   
 
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