Anime & Manga > Full Metal Alchemist
Segui la storia  |       
Autore: hotaru    11/02/2011    4 recensioni
Prequel de “Die Uhr- L'orologio”
“Mio zio costruisce carillon per passione, non per lavoro” precisò Win “Pensate che ne aveva addirittura fatto uno per mia zia, quando erano fidanzati. E' di sicuro nascosto da qualche parte: la zia Eliza lo custodisce come una reliquia."
Storia di un carillon: come nacque, a cosa portò, come fu perso e poi ritrovato.
[Rod/Liza, a chi ha orecchie per intendere]
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Riza Hawkeye, Roy Mustang, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
- Questa storia fa parte della serie 'Al di là del Portale'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
1- Dove un cane è l'inizio di tutto
Geschichte einer Spieldose- Storia di un carillon


Dove un cane è l'inizio di tutto


"Vediamo di trovargli un altro padrone, d'accordo?"

(Riza Hawkeye, episodio 13)


Ora: dove nasconderlo?
Ah, in camera sua no di certo: figurarsi se quell'aquila di sua madre non l'avrebbe trovato. E anche tutto il resto del loro appartamento era fuori discussione... ma allora dove?
Un ragazzino pallido con una zazzera nera che aveva decisamente bisogno di essere tagliata se ne stava nascosto nel sottoscala del palazzo in cui abitava, facendo lavorare il cervello più in fretta che poteva.
A un tratto sentì i pantaloni umidi e caldi in modo sospetto: caldi lo erano per forza, con quell'ammasso peloso e grassoccio che teneva in grembo, ma stavano stranamente iniziando a bagnarsi...
- No, eh! - esclamò, alzandolo di scatto e notando un'inconfondibile macchia scura sui suoi pantaloni – Dopo che ti ho salvato... ingrato! -.
Il cagnolino la stava ora facendo tranquillamente per aria, probabilmente ignaro del fatto che quella fosse una terribile manifestazione di ingratitudine.
- Ma quanta ne hai? - fece il ragazzino, rimanendo a guardare lo zampillo finché non si fu esaurito del tutto. Terminato il getto, il cucciolo ricominciò a muovere forsennatamente il moncherino di coda che si ritrovava.
- Sarai anche carino, ma così proprio non va – borbottò il ragazzino – Dove ti nascondo, adesso? -.
L'animale uggiolò in tono fin troppo udibile, e il ragazzo pensò che non era il caso di chiedergli altri consigli. Si guardò attorno dalla propria postazione nel sottoscala, finché lo sguardo gli cadde su una porta: la porta della cantina.
- Mmm... - fece, subito imitato dal cane – Silenzio! -.
Dando una veloce occhiata per assicurarsi che in giro non ci fosse nessuno, uscì fuori dal suo nascondiglio e raggiunse in fretta la porta, lasciando poi appena uno spiraglio perché entrasse un po' di luce.
Non che ne avesse bisogno: conosceva quel posto come le sue tasche, ma ora doveva pensare a dove nascondere il botolo perché nessuno lo trovasse. Innanzitutto doveva essere ben lontano dalla porta, in modo che non fosse facile nemmeno intravederlo. Tra le cianfrusaglie accumulate lì da tutti gli abitanti del palazzo? Ma poteva farsi male: persino lui, una volta, si era tagliato con dei pezzi di ferro arrugginiti e aveva rischiato il tetano. Vicino allo scaffale con le bottiglie? No, no, figurarsi: fin troppo frequentato.
"Trovato!" pensò, per poi dirigersi verso la catasta di legna nell'angolo più buio. Poteva sistemarvi una vecchia coperta e occultarla con qualche grosso ceppo: nessuno prestava mai troppa attenzione a della legna, e con un po' di fortuna nessuno se ne sarebbe accorto.
- Adesso ascoltami bene – fece, rivolto al cagnolino ancora ignaro di aver trovato casa – Io ti terrò qui e ti porterò da mangiare, ma in cambio non dovrai nemmeno aprire bocca. Mi sono spiegato? -.
