II
Dove
Annie parla con la vecchia col gatto e
dove
incontra
Rosalyn e Tedd, che non sanno bene perché viaggiano.
Scesa
dal bus, Annie sentì il vento gelido della notte di
dicembre soffiarle sul viso. Si strinse nel grosso maglione di lana che
le
avvolgeva il corpo e respirò profondamente l'aria delle
quattro del mattino.
Sapeva di libertà e di promesse.
Appoggiò il grosso borsone su una sedia vicino alla pompa
da benzina; ne estrasse un berretto colorato e malconcio e se lo mise
in testa.
Richiuse il borsone e si guardò attorno. L'autista del bus
si era appena
riseduto al posto di guida e stava accendendo il motore. Pochi secondi
ed Annie
fu sola.
Si guardò attorno: le finestre del piccolo motel erano
contornate da luci colorate e sulla porta d'entrata era stata appesa
una grande
ghirlanda natalizia.
- Già...Natale - sospirò rimettendosi il sacco in
spalla e
dirigendosi verso l'ufficio del motel.
Aprendo la porta, lo scacciapensieri attaccato al soffitto
produsse un leggero tintinnio metallico che attirò
l'attenzione della vecchia
donna seduta dietro al bancone ed intenta a guardare un film in bianco
e nero
alla televisione.
- Buonasera! - urlò la donna, per sovrastare il forte
volume proveniente dal piccolo televisore. - Dove ho messo il
telecomando?!
Oh... - Si alzò dalla propria sedia di legno e si
guardò attorno, alla
disperata ricerca del telecomando per abbassare il volume.
Annie distolse il proprio sguardo dalla vecchia in camicia
da notte e notò un grosso e peloso gatto nero beatamente
sdraiato sul bancone:
sembrava che il volume non lo disturbasse affatto e che, anzi,
conciliasse il
suo sonno, tanto che, quando la donna ebbe trovato il telecomando ed
abbassato
il volume, il grosso micio si svegliò e spalancò
la bocca in un enorme
sbadiglio infastidito.
- Finalmente! - esclamò la donna voltandosi verso Annie. -
Mi scusi, ma è così noioso qui, la notte, che non
posso fare a meno della
televisione. E poi, sa, sono così belli questi film di una
volta, sembrano
fatti apposta per noi che stiamo svegli di notte. Ah, era
così bello Fred
Astaire, e bravo, tanto bravo! - disse sognante, sbirciando le immagini
che
scorrevano sullo schermo. - Ma beh, lei sarà molto stanca,
signorina! - esclamò
puntando i propri occhi azzurri sulla figura della ragazzina che le
stava
davanti. Si sistemò i grossi occhiali sul naso ed
osservò meglio Annie; notando
la sua giovane età cambiò la propria espressione
e le chiese: - Quanti anni
hai, piccina? Perchè sei in giro alle quattro e mezzo della
notte? Non lo sai
che... -
- Si lo so - la interruppe Annie scocciata dalle domande
della donna. - Voglio una camera solo per qualche ora, diciamo tre.
Domattina
mi alzerò molto presto e toglierò il disturbo... -
- Nessun disturbo cara, anzi, non è che vorresti chiamare
qualcuno? Avvisare che sei qui, magari... - disse la donna, seriamente
preoccupata per la ragazza.
- No, non voglio chiamare nessuno. Sono maggiorenne, ho
diciannove anni - rispose Annie tirando fuori i documenti dalla tasca.
Si
avvicinò al bancone per mostrarglieli. - Bene - disse la
vecchina. Si girò e
prese una chiave dalla grossa vetrina che occupava gran parte della
parete. Il
resto del muro era riempito da altri addobbi natalizi di cattivo gusto.
- Grazie - disse Annie seccata quando la donna le diede la
chiave. Stava per tirare fuori i soldi dal portafoglio, quando la
proprietaria
del motel la interruppe dicendo che avrebbe potuto tranquillamente
pagare la
mattina seguente, così, nel caso avesse voluto dormire un
po' di più, non ci
sarebbero stati problemi. Annie la ringraziò, visibilmente
infastidita dalle
premure di quella donna.
- La prima a sinistra, appena salite le scale! Buonanotte
cara! - urlò la vecchia, mentre Annie saliva le scale.
- Che seccatura - sussurrò la ragazza avvicinandosi alla
stanza numero 5. Infilò la chiave nella toppa ed
entrò nella camera. Metà di
essa era occupata da un letto con una grossa coperta marrone,
dall'aspetto
molto vecchio e polveroso. Di fronte al letto, sulla destra, un piccolo
mobiletto, sormontato da un bruttissimo quadro dal tema marinaresco,
completava
il povero arredamento. Sul comodino affianco al letto, un orribile
Babbo Natale
luminoso salutava con la mano e sorrideva allegramente.