Non molto, in realtà, perché il cucciolo iniziò subito ad uggiolare per la fame.
- Zitto! - sibilò il ragazzino, chiedendosi chi mai avesse detto che i cani obbedivano assolutamente ai loro padroni. (¹) Non c'era da stupirsi che un botolino così indifeso avesse già preso qualche calcio ben piazzato, al mercato in cui l'aveva trovato mentre rovistava tra le teste di pesce.
- Vado a cercarti qualcosa da mangiare, ma tu stai buono qui – gli ordinò, facendo per alzarsi e uscire dalla cantina.
Dovette però tornare indietro con un'imprecazione malcelata quando gli uggiolii del cucciolo si fecero così potenti da attraversare il legno massiccio della porta, col rischio che lo sentissero perfino in strada.
- Sarà più complicato del previsto – constatò il piccolo Roderich quando tornò a prenderlo, di nuovo allegro e scodinzolante, e lo nascose sotto la giacca.
Mentre saliva le scale silenzioso come un ladro, sperò con tutto il cuore che la riserva di pipì del cane si fosse esaurita nel sottoscala.


In realtà il cucciolo si rivelò molto più giudizioso di quanto sembrava: una volta riempita la pancia, gonfia come un palloncino, si addormentò e non fece più il minimo rumore.
Filò tutto liscio per due giorni interi: di tanto in tanto Rod trafugava qualcosa dalla dispensa di casa- un po' di latte, un pezzetto di carne, mezza pagnotta- per correre poi a portarlo al cucciolo, che diventava sempre più tondo. Non fu difficile: a casa erano tutti presi da sua sorella, che a quanto pareva aspettava un bambino. E dire che non l'avevano mandato giù tanto facilmente, quando un giovane tedesco non ebreo l'aveva chiesta in moglie. Ma la sua famiglia non era più di tanto praticante, di certo non tradizionalista, per cui le poche difficoltà erano state superate; anche perché il giovane- che di mestiere faceva l'orologiaio- aveva assicurato che non l'avrebbe costretta a lasciare la sua fede.
Il lato positivo di tutta la faccenda era che ultimamente i suoi genitori non gli badavano più di tanto, lasciandolo libero di tenere un cucciolo in cantina senza che nessuno se ne accorgesse.
E nessuno si accorse di nulla nemmeno il pomeriggio in cui qualcuno lasciò aperta la porta della cantina, permettendo al cagnolino di arrampicarsi su per i gradini e uscire indisturbato.
Non era solo in grado di rotolare, come ormai temeva Rod: quando si accorse che il cane era sparito, non ci fu verso di trovarlo da nessuna parte, né in casa né lungo la strada.
Provò a chiamarlo a lungo- non gli aveva ancora dato un nome vero e proprio, anche se ogni tanto lo chiamava “Schwarz”-, ma gli risposero solo il rumore di carri e carrozze sull'acciottolato della via e il vociare della gente in giro a quell'ora. E dire che l'animale non mangiava ormai da qualche ora: di solito uggiolava al primo languore di stomaco, più simile ad un mostro marino che a un cucciolo di cane.
Rod provò a fare un giro più largo, allontanandosi dalla sua strada, dando una lunga occhiata in tutti i pertugi e gli anfratti che trovava. Cercò di non pensare che qualcuno poteva già averlo annegato, perché un cucciolo indifeso come quello sarebbe diventato un cane randagio in un batter d'occhio, lo sapeva benissimo.
Seguì la strada lungo il fiume, si infilò in tutti i vicoli che trovò, provò persino a chiedere a qualche passante... senza successo. Si era ormai rassegnato, infilando le mani nelle tasche della giacca come ogni volta che qualcosa non andava per il verso giusto, dirigendosi finalmente verso casa... quando con la coda dell'occhio li vide.
Il suo cane in braccio ad un altro ragazzino. Una decina di metri più avanti, uno sconosciuto biondo stava per entrare in una delle case di quella strada; aveva una borsa in mano e teneva il cane con l'altro braccio. Era il suo per forza: tondo uguale, con lo stesso pelo nero e panna. E quel maledetto stava per portarselo via.
- Ehi, tu! -.


In seguito, ogni volta che le capitava di ripensarci, Eliza rivedeva quella scena come al rallentatore: quell' “Ehi, tu!” indirizzato per forza a lei; quel ragazzino che chissà perché si era lanciato a rotta di collo nella sua direzione; il cagnolino che si era agitato all'improvviso come se l'avesse riconosciuto.
Tutte scene quasi idilliache, se si fossero trovati in uno di quei romanzi strappalacrime che tanto piacevano alle ragazze di sua conoscenza. Ma purtroppo il film non si era concluso lì: quel ragazzino le era saltato addosso afferrandola per il colletto della camicia, erano finiti tutti e due per terra e il pesce della cena aveva descritto un'elegante parabola per aria. Sarebbe stato toccante se perlomeno il cane si fosse gettato fra le braccia di quello che doveva essere il suo padrone, ma se anche ci aveva pensato, quella possibilità l'aveva scartata subito: si era tuffato senza indugio sul pesce, un magnifico luccio fresco di mercato, affondando le minuscole zanne nel punto più morbido.
Cena rovinata.
Eliza si arrabbiò abbastanza da dare a quello sconosciuto una ginocchiata nello stomaco, scrollandoselo di dosso.
- E levati! -.
Afferrò il cagnolino per la collottola senza tante smancerie, decretando con un'occhiata che forse qualcosa si poteva ancora salvare. In fondo si erano sporcate soltanto le squame, che avrebbe comunque dovuto togliere, e poteva tagliare via il pezzo morso dal cane...
- Razza di ladro! -.
Aveva detto a lei? Eliza si voltò, più sorpresa che altro.
- Il cane è mio! - continuò quel ragazzino sconosciuto indicando il cucciolo, impegnato a lanciare languidi sguardi al pesce.
Lei aveva troppe cose da fare per rispondergli per le rime, perciò si limitò a porgli la domanda più logica:
- E io come facevo a saperlo? -.
- Beh, potevi chiedere in giro! Secondo te un cane così piccolo può starsene da solo per strada? -.
Non sarebbe stato né il primo né l'ultimo, pensò Eliza.
- A te l'hanno regalato? - gli domandò.
- Eh? -.
- Il cane, chi te l'ha dato? -.
- L'ho... beh, l'ho trovato -.
Rod udì la sua domanda prima ancora che aprisse bocca.
- E tu come facevi a sapere che non era di nessuno? -.
- Non lo era – non dopo che era stato sballottato come un rifiuto qua e là – Nessuno badava a lui -.
- Beh – fece lei, rimettendo il pesce nella sporta – Anche quando l'ho trovato io non gli badava nessuno. E poi mi ha seguito lui -.
Vide lo sguardo interrogativo di quel ragazzino dagli occhi scuri e allungati, e spiegò:
- Deve aver sentito l'odore del pesce -.
In effetti era più che plausibile, anche se c'era mancato poco che glielo portassero via. Rod guardò il cane, e all'improvviso si vergognò di aver quasi picchiato quel ragazzino che non aveva fatto niente di diverso da lui.
- Riprenditelo, che aspetti? - gli disse Eliza. Il modo in cui si era comportato era stato davvero maleducato, anche se in fondo aveva solo dimostrato di tenere al cane – È tuo, no? -.
- Sì – rispose Rod, prendendolo da terra – Sì, è mio -.
E se ne andò col cane fra le braccia, senza chiedere scusa e nemmeno salutare quel ragazzino biondo che, dal canto suo, entrò in casa senz'altro pensiero che il pesce per la cena.


- Roderich Mühlstein! -.