- Ma fottetevi tutti quanti - disse Annie lasciando cadere
il borsone accanto alla porta. - Che supplizio il Natale -
continuò
avvicinandosi al letto e sedendosi; le molle del materasso
scricchiolarono,
nonostante l'estrema leggerezza del suo corpo, - inutile come poche
cose al
mondo - concluse sfilandosi uno degli stivali neri. Si tolse anche
l'altro e si
infilò sotto le coperte, schifata dall'idea di entrare in
contatto con chissà
quanti germi, ma obbligata dal gelo che regnava in quella stanza.
Tastò la tasca dei jeans e ne estrasse un vecchio
cellulare. Dodici messaggi e ventisei chiamate perse: mamma, mamma,
mamma,
mamma, Gina: Dove cazzo sei?
Ti cerca mezzo mondo!, mamma,
mamma,
Anthony: Dove sei andata a
finire? Gina dice che te la sei filata,
mamma, mamma, mamma, Gina: Sei
la solita stronza, te la batti senza di me e
mi lasci nella merda. Vaffanculo.
- Che coglioni - disse posando il cellulare sul comodino,
affianco alla lampada-Babbo Natale. - E tu che cazzo ti ridi?! - gli
chiese,
innervosita dalla sua luce arancione. Si voltò dall'altra
parte e ripeté tra sé
e sé: - Che cazzo ridi... - Strinse i pugni attorno alla
coperta e chiuse gli
occhi, cercando di eliminare dalla propria mente le immagini di quel
pomeriggio.
Le urla di suo padre rimbombavano nella sua mente stanca e
le grida di sua madre le perforavano i timpani, nonostante nella camera
vi
fosse un silenzio perfetto.
Lei che faceva le valigie e che subiva gli insulti di sua
sorella, la quale, piangente, la pregava di non andarsene. Non
ne posso più!,
aveva gridato lei, sbattendosi la porta d'ingresso alle spalle e
lasciandosi dietro
una famiglia in pezzi e sull'orlo del crollo, incapace di attendere un
minuto
di più il momento giusto per andarsene, noncurante della
disperazione di sua
madre e della situazione in cui lasciava sua sorella Gina.
- La vita è mia, non posso rovinarmela per lei - si disse,
cercando di convincersi che aveva fatto la cosa giusta.
Si sdraiò sulla schiena e riaprì gli occhi,
concentrandosi
a contare le crepe sul soffitto, pur di non ripensare alla scelta che
aveva
fatto.
Di cosa hai paura, Annie?,
le aveva chiesto il
ragazzo sul bus, Danny.
- Di cosa hai paura, Annie? - si ripeté. - Di cosa hai
paura? Di cosa hai paura? - sussurrò a fil di labbra,
riflettendo. - Di loro -
si rispose, pensando a sua madre, sempre così distante ed
occupata a prendere
dalla vita tutto ciò che poteva, senza preoccuparsi
più di tanto del futuro delle
sue figlie; e al suo nuovo padre, così perfetto e montato,
così splendido e
forte da sentirsi in grado di sostituire un padre fuggito via ed una
madre
assente.
Secondo me stai scappando dal
tuo futuro. - Io il
futuro me lo costruisco da sola. Io il futuro me lo creo, non voglio
quello che
loro hanno pensato per me - sussurrò ripensando a tutte le
domande che aveva
fatto alle varie università dello stato e a tutte le
risposte negative che
aveva ricevuto; a tutte le sbornie per dimenticare la tristezza e a
tutte le
serate squallide passate con Anthony, quel ragazzo così poco
affidabile e
irresponsabile, da poter essere il ragazzo perfetto con cui
distruggersi il
futuro e corrompersi l'animo.
Il cellulare vibrò sul comodino. Annie lo afferrò
e lesse
il messaggio. Gina: Io non
l'avrei mai fatto. Sei un'egoista.
Annie spense il cellulare e si rannicchiò sotto le
coperte, allontanando dalla mente voci, visi e parole.
La mattina dopo, quando aprì gli occhi, non era ancora
sorto il sole. Si era svegliata perchè doveva andare in
bagno e decise di
partire subito, nonostante fosse molto stanca ed infreddolita. Si
alzò dal
letto ed infilò gli stivali. Si sciolse i capelli e li
ravvivò velocemente,
passandosi le mani tra le corte ciocche nere. Riprese il borsone ed
uscì dalla
stanza, lasciando volontariamente il cellulare sul comodino. Richiuse
la porta
con due mandate e si diresse verso il bagno del motel, situato al fondo
del
corridoio.