Il tono di sua madre non prometteva niente di buono, non quando lo chiamava in quel modo.
- Non sono stato io! - esclamò, prima ancora di sapere per cosa doveva essere sgridato.
- Vuoi dire che questo cane non è tuo? - fece la donna sulla soglia, mostrandogli quello che era inequivocabilmente il suo cucciolo.
- N-no – mentì lui. Qualche vicino doveva averlo trovato in cantina, non c'era altra spiegazione. E sua madre sapeva automaticamente a chi imputare certi misfatti.
- Va bene, allora non ti dispiacerà se lo metto in teglia. È bello grasso, mi pare -.
- Vuoi... vuoi cucinarlo? - Rod non le credeva davvero: sua madre era terribilmente sadica, a volte, ma quello... era troppo perfino per lei.
- Sì, ma non per noi. Sai la signora Menschele, quella donna insopportabile... potrei portarle un bel pasticcio di carne – disse, per poi dirigersi con fare risoluto verso la cucina.
D'accordo, forse non scherzava: la signora Menschele le stava talmente sulle scatole che per lei avrebbe anche cucinato un cane. In fondo le aveva già portato un piccione spacciandolo per una quaglia.
- Aspetta! Va bene, è mio! - gridò Rod, correndole dietro.
- Ma davvero? Mi sembrava che avessi detto di no... mi hai forse mentito? - sua madre non era davvero cattiva... non sempre, almeno.
- Sì. Lo stavo nascondendo – era meglio farla finita e spifferare tutto. Magari avrebbe salvato il cane.
- Da quanto tempo? -.
- Solo qualche giorno -.
Sua madre soppesò con un'occhiata le misure del cucciolo, che per una volta se ne stava zitto e buono, come se avesse subodorato il pericolo.
- Penso che una teglia media basterà... - disse fra sé e sé, incamminandosi di nuovo verso la cucina.
- È la verità! L'ho trovato e poi nascosto in cantina... non più di una settimana fa! - gridò Rod, chiedendosi che male avesse mai fatto per meritarsi una madre del genere.
- Almeno hai avuto il buon senso di non portarlo in casa – approvò lei, fermandosi – Ma come avevi già intuito, questo cane non può restare. Trovagli un altro padrone -.
Detto ciò glielo rimise fra le braccia, tornando alle proprie faccende.
Rod non replicò. Senza dire una parola, scese le scale e uscì in strada, fin troppo sollevato di averlo salvato dal forno. Con sua madre non si poteva mai sapere.


Prima ancora di pensare a dove portarlo, si era ritrovato in quella strada. La via in cui aveva visto il cucciolo sottobraccio a quel ragazzino, appena pochi giorni prima.
Ricordava perfettamente davanti a quale porta si era fermato, la porta in cui era poi entrato quando lui si era ripreso il cucciolo. Rod si avvicinò, notando solo in quel momento la targa con il nome appesa fuori. Hochwald... ebreo anche lui, dunque. (²)
Col cane fra le braccia e le minacce di sua madre nelle orecchie, non pensò. Bussò soltanto.

- Sì, chi... cosa? Tu? Che vuoi adesso? - Eliza aveva riconosciuto prima il cane del ragazzo, ma una volta stabilito che era lui si chiese cosa diamine ci facesse lì.
- Senti... lo vuoi ancora il cane? - esordì Rod, senza mezzi termini.
- Ma... è tuo, no? -.
- Non più -.
- Perché no? - pochi giorni prima stava quasi per picchiarla pur di tenerselo, e adesso era venuto fin lì per darglielo? Che assurdità era mai quella?
- I miei non lo vogliono – bofonchiò Rod.
Il sorriso sornione che si allargò sul viso di quel ragazzino lo indispettì, ma sapeva che c'era un prezzo da pagare perché la sua richiesta venisse accolta. Scambio equivalente, lo avrebbero chiamato da un'altra parte. Dall'altra parte.
- E così lo tenevi di nascosto – commentò infatti Eliza.
- Così sembra. Senti, lo vuoi o no? -.
- Perché io, scusa? - domandò lei, sinceramente curiosa – Non puoi chiederlo a qualche tuo amico? Nemmeno mi conosci -.
- Ecco... - come spiegargli che i suoi “amici” avrebbero come minimo provato a vedere quanto sarebbe resistito in apnea in una botte piena d'acqua? O tentato di ingozzarlo di lucertole morte e insetti, fino a farlo scoppiare? - … non sono molto affidabili. Tu mi sembri un tipo a posto -.
Eliza non replicò: aveva visto anche lei cosa si divertivano a fare certi ragazzi della loro età, ed era per questo che aveva raccolto il cucciolo quando l'aveva visto girovagare per strada.
- Va bene. Con me al massimo dimagrirà un po', perché se va avanti così fra un po' rotolerà e basta – disse, allungando le braccia per prendere il cane – A proposito, gli hai già dato un nome? -.
- Mah... - fece Rod, porgendoglielo – Avevo pensato a “Schwarz”... -.
- “Nero”? - Eliza guardò il cane, dubbiosa: sì, in effetti aveva il mantello nero... ma muso, zampe e ventre erano molto più chiari.
- Beh, chiamalo come vuoi. Non è tanto importante -.
- Magari potrei tenere “Schwarz” e aggiungere un altro nome – propose lei.
Rod sorrise: forse quel ragazzino poteva anche diventagli simpatico.
- Io mi chiamo Roderich – si presentò – Rod per tutti, in realtà. Abito qualche strada più in là, non lontano da qui -.
- Vicino al fiume? -.
- Precisamente -.
- Ho capito -.
Rod attese un momento, ma visto che quel ragazzino sembrava solo aspettare che se ne andasse, chiese:
- E tu? Come ti chiami? -.
- Ah, sì. El... - nemmeno in seguito Eliza avrebbe saputo dire cosa le fosse preso in quel momento. Si era resa conto che quel ragazzo- Rod- la credeva un maschio, e in effetti aveva i capelli tanto corti che poteva anche sembrarlo. Inoltre non indossava più un vestito da tanto di quel tempo... della sua taglia in casa non ce n'erano più, e suo padre le dava solamente i soldi per comprare il cibo e le altre cose di prima necessità. Così aveva dovuto adattare alle proprie misure dei vecchi capi di quando suo padre era ragazzo, e lo stesso le stavano grandi.
Vivevano loro due soli da anni, ormai, e assieme a lui era sui libri praticamente tutto il giorno: passavano dai testi sacri alla geografia, dalla storia alla matematica. Studiare con suo padre le piaceva, ma la isolava dai suoi coetanei, e doversi anche prendere cura di lui non faceva altro che renderla ancora più sola. Voleva un amico. Voleva disperatamente un amico. E suo padre diceva sempre: “Uomini con gli uomini, donne con le donne”.
Se le aveva portato il suo cane, forse quel ragazzino sarebbe tornato.
- … Elias. Mi chiamo Elias -.
- Va bene, Elias. Allora ci vediamo – salutò Rod, dando un'ultima pacca affettuosa sulla testa del cagnetto, per poi saltare in strada e tornare fischiettando verso casa.
Eliza richiuse la porta, ancora non del tutto consapevole della propria bugia, rivolgendosi infine a quello che era il suo nuovo cane. Magari poteva chiamarlo “Hayah”, che in ebraico significava anche “essere in vita”: quell'animale era stato tanto fortunato da incontrare ben due persone che tenessero a lui.  
- Allora, veniamo a noi: patti chiari, amicizia lunga – lo mise a terra, guardandolo dritto negli occhi – Il pesce non si tocca, chiaro? -.