Il pavimento era sporco e le pareti, piastrellate di
azzurro, erano piene di scritte volgari. Entrò in uno dei
tre bagni e,
uscendone, si scontrò con un'altra ragazza che si stava
dirigendo verso i
lavandini.
- Scusa, non ti ho vista - disse Annie aggiustandosi la
sciarpa attorno al collo.
- Tranquilla - rispose quella con un tono di voce calmo e
profondo.
Annie sollevò lo sguardo sul suo viso e notò che
era
bellissima. Aveva i capelli castani cortissimi e gli occhi blu; le
labbra erano
carnose e pronunciate, grazie al rossetto rosso e luminoso.
- Tutto a posto? - chiese quella, sentendosi osservata.
- Sì, scusa - rispose Annie distogliendo lo sguardo da lei
ed avvicinandosi alla porta.
- Convinta tu - concluse l'altra, guardandosi allo
specchio e sistemandosi il trucco.
Annie uscì ed andò al piano di sotto, dove la
vecchina di
poche ore prima si era assopita sulla sedia, con il gattone sulle
ginocchia.
Sentendo le scale scricchiolare, la donna si svegliò di
soprassalto,
spaventando il gatto, che, impaurito dal movimento improvviso della
donna,
sgattaiolò via dalla stanza, andando nel retro dell'ufficio.
- Oh, buongiorno signorina! - esclamò, sistemandosi gli
occhiali sul naso, con lo stesso gesto che, già la sera
prima, aveva
infastidito Annie. - Hai dormito bene? - chiese.
- Certo, certo. Sono tre ore e mezzo, giusto? - chiese,
guardando il piccolo orologio da tavolino sul bancone. Indicava le otto
del
mattino.
- Già - confermò la signora, capendo che la
ragazza non
era un tipo di molte parole. - Sono quindici dollari e sessanta.-
Annie le diede una banconota da venti dollari e, preso il
resto, salutò la signora ed uscì dal motel, prima
che questa potesse farle
altre fastidiose domande per impicciarsi nella sua vita privata.
Fuori, il cielo si stava rischiarando e il vento aveva
cessato di soffiare.
La ragazza fece qualche passo verso il bordo della strada
desolata. Diede un'occhiata all'orizzonte e scoprì che il
sole stava lentamente
sorgendo. La luce era di un colore meraviglioso, arancione e viola allo
stesso
tempo, così forte da far sembrare le montagne semplici
ritagli di cartone
incollati al cielo. Annie spostò la testa verso l'altro capo
della strada, dove
il blu della notte era ancora profondo e sospirò pensando
che quella era l'alba
del primo giorno d'indipendenza. Allargò le braccia e
lasciò cadere il suo
sacco per poter respirare a pieni polmoni quell'aria densa di energia e
di
emozioni pronte a schiudersi nel suo cuore eccitato e, allo stesso
tempo,
spaventato da ciò che di più imprevisto la
aspettava. Si lasciò avvolgere dalla
luce del sole nascente, ancora pallida e tiepida, ma ricca di forza.
Non aveva
pensieri, in quel momento; la sua mente era libera da ogni ricordo, da
ogni
sensazione negativa. Sentiva solo il suo corpo respirare.
Riaprì gli occhi e si spaventò vedendo al suo
fianco due
alte figure.
- Che ti sei calata? - chiese la più magra delle due.
- Come? - chiese Annie stupita.
- Che cazzo stai facendo, non lo vedi che sei in mezzo
alla strada! A momenti ti ammazzano - rispose sempre la stessa persona.
- Ah...già. Grazie - replicò, incapace di trovare
altre
parole.
- Ma tu sei quella del bagno, giusto? - chiese l'alta
figura.
Annie, allora, riconobbe la ragazza con cui si era
scontrata pochi minuti prima.
- Si, sono io. -
- Ma sei sicura di star bene? Anche prima sembravi strana.
Ti sei fatta? -
- Eh? No, no. Io non... -
- Senti, Rosy, chi cazzo è 'sta tipa? Ce la dobbiamo
portare dietro o cosa? - chiese la persona affianco alla ragazza, un
uomo
estremamente magro e stretto in un giaccone molto più grande
di lui.
- Non so - gli rispose lei. Poi, rivolgendosi ad Annie, le
chiese se avesse bisogno di un passaggio.