 

Quel ragazzino, come aveva previsto Eliza, tornò. Anzi, Roderich prese a farle visita quasi ogni giorno: prima con la scusa del cane, poi perché Elias iniziò a stargli sempre più simpatico. Non era come gli altri ragazzi che conosceva: forse più tranquillo, certo, ma decisamente più arguto. Non gli piaceva combinare guai, ma non aveva paura di niente. E potevano stare insieme quanto volevano: solo nel tardo pomeriggio, quando qualche campanile della città suonava le cinque e mezzo, Elias diceva: “Devo tornare a casa” e se ne andava, mollando qualunque cosa stesse facendo.
Era un tipo strano, ma interessante. Soprattutto, di lui ci si poteva fidare.

Qualche mese più tardi si trovavano insieme sulla riva del fiume, intenti a guardare l'acqua che scorreva. Schwarz Hayah, più cresciuto e decisamente dimagrito, scorrazzava allegramente qua e là, liberando getti di pipì tra i ciuffi d'erba.
- La fa anche in casa? - domandò Rod, seguendolo con lo sguardo.
- Certo che no. L'ho educato bene -.
- Ha proprio un bell'aspetto – allungò una mano e l'animale gli si avvicinò in due salti. Accarezzandone le orecchie vellutate, Rod lo guardò pensieroso – La sai una cosa? Mi hai dato un'idea -.
Detto ciò si alzò e si diresse verso l'acqua, armeggiando con i bottoni dei pantaloni finché non li tirò giù.
- C-che stai facendo? - balbettò Eliza, incredula.
- Dai, vieni qui – esclamò Rod, iniziando evidentemente a far pipì nel fiume – Fammi compagnia -.
Ah, no. Non ne aveva nessuna intenzione. Anche se da tempo Eliza si aspettava una mossa del genere- perché i maschi certe cose si divertono un mondo a farle- non si sentiva ancora del tutto pronta ad affrontarla.
- Ehi, cosa aspetti? Che razza di amico sei? -.
- M-ma non si può – tentò di ribattere lei – Con l'acqua del fiume ci fanno la birra -.
- Appunto – spiegò pazientemente lui.
- Mio padre la beve, quella birra -.
- Anche il mio. Che problema c'è? -.
Eliza trattenne a stento una smorfia, chiedendosi se c'era o ci faceva: forse tutt'e due.
- Comunque io non la faccio -.
- Che noioso che sei – doveva aver terminato, perché si tirò su i pantaloni e riabbottonò tutto – Non vuoi mai fare niente di divertente -.
Non si accorse che il suo amico era rimasto voltato per tutto il tempo che lui aveva impiegato a “liberarsi”. Non si accorse che era viola in faccia, nel tentativo di trovare estremamente interessante un ciuffo d'erba alla propria destra.
Rod non se ne accorse e si gettò accanto a lei sbuffando, sdraiandosi sull'erba.
- È nato – la informò – Il bambino di mia sorella. Anzi, la bambina -.
- Ah, che bella notizia – rispose Eliza sorridendo – Mazeltov (³), allora -.
- Bah -.
Ecco, in quel momento gli avrebbe volentieri dato uno scapaccione dritto in testa: lei avrebbe dato qualunque cosa, perché anche nella sua di famiglia nascesse un bambino. Ma sarebbe stato assurdo anche solo pensarlo.
- Perché “bah”? - chiese invece.
- Le hanno dato un nome assurdo -.
- Cioè? -.
- Winfrieda – rispose lui con voce lugubre – Che razza di nome è? -.
- È un po'... particolare – convenne lei – Ma non è tanto brutto -.
- Per favore, che nome assurdo. Cosa pensano che sia, una Valchiria? -.
Eliza non rispose. Aveva come l'impressione che ci fosse un po' di gelosia, dietro a quello sfogo.
- Ah, ma fosse solo questo – aggiunse Rod, per poi guardarla con una smorfia – È bionda -.
- Anch'io lo sono – osservò Eliza.
- Andiamo, Elias, tu sei un maschio: è diverso. Ma una femmina bionda... - scosse la testa con aria delusa – E poi tutti i Mühlstein hanno i capelli scuri -.
- Beh, ma lei avrà un cognome diverso, no? -.
- Rocher... qualcosa – rispose distrattamente lui, facendo un gesto seccato con la mano.
- Devi volerle davvero bene – non poté fare a meno di commentare Eliza.
- A chi? -.
- A tua sorella, se ti manca così tanto -.
Rod non rispose per un momento, leggermente confuso, spiazzato da qualcosa a cui non aveva mai pensato.
- Sciocchezze – borbottò poi, senza guardare in faccia il suo amico.
- Ma non ti piace l'idea? - cambiò argomento Eliza, che non poteva credere a tanta indifferenza di fronte a una simile fortuna.
- Che idea? -.
- Di essere suo zio -.
Rod sembrò improvvisamente vedere l'intera faccenda sotto una nuova luce.
- È vero... - mormorò, per poi ripetere, come ad assaporarne il suono: - Suo zio... -.
- Già – fece Eliza.
- Non è tanto male – osservò Rod, che di fronte a quella nuova prospettiva poteva anche accettare una nipote dai capelli biondi e con un nome da Valchiria. Poi, in preda ad un'ispirazione improvvisa, si voltò verso Eliza: - Ehi, ti va di vederla? Devono essere ancora a casa mia -.
- Chi? -.
- Mia sorella con la bambina. Forza, vieni! -.
Prima che il suo amico potesse aprire bocca, Rod si alzò e lo agguantò per un braccio, per poi stringergli la testa in una morsa e trascinarlo verso la strada.
- Ehi, cosa fai? Lasciami andare! -.
- Su, andiamo! Sai quanto sarà contenta mia madre, quando vedrà che gente responsabile frequento? -.
Eliza tentò in tutti i modi di districarsi da quella posizione assurda, senza successo.
- Avanti, mollami! -.
- Quando saremo arrivati – fece Rod, scompigliandogli i capelli con la mano libera e iniziando ad incamminarsi in quella strana posizione.
Eliza si sentì gelare. Non aveva la minima intenzione di andare a casa sua: se lui poteva scambiarla per un ragazzo, non era sicura che sua madre e il resto della sua famiglia fossero così ciechi.
- Non posso, devo andare a casa! -.
- Sciocchezze, è troppo presto: te lo stai inventando -.
- M-ma... - non voleva picchiarlo, non adesso che aveva finalmente trovato un amico. Ma se fossero arrivati davvero a casa sua, avrebbe rischiato di perderlo – C'è Schwarz Hayah! -.
- Hmm? - fece Rod, voltandosi a guardare il cane che li stava docilmente seguendo – E allora? -.
- Come allora? Tua madre l'ha buttato fuori di casa, no? E tu vuoi riportarcelo? -.
- Ma può aspettarci fuori -.
- Non credo proprio. Lui è... - in realtà Schwarz Hayah avrebbe obbedito ad ogni suo singolo ordine, come sempre. Ma Rod questo non lo sapeva - … abituato a stare in casa. Non ci sarebbe verso di farlo rimanere fuori -.
- Hmm... sì, forse hai ragione – grazie al cielo – Già una volta ha rischiato di finire in pentola -.
Eliza pensò che doveva aver sentito male, perché aveva ancora il suo braccio premuto contro l'orecchio.
- Come “in pentola”? -.
- Eh? Ah no, niente – finalmente mollò la presa, lasciandola andare con gran sollievo di Eliza – Proprio sicuro di non voler venire? -.
- Sicuro, non preoccuparti – si massaggiò piano il collo, per poi chiedere: - L'hai già presa in braccio? -.
- Chi? -.
- La bambina! - ma se la stava quasi stritolando per portarla a vederla! – Tua nipote -.
- Prenderla in braccio... - rifletté Rod pensieroso – No, mai. Dici che dovrei? -.
Eliza annuì, sorridendo piano.
- Magari scoprirai che ti piace anche bionda -.