- Non ho un posto preciso in cui andare... - rispose la
ragazza, stranita dalla situazione e dalla confidenza di quei due
sconosciuti.
- Beh, noi andiamo a Los Angeles. Puoi scendere quando
vuoi, ma ti consiglio di venire con noi, perchè non so
quanta gente passi di
qui e non so per quanto tempo tu sia disposta a stare ad aspettare sul
ciglio
della strada. -
Annie rifletté un attimo sulle alternative che aveva e si
rese conto che quella era l'unica possibilità di continuare
il suo viaggio.
- Ok, grazie - disse, infine.
- Perfetto, allora andiamo - disse la bellissima ragazza,
indicando un'auto dalla vernice blu mezzo scrostata. - Non è
il massimo, ma
funziona - assicurò avviandosi verso la macchina. - Siamo
partiti da Chicago
due giorni fa. Io sono Rosalyn e lui è Tedd. -
- Io sono Annie - disse Annie, salendo sul sedile
posteriore.
- E da dove vieni? - chiese Rosalyn, voltandosi verso la
ragazza ed osservandola con curiosità.
- Rawlins. -
In quel momento Tedd mise in moto la macchina e, con una
manovra poco delicata, si rimise sulla strada, obbligando la sua
ragazza a
sedersi compostamente.
- Cazzo Tedd, fai occhio. Non voglio morire perchè tu sei
un incapace - gridò lei con un tono piuttosto alterato.
- Oh, se vuoi guidare tu, liberissima. E' da ieri che sto
io al volante e mi sono anche stancato. -
Lei lo liquidò con un gesto stizzito della mano e si
rigirò verso Annie, un po' preoccupata a causa della
retromarcia del ragazzo.
- Non ti preoccupare, in realtà guida benissimo. E' solo
un po' stronzo, ma poi gli passa. Dicevi che vieni da... -
- Rawlins, nel Wyoming. -
- Dev'essere estremamente piccola, perchè io e Tedd
giriamo l'America da un sacco di tempo e non ci siamo mai passati, o
sbaglio? -
chiese al ragazzo al volante.
- No, non ci siamo mai stati, però io avevo una qualche
zia del Wyoming... - rispose lui, già dimentico del piccolo
battibecco di
prima.
- Beh, è perchè sei andata via? - chiese Rosalyn.
Annie le lanciò uno sguardo torvo ed eloquente.
- Scusa, dimentico sempre che dovrei contenere la mia
curiosità quando si tratta di autostoppisti. Non vogliono
mai farti sapere
perchè sono in viaggio - osservò lei sorridendo.
- Voi perchè siete in viaggio?- chiese Annie dopo qualche
minuto di silenzio.
- Beh, noi ci siamo conosciuti...tre anni fa, giusto?-
chiese Rosalyn a Tedd.
Lui annuì e lei proseguì: - Una sera eravamo
fuori da un
locale che fumavamo e ci siamo resi conto che la nostra vita non faceva
per
noi. Così abbiamo fatto i bagagli e abbiamo iniziato a
viaggiare. Così, senza
una meta ben precisa. Abbiamo un solo punto fissò: a Natale,
si torna a casa.
Giusto per far sapere che siamo vivi, sai, per passare le feste con gli
amici e
la famiglia. -
- Già...il Natale - sussurrò Annie.
Rosalyn notò la sua espressione triste e pensierosa e
tenne a precisare che nemmeno lei amava più di tanto quella
festa, ma che si
trattava di una promessa che aveva fatto a sua madre molto tempo prima,
riguardo al fatto che sarebbe sempre tornata a casa a festeggiare il
Natale,
qualunque cosa fosse successa.
- Quindi voi non avete un vero motivo per viaggiare -
osservò Annie.
Tedd rise sommessamente e Rosalyn lo guardò, ridendo anche
lei.
- Certo che lo abbiamo! - esclamò - Viaggiamo
perchè
vogliamo viaggiare. Stiamo aspettando di trovare il posto giusto e il
momento
giusto per fermarci. Una volta c'eravamo quasi. Eravamo al confine col
Messico
e sentivamo che era il posto giusto per fermarsi e sistemarsi, mettere
su
famiglia, sai, quelle cose tipiche del sogno americano. Ma poi abbiamo
incontrato una ragazza come te, forse un po' più giovane,
che ci ha chiesto un
passaggio. E così, boh, non sappiamo bene nemmeno noi
perchè le abbiamo detto
di sì. Forse perchè non era davvero il posto
giusto o forse perchè il nostro
ruolo... -
- Non ricominciare con le cazzate del nostro ruolo nel
mondo e tutto il resto, per favore! - la interruppe Tedd.