- No, non credo proprio – Rod scosse la testa – Ma magari se la vedo da vicino scopro se mi somiglia un po' -.
- Sì, ecco, mettila così – disse pazientemente Eliza.
- Allora a domani! - Rod alzò la mano in un cenno di saluto – Ciao, Elias! -.
- Ciao – aspettò che fosse scomparso alla vista, prima di rivolgersi a Schwarz Hayah con un sorriso un po' tirato – Andiamo, piccolo. Abbiamo una cena da preparare, e nessuna nipote ad aspettarci -.








(¹) Chi? Mustang, ovviamente
(²) Hochwald è un cognome ricorrente fra gli ebrei tedeschi
(³) Mazeltov: è un augurio ebraico, si sente soprattutto per i matrimoni


Non so esattamente come classificare questa storia. Chi ha letto il suo sequel sa di chi sto parlando, ma per chi non l'ha letto... non è un'AU, si tratta dei personaggi al di là del portale. Quindi sostanzialmente non sono tenuta a mantenerli IC, anche se spiegatemi come si fa a rendere IC Roy e Riza bambini, peraltro nemmeno nel loro mondo. O_O
Quindi mi sono destreggiata come volevo, divertendomi ad infilare continui riferimenti qua e là.
Lo so che l'idea di base è stra-abusata, anche se per quanto mi riguarda è la prima volta e ho voluto proprio lanciarmi nell'impresa, ma mi è venuta in mente rivedendo le prime puntate della prima serie: Riza aveva i capelli talmente corti che la prima volta che l'ho vista ricordo di aver pensato: "Ma è una donna?". Da qui l'idea.
Questa volta aggiornerò ogni due settimane, visto che i capitoli sono più lunghi degli altri. E poi la sto ancora scrivendo, anche se ce l'ho tutta in mente. Abbiate fiducia!


Rispondendo alle recensioni dell'ultimo capitolo di "Regentage- Giorni di pioggia":
Rain e Ren: veramente la storia è finita con lo scorso capitolo, solo che non avevo ancora messo l'avvertimento "Storia completa"- mea culpa. ^^'
Oh, se ti ho drogato con "In un giorno di pioggia" ne sono più che felice, perché è una delle canzoni più belle che conosco. Anzi, in realtà lo scopo della storia era proprio questo. XD
Direi che chiunque si ritrovasse in una situazione come quella di Ed  e Al- vagamente impossibile, ma cerchiamo di immedesimarci- avrebbe le stesse remore e lo stesso rimpianto nei confronti di un mondo ormai perduto. Ho voluto tratteggiare un po' questo sentirsi ormai slegati da ogni cosa, in una condizione che però è, proprio per questo, traboccante di possibilità: è possibile persino innamorarsi di una ragazza che sembra la propria madre ma non lo è, per qualcosa che più che il complesso edipico si prospetta con uno strano scherzo del destino. Ma il destino ha il senso dell'umorismo, si sa.
Sì, anche Ed sta crescendo- era ora, ormai va per i diciannove!- e pur cercando di restare fedele al personaggio ho tentato di farlo maturare un po', ovviamente sempre insieme a suo fratello. ^^
MusaTalia: sono sempre felice se riesco davvero a far emozionare qualcuno con quel poco che scrivo, e ti ringrazio per avermelo voluto comunicare. È sempre una cosa molto bella da sapere. ^^
Non preoccuparti per la tosse di Tiarnan: a lei non succederà nulla, tranquilla. E puoi ben sperare in un continuo, perché in effetti ho in mente qualcosa...
Per quanto riguarda le citazioni a inizio capitolo, mi sto riguardando per intero la prima serie di FMA, e quando incappo in qualche frase che potrebbe "c'entrare" qualcosa con una storia che sto scrivendo, me la appunto subito!
Ho ancora un sorriso da un orecchio all'altro per la tua bellissima recensione, grazie ancora!
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Full Metal Alchemist / Vai alla pagina dell'autore: hotaru