- E invece sì! Perchè dev’esserci un
motivo per cui,
quella sera tu mi hai detto "Dobbiamo viaggiare!". Deve esserci,
Tedd, ammettilo. Devi aver sentito qualcosa! - disse lei, infervorata
dalla
discussione.
- No, Rosy, non c'era! Questo è il bello, non c'era! Se
avessi dovuto pensarci su, non l'avrei mai detto. E poi che cazzo di
destino è
girare per le strade d'America e caricare su le persone?! Non voglio
farlo per
tutta la vita! - disse lui, guardando alternativamente la strada e
Rosalyn.
- Non per tutta la vita, ma per tre anni sì. E magari
anche per altri tre e poi altri tre e poi altri tre. Che ne sai? -
chiese lei,
sfidandolo.
- Lo so, Rosy, lo so. Lo so perchè io sono stanco di
gironzolare. Voglio qualcosa di più - rispose lui,
spiazzando Rosalyn, che
evidentemente non si aspettava una risposta così seria.
Piombò il silenzio all'interno della macchina. Gli unici
suoni erano quelli del motore e delle ruote che continuavano a girare
sull'asfalto. Annie spostava il suo sguardo dal ragazzo alla ragazza,
che aveva
assunto un'espressione seria e pensierosa.
- Non è grave, Rosy. E' solo ora di cambiare - disse lui
premurosamente, mettendole una mano sulla gamba.
- No, non è grave, hai ragione. Ma non a Los Angeles. -
- Cosa? - chiese lui.
- Non voglio fermarmi a Los Angeles. Dobbiamo trovare il
posto giusto - rispose lei. La sua voce era incrinata e non
più tanto calda e
profonda, come Annie l'aveva sentita mezz'ora prima.
- Non esiste il posto giusto, Rosy, esiste un posto. Se
decidiamo che è quello giusto, lo sarà. -
- Va bene, ma non a Los Angeles - insistette lei, alzando
la voce.
- Cazzo, Rosy, ok, non a Los Angeles, ma non fare la
psicotica con me! -
- Non faccio la psicotica, Tedd, sai quanto odio quella
città! -
Annie si chiese che tipo di città fosse Los Angeles. Non
aveva ancora deciso dove era diretta e doveva trovare la sua
città, come le
aveva detto Danny. Doveva sentire qual era la sua città, ma
non poteva sapere
se Los Angeles lo era o meno, se non ne conosceva nemmeno le
caratteristiche.
Per cui interruppe la discussione dei due ragazzi e chiese: - Che
città è, Los
Angeles?-
I due smisero di gridare e Tedd guardò Annie attraverso lo
specchietto retrovisore. - Los Angeles è grande. Enorme -
disse.
- Ti inghiotte, ti invischia nel suo turbinio e non ti
molla più - aggiunse Rosalyn.
- Esatto. Forse è anche per questo che siamo partiti -
concluse Tedd.
- Perchè lo chiedi?- chiese la ragazza, voltandosi verso
Annie.
- Perchè sto cercando di scoprire dove voglio andare. -
- Non a LA. Fidati. Puoi visitarla, ma non viverci. Io te
lo sconsiglio. -
- Anche io - disse il ragazzo, come se avesse voluto
rassicurare Rosalyn sulle sue scarse intenzioni di tornare a viverci.
- Grazie - disse lei, sporgendosi verso di lui per
baciarlo. Poi si risedette al suo posto ed accese la radio.
- Spero che ti piacciano i Nirvana, perchè Tedd ascolta
solo quelli - disse ad Annie inserendo un cd nel lettore e sorridendo.
La ragazza non si curò di rispondere e appoggiò
la testa
al finestrino. Lasciò che il suo sguardo vagasse all'esterno
della macchina,
esplorando il paesaggio, ormai del tutto illuminato dalla luce
stranamente
forte di un tiepido sole di dicembre.
Distolse lo sguardo dal finestrino, annoiata dalla
monotonia del paesaggio e decise che quello era il momento giusto per
leggere
poesie. Estrasse dal proprio borsone il libro che il vecchio Hans le
aveva
regalato e lo aprì a caso. I
wander all night in my vision, lesse;
pensò
che non poteva esservi inizio migliore per una poesia letta durante un
viaggio.
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Davvero grazie a tutti coloro che hanno commentato o inserito in liste varie o anche solo letto.
Rinvio i ringraziamente più approfonditi ai prossimi capitoli, perchè non mi sembra il caso di infarcire la storia di "grazie, mille!" o cose del genere.
Al prossimo capitolo,
Miss Dark